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Autore: Class Of 13    24/04/2014    8 recensioni
[Principalmente Malec| AU!]
Alec Lightwood è un adolescente newyorkese di diciott'anni che suona in un gruppo rock, i Nephilim, assieme a sua sorella Isabelle, a Jace Herondale, un ragazzo di origini londinesi, e al nuovo arrivato del gruppo, Simon Lewis. Alec è un ragazzo timido, responsabile, che vive in un mondo tutto suo, sperando in segreto che il suo migliore amico ricambi un giorno l'amore che prova nei suoi confronti sin da quando erano bambini. Ma, complice uno dei tanti concerti al vecchio Pandemonium Club, le cose vengono sconvolte da Magnus Bane, un curioso ma affascinante ragazzo dal sorriso da stregatto, che sembra nutrire un certo interesse nel giovane Lightwood.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Di quel che successe al Pandemonium Club e altro.
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Capitolo 1: C’erano una volta… o forse no.

 
C’erano una volta, in una magica e lontana terra di nome Idris, un gruppo di valorosi e affascinanti guerrieri in nero dal sangue di angelo chiamati Shadowhunters...
STOP! Fermate tutto, questa roba sa di trito e ritrito.
Lasciate fare a me.
New York, 2007.
Nel cortile affollato e illuminato dai tiepidi raggi del sole di metà maggio di un liceo qualsiasi di New York, un giovane ragazzo di diciott’anni, dai capelli neri e gli occhi azzurri come il cielo quella mattina, si godeva il tepore dell’estate in arrivo e le note perfette del suo chitarrista preferito, Jimi Hendrix. Perché Alec Lightwood – questo era il suo nome- era ed era sempre stato un ragazzo semplice e di poche pretese, a cui bastavano della buona musica e la compagnia dei suoi pochi ma insostituibili amici per essere veramente felice. Stava seduto con aria tranquilla sulla ringhiera che delimitava la scalinata dell’istituto, troppo preso, per sua fortuna, dalla musica per badare alle occhiate curiose che la gente gli rivolgeva: non era mai stato un tipo che amava essere al centro dell’attenzione, ma la sua altezza considerevole e la sua abitudine di vestirsi con jeans sdruciti e t-shirt di vari gruppi rock non lo aiutavano troppo nell’impresa.
«Yo, Alec».
Jace Herondale in Lightwood, un ragazzo dai capelli biondi come l’oro e gli occhi color ambra, era suo fratello adottivo e migliore amico, anche se Alec, purtroppo, avrebbe desiderato essere qualcosa di più di un semplice amico per lui. Erano inseparabili da quando avevano undici anni e avevano perfino inventato un saluto tutto loro che utilizzavano ogni volta che s’incontravano, anche se la cosa poteva sembrare infantile. In aggiunta al loro saluto, il giovane Lightwood sfoderò uno dei suoi rari e autentici sorrisi, di quelli che solo Jace e sua sorella erano in grado di strappargli.
«Avresti dovuto vedere cosa è successo in palestra, oggi! Saresti morto dalle risate», disse Jace sedendosi accanto. «Hai presente Tom Riddle, quello del terzo anno che fa il cascamorto con tutte? Beh, qualcuno dell’altra classe è riuscito a sfuggire al suo colpo segreto durante la partita di dodgeball e lui è diventato una bestia!».
Alec sgranò gli occhi azzurri. «Davvero? Qualcuno è sfuggito all’ Avada Kedavra di Riddle? E chi è stato?».
«Un tizio mingherlino con gli occhiali, credo si chiamasse qualcosa come Harry Potter, ma non ne sono sicuro».
«Ah, a proposito, a che ora ci vediamo oggi per le prove?».
Alec e Jace erano i co-fondatori di un gruppo rock più che determinato a sfondare nell’ambito musicale americano, ma per il momento tutto ciò che erano riusciti ad ottenere era qualche malpagata serata in qualche pub della città.
«Ecco, a proposito delle prove…», mormorò Jace passandosi una mano dietro al collo. «Clary mi ha chiesto di uscire, oggi, e visto che è almeno un mese che noi non-ehm, sì, hai capito… Le ho detto di sì».
Clarissa Fray, più comunemente conosciuta come Clary, era una ragazzina minuta dai capelli rossicci e dal viso pieno di lentiggini, con cui Jace stava da circa un anno. Alec non avrebbe avuto motivi per odiarla se non fosse che questa gli avesse soffiato da sotto il naso l’amore della sua vita costringendolo, come quel giorno, a saltare le prove del loro gruppo.
«Non mi interessa granché sapere da quanto tu e quella lì non copuliate, ma vorrei sapere se ti sei reso conto del fatto che questo weekend abbiamo un osservatore di una casa discografica che verrà a sentirci al Pandemonium Club e che noi non proviamo tutti insieme da sabato scorso».
