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Alyce_Maya
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su EFP:
Alyce_Maya
Titolo
della storia:
L'invidia è ambizione
Pacchetto
scelto/coppia:
Pacchetto 3
Rating: Arancione
Contesto: Nessun contesto
Genere: Dark;
Introspettivo
Note/avvertimenti: Triangolo
Note
dell'Autore:
1) Questa storia partecipa al contest "Ossessioni
e vetri infranti - III edizione" indetto da Mary Black sul Forum di
EFP.
2) Alcuni termini come Serpeverde,
Grifondoro, Sanguesporco, Mezzosangue e Purosangue sono stati lasciati in
lingua originale.
3) La frase "L'invidia è sinonimo di ambizione" è tratta dal telefilm Once
Upon a Time (non mi giudicate: insomma era assolutamente perfetta per la
fanfiction che avevo in mente di scrivere e non ho potuto fare a meno di
utilizzarla).
4) Per il resto mi sento assolutamente
in dovere di ringraziare Mary Black per aver organizzato questo contest: questa
è la prima fanfiction che scrivo dopo oltre un anno di stasi e so che se non
fosse stato per lei, probabilmente ci sarebbe voluto ancora molto tempo prima
che ricominciassi.
* * *
“Sectumsempra”.
La Granger mescolava tranquilla la sua
pozione ben consapevole però di aver attratto più di uno sguardo malevolo nella
sua direzione. Sorrideva tra sé e sé quando Piton passava vicino alla sua
postazione senza rivolgerle il suo classico scherno, segno che il suo lavoro
era perfetto. Così piena d'orgoglio che le sarebbe venuta voglia di alzarsi per
rovesciarle quello stupido preparato addosso, pur di farla smettere di
atteggiarsi a prima della classe.
“Sectumsempra”.
A tratti annuiva sicura, lo sguardo
fisso davanti a sé e con quell’aria di superiorità di chi ormai è abituato a
tutto e quindi pronto a qualsiasi evenienza, persino se questo significa
ignorare degli sguardi non particolarmente amichevoli o delle parole che ormai,
seppur dolorose, non la fanno più sanguinare.
“Sectumsempra”.
Quanto le sarebbe piaciuto vederla
sanguinare.
“Sectumsempra”.
Pansy Parkinson continuava a ripetere
quel semplice incantesimo come un mantra nella sua testa quasi potesse, grazie
alla sola forza del pensiero, materializzarsi all’improvviso e colpire dritto
al cuore quella schifosissima Mudblood, lasciandola così riversa al suolo
pronta a morire immersa nel suo stesso sporchissimo sangue.
Riusciva chiaramente a vedere il momento
in cui l’incantesimo avrebbe raggiunto la sua candida camicia, strappandola.
Sapeva che sul suo viso si sarebbe disegnato per un attimo uno sguardo di
stupore per quell’improvvisa lacerazione, una sorpresa che l’avrebbe portata a
chiedersi come avesse fatto a ridurre la sua camicia in quello stato, così, in
un secondo. Ma, l’istante successivo, l’avrebbe raggiunta il dolore: lunghe
fitte che le avrebbero marchiato la pelle, i muscoli e le ossa. Niente sarebbe
stato lasciato al caso.
Poi, ecco arrivare il sangue che
finalmente le avrebbe aperto gli occhi su quanto grave fosse la sua situazione
e quanto poco tempo le restava da vivere.
Cadendo a terra, probabilmente non
avrebbe emesso un suono, troppo concentrata a cercare un controincantesimo
inesistente.
E così, quei secondi persi a non gridare
in cerca di aiuto, sarebbero stati gli ultimi attimi di vita di Hermione
Granger.
« Quelli di vuoi che non passano le mie
ore di lezione a frugare nei calderoni altrui, sapranno sicuramente che la
preparazione di questa pozione è lunga e difficile », la voce monotona e
sarcastica del professor Piton interruppe per un attimo le sanguinose fantasie
della ragazza. Si guardò attorno, improvvisamente conscia di dove si trovasse:
le lezioni del lunedì mattina erano sempre state le peggiori, ma da quando le
condivideva con gli allievi del Gryffindor, seppur potesse sembrare
impossibile, erano addirittura peggiorate.
