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Autore: Noemisworld    25/04/2014    2 recensioni
Cambria è in guerra da trent'anni. Le persone sono troppo impegnate a sopravvivere, non possono certo permettersi di difendersi o di ribellarsi. Ma la storia sta per cambiare.
Quando Faye, Ruby e Skye scoprono la ragione dei loro poteri, non possono crederci. Non riescono a credere che l'umanità possa essere stata così crudele con loro da condannarle a un simile destino. Eppure eccole al Wonderpark, il centro segreto che ospita i trentasette ragazzi geneticamente modificati frutto di un progetto militare creato per restituire alla gente un futuro, una speranza. Sono solo pedine di un gioco oscuro e pieno di segreti, che probabilmente non comprenderanno mai fino in fondo. Ma è nelle loro mani che presto si troverà il destino di Cambria, e non potranno di certo rimanere a guardare.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 9

FAYE, RUBY E SKYE

 

Il sole era appoggiato placidamente sull'oceano di sabbia che circonda­va il Wonderpark. Era un disco arancione estremamente grande, lega­to alla terra da un filo infuocato. I suoi raggi penetravano attraverso la grande finestra nella stanza posta nell'ala nord della struttura, come tutte le altre camere, del resto. Un raggio colpì Ruby in pieno viso; si stropicciò gli occhi con una mano e si stiracchiò, inarcando la schiena. Allungò le braccia sopra la testa e fissò la pelle finalmente pulita, dopo anni di sporcizia e sudiciume. Riassaporò mentalmente la sensazione del giorno prima, l'acqua della doccia sulle membra. Si sedette e sgusciò silenziosamen­te fuori dalle lenzuola bianche e anonime, posizionandosi davanti alla finestra. Ammirò il deserto estendersi per chilometri e chilometri, fondendosi infine con le montagne rosse. Strizzò gli occhi per vederle meglio, ma il caldo giocava brutti scherzi e rendeva tutto confuso e tremolante. Andò in uno dei due bagni annessi alla camera, si lavò le mani e la faccia con l'acqua gelida per rinfrescarsi dall'arsura della notte e svegliarsi completamente. Non che dopo tutti quegli anni nel deserto fosse proprio necessario avere dell'acqua per svegliarsi, però...

Nel letto accanto al suo, anche Faye si girò sulla pancia, sollecitata dal sole. Le lenzuola stropicciate ai piedi del letto, la luce le illuminò le spalle nude e la schiena. I lunghi capelli rossi erano distesi lievemente sul cuscino candido e spoglio. Schioccò la lingua un paio di volte pri­ma di aprire gli occhi. Si passò una mano sul volto, poi aprì un occhio. La vista ci mise un attimo ad abituarsi alla luce, così aprì anche l'altro. Vide una testa bionda appoggiata sul letto di fronte a lei e cacciò un urlo. Non si accorse di essere sul bordo del letto, così quando sobbal­zò cadde a terra.

Emise un paio di gemiti prima di sistemarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e tirarsi su, appoggiandosi al materasso. Lisciò la canottiera e si mas­saggiò il sedere e la schiena doloranti.

- Che diamine ci fai tu qui?- sbottò con una smorfia di dolore, rivolgendosi alla ragazzina bionda che giaceva nel letto accanto.

Questa si stropicciò gli occhi e sol­levò la testa verso la fonte del rumore. Due ragazze, una rossa e una mora, stavano in piedi al centro della stanza. Erano le stesse che l'a­vevano accolta il giorno prima, Ruby e Faye. Si tirò su a sedere e le fissò con aria interrogativa. Che ci facevano loro in camera sua?

La rossa la guardava con le sopracciglia inarcate.

- Scusami?- domandò allora, con la voce ancora impastata dal sonno.

Faye fece un gesto di insofferenza con la mano e sbuffò. - Lascia perdere... È solo che... cavolo, ieri sera non c'eri!

- Speriamo tu non lo faccia tutte le notti. Non vorrei rischiare un infarto ogni volta che ti svegli, Faye.- ribatté Ruby con tono ironico, poi si avvicinò e si sedette sul bordo del letto, identico agli altri due, ac­canto a Skye. - Non so se ti ricordi, ci siamo viste ieri. Giù all'ospedale.

Skye annuì e abbozzò un sorriso, poi sbadigliò coprendosi la bocca. Ruby non poté fare a meno di notare i suoi movimenti composti, al contrario dei suoi, e l'unico paragone che le ven­ne in mente fu quello di una principessina viziata. Ruby provò un istintiva sensazione di ostilità per quella ragazza.

