Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Rhona    26/04/2014    1 recensioni
Parigi, 1772.
I poveri sono stremati. Tutti ripongono le loro speranze nel Delfino, il futuro re, e nella sua nuova sposa, tanto amata dal popolo quanto odiata nella corte.
Poi ci sono loro...Pierre: uno scassinatore belloccio ma piuttosto stupido. Henri e Philippe: ladri di strada, gente dalle mani leggere e vellutate. Mathieu: l' orfano del mugnaio della Cité. Gilbert: un bracciante fuggito dal sud e approdato nella capitale. Jean: un vecchio mendicante che suona il violino sul sagrato di Notre Dame per quattro spiccioli di elemosina. Edouard e André: amici dal momento in cui sono nati in due case attigue, ma fin troppo diversi. Ognuno di loro fa parte di un gruppo, una banda, una strana combriccola di saltimbanchi che rubano e donano: la banda di Monsieur Dubois.
Scelte disumane, tragedie familiari, pregiudizi. Onore ai nobili, fasti di corte, lussuria. Amori impossibili o non corrisposti, un segreto tenuto nascosto per più di vent'anni... E la rivoluzione che, inesorabile, si avvicina.
«Ma chi credete di essere?!» chiese ridendo «Robin Hood, forse?!» Lui sorrise, le scostò i riccioli castani dall’orecchio e le sussurrò «Io sono Dubois.»
NOTE: ispirata in parte al classico ideale del “ladro-gentiluomo”.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
PARTE SECONDA





 
In senso orario:  André Dubois  (Liam Hemsworth - Hunger Games); Maria Antonietta di Francia (Kirsten Dunst – Marie Antoinette);  Madeleine De Bayonne (Liv Tyler); Edouard Charpentier (Aaron Tveit - Les Misérables)

Le persone menzionate sono solo semplici prestavolto, senza alcun collegamento di idee, comportamenti, carattere e/o azioni con i personaggi descritti nella storia. 





 
6. 30 gennaio 1774 
 
Un anno e mezzo dopo



 
 
