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Autore: Alyce_Maya    25/04/2014    3 recensioni
Nell'aria echeggiò di nuovo la risata del fantasma. « L'invidia è una bruttissima creatura degli occhi verdi, lo sai? », sembrò quasi canticchiare mente pronunciava con quella voce da bambina la domanda.
Continuava a svolazzare tranquilla sopra la sua testa, incurante delle sue occhiate rabbiose.
« Al contrario: l'invidia è sinonimo di ambizione », non si sarebbe mai mostrata debole davanti a qualcuno, nemmeno se quel qualcuno era una ragazza morta da oltre cinquant'anni. « E, in ogni caso, la mia non è invidia: è disprezzo. Dovresti conoscere la differenza: in fin dei conti non sei certo morta perché qualcuno ti invidiava... ».
[Questa storia partecipa al contest "Ossessioni e vetri infranti - III edizione" indetto da Mary Black sul Forum di EFP]
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nessun contesto
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Nickname sul forum: Alyce_Maya

Nickname su EFP: Alyce_Maya

Titolo della storia: L'invidia è ambizione

Pacchetto scelto/coppia: Pacchetto 3

Rating: Arancione

Contesto: Nessun contesto

Genere: Dark; Introspettivo

Note/avvertimenti: Triangolo

Note dell'Autore: 1) Questa storia partecipa al contest "Ossessioni e vetri infranti - III edizione" indetto da Mary Black sul Forum di EFP.

2) Alcuni termini come Serpeverde, Grifondoro, Sanguesporco, Mezzosangue e Purosangue sono stati lasciati in lingua originale.

3) La frase "L'invidia è sinonimo di ambizione" è tratta dal telefilm Once Upon a Time (non mi giudicate: insomma era assolutamente perfetta per la fanfiction che avevo in mente di scrivere e non ho potuto fare a meno di utilizzarla).

4) Per il resto mi sento assolutamente in dovere di ringraziare Mary Black per aver organizzato questo contest: questa è la prima fanfiction che scrivo dopo oltre un anno di stasi e so che se non fosse stato per lei, probabilmente ci sarebbe voluto ancora molto tempo prima che ricominciassi.

 

 

 

 

 

 

 

* * *

 

 

Sectumsempra”.

La Granger mescolava tranquilla la sua pozione ben consapevole però di aver attratto più di uno sguardo malevolo nella sua direzione. Sorrideva tra sé e sé quando Piton passava vicino alla sua postazione senza rivolgerle il suo classico scherno, segno che il suo lavoro era perfetto. Così piena d'orgoglio che le sarebbe venuta voglia di alzarsi per rovesciarle quello stupido preparato addosso, pur di farla smettere di atteggiarsi a prima della classe.

 

 

 

Sectumsempra”.

A tratti annuiva sicura, lo sguardo fisso davanti a sé e con quell’aria di superiorità di chi ormai è abituato a tutto e quindi pronto a qualsiasi evenienza, persino se questo significa ignorare degli sguardi non particolarmente amichevoli o delle parole che ormai, seppur dolorose, non la fanno più sanguinare.

 

 

 

Sectumsempra”.

Quanto le sarebbe piaciuto vederla sanguinare.

 

 

 

Sectumsempra”.

Pansy Parkinson continuava a ripetere quel semplice incantesimo come un mantra nella sua testa quasi potesse, grazie alla sola forza del pensiero, materializzarsi all’improvviso e colpire dritto al cuore quella schifosissima Mudblood, lasciandola così riversa al suolo pronta a morire immersa nel suo stesso sporchissimo sangue.

Riusciva chiaramente a vedere il momento in cui l’incantesimo avrebbe raggiunto la sua candida camicia, strappandola. Sapeva che sul suo viso si sarebbe disegnato per un attimo uno sguardo di stupore per quell’improvvisa lacerazione, una sorpresa che l’avrebbe portata a chiedersi come avesse fatto a ridurre la sua camicia in quello stato, così, in un secondo. Ma, l’istante successivo, l’avrebbe raggiunta il dolore: lunghe fitte che le avrebbero marchiato la pelle, i muscoli e le ossa. Niente sarebbe stato lasciato al caso.

