Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: KikiShadow93    25/04/2014    13 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Piccola avvertenza: Mi dispiace immensamente, ma Marco risulterà sicuramente molto OOC. Perdonatemi, ma ho pensato che anche lui abbia un lato romantico rintanato da qualche parte, così ho deciso di farglielo tirare fuori. Spero che non vi faccia troppo schifo >.<
Buona lettura! Ci sentiamo alla fine ;)

 
Image and video hosting by TinyPic
 

Il mal di testa dovuto ad un dopo sbornia è forse una delle cose più fastidiose che si possano provare, e questo Marco lo sa bene. Aprendo gli occhi, infatti, ha avuto come la sensazione che un picchio gli stesse beccando il cervello, mentre la luce forte per poco non lo accecava.
Si porta velocemente una mano sugli occhi per proteggerli, domandandosi quando ha aperto la finestra e, soprattutto, quando e perché è andato a dormire in bagno. Infatti si trova con un braccio attorno alla tazza del water e la testa appoggiata sulla tavoletta fortunatamente chiusa.
Si mette a fatica in piedi, guardandosi attorno con aria spaesata, cercando faticosamente di ricostruire gli eventi della sera precedente.
Si ricorda di essere andato al Neon, di aver conosciuto la donna di Satch, di aver visto Akemi mezza nuda ballare con quel biondino psicotico. Poi le cose diventano sempre più confuse. Nella sua mente scorrono immagini di lui che balla con la corvina, che camminano per strada e vanno insieme in albergo.
Poi, di colpo, ricorda nitidamente la loro discussione, ricorda di averla fatta scappare, di essere rimasto da solo nel suo letto a fissare il soffitto per buona parte della notte, finché il bisogno di vomitare è diventato troppo forte ed è corso in bagno. Da quel preciso istante, in cui si è piegato in due sul gabinetto, tutto diventa totalmente buio.
Si trascina lentamente verso la porta chiusa, accorgendosi che qualcuno ha messo la sua camicia per terra per tappare il piccolo spiraglio d'aria che passa sotto alla porta.
Si passa stancamente le mani sul viso, cercando di ricordare per quale ragione è rimasto chiuso lì dentro. In fondo, dopo aver vomitato anche un rene a causa dell'alcol, perché non tornarsene in quel comodo letto a riprendersi?
Il cigolio della porta è come una martellata dritta nel cervello per lui, ma non si azzarda ad emettere nessun suono. Già il fatto che barcolli in quel modo imbarazzante e che qualcuno lo abbia visto in quelle condizioni oltremodo ridicole è troppo per il suo orgoglio.
Quando poi si rende conto chi è stato a vederlo in quello stato, il dolore sembra addirittura aumentare.
«Buon giorno...» mormora a denti stretti, guardando con una lieve vergogna Akemi che si stringe tra le coperte bianche e sottili.
Riceve in risposta una specie di grugnito, al quale non riesce a trattenere un sorriso. È sempre intrattabile la mattina appena sveglia. Ricorda solo una volta in cui fu allegra, e quella volta era con lui.
«Quando sei rientrata?» le domanda sedendosi sul bordo del letto, guardandola attentamente mentre si attorciglia sempre di più tra le lenzuola e nasconde la testa sotto al cuscino sporco di trucco.
«Circa due ore fa...» mugola in risposta Akemi, sospirando forte. È stanca, ha lo stomaco in subbuglio per il troppo alcol ingerito insieme a Sakura ed è sul punto di vomitare a causa dell'insopportabile tanfo che arriva dal bagno.
«E non potevi rimettermi a letto?» le domanda con tono più duro, puntando i gomiti sulle ginocchia e tenendosi la testa tra le mani.
«Eri così carino abbracciato al cesso che proprio non me la sono sentita.» risponde sarcastica la corvina, senza però muoversi di mezzo millimetro. Si sente sicura sotto le lenzuola, sotto a quel cuscino. Può evitare il suo sguardo, evitare i suoi occhi che la confondono e anche mascherare un poco quel profumo che sente provenire dalla sua pelle.
Marco rimane in assoluto silenzio per qualche minuto, pensando e ripensando a come affrontare quello spinoso discorso. Perché si ricorda perfettamente ciò che accaduto la sera precedente, ricorda come si è comportato con lei e sa che deve chiarire la questione una volta per tutte, che deve troncare quel rapporto o provare a consolidarlo.
«Mi dispiace per ieri sera...» mormora di punto in bianco, senza però voltare la testa verso di lei.
«Penso che sia il caso di parlarne.» aggiunge dopo qualche istante, poiché non ha ricevuto alcuna risposta da parte sua.
«E di cosa? Del fatto che sei uno stronzo quando ti ubriachi? Beh, questo già lo so.» ringhia a denti stretti la corvina, squarciando in profondità il cuscino sotto il quale è ancora nascosta. È arrabbiata, le viene da piangere, vorrebbe scappare. Sa bene però che deve affrontare quella discussione per poter andare avanti serenamente con la sua vita. Non importa se con lui al suo fianco o meno.
«Ti ho già detto che mi dispiace! Cos'altro devo dire?!» le urla contro Marco, pentendosene immediatamente.
Akemi infatti scatta a sedere di scatto, guardandolo con aria omicida, gli artigli ben piantati nel materasso e un lieve ringhio che le risale per la gola.
«Wow, come sei carina di prima mattina.» la sfotte Marco, ghignando divertito di fronte al trucco colato attorno ai suoi occhi e alla matassa di capelli scompigliati che la fa assomigliare tanto ad un chihuahua a pelo lungo incazzato.
«Ascoltami bene, creatura di razza non meglio identificata: se devi insultarmi, puoi anche prendere il culo e andartene in camera tua, chiaro? Mi girano già abbastanza i coglioni per il macello che hai fatto in bagno e per l'odore infernale del tuo fottuto vomito che mi tocca sopportare malgrado abbia sbarrato quella stanza maledetta!» gli strilla contro tutto in un fiato, snudando le zanne e scattando in piedi come una molla, camminando per la stanza come una furia alla disperata ricerca di un elastico per capelli.
«Ehi, ehi! Vedi di darti una calmata, chiaro?!» le ringhia contro Marco, alzandosi a sua volta, cercando con tutto sé stesso di non piegarsi in due per il mal di testa che questo movimento brusco gli provoca «Ti ho detto che mi dispiace! Sono stato uno stronzo, ho fatto una cazzata! Cos'altro devo dirti, eh?!»
«Non lo so. La verità, forse?!» soffia Akemi, puntando i pugni sui fianchi e guardandolo con aria torva.
«Quale verità?!»