Facendosi strada per la via fredda e a tratti ghiacciata, André rientrò nel tardo pomeriggio. «Edouard!» chiamò allegro «Stasera c’è una festa!» Si tolse il mantello e la giacca buona, mettendone un rattoppata di lana. Cominciava a chiedersi perché il più famoso ladro di Parigi avesse due sole giacche... con quello che guadagnava avrebbe potuto averne venti!
«Come scusa?!» chiese Edouard, preso alla sprovvista. Era seduto al tavolo, con un quadernino rilegato, una piuma d’oca in mano e il calamaio a lato; intento alla scrittura. «E che ci vuoi fare da una festa?!»
«Te lo spiegherò...» lo fissò negli occhi «Ma tu verrai con me!» si sedette pesantemente sulla sedia affianco all’uomo.
«Vorrei deciderlo da solo, se non ti spiace.» ironizzò «Chi ti ha detto ch c’è una festa?»
André cominciò a spiegargli con la solita aria furba. «Hai presente la bella fioraia?» sorrise.
Edouard storse la testa. «La bella fioraia sposata?» chiese retoricamente.
«Proprio lei.» asserì André ridendo. «Ha dovuto portare molti cesti di fiori all’Opera... c’è un ballo in maschera.»
«E...?»
«E cosa c’è meglio di un ballo dove tutti hanno il volto coperto, per “ammirare” le belle collane e i bei gioielli delle donne altolocate?» chiese con sorriso furbo stampato in viso. Edouard continuava a guardarlo con aria interrogativa. André rispose per lui: «Proprio nulla!»
«Ci vuoi andare solo per divertirti a far cadere dozzine di donne ai tuoi piedi, André.» osservò accennando un sorriso. In effetti era vero... aveva considerato, oltre l’aspetto remunerativo, soprattutto quello “umano”. Nell’ultimo anno avevano bazzicato nei dintorni di Versailles , per prendere familiarità con la zona, e si era divertito a conquistare un paio di serve, molte ragazze –nobili e non- circa della sua età e anche una duchessa sposata... però aveva perso interesse per tutte nel giro di due settimane ciascuna... e il peggio era che si rendeva perfettamente conto di essere, come gli aveva detto Gilbert, “un gran bastardo”.
Fece spallucce «Sarà divertente, vedrai!» si giustificò.
Edouard scosse la testa «Gilbert non te l’appoggerà mai!»
«Gilbert può anche restare a casa, così come tutti gli altri che non hanno voglia di venire! Ma io ci vado, e tu non mi faresti mai andare da solo...» gli sorrise supplice.
Anche Edouard sorrise, sporgendosi in avanti con il busto. «Questo è vero.» restò un po’ in silenzio, ma poi aggiunse «Ci vengo, se -e solo se- prometti che non ti porterai nessuna a letto lasciandomi solo fra le frotte di nobili!»
«Prometto solennemente!» scherzò, portandosi la mano destra sul cuore. Si alzò, dirigendosi verso la porta della scala per lo scantinato.
«Non li troverai.» lo avvertì, mentre ricominciava a scrivere. André si bloccò sulla porta. «Perché?»
«Jean è a lavoro, Gilbert a trattare per la vendita delle cianfrusaglie rubate, Henri e Philippe sono con Pierre ad alleggerire i passanti: oggi quartieri alti.»
«E Mathieu?»
«Mathieu non vede altro che rose rosse, da due mesi a questa parte...» poi si voltò, guadandolo dal basso verso l’alto con un’occhiata eloquente. Annuì e arricciò le labbra. Doveva farglielo sapere... «Michelle e i bambini?»
«Michelle è nella stanza a lavorare, Jeanne e Jules sono con lei.»
«Louise è andata a comprare il pane?»
«No.» continuò lui, senza staccare gli occhi dal foglio. «Anche Louise non vede altro che rose rosse, ultimamente...» Capì perfettamente la situazione...Sbottò: cominciava ad annoiarsi, con nessuno in casa. Erano tre mesi che non facevano più un colpo serio, solo furtarelli senz’ arte né parte. Avevano diverse cose rimaste invendute a causa della crisi che gravava sui popolani, anche oggetti risalenti al grande furto di casa De Bayonne. Le preziose carte del colonnello avevano alimentato il loro fuoco per una settimana, in ottobre. In compenso, in un anno avevano fatto tremare l’aristocrazia parigina. Avevano derubato la maggior parte dei signorotti agiati e anche un paio di nobili importanti, il marchese Lambert era stato il primo e a lui erano seguiti il barone Richelle, Conte De Chardon e, ciliegina sulla torta, il Duca De Germain; tutti  garbatamente beffati, senza che si accorgessero di nulla. Aveva imparato a lasciare un biglietto con scritto Dubois -quando Gilbert gli aveva chiesto perché, lui gli aveva detto che era perché i nobili dovevano temere qualcuno in carne ed ossa, non un fantasma senza nome; la verità era che amava essere temuto da quei tronfi plutocrati, più simili ai polli all’ingrasso di Hugo che ai “migliori della società”. Era un periodo fiacco, non c’era nulla da fare, in parte la considerava colpa del freddo invernale, che intorbidiva i corpi e impigriva le menti. Ciononostante, per sentito dire, sapeva che alla reggia erano elemento costante di conversazione; soprattutto lui, che aveva la fama di essere piuttosto bello nell’immagine popolare, nonostante fosse descritto come un giovane altissimo, snello e con i tratti nordici, i lunghi capelli biondi raccolti in una coda e gli occhi quasi bianchi e freddi. No, André era davvero molto alto e snello, un giovane perfettamente in forze, ma aveva i capelli nerissimi, non abbastanza lunghi da essere raccolti in una coda, con penetranti occhi blu zaffiro. «Tu cosa fai?» chiese all’amico «Non sapevo tenessi un diario.»
«Non è un diario.» spiegò, non alzando lo sguardo dal taccuino «Sono i conti delle entrate e delle uscite. Li tengo da quando abbiamo alleggerito Lambert.» gli avvicinò il taccuino e gli mostrò il suo schema. «Vedi: ci sono quattro colonne: data e luogo, la vittima e la refurtiva. L’ultima serve per annotare le cose vendute o riutilizzate. È  semplice. Il maiuscolo è per le carrozze e i cavalli dati in custodia ad Hugo.»
André si sentiva soddisfatto: «Eccellente, amico mio!» sorrise continuando a leggere quello che Edouard aveva segnato. L’amico era sicuramente quello più portato per fare una cosa del genere. Era un intellettuale mancato, e André lo sapeva. Ogni tanto, quando usciva, andava a parlare di politica e finanze con quelli dell’università: si teneva informato e loro gli spiegavano un po’ le basi della materia. Era anche per quelli come lui che combatteva, quelli che avevano le potenzialità ma non i mezzi.
«Allora scrivi.»
«Cosa?» chiese confuso.
«30 gennaio 1774, Opera di Parigi.» gli sorrise beffardo.