Poi, ecco arrivare il sangue che finalmente le avrebbe aperto gli occhi su quanto grave fosse la sua situazione e quanto poco tempo le restava da vivere.

Cadendo a terra, probabilmente non avrebbe emesso un suono, troppo concentrata a cercare un controincantesimo inesistente.

E così, quei secondi persi a non gridare in cerca di aiuto, sarebbero stati gli ultimi attimi di vita di Hermione Granger. 

 

 

 

« Quelli di vuoi che non passano le mie ore di lezione a frugare nei calderoni altrui, sapranno sicuramente che la preparazione di questa pozione è lunga e difficile », la voce monotona e sarcastica del professor Piton interruppe per un attimo le sanguinose fantasie della ragazza. Si guardò attorno, improvvisamente conscia di dove si trovasse: le lezioni del lunedì mattina erano sempre state le peggiori, ma da quando le condivideva con gli allievi del Gryffindor, seppur potesse sembrare impossibile, erano addirittura peggiorate.

La sola idea di dover dividere uno spazio così angusto come l'Aula di Pozioni con tutti quei Mudblood e Halfblood le faceva venire i brividi. Per non parlare poi della scomoda e ripugnante presenza della Granger, con la sua mano sempre alzata e le sue pozioni sempre così perfette.

Non l'aveva mai detestata tanto come in quell'ultimo periodo: sprezzante di tutto e tutti, aveva osato fare quello che nessuno si sarebbe mai aspettato, sorprendendo non soltanto la fazione Slytherin della scuola, ma anche i suoi stessi amici che per un attimo assolutamente stupendo, aveva pensato sarebbero morti alla sua rivelazione.

Lei invece, alla notizia che si era fatta avanti con Draco Malfoy, aveva riso come non mai provando una sorta di compassione per quella stupidissima ragazza che probabilmente ancora sognava Principi Azzurri e castelli sulla cima di scogliere bianche come il latte. Non poteva immaginare di provare niente di diverso per lei in quel momento.

Tuttavia alla scoperta che Malfoy aveva apertamente ricambiato quel sentimento, l'odio era cresciuto così esponenzialmente da soffocare tutto il resto. Un odio così opprimente che per un attimo si era vista chiaramente, come fosse stato reale, uccidere Hermione Granger, così, su due piedi.       

Eppure, ripensandoci adesso, sapeva che quello non le sarebbe bastato.

Mettere fine alla vita di una persona, rende le cose troppo facili: finisce tutto in fretta, non fa sì che l’avversario soffra abbastanza.

E se c’era qualcosa che desiderava più della morte della Granger, era sicuramente il vederla distrutta, dilaniata e così profondamente ferita come neanche il Sectumsempra avrebbe mai potuto fare.

 

 

 

« La Pozione Polisucco richiede più o meno un mese per essere preparata e, chiaramente, la maggior parte di voi non è, e forse mai sarà, all'altezza. Tuttavia, credo che cimentarvi in questa impresa possa essere utile al fine di sostenere dei M.A.G.O. per lo meno decenti ».

Pansy alzò gli occhi al cielo. La vena melodrammatica del professore non le era mai piaciuta particolarmente, però pensò che non sarebbe stato male avere una piccola scorta di quella pozione in caso di necessità.

Gettando uno sguardo dall'altro lato dell'aula, scorse un sorrisetto compiaciuto della Granger che però fece in fretta a nascondere dietro una pila di libri.

Stingendo forte la mano destra intorno alla bacchetta, affondò i denti nella guancia e seguì il resto della classe fuori dall'aula diretta verso la prossima lezione.

 

 

 

 

 

 

L'invidia è ambizione

 

 

 

 

Quando il sonno la tradiva, era solita aggirarsi per il castello alla ricerca di qualcuno da punire: essere Caposcuola le concedeva una certa libertà di movimento e, allo stesso tempo, le dava la soddisfazione di sfogare la sua rabbia verso qualcuno che non fosse lei stessa.