- Scusate... sono ancora un po'... confusa.- Mentre diceva queste parole, il suo cuore cominciò a battere più veloce, ricordando l'esperienza del giorno prima. Ricordando il posto in cui si trovava. Deglutì.

A differenza di come faceva di solito, scese dal letto in modo scomposto e con foga. Si avvicinò rapidamente alla finestra, per poi rallentare quando era immediatamente accanto a questa. Avanzò con cautela, quasi al di là del vetro ci fosse un pericolo sconosciuto. Vide il deserto. E le lacrime le salirono agli occhi. Perché voleva dire che tutto quello che aveva trascorso non era stato un sogno. Appoggiò il palmo candido della mano al vetro. Trattenne i singhiozzi, serrò forte le labbra.

Ma Ruby poteva sentire comunque il suo respiro pesante. Si diede della stupida. Come poteva giudicarla, quando la conosceva appena da cinque minuti? Doveva dimenticare i suoi principi, per un momento, perché in quell'istante tutte e tre erano esattamente sulla stessa barca. Spaventate, terrorizzate, sconvolte. Si alzò anche lei e, camminando il più silenziosamente possibile, si diresse verso il grande armadio verde. Scelse degli abiti, scorrendoli veloce­mente con le mani, chiuse le ante dell'armadio e andò in bagno per cambiarsi. Non si era ancora abituata ad avere così tante persone attorno; anche se, per un secondo, avrebbe voluto rimanere lì con Skye e offrirle il suo supporto, anziché scappare dalla sua sofferenza. Ma non ce la fece. Sapeva troppo bene che quella sofferenza era condivisa.

Faye, nell'altro bagno, era intenta a sistemarsi i capelli in una lunga treccia a spina di pesce. Fermò i capelli con un nastro rosso e formò un appariscente fiocco.

Skye era ancora davanti alla finestra. Guardò la distesa di sabbia, ammirandola con stupore e terrore allo stesso tempo.

“Sono bloccata qui...”, pensò. “ Non tornerò più a casa.”

La reazione spontanea fu quella di aprire la finestra. La spalancò con attenzione, respirò a pieni polmoni l'aria secca e polverosa di quel luo­go sperduto. Il sole la avvolse col suo calore e la rassicurò. Le lacrime salate che le rigavano le guance si asciugarono, pian piano. Nella sua mente, però, risuonava ancora la parola paura. E senza sapere perché, udendo quella parola, si ricordò di suo pa­dre. Il suo cuore perse un battito.

“ Devo parlargli.”

Si voltò e non trovò nessuno. Rimase lì immobile, senza sapere precisamente cosa fare, e mentre pensava improvvisamente scattò un allarme. Girò la testa ver­so i letti e i comodini verdi accanto ad essi, ma non vi era nessuna sveglia. Squillò cinque volte, poi una metallica voce maschile ordinò: “ In Mensa fra dieci minuti.” Passò in rassegna ogni angolo della came­ra, ma non trovò nulla. Alla fine si arrese e aspettò che una delle due ragazze uscisse dal bagno. Pochi istanti dopo Faye fece capolino dalla porta. Lo sguardo di Skye non poté fare a meno di cadere sul vistoso fiocco che adornava la sua acconciatura. Si guardò la tunica che la faceva sembrare appena uscita da un manicomio e con un movimento brusco e frettoloso sistemò i capelli tutti da un lato, soffocando la sensazione di vergogna che la opprimeva.

- Da dove veniva l'allarme? Non c'è nessuna sveglia.- disse a Faye.

Lei fece qualche passo e indicò il soffitto. - Da quei buchi, lì in alto.- spiegò, accennando a dei piccoli fori nel muro. Poi sbatté le lenzuola e le piegò sul letto. - È una specie di altoparlante. Così sono sicuri che non possiamo spegnerlo.- concluse con un sorrisetto malizioso.

Detto questo scelse i suoi vestiti e si diresse verso il bagno per cambiarsi, ma si fermò sull'uscio.

- Usa pure i miei, dovrebbero andarti bene.- Sorrise, poi chiuse la porta con un tonfo.