«Che ti piaccio, Marco! Perché la verità è questa, ed è inutile che continui a negarlo!» gli urla contro Akemi, fregandosene altamente se qualcuno dei suoi compagni la sente. È troppo fuori di sé per poter badare a questo genere di cose.
«Sei solo un codardo del cazzo! E io invece sono una deficiente perché continuo a torturarmi per te malgrado tu mi abbia già dato la prova di quanto sei stronzo!» aggiunge dopo un breve silenzio, trattenendo a stento un profondo ringhio gutturale.
«Calmati.» sibila il comandante, assottigliando lo sguardo.
«Non provare più a ripeterlo perché ti stacco la lingua e me la mangio per colazione, intesi?» lo minaccia prontamente la corvina, afferrando al volo la stessa giacca della sera precedente per coprirsi un po' «Adesso vattene.» ordina subito dopo, distogliendo lo sguardo e trattenendo a stento le lacrime.
'È finito tutto...'
«Hai vinto.» afferma con tono duro Marco, rimanendo però immobile al suo posto, con le braccia stese lungo i fianchi e gli occhi fissi sulla figura quasi tremante di fronte a sé «Sono stato un codardo e uno stronzo. Ti ho allontanata da me perché ero convinto che sarebbe stato più semplice, ma non è così.»
Fa un passo in avanti, uno solo, bloccandosi subito dopo quando la vede irrigidirsi e alzare finalmente lo sguardo. Trae un respiro profondo, passandosi una mano tra i capelli.
«Quando ti guardavo ballare con quel deficiente alcolizzato, avrei voluto davvero staccargli la testa dal collo a cazzotti.» ammette con una certa difficoltà, provando inutilmente a calmare il battito impazzito del suo cuore «Non riesco a sopportare l'idea di te con un altro uomo all'infuori di me. Non riesco a sopportare neanche che tu abbracci Ace. Ho provato ad andare avanti, a cancellarti dalla mia testa, dico sul serio... ma non ci riesco.»
Involontariamente le si è avvicinato, tanto da arrivare ad un passo da lei.
La guarda dritto negli occhi, leggendoci dentro un profondo smarrimento, e per un momento vorrebbe solo eliminare definitivamente quella fastidiosa distanza tra loro. Si trattiene dal farlo solo perché sa che rovinerebbe tutto e che tutta quella fatica andrebbe sprecata.
«Quindi... scusa se a volte ti rispondo male. Scusa se quando mi girano per i fatti miei, me la prendo anche con te. Scusa se ti ho baciato e poi ho fatto marcia indietro. Scusa se mi piace guardarti per ore. Scusa se mi sono comportato come uno stronzo e ti ho ferita.»
Akemi lo guarda con gli occhi ricolmi di lacrime, incredula. Il cuore le scoppia dalla gioia, nella sua testa Týr le dice di calarsi allegramente le mutande e di farci sesso fino allo sfinimento. Non riesce a credere alle parole della Fenice, ma sente una totale sincerità provenire dal suo cuore.
Una lacrima solitaria le riga la guancia pallida e Marco gliela pulisce con il pollice in un gesto completamente spontaneo.
«Ti ci voleva così tanto?» mormora Akemi, lasciandosi scappare un sorriso.
Marco ridacchia appena, abbassando la testa e azzardando un gesto che, per quanto ne sa, potrebbe costargli molto caro: le poggia infatti entrambe le mani sui fianchi e l'avvicina ancora, tanto da ridurre la distanza dei loro volti a pochi centimetri.
«Non hai idea della fatica che ho fatto...» ammette sorridendole, mentre un brivido di eccitazione gli sale lungo la schiena quando Akemi gli poggia i palmi delle mani sul petto scoperto.
«Direi che puoi essere perdonato.» gli sorride di rimando, Akemi, beandosi del battito ritmico del suo cuore. Le sembra la più bella melodia mai sentita prima, dolce e travolgente.
Marco le prende il mento tra le dita e la costringe a guardarlo, sorridendole in modo diverso. Non c'è più la felicità per essersi tolto quel macigno dal petto, no; c'è desiderio, passione.
«Ah si?»
Le si avvicina lentamente, troppo lentamente, tanto da farle girare la testa, e dopo momenti che le sembravano interminabili, finalmente cattura le sue labbra in un tenero bacio. Le sente fresche e morbide contro le sue, perfette, e in quel momento sente un'ondata di felicità investirlo completamente, travolgendolo come un uragano.
Non vorrebbe staccarsi mai, non vorrebbe abbandonare quelle labbra dolci ed invitati che lentamente si schiudono con le sue, non vorrebbe mai smettere di carezzare la sua lingua con la propria, non vorrebbe mai togliere le mani da quel corpo esile e muscoloso, da quei fianchi snelli che adesso stringe possessivamente e che lentamente avvicina a sé, costringendola ad addossarsi al suo corpo.
Non vorrebbe, davvero, ma è costretto a farlo quando qualcuno comincia a bussare insistentemente alla porta.
«Akemi? Marco è con te?»
In quel preciso istante Marco vorrebbe aprire la porta e spaccare la testa di Halta contro la parete, ma così si smaschererebbe subito.
«Cazzo...» mormora a denti stretti, allontanandosi da Akemi come se fosse una specie di ordigno pronto ad esplodere.
«Tranquillo.» lo rassicura la minore, inarcando un sopracciglio con aria strafottente.
Marco la guarda per qualche istante, ignorando il fatto che Halta è proprio dietro quella porta e che probabilmente sta ascoltando tutto quanto.
«Qualcosa mi dice che sa più di quanto vorrei, vero?» le domanda con espressione corrucciata, facendola sorridere beffarda.
«Ma quanto sei arguto, Fenice!» lo prende in giro, passandogli di fianco e scompigliandogli i capelli, facendolo soffiare esasperato. Era consapevole che avvicinandola in quel modo si sarebbe cacciato in una situazione assai fastidiosa, ma non immaginava proprio che i guai sarebbero iniziati immediatamente.
«Scusate se interrompo la vostra brillante conversazione, ma siamo tutti giù a fare colazione. Vi converrebbe muovervi se non volete essere beccati.» li avverte Halta, tamburellando con la punta delle dita sulla porta, cercando di trattenere la felicità che prova per la sorella. Finalmente è riuscita ad ottenere ciò che ha tanto desiderato, e adesso la comandante non vede l'ora di scoprire tutti i dettagli di quel risvolto così interessante. 'Stare con Akemi mi fa male: sono diventata una specie di pettegola!'
Marco si volta verso Akemi, che nel frattempo ha cominciato a vestirsi, e la guarda con un misto di curiosità e desiderio.