La sola idea di dover dividere uno
spazio così angusto come l'Aula di Pozioni con tutti quei Mudblood e Halfblood
le faceva venire i brividi. Per non parlare poi della scomoda e ripugnante
presenza della Granger, con la sua mano sempre alzata e le sue pozioni sempre
così perfette.
Non l'aveva mai detestata tanto come in
quell'ultimo periodo: sprezzante di tutto e tutti, aveva osato fare quello che
nessuno si sarebbe mai aspettato, sorprendendo non soltanto la fazione
Slytherin della scuola, ma anche i suoi stessi amici che per un attimo
assolutamente stupendo, aveva pensato sarebbero morti alla sua rivelazione.
Lei invece, alla notizia che si era
fatta avanti con Draco Malfoy, aveva riso come non mai provando una sorta di
compassione per quella stupidissima ragazza che probabilmente ancora sognava
Principi Azzurri e castelli sulla cima di scogliere bianche come il latte. Non
poteva immaginare di provare niente di diverso per lei in quel momento.
Tuttavia alla scoperta che Malfoy aveva
apertamente ricambiato quel sentimento, l'odio era cresciuto così
esponenzialmente da soffocare tutto il resto. Un odio così opprimente che per
un attimo si era vista chiaramente, come fosse stato reale, uccidere Hermione
Granger, così, su due piedi.
Eppure, ripensandoci adesso, sapeva che
quello non le sarebbe bastato.
Mettere fine alla vita di una persona,
rende le cose troppo facili: finisce tutto in fretta, non fa sì che
l’avversario soffra abbastanza.
E se c’era qualcosa che desiderava più
della morte della Granger, era sicuramente il vederla distrutta, dilaniata e
così profondamente ferita come neanche il Sectumsempra
avrebbe mai potuto fare.
« La Pozione Polisucco richiede più o
meno un mese per essere preparata e, chiaramente, la maggior parte di voi non
è, e forse mai sarà, all'altezza. Tuttavia, credo che cimentarvi in questa
impresa possa essere utile al fine di sostenere dei M.A.G.O. per lo meno
decenti ».
Pansy alzò gli occhi al cielo. La vena
melodrammatica del professore non le era mai piaciuta particolarmente, però
pensò che non sarebbe stato male avere una piccola scorta di quella pozione in
caso di necessità.
Gettando uno sguardo dall'altro lato
dell'aula, scorse un sorrisetto compiaciuto della Granger che però fece in
fretta a nascondere dietro una pila di libri.
Stingendo forte la mano destra intorno
alla bacchetta, affondò i denti nella guancia e seguì il resto della classe
fuori dall'aula diretta verso la prossima lezione.
L'invidia è ambizione
Quando il sonno la tradiva, era solita
aggirarsi per il castello alla ricerca di qualcuno da punire: essere Caposcuola
le concedeva una certa libertà di movimento e, allo stesso tempo, le dava la
soddisfazione di sfogare la sua rabbia verso qualcuno che non fosse lei stessa.
Non mangiare, a volte non dormire, le
permetteva di distrarsi abbastanza da concedersi il lusso di respirare un po'.
Si sentiva oppressa da tutto quello che la circondava: l'aria festosa che si
respirava all'avvicinarsi delle vacanze di Natale, le coppiette che sembravano
spuntare come funghi ogni giorno più numerose, persino la presenza delle sue
compagne di stanza cominciava ad infastidirla.
Col passare dei mesi, era diventata
sempre più scontrosa e l'isolamento era stato quasi immediato: a Slytherin chi
si metteva contro la propria Casa, era visto quasi peggio di un Mudblood
Gryffindor con l'amore per i Babbani. Il risultato, piuttosto scontato viste le
abitudini degli studenti dei sotterranei, si era rivelato sotto forma di
insulti e risatine alle spalle.
