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Autore: Jecky Ru    25/04/2014    2 recensioni
Era solitudine e amarezza. Era segretezza. Era morte. Era la vera essenza di un ninja.
***
Premetto che mi sto vergognando fino all'inverosimile e in questo istante vorrei essere uno struzzo, così da poter ficcare la testa sotto terra. Ma... l'idea di scrivere qualche Fiction mi stuzzicava da parecchio... ed ecco la prima, incentrata sul mio Oc (tanto per prendere la mano nel muovere gli altri personaggi e rendermi conto di come funziona il tutto). Uno Spin-off per immergersi nella straziante vita di uno shinobi e viverne assieme le sofferenze, i trionfi e le ardue scelte!
Detto questo, spero che troviate la storia stimolante e piacevole, tramite l'introduzione di quello che è un nuovo personaggio, uno dei tanti assassini al servizio di Orochimaru ed affezionarvici, vedendolo destreggiarsi tra gli intricati meccanismi che regolano la vita di una 'macchina priva di sentimenti' come deve essere un ninja. Grazie per l'attenzione e buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Naruto Shippuuden
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Una ragazza dai tratti singolari, incredibilmente attraente, ma allo stesso tempo rigida e austera.
Una di quelle bellezze che attirano inspiegabilmente, ma che mettono timore al solo osservare: come se di punto in bianco si potesse venir trafitti dalla lancia accuminata di quegli occhi di ghiaccio, o feriti da quella frusta fluente e lunga, perfettamente liscia e color cioccolato che ondeggiava in modo sensuale fino alla vita ad ogni passo che ella compiva.
Lo sguardo perennemente altero, torbido e corrucciato di chi non possiede fiducia nel prossimo, e allo stesso tempo brama di conoscere anche il più piccolo segmento di chi e cosa la circonda.
Se la si fosse osservata bene, tuttavia, si sarebbe potuta notare una certa dolcezza, in quei tratti così indissolubilmente invischiati nel gelo.
Era la gentilezza di cui Madre Natura l'aveva abbondatemente dotata alla nascita e, a dirla tutta, anche nel primo periodo della sua infazia, prima che la sua vita si rovesciasse completamente.
Prima, quando era allo scuro della sozzura che giace nel cuore di ogni shinobi. Prima, quando un padre e una madre, due fratelli e due sorelle le davano tutto l'amore di cui una bimba dolce e buona avesse bisogno.
Prima, di quella maledetta notte, in cui conobbe davvero il significato della solitudine.
Solitudine dalla quale ancora adesso faticava a separarsi.

La punta di quel Kunai non era mai stata affilata come allora. Lentamente, la pietra pomice passava sul metallo, acuendone pian piano il filo e rendendolo sempre più letale.
Dopo brevi istanti ne guardò le fattezze, rigirandoselo pigramente in mano. Perfetto.
E se fosse stata quella, l'arma del delitto? La lama impietosa che avesse tranciato di netto la carotide della sua sfrotunata vittima? Avrebbe davvero fatto differenza? Un lavoro sporco in ogni caso.
Dopo tutto, che importava? Era quella la sua missione e si sà, i ninja non posseggono sentimenti. Nessuna costernazione, nessuna banale paura.
Sono macchine pericolose, poste in mano a strateghi che si dilettano a giostrarne i fili da dietro le quiente. Al sicuro.

Che abbiano sogni o speranze, desideri nascosti o progetti personali, che siano affascinanti o i peggiori individui di questo mondo, i ninja eseguono missioni. E nessun tipo di pietà è concessa loro, ne' nei riguardi di loro stessi, ne' tantomento rispetto al loro obiettivo.