«È un'impressione mia o Halta ci sta coprendo?» le domanda con una nota di sorpresa nella voce. Perché sa quanto le due sono amiche, pure loro due sono amici, ma era convinto che una notizia come quella avrebbe scandalizzato pure lei.
«Santo Cielo...» mormora Akemi, voltandosi verso di lui e guardandolo con espressione assai meravigliata «Ma tu sei davvero un genio!» aggiunge subito dopo con strafottenza.
Marco si lascia sfuggire un lieve sorriso, per poi scattare verso di lei per poterla afferrare per la vita, ignorando deliberatamente il forte mal di testa che gli sta perforando il cervello.
«No, lasciami!» strilla Akemi, cercando inutilmente di liberarsi dalla sua presa, finendo col cadere si schiena sul materasso con il comandante steso addosso.
Ridono divertiti, felici per la ritrovata pace, per l'enorme passo avanti che sono riusciti a fare, e finalmente sono di nuovo capaci di giocare come due bambinetti come un tempo, torturandosi con il solletico e cercando di prevalere l'uno sull'altra.
«Implora pietà!» le urla Marco, ridendo forte. Il suo mal di testa sembra svanire lentamente di fronte al suo sorriso raggiante, di fronte alla sua allegria contagiosa, con i loro copri così a stretto contatto.
Lentamente smette di torturarla con il solletico, poggiandole una mano sull'addome scoperto e tenendosi con il busto un poco sollevato facendo leva sul gomito poggiato accanto alla sua testa.
Si guardano per qualche secondo, finché Marco si abbassa di slancio e la bacia di nuovo, piano, assaporando quella bocca che tanto l'ha fatto dannare. La bacia e le sfiora piano l'addome.
Si separa da lei solo per poterla guardare nei suoi grandi occhi chiari, adesso ricolmi di un'infinita tenerezza.
«Mi era mancato...» mormora sorridendole, scostando una ciocca di capelli scuri dal suo viso. Perché per lui quei lineamenti sono troppo perfetti per essere messi in ombra anche solo da una ciocca di capelli ribelli.
«Cosa, ustionarmi la pelle?» controbatte sarcasticamente Akemi, carezzandogli distrattamente un braccio muscoloso.
«Mi era mancato questo.» ammette il comandante, tornando solo per un secondo a sfiorare la sua pelle nuda con la punta delle dita incandescenti, facendola guizzare come un pesce sotto di lui come sempre.
Scoppia a ridere, Akemi, tirandogli una pacca sulla spalla, felice come mai prima di allora.
Gli sfiora lentamente uno zigomo, sorridendogli più dolcemente, dimenticandosi di colpo di tutto quello che c'era stato tra loro, dei loro battibecchi, del dolore che aveva provato a causa sua. Dimentica tutto, beandosi completamente delle dolci attenzioni che sta ricevendo.
«Beh, allora abituati, perché da adesso diventerà la quotidianità per te.»
«Sembra quasi una minaccia.» afferma con un certo divertimento Marco, facendola ridacchiare.
«Più o meno...» ammette con un sorriso furbetto, scrollandoselo di colpo di dosso e alzandosi di scatto, raccattando velocemente dei vestiti sparsi sul pavimento, tutto sotto lo sguardo sorpreso del biondo.
«Vado a farmi la doccia in camera tua, così ti porto dei vestiti.» afferma sorridendogli allegramente, già diretta verso la porta.
«Perché non la fai qui?» le domanda realmente confuso Marco, alzandosi a sua volta dal letto e indicando con un cenno del capo la porta del bagno alle sue spalle.
«Perché hai vomitato da tutte le parti e mi fa schifo.» risponde con ovvietà Akemi, facendogli l'occhiolino prima di sparire dalla sua visuale.
'Si, mi sono messo in un bel casino...'

Marco scende lentamente le scale dopo essersi lavato, cambiato e aver provveduto a pulire lo schifo che c'era nel bagno di Akemi, come gli era stato minacciosamente ordinato.
In realtà l'ha fatto non perché è stata lei ad imporglielo, ma per una semplice questione di rispetto nei confronti delle cameriere che dovranno mettere in ordine. Non gli sembrava giusto fargli pulire un tale schifo dal momento che il giorno prima hanno dovuto pulire per un intero pomeriggio una camera pressoché distrutta.
«Ma allora sei vivo!» urla un più che allegro Ace, sputazzando a destra e a sinistra pezzetti di cibo. Un pezzetto finisce pure sul braccio di Jaws, che è così costretto a fare appello a tutto il suo autocontrollo per non fargli ingoiare anche il piatto per educarlo.
«A quanto sembra.» borbotta Marco, prendendo posto tra Speed Jill e Teach, che ha deciso di fare colazione con loro assieme ad altri membri dell'equipaggio.
Sorride cordiale ad entrambi, lasciandoli di stucco. Tutti sono abituati a vederlo sempre con un'espressione apatica stampata in volto, al massimo vagamente corrucciato di prima mattina, e vederlo sorridere così senza ragione li lascia completamente di sasso.
«Avreste dovuto vedere come si è ridotto ieri sera!» afferma ridendo Curiel dopo aver finito la propria spremuta di pompelmo.
«Ero così penoso?» domanda distrattamente Marco, afferrando del pane tostato e della marmellata dal centro del tavolo, ringraziando con un cenno del capo Teach che gli allunga del caffè.
«Puoi dirlo forte.» gli risponde senza neanche guardarlo Akemi, seduta tra il nono ed il tredicesimo comandante, alzando poi di scatto lo sguardo sulla porta d'ingresso, da cui sente provenire, seppur lievemente, l'odore del suo adorato fratellone.
Dopo qualche secondo, infatti, Satch entra spalancando di colpo la porta, sorridendo euforico ai fratelli che gli sorridono tutti con la bocca piena, accompagnato da una più tranquilla Mimì.
«Ehi!» li saluta allegramente, prendendo una sedia e trascinandola verso il tavolo dove siedono i fratelli, più che intenzionato a fare una più che abbondante colazione. Ha estremo bisogno di recuperare tutte le energie spese durante la notte.
«Satch, sei dimagrito?» gli domanda sorpresa Akemi, ridacchiando divertita quando lui si alza la maglia per mostrare il ventre sempre più asciutto e muscoloso, gesto che provoca un certo imbarazzo nella cameriera che gli stava portando un piatto e le posate.
«Buon giorno!» trilla allegra Mimì, prendendo posto sulle gambe del compagno, che subito le avvolge la vita con le braccia muscolose «Akemi? Kakashi e Sakura ti mandano i loro saluti.» afferma subito dopo, guadagnandosi uno sguardo dubbioso da parte della corvina.