Il suo vecchio soprannome, "Faccia di Carlino", era tornato di
moda e l'abbaiare di Theodore Nott al suo passaggio divertiva sempre chiunque
avesse due orecchie buone in ascolto.
Non che le importasse poi molto,
tuttavia pregustava il momento in cui avrebbe rivelato a tutti con chi passava
il tempo libero il loro adorato imitatore.
Passeggiando per i lunghi corridoi aveva
scoperto che era possibile imbattersi in ogni sorta di possibile scenario, dal
custode Gazza che ballava stretto alla sua gatta, al professor Ruf che
sbraitava contro i quadri per convincerli del fatto che non fosse morto.
Tuttavia non si aspettava quello che si ritrovò davanti quella notte.
Uno dei detti più famosi anche nel mondo
dei maghi è sempre stato: "occhio
non vede, cuore non duole".
Fino a quel momento, per quanto le fosse
stato possibile, aveva cercato di ignorare il fatto che Draco Malfoy ed
Hermione Granger avessero una relazione. Non dava ascolto alle voci di
corridoio e ormai non aveva più amiche con cui condividere quello che fosse
successo durante la giornata e quindi vivere nella sua bolla personale le aveva
dato la possibilità di ignorare, o per lo meno di fingere di ignorare, quel
semplice dato di fatto.
Trovarseli praticamente davanti agli
occhi però infranse improvvisamente quella sua infantile convinzione che la
Mudblood non esistesse nemmeno.
Lui la stringeva tra sé e il muro che
dava alla Sala d'Ingresso, una zona stranamente priva di quadri e che concedeva
loro un minimo di intimità.
Sapeva
che era stato lui a portarla lì per il semplice fatto che nelle sue fantasie
era così che andava.
Le sue mani erano strette ai fianchi
della Granger e non le lasciavano nessuna via di fuga: fuggire da quella
stretta era impossibile ne era certa. D'altronde la Granger era solo una
ragazza, come avrebbe potuto contrastare la forza di Draco?
Su
quei fianchi, la mattina dopo forse avrebbe trovato delle lievi tracce
rossastre e si sarebbe chiesta se fossero state le sue mani o le sue labbra a
lasciargliele.
Draco aveva denti impazienti che
cercavano la pelle più morbida all'altezza del collo così da poterle lasciare
un segno, segno che tutti avrebbero visto e che avrebbero interpretato come una
nota di possesso da parte del ragazzo. Nessuno avrebbe neppure osato poggiare
gli occhi su di lei sapendo che era un altro, sapendo che era Malfoy, il
proprietario di quella pelle arrossata.
Forse,
per un istante, si sarebbe chiesta se la considerasse un animale da marchiare,
ma quel pensiero avrebbe lasciato presto il posto alla dolcezza, convinta che
quel gesto fosse stato dettato dall'insicurezza.
Quando le loro labbra si incontrarono,
le mani di lei scattarono immediatamente verso i capelli del ragazzo: sembrava
quasi di assistere ad uno spettacolo, in cui ogni movimento era coordinato e
seguito da quello successivo. Il bacio precedeva quel piccolo segno di
insicurezza ed era infine sostituito da un sospiro appena percettibile che, se
distratti, poteva non essere neppure notato.
Sospiro
che avrebbe emesso anche nel momento in cui fossero stati nudi e al culmine del
piacere.
Quando infine si separarono, ognuno
diretto al proprio Dormitorio, un pensiero emerse veloce dalla mente di Pansy
senza che lei potesse fare qualcosa per evitarlo: in quell'attimo di totale
abbattimento in cui quella pesantezza che sentiva dentro aveva assunto le
proporzioni di un macigno, aveva desiderato
essere Hermione Granger.
Pochi minuti dopo si chiudeva in fretta
la porta del bagno del secondo piano alle spalle, giusto in tempo per chinarsi
e vomitare quel poco che aveva mangiato a cena. Tossendo ripetutamente, si
asciugò la bocca con il dorso della mano per poi calare l’acqua.