Stesa supina sul robusto ramo di un albero, interruppe bruscamente quel gioco di mano. Afferrò il Kunai e lo ripose con cura nell'apposita custodia legata ad un'altezza adeguata alla sua coscia sinistra.
Mancina.
Sbuffò, annoiata. Erano due ore che attendeva in quella posizione il calar del sole e mai prima d'allora un'attesa le era sembrata così estenuante.
Detestava il doversene star ferma, appollaiata come un'allodola e al riparo tra il fogliame, senza nulla a provvedere che il tempo scorresse più velocemente. Ma anche se avesse preferito starsene lontana da lì, rintanata come al solito nella sua stanzatta nascosta sotto terra, all'interno di covo etichettato come il più truculento luogo di morte esistente e abitato dai Nukenin della peggior specie, non poteva di certo cambiare le cose.
Principalmente perchè il soggetto era lì, a qualche metro da lei, chiuso dentro quelle che credeva essere mura confortevoli e sicure, impenetrabili.
Oh, non c'era niente di meglio che far ricredere a proprie spese le persone troppo audaci e sicure di se' stesse. Intonse nel loro stagno di certezze, troppo cieche per poter scorgere anche solo l'ombra di una minaccia, senza redersi conto che il vero pericolo non è altri che la propria boriosa sicurezza!
Un lieve ghigno distese le sue labbra carnose, anch'esse chiare, in perfetta sincronia con la sua pelle lunare, donando a quel viso impertubabile un'aria tetra e beffarda.


Il signorotto pingue entrò nelle sue stanze. Lo vide parlare con due uomini alti e mascherati, prima di varcare la soglia e chiudere a chiave la porta alle sue spalle.
Due shinobi. Da che villaggio provenissero, non riuscì a capirlo, data la piccolezza delle icone sul loro coprifronte.
Dunque se lo aspettava. Si aspettava che da un giorno all'altro qualcuno sarebbe venuto ad ucciderlo. Ma, e su questo poteva metterci la mano sul fuoco, non si sarebbe mai aspettato che Orochimaru avesse mandato la sua mano sinistra a porre fine alla propria esistenza.
Questo lo dedusse in fretta dall'aria di pacato ottimismo che giaceva placida sul volto dell'uomo e dal fatto che a proteggerlo vi fossero due misere persone. Troppo poche, e lui troppo sereno.
Se avesse saputo, di certo il suo volto sarebbe stato contorto dall'inquietune e allarmato da ogni seppur minimo movimento, o fruscio. Se fosse stato al corrente di chi adesso studiava con massima attenzione sue forme grassocce, alla ricerca del punto migliore per conficcare un'impietosa lama affilata, avrebbe temuto la sua stessa ombra.
Lo vide coricarsi in fretta, chiudere con un gesto secco le tendine e ritirasi sotto le magnifiche coperte del suo giaciglio, sicuro, calmo e agiato.
Ancora dieci minuti.
La ragazza guardò in basso, in alto e di lato, preparandosi allo scatto che l'avrebbe colta da lì a poco se ogni cosa fosse stata al suo posto.
Cinque minuti. Silenzio.
Un gufo emise dei cupi versi solitari, nascosto chissà dove all'ombra della notte. Le ombre s'allungarono sotto la pallida luce lunare e, esattamente quando l'astro raggiunse la vetta del comignolo, ella si mosse.
Saltò nel silenzio più totale verso l'abitazione, ne scalò abilmente le mura in verticale fino ad arrivare alla finestra. Un istante per incrociare con le mani diversi sigilli e un sussurro occultato dal fruscio delle foglie al vento emerse dalle sue candide labbra.

- Hiru Bansho, Boka no Jutsu.-

Chiuse gli occhi.
Quando li riaprì era con mezzo busto oltre la parete della stanza, quella tecnica utilizzata come scorciatoia per evitare qualsiasi problema con i due shinobi posti, evidentemente a guardia delle entrate sottostanti.
Avrebbe agito in velocità, immersa nel silenzio più totale. Sarebbe stata una morte celere, senza confusione di alcun tipo. L'uomo sarebbe morto nel suo letto, e nessuno fino all'indomani se ne sarebbe accorto.
Non era di certo una persona alla quale piaceva ottenere successo sotto gli occhi di tutti; al contrario era tacita e implacabile, precisa e metodica nel concludere i propri lavori con la massiama maestria.