Non mangiare, a volte non dormire, le permetteva di distrarsi abbastanza da concedersi il lusso di respirare un po'. Si sentiva oppressa da tutto quello che la circondava: l'aria festosa che si respirava all'avvicinarsi delle vacanze di Natale, le coppiette che sembravano spuntare come funghi ogni giorno più numerose, persino la presenza delle sue compagne di stanza cominciava ad infastidirla.

Col passare dei mesi, era diventata sempre più scontrosa e l'isolamento era stato quasi immediato: a Slytherin chi si metteva contro la propria Casa, era visto quasi peggio di un Mudblood Gryffindor con l'amore per i Babbani. Il risultato, piuttosto scontato viste le abitudini degli studenti dei sotterranei, si era rivelato sotto forma di insulti e risatine alle spalle.

Il suo vecchio soprannome, "Faccia di Carlino", era tornato di moda e l'abbaiare di Theodore Nott al suo passaggio divertiva sempre chiunque avesse due orecchie buone in ascolto.

Non che le importasse poi molto, tuttavia pregustava il momento in cui avrebbe rivelato a tutti con chi passava il tempo libero il loro adorato imitatore.

 

 

 

Passeggiando per i lunghi corridoi aveva scoperto che era possibile imbattersi in ogni sorta di possibile scenario, dal custode Gazza che ballava stretto alla sua gatta, al professor Ruf che sbraitava contro i quadri per convincerli del fatto che non fosse morto. Tuttavia non si aspettava quello che si ritrovò davanti quella notte.

Uno dei detti più famosi anche nel mondo dei maghi è sempre stato: "occhio non vede, cuore non duole".

Fino a quel momento, per quanto le fosse stato possibile, aveva cercato di ignorare il fatto che Draco Malfoy ed Hermione Granger avessero una relazione. Non dava ascolto alle voci di corridoio e ormai non aveva più amiche con cui condividere quello che fosse successo durante la giornata e quindi vivere nella sua bolla personale le aveva dato la possibilità di ignorare, o per lo meno di fingere di ignorare, quel semplice dato di fatto.

Trovarseli praticamente davanti agli occhi però infranse improvvisamente quella sua infantile convinzione che la Mudblood non esistesse nemmeno.

Lui la stringeva tra sé e il muro che dava alla Sala d'Ingresso, una zona stranamente priva di quadri e che concedeva loro un minimo di intimità.

Sapeva che era stato lui a portarla lì per il semplice fatto che nelle sue fantasie era così che andava.

Le sue mani erano strette ai fianchi della Granger e non le lasciavano nessuna via di fuga: fuggire da quella stretta era impossibile ne era certa. D'altronde la Granger era solo una ragazza, come avrebbe potuto contrastare la forza di Draco?

Su quei fianchi, la mattina dopo forse avrebbe trovato delle lievi tracce rossastre e si sarebbe chiesta se fossero state le sue mani o le sue labbra a lasciargliele.

Draco aveva denti impazienti che cercavano la pelle più morbida all'altezza del collo così da poterle lasciare un segno, segno che tutti avrebbero visto e che avrebbero interpretato come una nota di possesso da parte del ragazzo. Nessuno avrebbe neppure osato poggiare gli occhi su di lei sapendo che era un altro, sapendo che era Malfoy, il proprietario di quella pelle arrossata.

Forse, per un istante, si sarebbe chiesta se la considerasse un animale da marchiare, ma quel pensiero avrebbe lasciato presto il posto alla dolcezza, convinta che quel gesto fosse stato dettato dall'insicurezza.

Quando le loro labbra si incontrarono, le mani di lei scattarono immediatamente verso i capelli del ragazzo: sembrava quasi di assistere ad uno spettacolo, in cui ogni movimento era coordinato e seguito da quello successivo. Il bacio precedeva quel piccolo segno di insicurezza ed era infine sostituito da un sospiro appena percettibile che, se distratti, poteva non essere neppure notato.

Sospiro che avrebbe emesso anche nel momento in cui fossero stati nudi e al culmine del piacere.