«Sono dovuti partire in fretta e furia insieme ad Arista e mio fratello. Io li raggiungerò in serata.» spiega con tono calmo, rifiutando con un cenno del capo il frutto che Satch le porge gentilmente, cosa che lo lascia realmente di stucco. In tutto il tempo che sono stati insieme mai una sola volta l'ha vista mangiare. L'ha vista bere soltanto in suo bicchiere pieno di rum la sera precedente, ma niente di più.
«E perché sono partiti?» domanda con tono diffidente Akemi, sentendo l'improvvisa ed ingiustificata voglia di saltarle alla gola.
«Avevano una questione piuttosto urgente di cui occuparsi. Dicono che gli dispiace di non averti potuta salutare di persona e che la prossima volta che vi incontrerete si faranno perdonare.» risponde sorridendole cordialmente la ragazza, consapevole dell'astio provato dalla corvina. Perché Mimì può sembrare stupida, ma non lo è per niente. A suo favore ci sono anni di esperienza e di studi accurati, quindi è pressoché impossibile riuscire ad ingannarla.
I vari pirati mangiano in silenzio, ignari delle continue occhiate che le due donne si lanciano di tanto in tanto. Non si accorgono proprio dei loro occhi di ghiaccio che si sfidano in silenzio, dei denti affilati che si allungano nella bocca dell'eccentrica e misteriosa ragazza. Non si rendono conto che alla prima mossa falsa di una, l'altra scatterà violentemente.
«Gente: che facciamo oggi?» domanda di punto in bianco Ace, attirando su di sé lo sguardo dei compagni «È l'ultimo giorno di permanenza, al tramonto si parte.»
«Di già?» domanda dispiaciuta Akemi, lasciando momentaneamente da parte la sua silenziosa guerra con la compagna di suo fratello.
«Propongo la spiaggia. Ci rilassiamo un po'.» propone distrattamente Kingdew, memore di tutte le belle donne che il giorno prima sfilavano davanti a lui coperte da striminziti bikini.
«Appoggio la tua idea!» afferma subito dopo Blamenco, dandogli una sonora pacca sulla spalla, facendo così ridacchiare i presenti per il suo troppo entusiasmo.
«E spiaggia sia!» concorda Ace, sbattendo con forza un pugno sul tavolo per rimarcare la scelta «Dopo lo dico al babbo, così conoscerà anche lui la fidanzatina di Satch.»


Festeggiare il compleanno a Namba è la decisione in assoluto migliore che una persona possa prendere. Certo, è sicuramente molto costosa come festa, ma ne vale decisamente la pena.
Tutti sono invitati, tutti portano qualcosa, la musica risuona a tutto volume per l'intera isola, gli alcolici scorrono come fiumi in piena. Non ci sono regole, puoi fare tutto quello che vuoi.
Sulla spiaggia ora c'è odore di pelle, di alcol, di ubriachi e di sudore. Rumore di musica che rimbalza nel petto, che rompe i timpani. Occhi che si chiudono, si aprono, si abituano al caos, agli effetti devastanti degli allucinogeni.
È impossibile riuscire a scorgere i visi nei corpi che vorticano danzanti sulla spiaggia candida. Ballano, si strusciano. Il sesso è palpabile nell'aria.
I drink colorati passano di mano in mano. Qualcuno ci aggiunge delle pasticche per aumentare lo sballo.
Lo sguardo stupito di Barbabianca nuota tra la folla impazzita in cerca dei figli che si sono lanciati in quel vortice di peccatori. Ne vede alcuni, presi d'assalto da ragazze in topless in cerca di sesso. Sorride sotto ai grandi baffi, è felice per loro.
Al suo fianco alcuni sono rimasti. Teach, per esempio, è stato rifiutato anche dalla donna più ubriaca, e ha preferito ritirarsi con la coda tra le gambe a fianco di suo padre.
Una ragazza dai brillanti capelli dorati e una balconata alla Hancock avvicina l'imponente uomo, sorridendo maliziosa, piena di acido fino al midollo osseo.
«Che belli i tuoi baffi, posso toccarli?»
L'uomo non fa neanche in tempo a dirle di no che la ragazza viene trascinata per i fianchi da un'amica, trasportata in quella folla impazzita. È sparita, persa per sempre.
Barbabianca si gira, Teach lo guarda. È inutile arrabbiarsi, tanto non la vedrà mai più.
Izo si fa strada per quella folla danzante, la cerca come un disperato. Ha bevuto, forse nel suo bicchiere c'era qualcosa di più, e adesso vuole assolutamente trovare Halta.
Anche Marco cerca qualcuno. La cerca ovunque e non riesce a trovarla. E come potrebbe? Tutta la città si è riunita su quella spiaggia bianca per festeggiare chissà chi. Solo in pochi sanno che il festeggiato fa la stessa, identica festa da più di una vita, sempre e solo a Namba. E solo loro gli portano dei regali, che consistono in giovani e avvenenti ragazzi somiglianti ad innocenti angeli.
Satch balla con Mimì. Il sudore gli cola lungo la schiena, scendendo copioso lungo la spina dorsale, mentre appoggia le labbra sul suo collo. Morde forte, le arrossa la pelle.
«Ti voglio da morire...» mormora contro il suo orecchio, stringendole forte le natiche.
Mimì sorride, gli poggia le mani sulle spalle e salta, allacciandogli le gambe attorno al bacino e mettendogli la lingua in bocca.
Hanno un sottofondo selvaggio offerto dai deejay, nessuno li guarda mentre Satch si cala un poco i pantaloni, mentre le scosta le mutande e la fa sua in mezzo alla folla, facendola urlare di piacere a pieni polmoni.
Ace li vede e ride, buttandosi sulla sabbia e lasciando che una bella rossa gli si sdrai addosso, che gli lecchi gli addominali e che qualcuno gli metta un pezzo di cocomero in bocca.
Marco adesso è davanti a Barbabianca, guarda i fratelli distruggersi il fegato e il cervello in mezzo a quel caos e non riesce a non domandarsi dove sia finita lei. L'idea che qualche idiota possa averle messo le mani addosso lo manda completamente fuori di testa.
Si addentra di nuovo tra quei corpi sudati, soffrendo per il caldo e per la polvere che gli secca la gola.
Una ragazza gli si spalma addosso, gli mette una mano in mezzo alle gambe e prova a baciarlo. È fuori di testa, non sa neanche su chi si sta strusciando, ma non le importa assolutamente.
Marco prova a togliersela di dosso senza farle del male quando un ringhio potente e animalesco gli arriva nitidamente alle orecchie, sovrastando pure tutto quel caos.
«Giù le mani.»