 
Marie Antoinette salì sulla carrozza, la più grande che avevano nelle scuderie, con addosso il mantello blu di Madeleine. Se l’avesse vista la Contessa di Noailles si sarebbe messa a strillare! Non le piaceva particolarmente che se ne andasse  a zonzo per Parigi... Nella carrozza c’erano già la Lamballe e Mademoiselle Genet. Si accomodò a sedere e tolse il mantello. Dietro di lei si infilò Louis, con indosso il suo mantello nero, sul domino*. Madeleine sbucò dal piccolo finestrino: «Non sono sicura che sia una buona idea, Altezza.» disse, aggrottando le sopracciglia, nel tipico atteggiamento di chi vuole ma ha paura. «Una persona del vostro rango deve avere il permesso scritto del re per partecipare ad un ballo in maschera a Parigi e, se mi permettete l’osservazione, non mi sembra che ne abbiate uno in tasca! Siamo già stati all’Opera, ma sarebbe meglio credere prima...» dire che era agitata era un eufemismo...
«Calmatevi, Madeleine. Quando e SE verremo scoperte, vi difenderò personalmente, ve lo garantisco. Non credo che in ogni caso  il re farebbe storie per un semplice ballo in maschera.»
«Ci parlerò io,  non crucciatevi.» intervenne gentile Louis.
Il Conte d’Artois e sua moglie si fiondarono letteralmente nella carrozza.
«Scusate il ritardo!» annunciò allegro il cognato. Era più bello di Louis, ma sicuramente più inaffidabile, influenzabile dalle passioni. Indossavano entrambi dei domino scuri, con dei cappucci per nascondere il volto. Sua cognata Maria Teresa  –per la quale doveva ammettere di nutrire una certa avversione- non era tanto bella quanto lo era lei, lo dicevano tutti, ma era sicuramente più malleabile e incline a seguire l’etichetta di corte.
Madeleine continuò.«Altezza, non sono sicura che sia u...» Antoinette la interruppe, aprendo la porticina della carrozza. «Andiamo, Madeleine: entrate e lasciate da parte tutte le vostre preoccupazioni. Pensate solo a divertirvi, per stasera.» le sorrise. Madeleine si guardò indietro, la fissò negli occhi, sbuffò ed entrò nella carrozza.  «Mettete questa, Madeleine.» le disse la Lamballe, porgendole una maschera per gli occhi, verde scuro in tinta col suo vestito. Il vestito di Madeleine era uno dei più begli esempi di semplicità che avesse mai visto. Era gonfio, ma non troppo, con diversi strati. C’erano dei ricami sulla parte centrale della gonna che continuavano sulla parte centrale del busto, ma nulla di eccessivo.  I capelli, sapientemente acconciati dal suo parrucchiere Leonard, erano alti –ma non molto- con alcuni riccioli che scendevano morbidi in sulle spalle e non lasciavano ciocche al caso, c’erano due piume verdi a contornarli. Non aveva torto, quando diceva che Leonard era il miglior parrucchiere d’Europa, per non dire del Mondo intero! Anche i capelli di Antoinette erano altissimi, anche più di quelli di Madeleine. Il suo vestito era molto più ricco e pregiato, con tantissimi strati e finissimi ricami. Era nero, e come maschera indossava una benda di fina seta, che le permetteva di vedere attraverso senza problemi **. Aveva atteso mesi per quella serata: una fuga dalla realtà, la sua identità nascosta fino all’alba e la possibilità di essere qualcun altro; almeno per una notte. Per Mademoiselle Genet era probabilmente una delle ultime occasioni di fare qualche pazzia (seppur nei suoi canoni di donna per bene): l’undici maggio di quell’anno sarebbe convolata a nozze, diventando Madame Campan. La carrozza si lasciò alle spalle in palazzo reale, al galoppo verso Parigi. Maria Luisa si ritoccava i capelli, inserendovi delle roselline gialle come il vestito. Mademoiselle Genet guardava fuori dal finestrino. Louis le prese la mano e lei gli sorrise. Madeleine sospirava preoccupata. «Sapete che se si ride si invecchia più tardi, Madeleine?» chiese, cercando di convincerla  a sorridere.
