Capitolo 16; Luci nella notte
-Aaaaahhh…!
Com’è tardi ragazzi…!-
-Faremo meglio ad andarcene tutti a letto, che ne dite?-
-Ottima idea Mamo-kun! A questo punto è meglio che io vi
lasci…-
-Ma Haruna! Cosa dici? Ormai è molto tardi, di sicuro Kidou
si sarà già
addormentato da un pezzo… Dormite da noi, è la
cosa migliore!-
-Io… Non vorrei disturbare…-
-Non dire sciocchezze e seguimi, così andiamo a prepararci.-
-D’accordo Natsumi-chan! Arigatou…- Mentre le due
giovani donne stavano per
sparire nel corridoio che portava alle stanze da letto, la blu
rallentò il
passo per volgersi verso l’uomo di casa.
-Endou mi faresti un favore?-
-Dimmi pure; cosa c’è?
-Non potresti per
caso andare di sopra a
controllare Yuuto? E’ da molto che non lo sentiamo
più, penso che si sia
addormentato…-
-Lascia fare a me, tranquilla.-
-Grazie!- trillò allora, chiudendosi la porta del bagno alle
spalle.
Il moro finì di sparecchiare la tavola, dopodiché
facendo attenzione a fare
meno rumore possibile salì le scale che portavano in camera
da letto.
Socchiuse
la porta debolmente, facendo trasparire solo un fascio di luce:
già si
immaginava Kidou tutto rannicchiato a dormire nel grande letto
matrimoniale… Ma
dovette ricredersi.
Forti e rumorose spire di vento sbattevano le tende.
Una sedia era rovesciata.
Poco distante, un quadro a pezzi.
Il buio più totale. Il silenzio più totale.
Mamoru gelò sul posto, si sentì travolgere da un
terrore indicibile.
La stanza era vuota.
**
Nella
sua
stanza, Hikaru guardava il soffitto, senza riuscire a prendere sonno.
Di norma, quei giorni che passavano in compagnia di Rushe e Fideo erano
già di
per sé emozionanti e fantastici… Ma questa volta
era successo qualcosa di più,
qualcosa di pazzesco che stentava ancora a spiegarsi.
Non era strano che dopo la partenza dei loro amici italiani rimanesse a
lungo
sveglio: faceva mente locale di tutto quello che era successo, contava
le volte
in cui Rushe l’aveva preso per mano o gli aveva sorriso, si
scriveva tutte le
cose che lei gli aveva raccontato sull’Italia…
Insomma, era una veglia piacevole.
Invece questa volta era diverso.
Pensieri confusi, aspri e bigi gli toglievano il sonno. Non era
tranquillo.
Si girò su un fianco, e si accorse di aver lasciato le tende
aperte: si alzò
allora per chiuderle, e preso dalla troppa curiosità
guardò fuori.
La notte era gelida e scura, le stelle sembravano essersi tutte spente.
“Un black-out nel cielo… E’
possibile?”
Pensò a Rushe, la sua Rushe che adesso era su un aereo e
stava correndo contro
la notte: sarebbe arrivata a casa e forse lì ci sarebbe
stata la luce del
giorno.
Pensò a Masaki, perché il suo amico gli aveva
sempre detto di non sopportare la
notte, perché era buia, triste ed inutile –
così aveva detto – ma Hikaru sapeva
che è solo nei momenti bui che è bello credere
alla luce: e Kariya alla luce ci
credeva, ne era certo.
Pensò alla sua mamma e al suo papà, che vedeva
così raramente, e chissà se
adesso anche loro stavano pensando a lui, guardando le
stelle…
Pensò a quel bambino, quel Kidou, che era arrivato fin a
casa loro in una notte
buia come quella.
Pensò a suo zio, perché suo zio gli aveva detto
una cosa bellissima riguardo la
sua nascita. Gli aveva raccontato che lui era nato di notte, ma aveva
gli occhi
tanto brillanti che i suoi genitori l’avevano voluto chiamare
Hikaru. “Una
stella è rimasta intrappolata nei tuoi occhi neri, e
così per quanto buio sarà
intorno a te, tu saprai sempre che la luce c’è, si
può trovare; e si trova in
noi stessi, nei nostri occhi.”
Anche suo zio aveva gli occhi neri, e anche se lui si ostinava a non
pensarla così,
Hikaru sapeva che, infondo infondo, la luce di una stella brillava
anche negli occhi
del suo oji-san.
Sorrise, pensando che forse era davvero troppo poetico a volte; lui
pensava
sempre, pensava a tante cose… Al momento di doverle esporre
però, al momento di
dover parlare, non riusciva a combinare nulla di serio, balbettava,
diventava rosso
rosso e rovinava tutto.
Ma dentro di sé conservava un mondo di parole e
pensieri… Un mondo di sogni.
D’un tratto sentì il telefono di casa squillare.
Ma era così immerso nel silenzio e nella quiete notturna che
inizialmente non
se ne accorse; gli arrivò alle orecchie solo un rumore
flebile e indistinto.
Pian piano qualcosa tuttavia cambiò:
all’improvviso divenne un suono d’allarme,
vibrando per la casa silenziosa le onde sonore lo fecero trasalire.
Si lanciò allora al piano inferiore, alzò la
cornetta e rispose.
All’inizio non capiva, non capiva nulla, si sentiva stordito
dalla sua stessa
paura: all’improvviso si autoimpose di calmarsi, e
riuscì a capire quel che era
sufficiente sapere.
“-Arriviamo!-” Fu l’unica cosa che
proferirono le sue
labbra prima di riattaccare.