A quel punto la rabbia si impossessò di
lei, pressante quasi quanto lo era stata il giorno in cui aveva scoperto della
relazione tra Draco e la Mudblood.
Quando quel pensiero del tutto privo del
suo solito raziocinio era emerso da un angolo oscuro e nascosto della sua
mente, l'aveva svegliata come solo una secchiata d’acqua gelida in pieno viso
può fare e, eliminato anche l’ultimo brandello di quel disgustoso torpore, si
era messa a correre verso i bagni più vicini con la necessità di vomitare quell'orripilante desiderio.
Infuriata, tirò un calcio alla porta del
cubicolo del bagno che in protesta emise un sonoro scricchiolio che ben presto
si trasformò nella risata sguainata di una ragazza: Mirtilla Malcontenta
fluttuava sopra la sua testa, per una volta apparentemente felice di trovarsi
fuori dallo scarico che di solito infestava.
Lanciandole uno sguardo truce, la
Parkinson si limitò a raggiungere i lavandini dove si sciacquò con cura le mani
e il visto. Quando alzò gli occhi verso lo specchio che incorniciava quasi
interamente il bagno, fece quasi fatica a riconoscersi: aveva delle profonde
occhiaie e la sua carnagione era di un bianco malaticcio, più simile al giallo
forse. Probabilmente era dimagrita ancora e non riusciva proprio a distinguere
il colore dei suoi occhi.
Ma quello, probabilmente, era per colpa
delle lacrime che continuavano ad affollarsi ai margini della sua visuale.
Asciugandosele con rabbia emise un lieve
ringhio: « Maledetta la Granger, lei e il suo sporchissimo sangue! ».
Nell'aria echeggiò di nuovo la risata
del fantasma. « L'invidia è una bruttissima creatura degli occhi verdi, lo sai?
», sembrò quasi canticchiare mente pronunciava con quella voce da bambina la
domanda.
Continuava a svolazzare tranquilla sopra
la sua testa, incurante delle sue occhiate rabbiose.
« Al contrario: l'invidia è sinonimo di
ambizione », non si sarebbe mai mostrata debole davanti a qualcuno, nemmeno se
quel qualcuno era una ragazza morta da oltre cinquant'anni. « E, in ogni caso,
la mia non è invidia: è disprezzo. Dovresti conoscere la differenza: in fin dei
conti non sei certo morta perché qualcuno ti invidiava... ».
Fu ascoltando i singhiozzi sempre più
forti di Mirtilla Malcontenta che Pansy Parkinson uscì dal bagno per dirigersi
finalmente verso i dormitori Slytherin dove sperò, almeno per quella notte, di
riuscir a dormire così da poter dimenticare, almeno per qualche ora, tutto
quello che era successo.
Nella Sala Comune a quell’ora non c’era
mai nessuno: era troppo tardi per studiare o indugiare su una partita agli
Scacchi Magici e in ogni caso, di solito, chi voleva passare una notte in
bianco, preferiva farlo comunque al caldo sotto le coperte della propria
stanza.
Mentre si avvicinava alla poltrona più
vicina al fuoco, notò una figura seduta in maniera leggermente scomposta su uno
dei divani.
Draco Malfoy si stava godendo gli ultimi
attimi di pace prima di dirigersi a sua volta a letto: con gli occhi chiusi,
teneva la testa rovesciata all’indietro e, mentre il braccio destro era
mollemente appoggiato alla spalliera del mobile, quello sinistro riposava
vicino le sue gambe.
Non si era accorto di lei, cosa di cui
Pansy fu immensamente grata: era raro riuscire a sorprendere l’algido Malfoy
meno che composto. In quel momento sembrava un diavolo tentatore con quei
capelli biondi come il grano e quella pelle bianca sulla quale ombre dovute al
fuoco del camino danzavano allegre.
Quel volto, quelle mani, tutto di quel
ragazzo l’avevano fatta letteralmente impazzire: erano anni che cercava di
farsi notare da lui.
