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Autore: Ineki    26/04/2014    2 recensioni
Blu e oro, è una storia che parla di un cambiamento. Diversi cambiamenti.
La storia di una ragazza nata nella notte più buia attraversata da una miriade di stelle cadenti. Misteri millenari verranno rivelati, esseri sconosciuti appariranno e dolci sussurri nella notte racconteranno a voi, cari lettori, le vicende di Anita.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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9. Verità.
 
Indietreggiai lentamente. Tutti continuavano a fissarmi, in silenzio. Si era formato il vuoto intorno a me e il freddo era calato come una coperta familiare e da tempo dimenticata. Il mio respiro si condensò davanti a me e poi accadde.
Un boato fece tremare gli specchi mandandoli in frantumi; grida di paura e di dolore si susseguivano e la folla si muoveva come disperata. Sentii distintamente solo una voce.
-Sono arrivati! Guerrieri andate subito alle mura, dovete salvarle tutte!- gridò il Tkuga.
“Chi sono arrivati? Chi dovevano salvare? ”pensai stordita. Mi spostai lontano dalla folla, ma finii sui vetri rotti. Il mio abbigliamento era cambiato, sembrava tanto una camicia da notte color crema, ma non c’erano scarpe incluse questa volta e in poco tempo il mio sangue scorreva sul pavimento. Non sentivo dolore, probabilmente ero sotto shock. Vedevo tutte quelle persone sfrecciarmi davanti ma non sapendo cosa succedeva non potevo reagire di conseguenza. In sintesi: non ci capivo niente.
Il mio punto di vista cambiò drasticamente e mi trovai più in alto. Qualcuno mi aveva preso in braccio e mi stava portando via.
Verso dove?
E chi era?
 
Staccò il resto delle cornici vuote per crearsi un passaggio e sentii il vento gelido della notte passarmi sulla pelle. Uscì velocemente portandomi con sé nella foresta che si apriva lì davanti. Alberi alti e flessuosi restavano fermi sulle loro radici sane e forti come guardie addestrate contro le intemperie. Il colore delle loro chiome era indistinto a causa dell’oscurità, ma ero certa che non fosse nella gradazione del verde. Chiamatela istinto visivo per i colori, presentimento o come volete voi, però ero quasi certa che quelle grandi foglie dai bordi seghettati fossero rosse. Sinceramente non seppi mai perché in quel momento mi concentrai più su quelle stramaledette foglie piuttosto del caos che mi circondava. Non durò molto comunque.
Fui gettata per terra fra le radici rugose e spesse di una pianta e un corpo caldo e pesante si stese sulla mia schiena coprendomi completamente.
-Adesso sta giù e non fiatare per nessun motivo. Se hai capito, annuisci. - mi sussurrò al mio orecchio una voce familiare.
-Lyard?- mormorai stordita senza fare come mi era stato appena ordinato.
La terra sotto di noi tremò e un verso spaventoso si propagò per tutta l’area circostante. Mi fece rotolare velocemente con lui al riparo di un’altra radice appena in tempo da poter vedere le foglie spostarsi al passaggio di una creatura immensa. Essa si spostò velocemente nella direzione delle mura della città, se non mi sbagliavo.
-Vuoi farci ammazzare?! Tu e la tua boccaccia! La prossima volta ti lascio alle loro grinfie così non dovrò più preoccuparmi di farti da balia.- mi disse irato. –Adesso dobbiamo aiutare gli altri a mettere in salvo la popolazione e le Skuinje. Fai esattamente ciò che ti dico e potrai ritornare alle tue stupide feste al fianco del Tkuga.- continuò con disprezzo. Si alzò e si avviò nella stessa direzione della creatura. Mentre lo seguivo rabbrividii per il freddo anomalo e il pizzicore ai piedi feriti e persi la pazienza.
-Come posso seguire i tuoi ordini? Sei uno sconosciuto che mi ha rapito da casa mia e mi ha portato in un incubo! Non so cosa volete da me, non capisco questo modo strano con creature terrificanti e persone che mi fissano con odio e diffidenza quando sono state loro stesse a portarmi qui. Se vuoi che ti segua in questa missione di salvataggio voglio sapere tutta la verità, adesso!- esclamai fumante di rabbia.
Si bloccò di scatto facendomi sbattere il muso contro la sua schiena forte e larga. Ancora voltato mi disse con voce tetra e calma: -Sicura di voler sapere? Poi dovrai accertarne le conseguenze.-
-Si!- urlai.
Girandosi verso di me mi tenne ferma le spalle con le sue mani e fissandomi negli occhi mi disse le quattro paroline che mi cambiarono per sempre la vita.
-   Non sei umana Anita.-
Rimasi senza fiato.
COSA?!
 