Afferrò subito la giacca pesante e si fiondò in
salotto… Ma attonito dalla
tenerezza si fermò.
Suo zio era seduto a gambe incrociate sul tappeto, la testa che
ricadeva
dolcemente in avanti mentre fra le mani teneva ancora alcuni pezzi di
puzzle.
Sorrise Hikaru, mentre nel suo cuore si battagliava tra il desiderio di
abbracciarlo
forte e dirgli che gli voleva davvero bene, scrollarlo e svegliarlo
immediatamente perché era successa una cosa grave e dovevano
subito fare
qualcosa, oppure semplicemente godersi l’attimo pensando che
era l’unico a
potersi permettere di vedere suo zio ridotto in quello stato, a detta
di
qualcuno, patetico.
Ridacchiò sottovoce, e poi lentamente si avvicinò
all’uomo ancora addormentato.
-Zio… Zio svegliati… Dobbiamo andare…-
Vide chiaramente le palpebre dell’altro stropicciarsi, ma non
ci misero molto
ad aprirsi in quanto nella stanza era ancora tutto buio.
-Hikaru…- Appena si accorse di essersi addormentato in
quella posizione
ridicola suo zio si alzò in piedi, e mentre nel buio il
ragazzino scorgeva
chiaramente il rossore sulle guance dell’uomo, di nuovo gli
venne da sorridere.
– H-Hikaru… C-Cosa succede…?-
-Sai zio. – Esordì il ragazzino, porgendo la
sciarpa all’uomo che gli stava di
fronte. – Ho come l’impressione che questa giornata
non sia ancora finita.-
-Che intendi? E’ notte fonda ormai…-
-Sì zio, è notte. E noi dobbiamo uscire a cercare
la luce del giorno.-
-La luce del domani… Il portale!-
Hikaru sorrise, anche se il suo assomigliava di più a un
broncio.
-Uff! Non riuscirò mai a dirti qualcosa che ti
impensierisca, senza che tu mi
dica subito il senso di quello che intendevo!-
-Ehi! In questo non mi batterai mai, mi dispiace… Sei ancora
troppo inesperto
per superare il maestro…-
-Zio, adesso andiamo. Volevo solo dirti… Io-Io sono con te.
Io ti voglio bene,
e so che per te è importante…-
-Hikaru…-
-… Però domani a scuola non ci vado, se stiamo
tutta la notte in giro a cercare
quel bambino!-
Kageyama scrollò la testa, lacrime insapori inumidivano le
labbra sorridenti: -
Avrei dovuto aspettarmelo… Buon sangue non mente, sei
veramente mio nipote.-
-Ne dubitavi forse?-
-Assolutamente no.-
-Andiamo zio, troviamo Kidou.-
**
Yuuto
si destò
frastornato ed infreddolito.
Non riconosceva il luogo in cui era né rammentava come ci
fosse arrivato.
Per un attimo si sentì freddo e vuoto, con tanta paura nel
cuore che batteva
forte.
Già una volta si era trovato in quella situazione; intorno
c’era solo oscurità,
silenzio mentre lui aveva freddo e paura.
Quella volta però, per quanto fosse
indolenzito, aveva chissà dove trovato la forza per correre,
per scappare, per
cercare riparo.
Ora invece era solo nel buio della foresta, le ombre spettrali dei rami
spogli
lo ghermivano e lo bloccavano sul posto.
A ogni rumore sobbalzava, il cuore batteva talmente forte nel petto che
– ne era
sicuro – sarebbe potuto schizzar via da un momento
all’altro.
Si accucciò per terra, nascose la testa fra le ginocchia e
chiuse gli occhi.
Persino la Luna non aveva più luce per lui, per infondergli
un po’ di
sicurezza; era solo nel buio della notte, eppure qualcosa brillava
ancora.
Qualcosa si agitava nel suo petto di bambino, mentre piccoli cristalli
rimanevano
congelati sulle ciglia; qualcosa di tiepido e tranquillo, come la
fiamma tenue
e gialla di una candela, lo tranquillizzava.
Pensò alla neve bianca e lucente, pensò alle
candeline sopra la sua torta,
pensò all’abbraccio con cui Hikaru
l’aveva accolto, ospite senza nome, e tratto
in salvo.
Pensò alla luce, e placidamente il suo respiro si fece calmo
e regolare.
E
nello specchio di luce tenue, d’un
azzurro quasi argenteo, l’immagine di un bambino addormentato
ai piedi di un
grosso masso si rispecchiò quasi d’incanto.
*Angolino delle lanterne (?)*
Tadàààà!
^^”
Sì lo so, sono in mostruoso ritardo. -.-“
Non vi ho mai fatto aspettare così tanto, e sicuramente
avrò perso metà dei
miei lettori, se non di più *^*
La colpa è mia, sono un essere spregevole; sul finale penso
di starvi deludendo
parecchio, ma sinceramente il tempo è poco e la signorina
Ispirazione non aiuta
affatto x.x
Si fa i comodi suoi e basta, quell’arrogante!
Quindi lo so che questo capitolo è una cosa abominevole,
pensavate al gran
finale e invece no! Non ancora… Non immaginate quanto tempo
c’ho speso dietro a
questo capitolo, ogni finale che provavo a ideare mi sembrava orrido e
poco
esauriente e lo cancellavo, così alla fine ho deciso di
scrivere questa cosetta
più breve ma quanto meno decente – spero.
Farò il possibile per pubblicare il prima possibile il
“vero” finale, questa è
più che altro di nuovo una pausa riflessiva. ^^”
Au revoir, e scusatemi ancora.
Sissy <3