Era dimagrita, aveva cambiato
completamente il suo modo di vestire consapevole di quali fossero i suoi gusti
e gli era stata così vicina da rendere quasi impossibile l’avvicinarsi di altre
ragazze.
Avrebbe dovuto essere suo.
Dal momento stesso in cui l’aveva
desiderato, aveva dato per scontato che prima poi sarebbero stati insieme. Non
c’erano mai stati ostacoli a separali.
Ma poi era arrivata quella Mudblood a
rovinare tutto.
Con i pugni serrati, inclinò la testa di
lato per osservarlo meglio e a quel punto la tentazione fu troppo forte: si
avvicinò silenziosamente fino a quando non le fu possibile sedersi sulle sue
gambe e intrecciare le dita delle mani dietro il suo collo.
Draco si ridestò di scatto, due profondi
e furiosi occhi grigi si posarono duramente su di lei facendole correre una
fitta di desiderio lungo tutta la schiena che andò poi a fermarsi all'altezza
del basso ventre e, prima che potesse fare qualcosa, Pansy posò le labbra sulle
sue e lo baciò con ferocia, premendo il seno contro il suo petto e stringendo i
suoi capelli tra le dita.
Era ancora meglio di come l’aveva sempre
immaginato: quelle labbra avrebbero potuto dissetarla per anni e quando ci
passò sopra la lingua fu sicura che niente le avrebbe mai impedito di staccarsi
da lui.
Ma si sbagliava: con uno scatto
repentino, Draco si alzò in piedi ma, dal momento che la ragazza era ancora
allacciata al suo corpo, finì per sbilanciarsi e caddero entrambi sul
pavimento.
La Parkinson si ritrovò seduta sul suo
ventre da dove provò a baciarlo di nuovo ma le sue labbra riuscirono a posarsi
solo sul suo collo prima che una fitta di dolore ai polsi la costringesse a
staccarsi da lui.
« Cosa diavolo stai facendo? », la voce
del ragazzo sembrava intrisa dall’odio più nero così come il suo sguardo. Non
lo aveva mai visto così furioso né, tantomeno, così disgustato.
Il dolore ai polsi passò immediatamente
in secondo piano quando quel peso che si portava dietro da mesi ricomparve,
impedendole quasi di respirare.
Perché la stava guardando in quel modo?
Disorientata e ferita, fu sollevata
brutalmente in piedi per i polsi che furono nuovamente scossi da un dolore
pungente.
Provò nuovamente ad avvicinarsi a Draco,
ma lui la spinse rudemente sul divano facendo poi qualche passo indietro.
« Prova a fare di nuovo una cosa del
genere Pansy e te la farò pagare in modi che non puoi neanche immaginare »,
lame di ghiaccio erano quelle parole che pian piano si stavano facendo strada
tra il macigno presente nel suo petto e il cuore.
« Andiamo Draco, lo so che lo vuoi anche
tu », ritrovata la voce riuscì persino a sembrare autoritaria mentre si alzava
di nuovo in piedi. « Insomma, lo sappiamo tutti e due che quella schifosissima
Mudblood è solo un passatempo… Perché lo è, vero?! », continuò avanzando.
Voleva saperlo, doveva saperlo.
Se la Granger fosse stata solo un
giochino momentaneo, avrebbe finalmente potuto riprendere la sua vita normale,
accantonare tutta quella rabbia e quell'invidia che la stavano lentamente
divorando dall'interno e limitarsi ad aspettare che Draco si stufasse di lei
per poi farsi avanti.
« Non sono affari tuoi Pansy ».
La ragazza sorrise: si, probabilmente
non era niente di serio. Chissà perché si era preoccupata così tanto negli
ultimi mesi tanto da arrivare quasi a rovinarsi un intero semestre.
“Forse
avrei dovuto ricorrere subito al Sectumsempra” pensò. Almeno in quel modo
si sarebbe risparmiata tutti quei mesi di sofferenza.