«Dai, Alec, ti prometto che domani non prendo impegni e facciamo doppia prova», lo supplicò Jace, indicando con lo sguardo la figura di Clary, che lo attendeva sorridente qualche metro più in là.
 «E va bene», sospirò seccato. «Ma giuro che se domani ci dai buca te la faccio pagare».
Il viso di Jace si illuminò e Alec provò una dolorosa fitta al petto nel ricordarsi che per lui sarebbe sempre e solo stato il “migliore amico”: era un suo difetto, non poteva fare a meno di cedere ogni volta al viso implorante del suo biondo amico, nonostante si fosse ripromesso più e più volte di non farlo.
«Grazie, amico, sei il migliore!», disse Jace dandogli una pacca sulla spalla prima di schizzare verso la sua ragazza.
«Ma Jace non doveva venire alle prove, oggi?», domandò curiosa una voce femminile alle sue spalle.
Isabelle Lightwood, una ragazza alta e snella dai lunghi capelli corvini – caratteristica dominante nella famiglia Lightwood - suonava la batteria da quando aveva cinque anni e, date le sue indiscusse capacità organizzative, si era autonominata manager della loro band, organizzando per loro le serate e scegliendo l’abbigliamento adatto a ciascuna di queste.
Alec si voltò verso sua sorella, cercando di nascondere la delusione nel suo viso e nella sua voce. «Lui e quella Clary devono uscire, dobbiamo rimandare le prove a domani».
«Beh, non mi sembra un grosso problema, voglio dire, l’ultima volta che abbiamo provato mi è sembrato che i pezzi andassero tutti piuttosto bene…».
«Lo so, ma…».
L’espressione di Isabelle si addolcì. «Ma tu volevi passare un po’ di tempo assieme a Jace», disse sottovoce.
Il giovane dai capelli corvini abbassò lo sguardo. Sua sorella era l’unica a conoscenza del suo segreto e l’unica che, in un modo o nell’altro, potesse immaginare come lui si stesse sentendo in un momento come quello.
«Sai che ti dico? Adesso tu, io e Simon andiamo a divorarci un doppio hamburger con cipolla da Taki alla faccia di Jace, così ti distrai un po’».
Alec sorrise: per un po’ avrebbe smesso di pensare ai suoi problemi. Per un po’ si sarebbe dimenticato di essere innamorato del suo migliore amico.
§
«Datti una calmata, Alec, non ti ho visto così nervoso neanche prima del compito di fisica della McGranitt».
Il maggiore dei Lightwood si era sempre dimostrato il più serio e diligente della famiglia ma, come si diceva nei film di supereroi di quart’ordine, “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, responsabilità che in questo caso lo stavano portando sull’orlo di una grossa crisi di nervi: Isabelle e Simon, il loro bassista, avevano appena terminato il soundcheck, cosa che significava che entro cinque minuti sarebbe dovuto salire su quel palco, imbracciare la sua vecchia Stratocaster – bianca, proprio come quella di Jimi Hendrix- e dimostrare di essere un chitarrista degno di questo nome.
Il Pandemonium Club, nonostante il nome piuttosto bizzarro, era un semplice Irish Pub di Brooklyn, uno dei pochi che ancora concedeva il proprio spazio serale alla musica dal vivo e ai gruppi emergenti. L’interno era arredato prevalentemente con dei tavolini in legno affiancati da  degli sgabelli foderati in tessuto scozzese, mentre, accanto al piccolo palco allestito per i gruppi della serata, si faceva strada un bancone di tek segnato da graffi  e segni di boccali, ma incredibilmente lucido e pulito. Dietro il lungo banco di legno svettava uno scaffale pieno di alcolici di ogni genere sopra cui era stato appoggiato il peluche di un leprecauno vestito in verde.
Il pub, nonostante fosse sabato sera, non era particolarmente affollato: oltre ai clienti abituali – la cui capigliatura rossiccia e il buffo accento lasciavano intendere origini irlandesi -, c’era un gruppetto di Punk dalla capigliatura improbabile, un ragazzo dai tratti vagamente asiatici che sorseggiava un boccale di Guinness come se fosse the, un uomo in jeans e camicia di flanella che fumava con aria stanca una sigaretta e qualche loro compagno di scuola tra cui il famigerato Potter, sulla cui testa svettava la cicatrice che Riddle gli aveva lasciato qualche giorno prima, Ron Weasley – che era anche il figlio del proprietario del pub –,  Hermione Granger, la presidentessa del club di chimica e Clary, che, da quando stava con Jace, era diventata una presenza fissa ai loro concerti.
«Spacca tutto, fratellone».