Quando infine si separarono, ognuno diretto al proprio Dormitorio, un pensiero emerse veloce dalla mente di Pansy senza che lei potesse fare qualcosa per evitarlo: in quell'attimo di totale abbattimento in cui quella pesantezza che sentiva dentro aveva assunto le proporzioni di un macigno, aveva desiderato essere Hermione Granger. 

 

     

 

Pochi minuti dopo si chiudeva in fretta la porta del bagno del secondo piano alle spalle, giusto in tempo per chinarsi e vomitare quel poco che aveva mangiato a cena. Tossendo ripetutamente, si asciugò la bocca con il dorso della mano per poi calare l’acqua.

A quel punto la rabbia si impossessò di lei, pressante quasi quanto lo era stata il giorno in cui aveva scoperto della relazione tra Draco e la Mudblood.

Quando quel pensiero del tutto privo del suo solito raziocinio era emerso da un angolo oscuro e nascosto della sua mente, l'aveva svegliata come solo una secchiata d’acqua gelida in pieno viso può fare e, eliminato anche l’ultimo brandello di quel disgustoso torpore, si era messa a correre verso i bagni più vicini con la necessità di vomitare quell'orripilante desiderio.

Infuriata, tirò un calcio alla porta del cubicolo del bagno che in protesta emise un sonoro scricchiolio che ben presto si trasformò nella risata sguainata di una ragazza: Mirtilla Malcontenta fluttuava sopra la sua testa, per una volta apparentemente felice di trovarsi fuori dallo scarico che di solito infestava.

Lanciandole uno sguardo truce, la Parkinson si limitò a raggiungere i lavandini dove si sciacquò con cura le mani e il visto. Quando alzò gli occhi verso lo specchio che incorniciava quasi interamente il bagno, fece quasi fatica a riconoscersi: aveva delle profonde occhiaie e la sua carnagione era di un bianco malaticcio, più simile al giallo forse. Probabilmente era dimagrita ancora e non riusciva proprio a distinguere il colore dei suoi occhi.

Ma quello, probabilmente, era per colpa delle lacrime che continuavano ad affollarsi ai margini della sua visuale.

Asciugandosele con rabbia emise un lieve ringhio: « Maledetta la Granger, lei e il suo sporchissimo sangue! ».

Nell'aria echeggiò di nuovo la risata del fantasma. « L'invidia è una bruttissima creatura degli occhi verdi, lo sai? », sembrò quasi canticchiare mente pronunciava con quella voce da bambina la domanda.

Continuava a svolazzare tranquilla sopra la sua testa, incurante delle sue occhiate rabbiose.

« Al contrario: l'invidia è sinonimo di ambizione », non si sarebbe mai mostrata debole davanti a qualcuno, nemmeno se quel qualcuno era una ragazza morta da oltre cinquant'anni. « E, in ogni caso, la mia non è invidia: è disprezzo. Dovresti conoscere la differenza: in fin dei conti non sei certo morta perché qualcuno ti invidiava... ».

Fu ascoltando i singhiozzi sempre più forti di Mirtilla Malcontenta che Pansy Parkinson uscì dal bagno per dirigersi finalmente verso i dormitori Slytherin dove sperò, almeno per quella notte, di riuscir a dormire così da poter dimenticare, almeno per qualche ora, tutto quello che era successo.

 

 

 

Nella Sala Comune a quell’ora non c’era mai nessuno: era troppo tardi per studiare o indugiare su una partita agli Scacchi Magici e in ogni caso, di solito, chi voleva passare una notte in bianco, preferiva farlo comunque al caldo sotto le coperte della propria stanza.

Mentre si avvicinava alla poltrona più vicina al fuoco, notò una figura seduta in maniera leggermente scomposta su uno dei divani.

Draco Malfoy si stava godendo gli ultimi attimi di pace prima di dirigersi a sua volta a letto: con gli occhi chiusi, teneva la testa rovesciata all’indietro e, mentre il braccio destro era mollemente appoggiato alla spalliera del mobile, quello sinistro riposava vicino le sue gambe.