Pansy provò di nuovo a baciarlo, ma
quella fu la classica goccia che fece traboccare il vaso: furioso Malfoy la
prese per il collo e facendole fare un mezzo giro la schiacciò contro il muro.
Cominciò a stringere la presa e una vaga sensazione di panico si affacciò nella
mente della ragazza.
« Stammi lontana, mi sono spiegato? »,
ogni parola avvicinava di più il suo viso a quello della Parkinson e allo
stesso tempo faceva sì che la mano si stringesse un po’ di più sul suo collo.
« Non ti avvicinare a me e non ti
avvicinare alla Granger », cominciava seriamente a mancarle l’aria ma, per
quanto cercasse di allontanarlo, non poteva nulla contro la sua presa.
« Non ho mai avuto niente contro di te,
ma questa volta hai passato il segno… », strani puntini luminosi cominciarono
ad apparire come sfondo al viso del ragazzo.
« …e prova di nuovo a baciarmi o anche
solo a sfiorarmi e stai pur certa che finirò quello che ho cominciato! Sono
stato chiaro?! », Pansy a mala pena riuscì a fare un cenno affermativo: tutto
stava diventando nero attorno a lei e i rumori erano ovattati, non era neanche
sicura che Draco stesse effettivamente parlando.
Quando l’aria tornò a fluire nei suoi
polmoni ebbe appena il tempo di sentire un: « Allora buonanotte, Carlino! »,
prima che il buio l’accogliesse definitivamente.
Quando si svegliò, probabilmente non
erano passati che un paio di minuti. Un mal di testa feroce aveva preso il
posto del dolore che aveva provato poco prima.
Non riusciva quasi a decidere se a farle
più male fosse il collo o il cuore.
Le lacrime che tanto aveva cercato di
contenere mezz'ora prima, accumulate sicuramente nel corso degli ultimi mesi,
cominciarono ad uscire copiosamente: tratteneva i singhiozzi per evitare di
fare rumore, coprendosi la bocca con una mano mentre il petto si alzava e
scendeva sempre più velocemente. Si rannicchiò contro il muro bollente vicino
al caminetto, rifiutandosi di ascoltare le proteste della sua schiena: un segno
in più, uno in meno non avrebbe fatto alcuna differenza. E un dolore nuovo
aiutava comunque a contrastare quello vecchio.
Con una mano stringeva così forte il
tappeto sotto di sé che, ad un certo punto, fu certa di sentire un "crack" mentre si rompeva. Tuttavia
successe nel momento esatto in cui non riuscì a trattenere un singhiozzo più
forte degli altri che per un attimo echeggiò lungo tutta la Sala Comune.
Quel suono fu come un richiamo alla sua
mente: così come era cominciato, il pianto cessò.
Una strana lucidità invase la sua mente
e, per un attimo, si sentì svuotata: niente aveva più importanza. Tutto quello
che aveva fatto, tutto quello che voleva fare, niente aveva significato.
Qualsiasi cosa avesse anche solo pensato
nel corso degli anni, perse d'importanza.
E, per un intero e fantastico minuto,
Pansy finalmente si sentì bene.
La mattina dopo segni violacei
occupavano gran parte del suo collo e, quasi distrattamente, si chiese se
sarebbe stato il caso di coprirli con un po' di trucco o con una sciarpa.
Quella noncuranza che l'aveva invasa la
sera prima le aveva lasciato una strana calma addosso e una determinazione
cocente: tutto sarebbe finito quel giorno.
Si vestì e truccò con più cura del
solito e quando uscì dalla sua stanza per dirigersi in Sala Grande nessuno le
prestò attenzione: quel giorno era Theodore Nott a occupare la mente degli
studenti di Slytherin grazie a lei.
Durante la colazione riuscì perfino a
mangiare due toast e, quando andando verso l'Aula di Incantesimi urtò Hermione
Granger, chiese addirittura scusa oltrepassandola poi con un sorriso da guancia
a guancia.