Lei le rivolse uno sguardo e rispose malinconica e arricciando le labbra: «Allora ho paura che invecchierò nelle prossime cinque ore, Altezza...» La sue espressione, seria ma buffa, la fece sorridere. «Non volete divertirvi, almeno una volta nella vita?!» chiese retoricamente.
«Ho smesso di divertirmi da quando avevo dodici anni, Altezza.» ora la sua malinconia era reale, non più semplice preoccupazione, ma vera e propria tristezza dovuta al passato.
Mademoiselle Genet prese la parola. «Potevamo almeno chiedere a qualcuno della guardia reale di accompagnarci, Altezza. Sarebbe stato più sicuro.»
Maria Luisa sbottò: «Avrebbe sicuramente riferito tutto al re.»
«Sarebbe comunque stato più prudente.» constatò Madeleine
Maria Luisa rispose graffiante «Magari potevamo chiamare il bel Alain, eh Madeleine?»
Madeleine rispose con un’occhiataccia fulminante, dagli occhi blu partirono saette a spegnere il sorrisetto ebete della dama.
Antoinette si sentì in obbligo di sedare il bisticcio «Niente litigi, vi prego.» Il resto del viaggio fu fatto quasi in completo silenzio. Antoinette riconobbe sul viso di Madeleine un’espressione arrabbiata e triste. Non ce l’aveva con Maria Luisa, né con Alain –il giovane capitano della guardia-, ma con la sua malasorte che nonostante i suoi quasi vent’anni continuava a perseguitarla. Quella di Marie Antoinette, invece, sembrava averle dato tregua per un po’... il suo rapporto con Louis era migliorato. Il matrimonio era stato consumato, e Louis si mostrava un po’ più premuroso e un po’ più interessato a lei. Amava ancora trascorrere giornate intere nella bottega del fabbro, ma Antoinette c’aveva fatto l’abitudine e aveva assecondato la sua passione per i meccanismi come chiavistelli, serrature e quant’altro. In compenso aveva stretto amicizia con i cognati e le tre coppie avevano partecipato a diversi balli a Parigi. Dopo la consumazione del matrimonio il suo rapporto col marito era anche più saldo e sincero: le voci a corte erano pressoché scomparse. Le “Madames Tantes” (“signore zie”, cioè le figlie del re Luigi XV)  avevano continuato a fare le parti del nipote, affermando che preferisse “inchiavare una serratura piuttosto che un’austriaca”, varie allusioni al matrimonio non consumato e all’atto sessuale. Voci, queste, che Marie Antoinette aveva giudicato volgari e, soprattutto, assolutamente inappropriate per la bocca di una principessa reale.  Non aveva mai provato tanta soddisfazione come in quella mattina del 22 luglio dell’anno precedente, quando Louis l’aveva presentata al nonno come “sua moglie”: quella notte, fra il 21 e il 22, sia Marie Antoinette che Louis avevano fatto l’amore per la prima volta. Il viso della principessa Adelaide aveva avuto dapprima un’espressione contorta, poi rilassata e contorta di nuovo. Aveva continuato a guardarsi intorno come se dovesse sbranare qualcuno. Louis l’aveva guardata e aveva sghignazzato, ma poi, tornati nella camera di Antoinette con una scusa, avevano riso talmente tanto che Louis le aveva confessato di avere la pancia dolente. Per la verità Marie Antoinette credeva che non fosse andato tutto proprio bene, quella notte,  come se Louis non fosse riuscito a terminare il rapporto; ma era già tanto impacciato e insicuro che fargli perdere quella piccola briciola di fiducia in sé che aveva acquisito era una crudeltà: per il momento le bastava così. Si sentì stringere la mano. Si voltò e Louis le sorrideva malinconico. «Siete preoccupato, Louis?» gli sussurrò.
«No, ma il re è sempre più... più... anziano.» rifletté «Temo per la sua salute, come se non potessi allontanarmi da lui.»
Gli rivolse un sorriso tranquillizzante. «Ha al suo servizio i migliori medici del mondo. Lo controllano 
regolarmente più volte al giorno. Il suo archiatra è sempre dei dintorni a Versailles. Non avete motivo di preoccuparvi.»
Le sorrise «Avete ragione infondo. Non sono mica un medico!» ridacchiò e Antoinette con lui. 
Arrivarono a Parigi in meno tempo del solito, Antoinette scese veloce, al braccio di Louis. La vista del palazzo illuminato la fece sorridere.
 