Non si era accorto di lei, cosa di cui Pansy fu immensamente grata: era raro riuscire a sorprendere l’algido Malfoy meno che composto. In quel momento sembrava un diavolo tentatore con quei capelli biondi come il grano e quella pelle bianca sulla quale ombre dovute al fuoco del camino danzavano allegre.

Quel volto, quelle mani, tutto di quel ragazzo l’avevano fatta letteralmente impazzire: erano anni che cercava di farsi notare da lui.

Era dimagrita, aveva cambiato completamente il suo modo di vestire consapevole di quali fossero i suoi gusti e gli era stata così vicina da rendere quasi impossibile l’avvicinarsi di altre ragazze.

Avrebbe dovuto essere suo.

Dal momento stesso in cui l’aveva desiderato, aveva dato per scontato che prima poi sarebbero stati insieme. Non c’erano mai stati ostacoli a separali.

Ma poi era arrivata quella Mudblood a rovinare tutto.

Con i pugni serrati, inclinò la testa di lato per osservarlo meglio e a quel punto la tentazione fu troppo forte: si avvicinò silenziosamente fino a quando non le fu possibile sedersi sulle sue gambe e intrecciare le dita delle mani dietro il suo collo.

Draco si ridestò di scatto, due profondi e furiosi occhi grigi si posarono duramente su di lei facendole correre una fitta di desiderio lungo tutta la schiena che andò poi a fermarsi all'altezza del basso ventre e, prima che potesse fare qualcosa, Pansy posò le labbra sulle sue e lo baciò con ferocia, premendo il seno contro il suo petto e stringendo i suoi capelli tra le dita.

Era ancora meglio di come l’aveva sempre immaginato: quelle labbra avrebbero potuto dissetarla per anni e quando ci passò sopra la lingua fu sicura che niente le avrebbe mai impedito di staccarsi da lui.

Ma si sbagliava: con uno scatto repentino, Draco si alzò in piedi ma, dal momento che la ragazza era ancora allacciata al suo corpo, finì per sbilanciarsi e caddero entrambi sul pavimento.

La Parkinson si ritrovò seduta sul suo ventre da dove provò a baciarlo di nuovo ma le sue labbra riuscirono a posarsi solo sul suo collo prima che una fitta di dolore ai polsi la costringesse a staccarsi da lui.

« Cosa diavolo stai facendo? », la voce del ragazzo sembrava intrisa dall’odio più nero così come il suo sguardo. Non lo aveva mai visto così furioso né, tantomeno, così disgustato.

Il dolore ai polsi passò immediatamente in secondo piano quando quel peso che si portava dietro da mesi ricomparve, impedendole quasi di respirare.

Perché la stava guardando in quel modo?

Disorientata e ferita, fu sollevata brutalmente in piedi per i polsi che furono nuovamente scossi da un dolore pungente.

Provò nuovamente ad avvicinarsi a Draco, ma lui la spinse rudemente sul divano facendo poi qualche passo indietro.

« Prova a fare di nuovo una cosa del genere Pansy e te la farò pagare in modi che non puoi neanche immaginare », lame di ghiaccio erano quelle parole che pian piano si stavano facendo strada tra il macigno presente nel suo petto e il cuore.

« Andiamo Draco, lo so che lo vuoi anche tu », ritrovata la voce riuscì persino a sembrare autoritaria mentre si alzava di nuovo in piedi. « Insomma, lo sappiamo tutti e due che quella schifosissima Mudblood è solo un passatempo… Perché lo è, vero?! », continuò avanzando.

Voleva saperlo, doveva saperlo.

Se la Granger fosse stata solo un giochino momentaneo, avrebbe finalmente potuto riprendere la sua vita normale, accantonare tutta quella rabbia e quell'invidia che la stavano lentamente divorando dall'interno e limitarsi ad aspettare che Draco si stufasse di lei per poi farsi avanti.

« Non sono affari tuoi Pansy ».

La ragazza sorrise: si, probabilmente non era niente di serio. Chissà perché si era preoccupata così tanto negli ultimi mesi tanto da arrivare quasi a rovinarsi un intero semestre.