Era solitudine e amarezza. Era segretezza. Era morte. Era la vera essenza di un ninja.

Pochi attimi, e la sua figura avanzò silenziosa verso quel letto in cui la sua ignara vittima tirava gli ultimi, pesanti, respiri, ormai reclusa nel lontano mondo onirico dell'irrealtà.
Una sola certezza a sferzare il ghigno che da lì a poco accentuò le gote della ragazza: quei sogni, ben presto si sarebbero tramutati in veri e propri incubi. Incubi così spaventosamente reali da uccidere, nel sonno.
Scostò le tendine del letto a baldacchino, si mise in piedi dietro la testa semi calva dell'uomo paffuto e compose alcuni sigilli.

- Yumemane no Jutsu.-

Presto, impose le mani aperte a qualche millimetro dal suo cranio indifeso e chiuse di nuovo gli occhi, perpetrando nella sua classica espressione severa. Penetrò nell'incoscio dell'uomo velocemente ed in maniera impeccabile, come soleva fare ogni qualvolta dovesse uccidere rapidamente.
Visualizzò il sogno, lo fece suo.
Ma, prima che potesse imprimere un colpo fatale al poveraccio, qualcosa nella memoria onirica di quest'ultimo attirò la sua attenzione.

Prese forma lentamente, scivolando tra i suoi ricordi. Il volto di una bella donna dai lunghi capelli color del sole e il volto fresco come rugida di prima mattina. E lui l'abbracciava, la baciava.
E si struggeva nel non poterla afferrare, tanto eterea la sua immagine.
La ragazza capì all'istante che si doveva trattare di un ricordo prezioso, colmo d'amore. La donna amata, morta probabilmente da tempi lontani, in quanto la sua immagine era sfocata e macchiata da qualche goccia di informe rammarico.
Attimi di silenzio, quel breve regalo durò solamente qualche istante.
Nella sua carriera da shinobi, si ritrovava sporadicamente ad assistere a scene come quella e in modo ancor più saltuario a cedervi. Solida nella sua capacità di manipolare i sogni altrui a proprio piacimento e gestire appieno l'intero mondo onirico di chiunque avesse voluto, decise di donargli un ultimo attimo di inestimabile valore.
Tormentato dall'impossibilità di toccare, accarezza e proteggere quella figura, l'uomo se l'avvide camminargli incontro e baciarlo. Un solo bacio, più concreto di tanti altri ottenuti nella realtà materiale, mentre le braccia della fanciulla bionda gli cingevano le spalle. L'uomo fremette. Piangeva di gioia, mentre moriva.
Dall'esterno del mondo reale la ragazza componeva altri, fatali, sigilli. 

-Yumekui no Jutsu.- E presto estrasse il sogno dalla testa dell'uomo, ormai privo di vita. Era quello il modo che prediligeva per terminare i propri obiettivi.

Nessuno spargimento di sangue.
Nessun dolore.
La vittima moriva senza nemmeno rendersene conto, dormiente. E di lei e del suo passaggio non rimaneva altro che un lieve profumo di Loto.

La mano rivestita da sottili guanti di lattice, lasciò il Kunai sulla scena del delitto come monito. Sarebbe stato più che chiaro, l'indomani, che la morte dell'uomo non fosse avvenuta tramite l'oggetto, eppure quell'affilata lama dalle tipiche forme ricurve delle armi prodotte a Kirigakure no Sato, avrebbero certamente depistato le eventuali idagini.
Sicuramente, nulla da rimandare a lei, rapida e silenziosa assassina, che uccideva tramite quelle singolari Hijutsu apprese da piccola, in un mondo assai lontano che una volta chiamava casa.

Se ne andò, lasciando nient'altro che ombra alle sue spalle. Nessuna soddisfazione, tranne quella di aver adempito al proprio dovere.
Nessuna gloria.

Nessun rimpianto.

 

  
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