 









«Festa cominciata da due ore e  carrozza già piena per metà!» annunciò sorridente Mathieu, di ritorno dall’esterno. Alla fine Edouard, Henri, Pierre, Mathieu, Louise e Michelle erano venuti con lui. Philippe era nei dintorni, girava con la carrozza per la refurtiva.  André sospettava che Michelle fosse venuta solo per sorvegliare la figlia. Lui, però, poteva dirsi soddisfatto della rendita: ora il vero problema era farsi riconoscere... c’avrebbe pensato dopo! Era esaltato per la bella serata che aveva davanti. Belle donne gli si avvicinavano, lui chiedeva loro di ballare e dopo qualche bacio fugace e passionale spariva fra la folla: aveva promesso... Appoggiato ad una colonna con al fianco Henri sorseggiava champagne. «Bene, quando se ne accorgeranno e si scatenerà il panico ce ne andiamo. Hai bevuto per niente, Mathieu?»
«No, André. Non mi piacciono gli alcolici.» Il ragazzo scosse la testa.
Gli si avvicinò. «Che noioso che sei...» sbotto, sorridendogli. «Louise dov’è?»

«Con Edouard e Michelle. Secondo te...» si bloccò «se le vado a chiederle di ballare è... patetico?» si confidò.
Senza pensarci sorrise «No, ma Michelle potrebbe anche tentare di linciarti!» rise. Mathieu abbassò lo sguardo paonazzo, lievemente sorridente. André gli diede una pacca sulla schiena e, non guardandolo negli occhi, ma indicandogli le balconate del palazzo come diversivo, gli disse. «Forse per invitarla a ballare è presto, senza contare che non so se sappia ballare. Ma va’ da lei e riempila d’attenzioni: alle donne piace sempre.» Mathieu gli sorrise e, annuendo, se ne andò. Continuò sprezzante ad ammirare dame su dame che gironzolavano intorno a lui e alla sua bellissima e pregiatissima giacca blu notte, ricamato d’argento, gentile contributo alla sua causa da parte del Duca De Germain. Si voltò, notando che un gruppetto di giovani donne lo osservava. Diede un colpetto ad Henri per avvertirlo. Ormai stava dormendo. Il suo colpetto gli fece cadere il tricorno dalle mani. André non portava il tricorno, dava un’aria quasi anziana ad uno come lui. «Torno fra poco.» sussurrò svelto. Si avvicinò, sicuro di un colpo facile. Dovevano essere più piccole di lui, circa diciotto o diciannove anni d’età, erano vestite con abiti ricchi e di colori sgargianti, i capelli alti erano acconciati in maniera appariscente. Una di loro aveva una nave in testa. No, non era una battuta; era proprio una piccola nave in miniatura, con tanto di piccole vele e cordoncini. “Ma dove la trovano certa gente...” Un’altra indossava palesemente una parrucca, dall’improbabile color cenere. I volti erano coperti da piccole maschere in tinta con i vestiti. «Mesdemoiselles.» chinò il capo.
«Monsieur.» ridacchiarono quelle il coro.
«Qual è il vostro nome?» chiese quella con la nave.
André aveva imparato ad eludere certe domande. «Il lato più bello di un ballo in maschera è nascondere la propria identità, che divertimento c’è se mi chiedete di rivelarvi chi sono?» ammiccò seducente.
«Vorreste ballare con me?» gli chiese un’altra.
André sorrise. Per essere giovani nobili erano piuttosto disinibite; pensò che forse sarebbe venuto meno alla promessa fatta ad Edouard... «Se vi fa piacere, mademoiselle.» le porse la mano e fu attirato dalla figura che vide dietro di lei. Era una donna di media statura con altissimi capelli biondi e un largo e prezioso vestito nero. Parlava con un uomo della sua statura, piuttosto pingue a guardarlo. Stava cercando di capire come poteva rubare quei gioielli, quando anche lei si spostò e André rimase immobile a fissare la nuova figura che gli si era presentata davanti agli occhi. Una bella donna, tutto sommato. Alta, proporzionata e dal seno abbondante. Il vestito largo era di un insolito color verde, che aveva vari riflessi chiaro scuri sotto la luce delle candele. Era alla mano di un uomo attraente, sorridente e allegro con indosso un domino. Avvertì la sua voce  «Se tutti i conti ballassero come voi, vostra grazia, non credo che il re darebbe tanti balli a corte!» scherzava. L’uomo si finse indignato. «Esigerò la vostra testa per questa illazione!» borbottò fingendo, probabilmente imitando il re.