Skye si avvicinò titubante all'armadio. I primi due scomparti erano occupati da una miriade di magliette a maniche corte di cotone, alcune camicette, una decina di shorts, altrettante tute e jeans e infine cinque o sei bei vestiti, alcuni ricamati con paillette e brillanti e altri più semplici, ma altrettanto eleganti. Aprì un cassetto e vi trovò dentro i capi intimi. Prese degli slip, una semplice maglietta giallo canarino e dei pantaloncini turchese. Si stava giusto infilando i pantaloncini quando si ritrovò Ruby alle spalle. Sobbalzò e indossò in fretta e furia la t-shirt, contorcendosi per non mostrarle il piccolo seno nudo.

Nel frattempo Faye uscì dal bagno. Ruby prese delle calze, si sedette sul pavimento e infilò degli scarponcini, senza riuscire a trattenere un sorriso divertito per le imbarazzanti contorsioni della ragazza. Prima che potesse sistemare completamente la maglietta Ruby notò una cicatrice rosea sulla parte bassa della suo dorso.

- Che hai fatto alla schiena?- domandò incuriosita, finendo di allacciare gli scarponcini beige.

Skye si voltò verso di lei e tirò le labbra.

- La cascina nella mia tenuta è esplosa.- mormorò, abbassando lo sguardo. - È così che mi hanno portata qui.

Ruby annuì e rise divertita. - Non sei l'unica a non aver ricevuto un trattamento coi fiocchi... Mi hanno sedata e hanno bloccato i miei poteri per alcune ore, così non ho potuto abbrustolirli.

Skye sorrise. Poi però si rese conto delle parole appena pronunciate dalla sua compagna. Strabuzzò gli occhi.

- Aspetta, frena, frena... anche tu hai i poteri?

Ruby inarcò un sopracciglio e le passò un paio di scarponcini: - Tutti i ragazzi qui dentro ce li hanno...

Skye annuì frettolosamente, poi anche lei li infilò. - Sì, già, giusto... Ma è strano sentirlo dire così, non so se...

- Sì, ti capisco.- la interruppe l'altra. Poi si alzò e lanciò un'occhiata fuori dalla finestra. - Vieni da Lux Ville, giusto?

Skye annuì. Ruby non disse più nulla. Semplicemente pensò che avere in camera due del Nord era un affronto bello e buono.

Faye era già sull'uscio, ad attendere silenziosamente le altre due. In realtà era talmente agitata da non riuscire neanche a deglutire.

- Avanti, andiamo. Non facciamo tardi la prima volta.

Skye corrugò la fronte. - Non siete qui da un po', voi due?

- Questo è il secondo giorno, ma ci hanno detto che aspettarti sarebbe stata l'idea migliore. Vogliono che stiamo assieme. Non abbiamo visto ancora nessuno, per ora, tranne i medici e alcuni altri uomini in nero. Ci hanno portato i pasti in camera.

“Ah...” rispose semplicemente Skye.

Ruby annuì assorta per un istante, poi rivolta a Faye disse: - Ok... facci strada.

Questa sospirò frettolosamente e scrollò le spalle.

- Va bene.

Chiusero la porta e Faye compose un codice su un piccolo apparecchio sul muro, proprio accanto alla porta. L'aggeggio emise un breve “bip”, poi apparve una lucina rossa.

- Ok, adesso è bloccata. Andiamo.- disse.

L'ampio corridoio bianco era talmente pulito da sembrare quasi luminescente. Il pavimento attutiva i passi. Si fermarono davanti all'ascensore, sorvegliato da una guardia impassibile, e indugiarono su chi dovesse premere il pulsante, poi avvicinarono tutte e tre l'indice al tasto. Si concessero una risatina. Infine lo premette Ruby. Aspettarono una decina di secondi e poi si aprirono due porte, mostrando un gigantesco spazio che avrebbe potuto contenere anche trenta persone.

Le tre restarono a bocca aperta. Entrarono quasi con timore. Si osservarono riflesse nei tre grandi specchi, che riproducevano le loro immagini all'infinito. Ruby rimase perplessa a guardare i suoi lunghi capelli color cioccolato: i medici avevano detto di doverli tagliare perché erano troppo rovinati.

“Vorrei vedere i loro passare tutto quel tempo senza essere rovinati...”, si disse.

Faye prese a giocare con la mano, poi tirò fuori la lingua e cercò di riflettere quell'immagine quante più volte possibile. Tutte e tre scoppiarono a ridere, e le loro spalle scosse dalle risate si riprodussero centi­naia di volte. Skye rimase in mezzo all'ascensore senza toccarne le pareti, con la paura di macchiarle di ditate, ma non rinunciò a lasciarsi andare, almeno per quei pochi secondi di beatitudine. Rise col cuore, liberandosi per la situazione troppo pesante che stava vivendo. Che tutte e tre stavano vivendo.