La ragazza si ritrova in ginocchio, con un polso piegato all'indietro e delle candide zanne a pochi centimetri dal volto.
«È roba mia.»
Akemi la lascia andare, ghignando divertita mentre la vede inciampare tra i suoi stessi piedi. Le piace quando qualcuno trema così di fronte a lei e se adesso Marco non le stesse appoggiando le mani sui fianchi probabilmente la seguirebbe per ucciderla. Non lo farebbe per quello che ha fatto, assolutamente. Lo farebbe perché nel profondo le manca la sensazione della vita che si spezza nelle sue mani, dell'improvviso silenzio del cuore prima imbizzarrito.
«E così sarei tuo?» le sussurra Marco all'orecchio, stando comunque attento a non farsi vedere da nessuno dei suoi compagni. In fondo tra la sua capigliatura e la bellezza inumana della ragazza sono facilmente riconoscibili.
Akemi si volta verso di lui, guardandolo con un ghigno divertito ad incresparle le labbra.
«Cercatene pure un'altra, non ti ferma nessuno.» lo sfida, allontanandosi dalle sue mani lentamente, muovendosi tra la folla come un predatore.
Marco la segue, notevolmente sorpreso dalla sua sorprendente capacità di mimetizzazione.
Akemi riesce a seminarlo, provando così a calmare il mostro che le ruggisce nel cuore. Perché sta succedendo di nuovo, come la sera precedente. Dentro di lei si muove qualcosa. Vuole il sangue, la disperazione e il caos.
«Quando si fa una dichiarazione del genere è una cosa molto seria.» la voce di Týr le risuona in testa nitidamente e questo sembra placare l'istinto feroce della bestia.
Si passa le mani tra i capelli, Akemi, notando tra la calca di corpi mezzi nudi Halta ballare insieme ad Izo. Sorride, è felice per loro, e subito si allontana, dirigendosi con passo svelto e sicuro verso il padre.
'Spiegati.' ordina dura, sedendosi di fianco al genitore mentre continua ad osservare le persone che la circondano. Nota pure l'espressione scocciata di Marco mentre li raggiunge e non riesce a trattenere un sorriso divertito.
«Quando un immortale dichiara che un essere umano è di sua proprietà, soprattutto di fronte ad altri immortali, deve essere pronto ad uno scontro all'ultimo sangue per poter mantenere tale diritto.» le spiega pazientemente Týr, stranamente serio, quasi duro. Perché lui, al contrario di Akemi, sa bene a quali problemi si va in contro quando si dicono certe cose, quali responsabilità bisogna addossarsi se si ha la lingua troppo sciolta e per questo vuole metterla un poco in guardia. In fondo non si diventa dei perfetti immortali da un giorno all'altro.
'Se non sbaglio ultimamente non mi faccio molti problemi ad uccidere, no?' risponde strafottente, mangiando una fragola e godendosi i brividi che le dita di Marco le provocano.
Si volta per guardarlo, notando come si finga a sua agio e completamente tranquillo, come riesca a non farsi vedere da nessuno e si rende conto tutto in un colpo di quanto dovrà faticare per riuscire a tenere quella “relazione” nascosta.
«Stai ricominciando a montarti la testa.» afferma Týr, stavolta realmente infastidito «Ti conviene tenere sempre la guardia alta, soprattutto qui. Questo posto brulica di immortali.» aggiunge subito dopo, per poi abbandonarla. Perché per lui deve imparare a stare al mondo da sola, a valutare le situazioni e cacciarsi da sé fuori dai guai. Certo, le darà una mano nei momenti di necessità, ma niente più di questo. Per i suoi standard è già troppo.
Barbabianca guarda di sottecchi la figlia che osserva con sguardo fiero e glaciale la folla impazzita, e non riesce a non pensare a quanto sia cresciuta, a quanto sia diventata forte. Pensa anche che quando saranno sulla nave, lontano da occhi e orecchie indiscrete, dovrà dirle ciò che ha scoperto sull'Ordine del Drago, rovinandole così la bella giornata. Perché durante la permanenza a Namba, Edward Newgate non è stato di certo a poltrire come un vecchio bacucco: si è informato, ha fatto ricerche, ed è saltato fuori, grazie ad una vecchia mezza rincoglionita dell'isola, che quelli sono delle specie di fanatici religiosi e che danno la caccia a tutti coloro che appartengono alla schiera degli immortali, proprio come lei, e che conoscono perfettamente il modo per eliminarli tutti quanti. Poi la vecchia è disgraziatamente morta d'infarto a causa dell'imprevisto incontro con la ciurma più temibile di tutti i mari e quindi non ha potuto sapere di più, ma gli va bene così. È sicuro, infatti, che la mente acuta della ragazza sarà capace di scavare più a fondo e scoprire tutto ciò che potrà servirle per eliminare quella minaccia.
E lui, Edward Newgate, l'essere umano più forte del mondo, farà tutto ciò che è in suo potere per aiutarla a fare pulizia di quella feccia.


Il porto è praticamente deserto, visto che tutti sono ancora troppo impegnati con i festeggiamenti, adesso spostati nelle vari vie della città.
La luce del tramonto si riflette sul mare, dipingendolo di un rosso vivo. Le onde s'infrangono debolmente contro la possente Moby Dick, bagnandola con la sua schiuma bianca. Là, in lontananza, fin dove si perde l'occhio, il mare e il cielo si fondono, creando un unico sfondo. Il Sole tinge il cielo di varie sfumature rosa, rosso e arancio, creando così un quadro perfetto.
Mentre tutti gli uomini sono già sulla nave a sistemare le provviste o semplicemente a rilassarsi, Satch resta sul ponte del molo, stretto tra le braccia di Mimì.
«Mi mancherai tanto...» gli mormora dolcemente la ragazza, nascondendo il viso nel suo ampio petto «Lo so, è assurdo, ti conosco appena... eppure... so che mi mancherai tantissimo.»
Trattiene a stento le lacrime, Mimì, per una questione d'orgoglio. Ha pianto troppo negli ultimi tempi, ha intaccato la sua pessima reputazione mostrandosi debole e sentimentale, e non può certo permettersi un altro scivolone simile. Inoltre, se solo osasse versare una sola lacrima e qualcuno la vedesse, Satch sarebbe seriamente in pericolo.
«Spero di poterti rincontrare...» le mormora affettuosamente il quarto comandante, stringendo involontariamente le braccia attorno al suo esile corpo, fregandosene del fatto che i suoi compagni lo stiano fissando dall'alto della nave.
«Speravo che tu lo dicessi.» afferma la ragazza, alzando di scatto il viso e guardandolo dritto negli occhi, sorridendogli dolcemente.
«Mh?»