Forse avrei dovuto ricorrere subito al Sectumsempra” pensò. Almeno in quel modo si sarebbe risparmiata tutti quei mesi di sofferenza.

Pansy provò di nuovo a baciarlo, ma quella fu la classica goccia che fece traboccare il vaso: furioso Malfoy la prese per il collo e facendole fare un mezzo giro la schiacciò contro il muro. Cominciò a stringere la presa e una vaga sensazione di panico si affacciò nella mente della ragazza.

« Stammi lontana, mi sono spiegato? », ogni parola avvicinava di più il suo viso a quello della Parkinson e allo stesso tempo faceva sì che la mano si stringesse un po’ di più sul suo collo.

« Non ti avvicinare a me e non ti avvicinare alla Granger », cominciava seriamente a mancarle l’aria ma, per quanto cercasse di allontanarlo, non poteva nulla contro la sua presa.

« Non ho mai avuto niente contro di te, ma questa volta hai passato il segno… », strani puntini luminosi cominciarono ad apparire come sfondo al viso del ragazzo.

« …e prova di nuovo a baciarmi o anche solo a sfiorarmi e stai pur certa che finirò quello che ho cominciato! Sono stato chiaro?! », Pansy a mala pena riuscì a fare un cenno affermativo: tutto stava diventando nero attorno a lei e i rumori erano ovattati, non era neanche sicura che Draco stesse effettivamente parlando.

Quando l’aria tornò a fluire nei suoi polmoni ebbe appena il tempo di sentire un: « Allora buonanotte, Carlino! », prima che il buio l’accogliesse definitivamente.

 

 

 

Quando si svegliò, probabilmente non erano passati che un paio di minuti. Un mal di testa feroce aveva preso il posto del dolore che aveva provato poco prima.

Non riusciva quasi a decidere se a farle più male fosse il collo o il cuore.

Le lacrime che tanto aveva cercato di contenere mezz'ora prima, accumulate sicuramente nel corso degli ultimi mesi, cominciarono ad uscire copiosamente: tratteneva i singhiozzi per evitare di fare rumore, coprendosi la bocca con una mano mentre il petto si alzava e scendeva sempre più velocemente. Si rannicchiò contro il muro bollente vicino al caminetto, rifiutandosi di ascoltare le proteste della sua schiena: un segno in più, uno in meno non avrebbe fatto alcuna differenza. E un dolore nuovo aiutava comunque a contrastare quello vecchio.

Con una mano stringeva così forte il tappeto sotto di sé che, ad un certo punto, fu certa di sentire un "crack" mentre si rompeva. Tuttavia successe nel momento esatto in cui non riuscì a trattenere un singhiozzo più forte degli altri che per un attimo echeggiò lungo tutta la Sala Comune.

Quel suono fu come un richiamo alla sua mente: così come era cominciato, il pianto cessò.

Una strana lucidità invase la sua mente e, per un attimo, si sentì svuotata: niente aveva più importanza. Tutto quello che aveva fatto, tutto quello che voleva fare, niente aveva significato.

Qualsiasi cosa avesse anche solo pensato nel corso degli anni, perse d'importanza.

E, per un intero e fantastico minuto, Pansy finalmente si sentì bene. 

 

 

 

La mattina dopo segni violacei occupavano gran parte del suo collo e, quasi distrattamente, si chiese se sarebbe stato il caso di coprirli con un po' di trucco o con una sciarpa.

Quella noncuranza che l'aveva invasa la sera prima le aveva lasciato una strana calma addosso e una determinazione cocente: tutto sarebbe finito quel giorno.

Si vestì e truccò con più cura del solito e quando uscì dalla sua stanza per dirigersi in Sala Grande nessuno le prestò attenzione: quel giorno era Theodore Nott a occupare la mente degli studenti di Slytherin grazie a lei.

Durante la colazione riuscì perfino a mangiare due toast e, quando andando verso l'Aula di Incantesimi urtò Hermione Granger, chiese addirittura scusa oltrepassandola poi con un sorriso da guancia a guancia.