«Ha ragione, Charles, non sai ballare!» lo prese in giro un’altra donna. A questo punto l’uomo la rincorse e André li perse di vista fra la folla. La donna si voltò. I capelli alti e ornati da piume le lasciavano pulito il viso. André pensò che sarebbe stato meglio se incorniciato da quei riccioli, che le scendevano morbidi sulle spalle. Aveva gli occhi azzurri, il intravedeva dai buchi della maschera.  Non era la più bella che avesse visto, ma aveva qualcosa di strano, qualcosa che le dava il carattere che alle altre era sempre mancato. Sorrise, mettendo in mostra i canini un po’ affilati. Le davano un’aria furba e arguta.  «Scusatemi, mademoiselle.» disse alla ragazza che aveva per le mani. «Mi sono ricordato di dover sbrigare urgentemente una questione della massima importanza.» se ne andò, scivolando fra le persone tutt’attorno. Raggiunse il gruppo e, senza la minima inibizione, si stagliò di fronte alla dama desiderata. «Mademoiselle.» lo guardò con gli occhi azzurri e André vide il suo sguardo riflesso negli occhi della giovane. Perfettamente il battuta, la musica finì. «Mi concedereste il prossimo ballo?» l’altra ragazza, quella con l’abito nero, aprì la bocca sorpresa. Ammiccando all’amica, forse avvertendola di non perdere l’occasione, rispose per lei. «Certo che accetta...» poi, sorridente, la sospinse verso di lui. André afferrò la mano della donna e, sorridendole misterioso, la guidò verso i balli. Un fulmineo scambio di sguardi eloquenti avvenne fra la donna in nero e lei, ma alla fine lei le sorrise scuotendo la testa. 
La piccola orchestra ricominciò a suonare; era un ballo più veloce del precedente, ma André non li distingueva poi molto. Le face il baciamano, sapendo che il modo migliore per attirare una nobildonna era la galanteria. «Perdonatemi la maniera bruta con cui vi ho stappata alla vostra compagnia, ma non ho potuto fare a mano di notarvi mademoiselle...» lasciò la frase in sospeso, invitando la giovane a completarla col suo nome. Si limitò a sorridere: ma cos’era?! Stupida?! Il suo sorriso aveva qualcosa di strano... non l’aveva affatto perdonato! Cominciarono il ballo in silenzio. Non riusciva a vederla in viso mentre ballavano, ma si decise ugualmente a parlare.
«Qual è il vostro nome?» chiese. Rompendo il ghiaccio, lei si voltò. I loro visi si avvicinarono inconsapevolmente.
Con un tono di voce arguto e intelligente, la giovane donna parlò. «Il bello dei balli in maschera è poter celare la propria identità, perché dovrei dirvi il mio nome?»
André sorrise.  «Ho detto esattamente la stessa cosa ad una giovane donna che ho incontrato poco fa.»
«Non è galante da parte vostra far riferimento ad altre donne mentre siete in mia compagnia.» osservò, distaccata com’era normale che fosse a quel punto.
André adorava le sfide verbali. «Perché?» chiese sorridendo «Vi ho forse dato l’impressione di essere in cerca di una moglie?» Mentre ballava slacciò collana che indossava la ragazza e la infilò nella sua tasca. Lei, esattamente come le altre non si accorse di nulla. La mano felpata di André le tolse delicatamente gli orecchini, infilando anche questi in tasca.
«No, ma non è galante ugualmente. È  come se io vi raccontassi degli uomini che mi hanno corteggiata stasera.» Non si guardavano negli occhi.
«A me non darebbe fastidio.»
« Mi io non sono voi.» constatò pungente.
André si ritrovò ammutolito. «Siete la prima donna che, in tutta la mia vita, riesce a mettermi a tacere. Ora potrei sapere il vostro nome? Solo il nome, nulla di più.»
«Madeleine.»
«Oh...» esclamò «È  un nome che conferisce dolcezza alla donna che lo porta.»
«Peccato che la dolcezza non sia una delle mie doti più apprezzate.»
«Forse perché nessuno vi conosce abbastanza da vicino. Permettetemi di farvi notare che fuori siete ricoperta da spilloni, ma dentro è tutta un'altra storia, no?» si avvicinò alla sua bocca, tentando si baciarla. Prima di accorgersene si ritrovò un manrovescio stampato in faccia. «Non osate mai più fare una cosa del genere.» lo minacciò gelida.