«Zitto e baciami.» lo afferra per il foulard giallo e lo tira a sé, baciandolo con tutta la passione che ha in corpo, beandosi nella sua stretta protettiva e possessiva.
'Non permetterò che ti accada niente, lo giuro...'
«Quanto sono smielati.» commenta Ace, calcandosi il cappello da cowboy in testa e distogliendo finalmente lo sguardo dalla diabetica coppia che continua a scambiarsi effusioni sotto ai loro occhi.
«Taci, che se fossi stato al suo posto ti saresti messo a fare le bizze come un bambino!» lo prende in giro Namiur, dandogli una sonora pacca sulla spalla.
«Non è vero!» controbatte offeso Ace, gonfiando le guance e assumendo così un'espressione davvero buffa che fa scoppiare a ridere tutti i presenti.
«Lasciatemi stare Ace!» trilla Akemi, trottando verso l'amico e cingendogli il collo con le braccia tatuate «Povero il mio dolce zolfanello.»
«Gurararara!» tuona il capitano, facendoli voltare tutti quanti, incuriositi «Siete proprio un bel quadretto, voi due.» commenta subito dopo, facendoli impallidire. Se sapesse quello che hanno combinato tempo addietro da ubriachi, forse non lo direbbe più con tanta leggerezza. Perché è vero che spera che la sua adorata bambina scelga uno di quegli uomini di cui si fida ciecamente e che ama con tutto il cuore, ma probabilmente sapere che gli ha fatto un pompino quasi per gioco lo farebbe incazzare parecchio.
Marco, al suo fianco, irrigidisce la mascella e stringe i pugni, ricorrendo a tutto il suo autocontrollo per non scoppiare in un attacco di rabbia per un semplice giudizio.
'Babbo, per quanto io ti rispetti e ti voglia bene, di' un'altra volta una cosa del genere e riuscirò nella vecchia impresa di Ace.' si ritrova a pensare, facendo poi saettare lo sguardo su Teach, adesso accanto a Pugno di Fuoco, con un sorriso sulle labbra che semplicemente gli dà il vomito.
«A quando le nozze, comandante?» domanda sarcasticamente Barbanera, venendo fulminato immediatamente dallo sguardo del dolce Angelo Demoniaco.
«Ma vai a fare l'hula hoop con una sega circolare, va'!» gli ringhia contro, staccandosi dall'abbraccio di Ace e dirigendosi impettita verso la propria stanza, infastidita solo dalla sua vicinanza.
Un sorriso divertito increspa le labbra carnose del primo comandante, che piega un poco la testa e tira un mentale sospiro di sollievo.
'Brava così.'

Dopo circa un'ora, durante il quale ha aiutato i compagni a sistemare le scorte precedentemente fatte, Marco si è ritirato nella sua stanza per farsi una doccia al volo. Ha detto di essere stanco e di volersi riposare un po' prima di cena, ma in realtà il suo piano  era quello di darsi una sciacquata veloce e poi intrufolarsi nella cabina di Akemi.
Quando lo fa, però, si rende conto che la ragazza è sotto la doccia e sbuffa assai infastidito nel trovare la porta chiusa a chiave.
'Che sapesse che sarei venuto?' si domanda sospettoso, aprendo l'oblò e accendendosi in tutta calma una sigaretta, gioendo silenziosamente quando sente il getto dell'acqua chiudersi, indice che tra pochi minuti uscirà nuda e bagnata da quella piccola stanza.
Quando lo fa, le sue speranze si frantumano.
«Pensavi che sarei stata nuda, vero?» gli domanda sorridendo con aria furbetta, stringendosi teatralmente nell'accappatoio di cotone nero che le arriva fino a metà polpaccio.
Marco sbuffa una nuvoletta di fumo denso, scuotendo un poco la testa per non farle capire il profondo senso di turbamento che sta provando. 'Che legga anche nel pensiero?!'
«Che avevi prima?» gli domanda dopo qualche istante, dirigendosi a piedi nudi verso il cassettone che contiene la sua biancheria, mostrandosi completamente a suo agio di fronte a lui. Dentro in realtà è in imbarazzo da morire. In fondo non è proprio chiara la natura del loro rapporto e non sa esattamente come comportarsi.
«Niente, perché?» si dà da solo dello stupido per aver mentito, consapevole della bizzarra capacità della ragazza.
«Sembrava che volessi incenerire tutti quanti solo con lo sguardo.» insiste, poggiandosi con le spalle contro la parete e storcendo il naso di fronte alla sigaretta che si consuma tra le labbra di Marco. Dovrà togliergli quel vizio o, quanto meno, costringerlo a non fumare quando sono insieme.
«Mi davano fastidio i loro commenti.» ammette dopo qualche istante, tenendo la testa china per la vergogna. Per un istante l'idea di mandare tutto a monte e di allontanarla di nuovo lo sfiora, ma decide che è bene per entrambi accantonarla subito.
«Sei geloso di Ace?» gli domanda sorridendo sorpresa Akemi, avvicinandosi velocemente. Gli poggia poi le mani sulle spalle, cercando insistentemente i suoi occhi scuri colmi di vergogna e nervosismo.
«Ti avevo già detto questa mattina che mi dava noia. Ma non voglio che il vostro rapporto cambi, me lo farò andar bene. In fondo lui ti è stato molto più vicino di quanto non abbia fatto io.» borbotta con una certa convinzione la Fenice, intrecciando distrattamente le dita delle loro mani, guardando quei movimento come se andassero al rallentatore. Si sente un completo idiota quando pensa che siano perfette unite così: le proprie, forti e segnate dai duri lavori giornalieri di un pirata, e le sue, delicate e affusolate, senza imperfezioni. Certo, perfette se non si considerano i troppi tatuaggi, ovviamente.
Rimangono in silenzio per qualche minuto, la sigaretta viene finalmente spenta, e Marco può finalmente stringere a sé quel corpo che tanto brama lontano da occhi indiscreti.
«Come la mettiamo con tutti gli altri? Preferisci dirlo o...?» gli domanda titubante Akemi, tenendo lo sguardo basso.
«No, per carità!» sbotta Marco, rendendosi subito conto che la cosa potrebbe urtarla. Ormai la conosce abbastanza da poter dire con certezza che le parole vanno ben pensate prima di essere dette ad alta voce con lei, cosa che risulta un po' difficile in certi momenti.
«Non fraintendere eh, però non voglio che si sappia. Non mi piace che i fatti miei vengano sbandierati ai quattro venti.» si corregge subito dopo, prendendole in mento tra le mani e costringendola così a guardarlo negli occhi.