Se solo Draco Malfoy, in quel momento vicino alla Gryffindor, le avesse prestato un po' di attenzione probabilmente avrebbe capito che qualcosa non quadrava.

Ma Pansy Parkinson non sarebbe mai stata al centro dei pensieri del ragazzo e, adesso che pure lei lo aveva capito, non le restava che una cosa da fare.      

 

 

 

« Sei in anticipo », il sorriso che il ragazzo le rivolse fu così spontaneo che Hermione Granger per un attimo si sentì quasi disorientata. Arrossì abbassando lo sguardo e, mentre lui rideva apertamente per quel suo imbarazzo, si mise seduta accanto a lui aprendo un libro che aveva preso in biblioteca.

Ebbe giusto il tempo di leggere l'introduzione che le mani pallide del ragazzo entrarono nel suo campo visivo, chiudendole il libro sotto il naso.

Ancora prima che riuscisse a protestare, le sue labbra la zittirono posandosi sulle sue. Seguendo quella che era quasi una danza prestabilita, le sue mani scesero a trattenerle la vita e i denti cercarono quella zona del collo che sapeva essere particolarmente morbida. Quando poi tornò sulle sue labbra, però, le mani di lei non si intrecciarono ai capelli di Draco ma rimasero ferme sul suo petto. L'istante successivo, un bottone veniva sfilato dall'asola della camicia seguito poi da tutti gli altri.

Se anche una leggera indecisione si fece largo in lui per un istante, passò subito in secondo piano non appena le sue mani raggiunsero le cosce della ragazza dove affondò le dita con un'impazienza molto simile alla disperazione.

Con una lieve pressione, la fece sedere sulle sue gambe e dopo averle accarezzato per un istante la pelle lasciata scoperta dalla camicia, gliela tolse facendole fare la stessa fine della sua. La pelle morbida, ora esposta ai suoi baci, andava pian piano ad arrossarsi: labbra e denti lavoravano freneticamente per farsi spazio attraverso il tessuto del reggiseno e guadagnavano di secondo in secondo sempre più terreno.

La gonna fu semplicemente alzata e le mutandine pian piano sfilate: dita, questa volta delicate, presero il posto dell'indumento e cominciarono ad accarezzarla con urgenza sempre più evidente, man mano che il ragazzo sentiva diventare più stretti i pantaloni. Con le labbra serrate alle sue, la ragazza lo liberò dal fastidio e l'istante successivo fu dentro di lei.

Gli affondi furono da subito veloci ed impazienti, come se tutti e due cercassero di liberarsi di un qualcosa che troppo a lungo li aveva tenuti separati. I denti erano più crudeli e le mani meno delicate: entrambi volevano che restassero dei segni a conferma che tutto quello stava succedendo veramente, avevano bisogno di sentirlo sulla pelle e di vederlo sul proprio corpo una volta che si fossero ritrovati da soli davanti ad uno specchio. 

Poi una fitta all'altezza dello stomaco convinse Hermione a stringere il volto del ragazzo contro il suo collo. Lo tenne lì, così che non vedesse l'improvviso pallore che stava pian piano ricoprendo la sua pelle. Allo stesso modo, non la vide dimagrire in un solo istante, così come non notò i capelli che all'improvviso cambiarono il proprio colore da castano a nero.

Non vide Hermione Granger diventare Pansy Parkinson.

E, mentre l'effetto della Pozione Polisucco svaniva, Pansy ritrovò quella spensieratezza che da tempo aveva perso: non avrebbe mai avuto Draco per sé, questo ormai lo aveva capito, ma era certa che non sarebbe neanche più stato della Granger.

Nel momento in cui una risata le esplodeva in petto, un sonoro singhiozzo echeggiò intorno a loro. 

Fu a quel punto che Draco Malfoy alzò lo sguardo, rendendosi così conto di due cose: aveva appena raggiunto l’orgasmo e Hermione Granger, la vera Hermione Granger, stava scappando via da lui per sempre.







   
 
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