«Perdonatemi, dovrei imparare a pensare prima di agire, me lo dicono tutti.» ammise.
«E quando si chiede il nome, solitamente si dà il proprio, prima.» scandì nuovamente.
«Io mi chiamo André.» sussurrò misterioso.
«Bene. Abbiamo fatto conoscenza e potrete segnarmi come conquista mancata. Buona serata!» sorrise ironica e girò i tacchi.
«Aspettate!» la trattenne per un polso. Percependo la sua resistenza, la ragazza si voltò con rabbia crescente. André la percepì dagli occhi che, da grandi, diventarono piccoli e ostili.
«Ammetto di essere stato brusco e di avervi preso dal verso sbagliato.» deglutì.
«Verreste sulla balconata? Parigi di notte è magnifica... quasi quanto di giorno!» le sorrise amichevole. Andare diretti non serviva a nulla, era meglio farsela amica, poi avrebbe tentato per l’altra via. Lei sbottò: «Solo perché ho un caldo terribile e non ne posso più di starmene stretta fra le persone.»
Le porse il braccio e lei lo afferrò. Andando sul balcone incontro Mathieu e Louise... avvinghiati. Fece l’occhiolino al ragazzo e ricambiò con un sorriso. Arrivato sul balcone, André respirò a pieni polmoni. «Aria!» esclamò. Madeleine sorrise e si sporse dalla balaustra si marmo, larga e forte.
«Mi avevate dato l’impressione che vi piacesse star là dentro.»
Si voltò. «Molto meno di quanto pensiate.»
«Allora perché siete venuto?» indagò.
«Mi ci hanno trascinato degli amici.» mentì, vago. «E voi?»
«Io cosa?» chiese, probabilmente non comprendendo a cosa si riferisse.
«Avete detto di non poter più stare fra la folla, non potete esserci venuta per divertimento.»
«Mi ci hanno trascinato degli amici.» emulò il tono di André, si svoltò a guardarlo e sorrise.
Il silenzio colmò lo spazio fra di loro. «E se io vi chiedessi il vostro nome completo?» chiese, di nuovo seducente.
«Non credo ve lo direi.» scosse la testa.
Abbassò lo sguardo, ma poi lo rialzò sorridendo misterioso: «Qual è il vostro nome per esteso?»
«Madeleine.» ribadì, sorridendo. «È  tutto quello che vi dirò di me.»
André  rise.
«Vogliate scusarmi, io torno dentro. Qui è troppo freddo.»
«Siete sola?» chiese all’estremo.
«Non sono cose che vi riguardano.» scosse la testa, lievemente accigliata. Proseguì, ma l’uomo che era con lei prima la bloccò, spuntando fuori all’improvviso.
«Madeleine!» le sorrise «Se vi va di ballare, il mio adorato fratellino ha perso la sua dama.» la informò.
«Non ne ho voglia, mi dispiace!» scosse la testa, amichevole e sorridente.
Un’altra donna sbucò da dietro l’uomo. Sorrideva e aveva le gote arrossate. «Madeleine, il duca di Berry vuole ballare, ma non troviamo più la duchessa. Ci andate voi?»
«Lascia stare, amore.» le disse «La De Bayonne è quella che si dice una vecchia!» sorrise a Madeleine e se ne andò allegro.
«...De Bayonne...» mormorò fra sé e sé. “È  una De Bayonne ...” rimase immobile, colto da un improvviso senso di inquietudine e delusione. Ma se lo scrollò di dosso subito. No, non gli importava nulla di quale fosse la sua famiglia!
La richiamò. «Aspettate, Madeleine!»
Si voltò «Si?»
«Avvicinatevi.» disse sottovoce, facendole il gesto con la mano.
Lei, seppur diffidente, si avvicinò. «Cosa volete?»
André tacque.
«Ditemi subito cosa volete?» ribadì diffidando.
André le sorrise «Siete troppo bella per privarvi dei vostri gioielli.» Estrasse dalla tasca la collana e gli orecchini di Madeleine, porgendoglieli.
Dapprima sembrò arrabbiata, ma poi si rasserenò, si avvicinò e prese i suoi gioielli. Li indossò velocemente. Guardandola da vicino di era reso conto che era davvero giovane. Doveva avere circa vent’anni, ma sembrava molto più adulta dal modo in cui parlava, in cui teneva saldamente le redini della conversazione. Madeleine lo scrutò perplessa per un po’, ma poi gli chiese. 
«Perché rubate gioielli e cianfrusaglie, per essere ricchi ci sono modi più veloci e sicuri.» lo scrutò con quei suoi occhi meravigliosi.
«Non lo faccio per me. Io tolgo ai ricchi per dare ai poveri.» sorrise misterioso.