L'ascensore scorse veloce e in poco tempo furono al piano terra.

I loro sguardi si sollevarono nello stesso istante e senza volerlo si ritrovarono a fissare ognuna gli occhi dell'altra, quasi a cercare una risposta, una conferma.

“Coraggio”, sembravano dirsi. “Ce la faremo.”

Le porte si aprirono. Istintivamente Faye afferrò le mani di Ruby e Skye. Ruby fissò meravigliata quello strano punto di contatto, quel legame non pronunciato. Da quanto tempo non sentiva la pelle di qualcuno sulla propria? Finì per assaporare davvero quella sensazione, prima che altre venissero a prendere il suo posto. Perché presto sarebbe successo. Sentiva già la tensione salirle su per l'esofago.

Skye per un istante rimase impassibile, quasi fredda. Non si voltò verso Faye. Ma un occhio attento poteva vedere perfettamente il ventre alzarsi e abbassarsi troppo rapidamente, o le labbra secche, o la fronte sudata, o sentire il respiro pesante. Alla fine strinse forte la presa, scacciando l'incubo della notte precedente.

“Andrà tutto bene. Vedrai.”, pensò.

All'unisono, presero un respiro profondo e avanzarono di un passo.

Le porte si chiusero dietro di loro.

Si scambiarono un'occhiata trepidante. Si poteva già udire il vociare degli altri ragazzi. Skye si lasciò trascinare dai passi di Ruby e di Faye. Il corridoio era largo e spoglio, su di esso si affacciavano tre imponenti porte di pesante metallo, ognuna delle quali era sorvegliata da una guardia. Queste ultime erano vestite con una semplice maglietta grigio scuro rivestito da un giubbotto antiproiettile e degli spessi pantaloni anch'essi grigi. Alla cintura, una grande pistola bianca.

Una delle tre, un ragazzo sui venticinque anni appoggiato affianco a un'imponente porta spalancata dalla quale proveniva un invitante profumino di pancakes, si avvicinò alle ragazze, ancora mano nella mano.

- Ruby Firewall, Skye Heartwind e Faye Almond?- domandò con cipiglio severo.

Skye allungò le braccia lungo i fianchi, cercando di farle apparire meno rigide di quello che erano in realtà. Faye prese a torturarsi le dita, mentre Ruby si afferrò il gomito con la mano. Annuirono.

Lo sguardo duro dell'uomo si trasformò in un sorriso: - Dai, non mordo! Prego, sedetevi dove volete.- comunicò ridacchiando, poi indicò la sala di fianco a lui. Con gli occhi chini, le ragazze si lasciarono sfuggire un sorrisetto imbarazzato e si fecero avanti.

La Mensa si presentò loro in tutta la sua essenzialità: i muri arancione e giallo intenso, cinque lunghi tavoli di acciaio ricoperti da tovaglie dai colori neutri, file di lampadari a neon e un banchetto ormai mezzo vuoto. Ma a ravvivare la sua semplicità c'erano decine di ragazzi schiamazzanti, intenti a chiacchierare e scherzare.

Nel momento esatto in cui entrarono, tutti i presenti nella sala si voltarono verso le tre ragazze. Il silenzio che improvvisamente piombò su di loro le fece tendere i muscoli. Poche mani continuarono ad inzuppare il pane nel latte, quasi tutti rimasero immobili a guardarle. La mascella contratta, Faye si incamminò per prima. Udì le risa sommesse di alcuni ragazzi. Si guardò attorno e cercò un posto dove sedersi. Dieci ragazze erano sedute su un tavolo, sette su un altro. Ruby notò che una era seduta nel tavolo dei maschi, accanto un ragazzo che la teneva per mano. Avanzarono lentamente aspettando che qualcuno facesse loro posto o qualcosa del genere. Non sapevano bene nemmeno loro cosa stessero aspettando. Per fortuna dopo qualche secondo l'attesa finì.

- Hey novelline, di qua.- esclamò qualcuno. Le tre si voltarono verso la voce. Il tavolo delle sette ragazze. Era da lì che proveniva.

Ai loro occhi, i visi voltati verso di loro erano tutti identici, sconosciuti e anonimi. Gli sguardi così diversi erano in quell'istante completamente uguali, così come l'atteggiamento o la corporatura.

Ma qualcosa, nell'aria, stava già cambiando.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Soundtrack:

  • Ludovico Einaudi; The Earth Prelude

  • James Horner; Becoming One Of The People

 

  
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