Gli sorride beffarda Akemi, inarcando un sopracciglio e fissandolo dritto negli occhi, come se gli stesse scrutando nel profondo dell'anima.
«E hai paura che il babbo ti faccia a fette.» esclama subito dopo convinta.
«Anche.» ammette ridacchiando il comandante, notando che la ragazza sta lentamente allentando il nodo che tiene chiuso l'accappatoio.
«Vieni qui...» mormora afferrandola saldamente per i fianchi e sollevandola da terra, facendola ridere di gusto.
La butta poi sul letto, afferrandola per le caviglie in modo che non possa scappare come sicuramente tenterebbe di fare per dispetto, e in pochi secondi si avventa sulle sue labbra.
La bacia con foga, facendo scivolare subito la lingua nella sua bocca, le mani scorrono sulla pelle della pancia e sui seni.
Akemi, completamente presa da quell'improvviso attacco di passione, gli sfila velocemente la camicia e subito comincia a passargli le mani sul petto muscoloso, eccitandosi ancora di più. Gli addominali scolpiti sono perfetti al tatto, i bicipiti muscolosi la mandano fuori di testa, i pettorali sviluppati le danno semplicemente il colpo di grazia. 'È perfetto...'
Marco abbandona, seppur a malincuore, le labbra dalla compagna e scende con la bocca lungo il petto della ragazza fino a ritrovarsi sui seni scoperti, che prende subito a baciare e leccare con avidità, facendola ansimare sempre più forte.
Di colpo però Akemi lo scansa con un gesto brusco e scatta a sedere sul materasso, ignorando lo sguardo perso del compagno.
«È ora di andare a cena.» afferma convinta dopo aver annusato attentamente l'aria.
«Come lo sai?» le domanda incerto, ancora mezzo sdraiato sul letto e con una voglia quasi imbarazzante di strapparle il perizoma che si era messa prima per farla sua lì, contro la cassettiera.
«A TAVOLAAA!!!» l'urlo di Ace lo riporta però con i piedi per terra e si trova quindi costretto ad alzarsi da quel comodo letto.
«Il tuo fiuto è eccezionale.» ammette sorridendole, afferrandole un polso e tirandosela addosso per poterle dare un ultimo bacio.
«Puoi dirlo forte.» gli fa l'occhiolino Akemi, afferrando uno scuro vestito largo ed infilandoselo velocemente, uscendo poi ancheggiando dalla stanza, ancora a piedi nudi, consapevole che l'uomo la sta seguendo con lo sguardo.
Si volta giusto per un ultimo istante e, notando che nessuno li sta guardando, gli fa segno di guardare nella tasca dei suoi pantaloni.
Marco, seppur incerto, esegue l'ordine e scopre, con un certo stupore, che è riuscita ad infilargli il perizoma che prima indossava nella tasca.
Scuote sconsolato la testa, passandosi una mano tra i capelli.
«Ehhh, si: sarà un bel casino.»

Dopo una giornata impegnativa come quella, in cui tutti hanno dato il peggio di sé a quella distruttiva festa sulla spiaggia, non si può certo pretendere che a cena siano tutti pimpanti e giocherelloni.
Infatti praticamente nessuno fa grandi battute o scherzetti, troppo presi dal mangiare velocemente ciò che hanno davanti per poi potersene andare a dormire.
Pure Ace, generalmente sempre attivo e scherzoso, mangia in religioso silenzio, cadendo con la faccia nel piatto più spesso del solito.
Marco, al suo fianco, lo afferra sempre per la collana di perle rosse per tirarlo fuori dalle pietanze ed evitandogli così di morire soffocato.
Di tanto in tanto lancia qualche fugace occhiata ad Akemi, intenta a parlottare fitta, fitta con Halta, entrambe completamente estraniate dal resto delle conversazioni.
Parlano di tutte le novità che hanno vissuto in quei giorni, delle preoccupazioni che tutti quei cambiamenti comportano. Si rassicurano, promettendosi di esserci in ogni caso.
Alcuni discutono animatamente delle novità che hanno letto sul giornale. A quanto sembra, infatti, la scia di omicidi non pare essersi arrestata, anzi, è peggiorata. Sempre più persone spariscono, sempre più cadaveri vengono ritrovati completamente dissanguati o maciullati.
Akemi, che per sbaglio ha ascoltato un pezzo di conversazione, chiede gentilmente se le possono mostrare la fotografia che era in allegato con l'ultimo articolo e, non appena le viene passata, rimane di stucco.
«Stanno coprendo qualcosa...» mormora disgustata, attirando l'attenzione di chi le è più vicino.
«Che vuoi dire?» le domanda Fossa. Anche lui sa che stanno cercando di minimizzare la faccenda, che sotto c'è qualcosa di ben peggiore di quanto non vogliano far credere, ma non riesce proprio a capire cosa.
«Qui dicono che sono degli uomini a compiere i massacri, ma non è possibile.» gli risponde con tono fermo, osservando con più attenzione le immagini «Data la tipologia dei morsi sottocutanei, si può di sicuro escludere un colpevole a due zampe.» aggiunge subito dopo, leggendo distrattamente l'articolo «Però quello che c'è scritto qui è giusto: “Secondo gli esperti, sembra che gli assassini volessero che la vittima guardasse”.»
«E perché sarebbe giusto?» le domanda Ace, ripresosi da poco da uno dei suoi attacchi di narcolessia. La guarda con qualche chicco di riso sparso sul viso e del sugo di carne che gli cola lungo il mento, cosa che però non la diverte per niente. È troppo presa da quelle immagini, da quella metodologia così familiare, per potervi badare.
«La paura è inebriante per i superpredatori.» afferma distrattamente, poggiando l'inserto sul tavolo e alzandosi in piedi, decisa ad andarsene a dormire «Non è insolito che sbudellino le loro prede e... mangino il grasso tra gli organi vitali, per tenerle in vita il più a lungo possibile durante il processo.» aggiunge subito dopo, alzando gli occhi su di loro e facendoli guizzare da un viso all'altro.
Tutti sono convinti che sappia quelle cose perché semplicemente ha letto molti libri, perché è colta, ma la verità è ben peggiore e più agghiacciante: anche lei lo ha fatto. Ha ucciso, ha provato piacere nel sentire gli occhi terrorizzati della vittima mentre la faceva a pezzi e ha fatto tutto quello che poteva per mantenerla in vita il più a lungo possibile.
Týr le ha spiegato che è semplicemente il suo istinto a farle fare cose simile e che quindi non deve né badarci né andargli contro. Deve accettarlo, ed è quello che ha fatto.
L'idea che ci sia qualcun altro che lo fa, però, la mette in agitazione.