Madeleine scoppiò in una calma risata, non distogliendo lo sguardo da lui. «Ma chi credete di essere?!» chiese ridendo «Robin Hood, forse?!» Lui sorrise, le scostò i riccioli castani dall’orecchio e le sussurrò «Io sono Dubois.» Sorrise affascinante, mentre muoveva pochi passi indietro, godendosi l’espressione sbigottita e di colpo impaurita di Madeleine. Salì con un gesto svelto e agile sul davanzale del balcone, poi, mentre le sorrideva, saltò giù nell’ombra.
 
 
 
Aggrappato agli ornamenti della balconata, si maledisse. Doveva smetterla di fare gesti stupidi per meravigliare le ragazze! Era vero, però, che forse l’aveva solo spaventata. Madeleine si guardò attorno e se ne andò svelta. Il duca di Berry, aveva detto quella donna. Non l’aveva mai sentito; forse era l’amante. Ma era molto improbabile che una donna come quella si abbassasse a fare la sgualdrina di un duca grassoccio. Aveva un bel caratterino... il suo temperamento altero lo affascinava. La sua aria astuta lo aveva sedotto. L'aveva picchiato! Non immaginava donne capaci di farlo... Assicurandosi di non essere visto, si issò all’interno del balcone. Respirò libero dalla preoccupazione di cadere, dirigendosi verso Edouard. Quando lo vide lui gli fece segno di tornare fuori. André obbedì, ed entrambi uscirono. «Alcuni hanno cominciato a rendersi conto di non indossare più gioielli...» lo informò, guardandosi attorno guardingo.
Annuì. «Allora vai da Philippe,  porta da lui Michelle e Louise, e fatti dare i domino. Poi torna su. Li facciamo tremare di paura.» il suo viso assunse una piega, a metà fra il divertito e il beffardo.
«Lo farò.»
André fece per andarsene. «André! Non avrei intenzione di perdere ancora tempo dietro alle donne, vero?! Ora basta, stiamo lavorando.» lo bloccò Edouard.
André sorrise. Edouard lo conosceva troppo bene... «Devo solo sbirciarne una in particolare, faccio subito.» si allontanò fra la folla. Vide un paio di piume verdi come quelle di Madeleine, ma non erano sulla sua testa, purtroppo. Rincontro la ragazza con la nave in testa. Intravide la donna in nero parlare con un uomo, ma non quello col dom
ino che aveva visto prima. Questo era belloccio ed evidentemente straniero, senza maschera. Lì, poco lontano, sulla scalinata, c’era una donna dal vestito largo e giallo. Aveva roselline gialle nell’alta acconciatura. Spostò gli occhi dalla sua acconciatura a quella della donna accanto. Capelli tutto sommato alti, castani, piume verdi. Scese con lo sguardo e incontrò quello di Madeleine che lo fissava. Le sorrise, ma non ebbe neppure un accenno in cambio. Allora si avviò su per le scale. Le salì lentamente, crogiolandosi nello sguardo di Madeleine. Passandole accanto le sfiorò il braccio con il suo. Con un filo di voce suadente, le sussurrò «Ci vediamo, Madeleine...» e continuò a salire con calma, sentendosi ancora bruciare il suo sguardo sulla schiena. Appena ne ebbe la possibilità, in cima al grande scalone, si  nascose dietro una colonna e la osservò da lontano.

“Madeleine De Bayonne, un giorno sarai mia...”
 
 




L’uomo che aveva davanti era sicuramente il più bell’uomo che avesse mai visto, oltre ad essere notevolmente interessante. Era svedese, così aveva detto. La Lamballe, in un momento i cui l’uomo si era voltato a guardare il ballo, le si era avvicinata e le aveva sussurrato “È  il conte Hans Axel Von Fersen, è in un Gran Tour per le capitali europee, non utilizza il suo titolo fuori dalla sua patria”. Antoinette ne era talmente affascinata che aveva paura di rivelargli la sua identità. Parlare con lui era rilassante. Aveva due bellissimi occhi chiari, azzurro-grigiastri. Non aveva mai visto occhi così. I capelli erano castano chiaro, le ricordavano il colore della cioccolata al latte.
«E così non siete francese... allora siete... italiana!» tentò di indovinare lui.
Marie Antoinette sorrise e scosse la testa, divertita dall’atteggiamento dell’uomo.
Lui arricciò le labbra. «Allora... inglese?» si morse il labbro.
Scosse la testa, stavolta più lentamente e fissandolo negli occhi.
«Allora mi arrendo.» le sorrise.
«Sono austriaca.» rivelò.
Spalancò gli occhi e rise. «non sembrate austriaca. Dicono che gli austriaci siano freddi.»
«Non sapete cosa dicono degli svedesi.» ribatté. Si perse in quegli occhi, e capì perché non poteva amare davvero Louis...
«Mesdames et Messieurs!» annunciò un uomo con un domino nero addosso, aggrappato al lampadario della sala. Alzò gli occhi, impaurita. Un mormorio si alzò. «Osservate i vostri gioielli, cercateli: non li troverete.» Una donna urlò.
«Non abbiate timore, saranno usati nel migliore dei modi.» Cominciò a far oscillare lievemente il lampadario. Marie Antoinette ebbe paura. Se l’avessero scoperta dei malintenzionati potevano anche... anche... Chiuse repentinamente gli occhi, e distolse la mente da quei pensieri; sicura che non le sarebbe capitato nulla. Istintivamente strinse la mano ad Hans Axel.
«Io e la mia banda li distribuiremo equamente fra chi ne ha davvero bisogno.» alzò la voce. Con uno slancio pauroso, l’uomo in nero scese dal lampadario. Davanti a lui, la folla si aprì ammutolita. «Non fermatevi: continuate a ballare, vi prego.» si diresse fuori dalla balconata. Intorno a lui si raggrupparono altri domino neri. Salirono tutti sul davanzale.  «Monsieur Dubois vi augura buona serata.» e, buttatosi, fu inghiottito dalla notte.




 
 
Note:
domino*= (nome maschile, invariabile) cappa nera, lunga fino ai piedi  con cappuccio e maschera, che si indossava nei balli mascherati. Viene chiamato così anche l’uomo vestito in questo modo.
**= non sono riuscita a trovare moltissime informazioni sul vestito della Delfina quella sera, quindi ho ripreso quello del celebre film di Sofia Coppola (Marie Antoinette, 2006). Dallo stesso film proviene anche la prima immagine, con Maria Antonietta (ovvero Kirsten Dunst) sulla carrozza.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Rhona