Alec rivolse un sorriso tirato a Max, suo fratello minore, prima di salire sul palco. Collegò la chitarra all’amplificatore, sentendo il familiare ronzio delle valvole che cominciavano a riscaldarsi e si avvicinò al microfono, accertandosi che il resto del gruppo gli desse il via libera.
«Salve. Noi siamo i Nephilim e questa è la nostra versione di Smells Like Teen Spirit dei Nirvana».
Il pezzo era energico e orecchiabile, un’ “ottima scelta di marketing” secondo Isabelle, ma a lui non importava, a lui bastava suonare, sentire le corde sotto i polpastrelli, il ritmo del plettro vicino i pick-up, la forma familiare del legno tra le sue mani, per sentirsi a suo agio con se stesso come non lo era mai. La musica lo faceva sentire vivo.
Al termine dell’esibizione il pubblico applaudiva energicamente, mentre la Granger e Clary sembravano contendersi l’attenzione di un Jace sudato e in pantaloni di pelle a suon di urletti di approvazione. Se c’era una cosa che Alec apprezzava dell’esibirsi in pub come quelli, era che alla fine della serata, se le cose erano andate bene, riusciva sempre ad ottenere una pizza ed una birra gratis per tutto il gruppo, e quella sera il vecchio Arthur Weasley li aveva serviti con un sorriso orgoglioso stampato in faccia continuando a ribadire come migliorassero di esibizione in esibizione. La pizza post-concerto era una sorta di rituale che Alec amava, perché lo faceva sentire come se la band fosse la sua seconda famiglia, ma di certo non si aspettava che uno dei membri del pubblico facesse irruzione tra di loro, sedendosi con nonchalance di fronte a lui, Jace e Isabelle.
Il ragazzo, che non doveva avere più di vent’anni, aveva i capelli tenuti in aria da quello che sembrava uno strano gel glitterato e degli occhi tra il giallo e il verde che avevano qualcosa di vagamente felino.
«Buonasera, miei cari Nephilim. Si da il caso che la vostra esibizione mi sia piaciuta un sacco e che io abbia fatto quattro chiacchiere con quel talent scout laggiù che, se non mi sbaglio, vi ha proposto di incidere un singolo», disse sorridendo sornione.
I membri del gruppo si voltarono improvvisamente verso Isabelle. «Volevo attendere il momento del brindisi per dirvelo», si giustificò questa alzando le mani.
«D’accordo, noi ti ringraziamo, ma… potremmo sapere perché l’hai fatto?», domandò perplesso Simon.
Lo sconosciuto sorrise. «Beh, oltre al fatto che avete davvero talento, il caso vuole che tra di voi ci sia qualcuno di molto sexy».
«Grazie», risposero all’unisono Jace e Isabelle guadagnandosi un’occhiata imbarazzata da parte dei restanti membri del gruppo.
Il ragazzo continuò come se nulla l’avesse turbato. «Ad essere sinceri io intendevo lui, quello dagli occhi azzurri», disse puntando un indice inanellato in direzione del giovane Lightwood e piegando un angolo delle labbra in un sorriso malizioso.
Alec si guardò freneticamente attorno, la bocca leggermente socchiusa per lo stupore. Non poteva riferirsi a lui, il ragazzo da parete, quello che passava sempre inosservato e che preferiva starsene per i fatti suoi, piuttosto che andare in giro a fare conquiste. Ricambiò per un attimo lo sguardo di quel ragazzo così strano ma anche così affascinante e per un istante si dimenticò di essere in compagnia del ragazzo che credeva di amare sin da quando avevano undici anni.
«Ah, comunque il mio nome è Magnus Bane. Abito nel condominio qui affianco», disse lo sconosciuto congedandosi. «Non c’è bisogno che mi ringraziate ma, quanto a te, vieni a trovarmi quando vuoi».
Alec seguì con lo sguardo la figura allampanata di Magnus fino a che questa non sparì dietro la massiccia porta del locale.
«Lo conoscevi?», gli domandò Isabelle punzecchiandolo con un gomito sotto il tavolo.
«No. Non credo di aver mai incontrato nessuno così».

~Welcome To The Jungle.
Devo essermene andata definitivamente fuori di testa se ho deciso di scrivere una cosa del genere, oh sì. Questa, che si preannuncia essere una mini-Long (sarà lunga massimo 4/5 capitoli), era nata come una One-Shot, una delirante One-Shot, ma poi la mia mente malata ha preso il sopravvento portandomi a questi risultati. Vi dico che non troverete nulla di profondo e chicchessia, in questa storia, è solo una commediuccia romantica in stile americano nata dalla mia passione per la musica rock (e diciamocelo, i Nephilim, vestiti in pelle nera e tutto, sono dei rocker perfetti), perciò siete liberi di prendermi a pomodori virtuali tramite recensione, io accetterò la mia condanna. v.v
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