«Io vado a riposare.» afferma sorridendo, fingendosi serena, ricevendo in risposta un cenno di consenso dai fratelli.
Marco la guarda con attenzione mentre se ne va ancheggiando verso l'uscita, mentre l'idea di intrufolarsi più tardi nella sua stanza per riprendere da dove hanno dovuto interrompersi prima diventa sempre più allettante.
Barbabianca si alza a sua volta, pronto ad affrontare quella spiacevole conversazione, venendo salutato calorosamente dai suoi adorati figli.
C'è un clima allegro, tutti sono sereni e rilassati, felici di aver finalmente passato qualche giorno sulla terraferma, ora pronti a riprendere il mare, elettrizzati dalle avventure che vivranno di giorno in giorno.
Questa gioia collettiva però si spezza all'improvviso quando odono il rumore sordo di uno sparo.
Akemi si blocca all'improvviso, guardando con sorpresa l'uomo che ha di fronte.
Ha i capelli di un biondo scuro che gli ricadono sulla fronte, gli occhi minacciosi ridotti a due fessure. Il viso dai lineamenti spigolosi è contratto in un'espressione d'odio puro. Il corpo è teso, il braccio allungato verso di lei, la pistola a pochi centimetri dal suo petto.
«Giustizia è fatta.» afferma sogghignando, mentre i vari pirati rimangono immobili, sotto shock.
Non riescono a capire come abbia fatto quell'uomo a montare sulla nave senza essere visto, inconsapevoli che si era nascosto all'interno di uno dei barili che avevano caricato nella stiva per fuggire dalle grinfie della ragazza che tanto hanno preso in simpatia, Mimì.
Akemi sente un profondo dolore irradiarsi in tutto il corpo. Dei rivoli di sangue nero scorrono lentamente dalle sue labbra, la vista si annebbia di colpo.
Delle fiamme si levano in aria, surriscaldando l'aria, e l'aggressore non fa in tempo a spostarsi che viene completamente avvolto dal fuoco del secondo comandante, fuori di sé dalla rabbia.
Altri scattano, le armi strette in mano in poco trafiggono l'uomo fino a ridurlo ad una poltiglia rossastra sparsa un po' ovunque.
L'Imperatore è riuscito ad afferrare al volo il corpo della figlia prima che si schiantasse a terra, tenendola stretta in un abbraccio disperato.
«Akemi!» la richiama a pieni polmoni, sentendo la sua pelle diventare sempre più fredda e il suo sguardo farsi vuoto.
Marco corre al suo fianco, passandole una mano sul volto incredibilmente pallido, cadaverico. Non gli importa che qualcuno adesso veda quel gesto, che si rendano conto che ormai non prova più un semplice affetto fraterno nei suoi confronti. Che vedano, che capiscano. Lei sta morendo, il suo corpo sta reagendo in modo completamente differente dalle altre volte: la ferita non si rimargina, delle venature scure si diramano velocemente per tutto il corpo, gli occhi si chiudono piano.
La trasportano velocemente in infermeria e le varie donne urlano per far uscire tutti quanti, che si appostano fuori dalla grande sala operatoria, pregando che quella brutta sensazione che provano sia solo un abbaglio.
«Dovete estrarre il proiettile!»
Sentono gli ordini impartiti da Ran e lo sgomento li assale completamente.
Si sentono degli sciocchi per non essersi accorti di niente, per non aver controllato che sulla nave non ci fosse niente di anomalo, non sapendo che i cacciatori come quello che hanno ucciso vengono addestrati sin dalla più tenera età a rendersi pressoché invisibili al mondo. Sono persone senza vita, senza affetti reali, con l'unico maniacale scopo di uccidere tutti coloro che appartengono al regno degli immortali. Una setta esistente da millenni, ecco cosa sono. Il Governo è a conoscenza della loro esistenza, ma mai una volta ha provato ad intromettersi per sapere di più, cosa che ha reso possibile il farli lavorare completamente nell'ombra.
«Non c'è, Ran!» urla un'infermiera, facendo battere ancora più velocemente i cuori dei vari pirati.
«Come sarebbe a dire che non c'è?! Non c'è nessun foro di uscita!» e come potrebbe esserci? I cacciatori non usano armi convenzionali, completamente inutili contro i loro spietati avversari. Sono arrivati a dover inventare armi apposite alla loro distruzione, migliorandole sempre di più.
Trovare un proiettile come quello usato dall'uomo è semplicemente impossibile per due ragioni: esplode a contatto con la vittima, rilasciando così i liquidi a cui loro sono mortalmente intolleranti, e i resti si corrodono a contatto con i loro organi, impedendone la rigenerazione.
Non troveranno niente dentro al petto di Akemi, se non qualche rimasuglio di un liquido argentato ancora non penetrato nei tessuti.
Non possono fare niente per lei, ormai.



Angolo dell'autrice:
Eccomi di nuovo qui! *schiva una sedia*
Dai, non odiatemi! Il capitolo è breve, si sono chiariti e si sono addirittura baciati! Ok, l'ho fatta morire alla fine, ma... dai! C'è stato un enorme progresso stavolta!
Vi dico subito che il prossimo capitolo sarà quasi completamente incentrato su questa morte (perché, se non si fosse capito, la situazione è ben diversa dalle altre e ben più grave), ma non vi anticipo altro. Per metà è già scritto :)
Comunque stiamo entrando sul serio nel vivo gente! Adesso darò un po' di spazio -ma non troppo- alla loro relazione e poi... IL CAPITOLO!
Ebbene si. Tra un massimo di 11 capitoli (vi consiglio di prepararvi perché sarà una fic mooolto lunga) ci sarà il primo colpo di scena (ed ho seriamente paura della vostra reazione...), mentre in quello successivo ci sarà il colpo di grazia, in cui FINALMENTE la natura di Akemi verrà rivelata :D Non siete un sacco happy adesso che lo sapete? :D
Certo, da quel momento le cose si complicheranno in maniera bestiale e vi dico subito che ci sarà un rapimento -non so ancora chi far soffrire però... suggerimenti?-.
Ok, basta. Sto facendo TROPPO spoiler.
Ringrazio di cuore ankoku, Lucyvanplet93, Yellow Canadair, Monkey_D_Alyce, Law_Death, Okami D Anima, Art_4ever, Aliaaara e Portgas D SaRa per le magnifiche recensioni che mi avete lasciato nello scorso capitolo! Davvero, siete dei tesori ♥♥♥
Ringrazio inoltre tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate :3 Troppo gentili!♥

Beh, direi che posso anche andarmene nel mio angolo oscuro a progettare altri capitoli >:3
A presto, un bacione
Kiki♥
  
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: KikiShadow93