Se solo Draco Malfoy, in quel momento
vicino alla Gryffindor, le avesse prestato un po' di attenzione probabilmente
avrebbe capito che qualcosa non quadrava.
Ma Pansy Parkinson non sarebbe mai stata
al centro dei pensieri del ragazzo e, adesso che pure lei lo aveva capito, non
le restava che una cosa da fare.
« Sei in anticipo », il sorriso che il
ragazzo le rivolse fu così spontaneo che Hermione Granger per un attimo si
sentì quasi disorientata. Arrossì abbassando lo sguardo e, mentre lui rideva
apertamente per quel suo imbarazzo, si mise seduta accanto a lui aprendo un
libro che aveva preso in biblioteca.
Ebbe giusto il tempo di leggere
l'introduzione che le mani pallide del ragazzo entrarono nel suo campo visivo,
chiudendole il libro sotto il naso.
Ancora prima che riuscisse a protestare,
le sue labbra la zittirono posandosi sulle sue. Seguendo quella che era quasi
una danza prestabilita, le sue mani scesero a trattenerle la vita e i denti
cercarono quella zona del collo che sapeva essere particolarmente morbida.
Quando poi tornò sulle sue labbra, però, le mani di lei non si intrecciarono ai
capelli di Draco ma rimasero ferme sul suo petto. L'istante successivo, un
bottone veniva sfilato dall'asola della camicia seguito poi da tutti gli altri.
Se anche una leggera indecisione si fece
largo in lui per un istante, passò subito in secondo piano non appena le sue
mani raggiunsero le cosce della ragazza dove affondò le dita con un'impazienza
molto simile alla disperazione.
Con una lieve pressione, la fece sedere
sulle sue gambe e dopo averle accarezzato per un istante la pelle lasciata
scoperta dalla camicia, gliela tolse facendole fare la stessa fine della sua.
La pelle morbida, ora esposta ai suoi baci, andava pian piano ad arrossarsi:
labbra e denti lavoravano freneticamente per farsi spazio attraverso il tessuto
del reggiseno e guadagnavano di secondo in secondo sempre più terreno.
La gonna fu semplicemente alzata e le
mutandine pian piano sfilate: dita, questa volta delicate, presero il posto
dell'indumento e cominciarono ad accarezzarla con urgenza sempre più evidente,
man mano che il ragazzo sentiva diventare più stretti i pantaloni. Con le labbra
serrate alle sue, la ragazza lo liberò dal fastidio e l'istante successivo fu
dentro di lei.
Gli affondi furono da subito veloci ed
impazienti, come se tutti e due cercassero di liberarsi di un qualcosa che
troppo a lungo li aveva tenuti separati. I denti erano più crudeli e le mani
meno delicate: entrambi volevano che restassero dei segni a conferma che tutto quello
stava succedendo veramente, avevano bisogno di sentirlo sulla pelle e di
vederlo sul proprio corpo una volta che si fossero ritrovati da soli davanti ad
uno specchio.
Poi una fitta all'altezza dello stomaco
convinse Hermione a stringere il volto del ragazzo contro il suo collo. Lo
tenne lì, così che non vedesse l'improvviso pallore che stava pian piano
ricoprendo la sua pelle. Allo stesso modo, non la vide dimagrire in un solo
istante, così come non notò i capelli che all'improvviso cambiarono il proprio
colore da castano a nero.
Non vide Hermione Granger diventare
Pansy Parkinson.
E, mentre l'effetto della Pozione
Polisucco svaniva, Pansy ritrovò quella spensieratezza che da tempo aveva
perso: non avrebbe mai avuto Draco per sé, questo ormai lo aveva capito, ma era
certa che non sarebbe neanche più stato della Granger.
Nel momento in cui una risata le
esplodeva in petto, un sonoro singhiozzo echeggiò intorno a loro.
Fu a quel punto che Draco Malfoy alzò lo
sguardo, rendendosi così conto di due cose: aveva appena raggiunto l’orgasmo e
Hermione Granger, la vera Hermione Granger, stava scappando via da lui per
sempre.