Camminai silenziosamente per tutto il tragitto fino alle mura. La foresta in cui c’eravamo nascosti finiva proprio nella parte est delle mura a quanto aveva detto Lyard ed era il modo più sicuro per arrivare a dare soccorso e aiuto agli altri. Non avevo detto niente per tutto il tempo. Alcune volte mi lanciava delle occhiate per vedere se c’ero ancora ma per il resto mi lasciò nella solitudine che mi si era creata in testa.
La desolazione regnava sovrana nella mia testa.
Potevo sentire il soffio del vento che faceva girare quelle palle di arbusti e polvere che si vede nel deserto e nei cartoni animati. Oppure il rumore delle cicale estive che è così insistente da non farti pensare. Con quelle magiche paroline era riuscito a smontare tutte le mie certezze, semplice e veloce come quando tiri il filo che ti pende dalla maglia e la rovini irrimediabilmente stracciando le cuciture principali.
La mia vita ora era come un ammasso di fili scombinati che non hanno un senso logico, né un inizio né una fine.
Ora cosa avrei dovuto fare?
-Siamo arrivati.-
Davanti a noi non c’era più erba e legna, ma alte pietre grigie grosse e spesse come megaliti, incastrati tra loro con maestria. Sembravano avere una forza propria, come se stessero lì a difendere quel popolo da tempi immemori. Io che pensavo che le nostre costruzioni fossero insuperabili. Anche se dire “nostre” ormai non è più giusto…
In silenzio costeggiammo la parete e ci nascondemmo in un anfratto appena in tempo: due creature immense saltarono le cinte murarie atterrando a neanche tre metri da noi; riconobbi la Gattona che ci aveva portati fin lì dal lago ghiacciato con un’ imbragatura al livello del dorso. L’altra creatura mi era sconosciuta anche se assomigliava molto alla Gattona per alcune caratteristiche: le dimensioni, il fatto di essere delle sottospecie di felici e i colori strampalati. Di fatto il nuovo arrivato aveva un manto sfumato, dal rosso al viola scuro con scaglie verdi sul muso,come una corazza. Improvvisamente si attaccarono ferocemente: Scagliette ( un modo buffo per smorzare la situazione ci vuole al momento) balzò verso la gola dell’altro felino ma ella riuscì a scansarsi in tempo e a dare una zampata all' avversario. Centrando il fianco di quest’ultimo , si mise sulla difensiva, ringhiando, in modo tale che riuscii a vedere l’omino che portava con sé; uno dei guerrieri di Lyard stava dando manforte alla Gattona grazie a delle frecce lunghe che si conficcavano nella pelle dura di Scagliette. Ipnotizzata dalla scena non mi resi conto di essermi avvicinata al combattimento fino a quando la voce che insistentemente cercava di richiamarmi a sé non fece breccia nella mia mente.
-Torna qui! Pazza che non sei altro!- urlava come un ossesso il guerriero-fabbro-rapitore lanciandosi verso di me. Troppo lento. Scagliette, a cui forse dovevo cambiare nomignolo, l’aveva preceduto sul tempo afferrandomi per la stupida camicia da notte, tirandomi sul suo dorso correndo via mentre urlavo spaventata. L’arciere smise di attaccare la bestia per non colpirmi dopo aver visto la scena e spronò la sua “cavalcatura” a inseguirci.
“Ora che succederà?” ragionai aggrappata al pelo morbido del mio nuovo rapitore.
 
Dopo dieci secondi pensai che mi avrebbe ucciso mangiandomi.
Dopo un minuto pensai che mi avrebbe ucciso e basta.
Dopo dieci minuti ebbi paura che potesse portarmi chissà dove e lasciarmi in balia di quel mondo sconosciuto.
Dopo trenta minuti iniziai ad aver sonno.
L’andatura della fiera era armonioso e ritmico, ricordava il moto di una culla, il che mi portava a chiudere gli occhi e rilassare i muscoli. Forse a causa dei troppi shock ricevuti durante la giornata/nottata, ma l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era dormire. Quando stavo per crollare del tutto nel mondo dei sogni, ci fermammo.
“Non ne va dritta una, eh?” pensai affranta.
Chinandosi con le zampe anteriori, mi fece scivolare velocemente sulla neve fresca, atterrando in ginocchio davanti a un paio di scarponcini marroni.
Senza forze, tirai su lo sguardo e vidi qualcosa di bianco simile a una sciarpa.
Sgranai gli occhi. Era impossibile!
Senza forze, svenni. Oppure a causa del colpo che mi colpì la nuca.
L’ultima cosa che vidi fu il volto dell’ultima persona che mi sarei aspettata in quel mondo di ghiaccio e gelo.
 
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Angolo autrice: eccomi qua!
Mi scuso per il ritardo e spero che il capitolo sia un pochino più lungo( non ho il senso della misura); se avete visto gli altri capitoli sono stati messi a posto per quanto riguarda il layout e mi auguro che questo nuovo capitolo chiarisco un dubbio e ne apra altri dieci ( so di essere un po’ sadica, me ne scuso)!
Chi sa chi è la persona che ha visto Anita?
Alla prossima e un bacio a tutte: lettrici silenziose, a chi commenta, a chi segue la storia e alle future lettrici/lettori e commentatrici/commentatori!
Ineki <3
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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