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Autore: Pineapple__    27/04/2014    6 recensioni
"Fino a che punto si è disposti a sacrificarsi per proteggere ciò che più si ama?"
La storia si svolge su un'isola fredda e deserta, dove il capitano Law viene esiliato dalla Marina in cambio della salvezza della sua ciurma. Ma, un giorno, mentre è impegnato a contemplare il mare in tempesta, la sua attenzione viene attratta da una cesta bruciacchiata. Il canestrino nasconde una piccola neonata, arrivata da chissadove, come per uno scherzo del destino sull'isola di Law. Il chirurgo è scettico a riguardo, ma decide di crescere come la piccola come fosse sua figlia. Comincia così una conversione per il nostro spietato capitano, il quale scoprirà quanto sia meraviglioso, e a volte pericoloso, voler bene a qualcuno.
Genere: Azione, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Pirati Heart, Trafalgar Law
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ricordo quando, ricordo, ricordo
Quando ho perso la testa
C’era qualcosa di così piacevole in quel posto
Anche le tue emozioni avevano un eco
E così tanto spazio
E quando sei là fuori, senza attenzione
Sì, perdi il senso della realtà.
-Gnarls Barkley, Crazy-
 
 
 
 
Utopia.
Che quell’inferno potesse cessare era pura e semplice utopia.
Alzò di poco la testa pulsante, mentre il debole corpicino ignudo tremava a contatto con la fredda pavimentazione della stanza. Troppo fredda. Procedette a tentoni con una stanca manina, arrestandosi subito dopo che una delle sue paffute dita venne pinzata da qualcosa simile ad un ago. Cercò di mettere a fuoco le immagini sfocate dalle lacrime che le appannavano la vista e rendevano ancora più melliflui i suoi, ormai cupi, occhi verdi. Tutto quello che riuscì a vedere liberandosi dallo strato di lacrime fu tutta la superficie della cella ricoperta da appuntiti ghiaccioli.
 
Fu solo un’impressione, ma a Yuki parve che quel ghiaccio fosse terribilmente sporco; infatti non riconosceva l’azzurrognolo penetrante di quei cristalli che erano soliti formarsi durante le gelate sulle grondaie arrugginite della loro casetta, ma un insolito e funebre colore cinereo. Chissà se Doflamingo l’avrebbe lasciata in pace, ora che aveva dimostrato di sapere, involontariamente parlando, controllare quell’elemento. Tuttavia, controllare era un parolone che non si addiceva alla situazione. Il suo potere si manifestava solamente in seguito a un determinato evento. Doloroso, nella maggior parte dei casi.
 
Abbandonò la testa di lato, sconsolata, e fissò nostalgica al di fuori delle sbarre. Vedeva Marines su Marines piroettare professionalmente tra le infinite ed anguste celle della prigione, lanciando insulti contro i detenuti e colpendone altri con l’impugnatura dei fucili. Nessuno di essi, il cui sguardo si posava sulla stia della castana, riusciva a contenersi da un commentino sarcastico sulla sua natura demoniaca. Demone? Lei non si sentiva un Demone, eppure tutti affermavano che dentro di lei fosse segregata questa forza maligna chiamata Koori. Una bambina di più o meno cinque anni, dai lunghissimi capelli neri e dagli occhi del medesimo colore. Si diceva fosse spietata e malvagia e che logorasse dall’interno l’anima dell’ospite. Eppure Yuki sentiva che non era tutto così. Non era come gli esterni avevano prefissato. Improvvisamente udì dei passi approssimarsi alla sua postazione e immediatamente chiuse gli occhi, pregando che non fosse ancora quel fenicottero maledetto.
 
Il grande uomo, la cui ombra di rifletteva tremolante sul cupo muro di pietra, arrivò davanti alla cella e fissò all’interno con espressione di muto e profondo dispiacere. Allungò la callosa mano, ma si fermò non appena sentì qualcosa di gelido e appuntito gravare contro l’indurito polpastrello. Tutta la superficie dello spoglio gabbiotto, al centro del quale giaceva quel corpicino inerme e diafano, era ricoperta da uno strato di piccoli ma affilati spuntoni di ghiaccio. Sospirò pesantemente, pensando che quella piccina stesse usando quella spinosa coltre di gelo per cercare una provvisoria difesa fisica davanti alla freddezza dei corrotti animi umani. Quanto avrebbe dovuto sopportare prima che qualcuno si muovesse in suo aiuto? Ricordava perfettamente il suo primo incontro con quella indifesa creatura.
 
Avanzava per i camminamenti che collegavano le celle poste ad alveare, consapevole di un minuscolo ospite che non avrebbe dovuto trovarsi in quel luogo. Un luogo dove veniva confinata la marmaglia della peggiore specie non era un posto per una bambina senza colpe e senza addosso l’odore della cattiveria e del sangue che sovente si respirava tra quelle sbarre. Ad un tratto la sua vocina, flebile e spezzata, aveva catturato la sua attenzione. Seguendo con l’udito il mugolio emesso da quella cucciola interiormente ferita, arrivò davanti alla sua postazione. La bambina disse all’uomo di avere fame e sete e lui, anche attraverso la sua dura scorza di marinaio, aveva captato la profonda disperazione del tono di voce. Riuscì a sgraffignare solo miseri alimenti e una bottiglia di acqua dalla cucina che, tuttavia, non vennero assolutamente disprezzati.
 
”Nonno Sigaro… cos’ho fatto di male?”
 
Smoker si genuflesse, trovando sostegno per le scricchiolanti ossa appoggiandosi al Jitte che recava in mano. Protrasse l’arto, infischiandosene delle leggere escoriazioni che quegli spuntoni di ghiaccio gli procuravano alla pelle, abituata a ferite ben più gravi di qualche pressione e puntura. Arrivò a malapena agli scarmigliati capelli della piccina, accarezzandoli goffamente nel tentativo di rassicurarla almeno un poco. La bambina alzò gli occhi verso l’uomo dinanzi a lui e lo fissò un silenzio. Una riconoscente quiete che Yuki stava sfruttando per ringraziare quell’unica anima benevola in quell’inferno in cui era caduta. L’albino aggrottò le sopracciglia, mentre una profonda ira attanagliava viscida il suo animo già di per sé burbero e scontroso. Non poteva rimanere indifferente davanti a tanta sofferenza gratuita ed ingiustificata.
 
“Niente, Yuki, non hai fatto nulla. Solo che al mondo ci sono molte, troppe persone cattive. Stai tranquilla, tuo papà verrà a prenderti.” annuì il Marine ritornando in posizione eretta.
 
“No, lui non verrà…” pigolò affranta lei.
 
“Perché non dovrebbe?” domandò sporgendosi incuriosito verso di lei.
 
“Sono già passati dieci giorni. E’ ovvio che mi ha abbandonata, non gliene importa più nulla di me!” gemette mentre un piccolo singhiozzo si faceva strada tra le labbra livide.
 
“Questo non puoi dirlo, Yuki. Smettila di sputare sentenze se non sei al corrente dei fatti. L’ho appena chiamato alla Den Den Mushi e ti giuro che non l’avevo mai sentito così depresso.” sentenziò convinto.
 
“Davvero?” domandò incredula la piccina.
 
“Davvero. Rispondeva solo con versi o monosillabi e anche il suo solito tono strafottente sembrava essere scomparso. E’ distrutto, fidati di me.” asserì passandosi una mano tra i capelli nivei.
 
“Povero papà, chissà quanto starà soffrendo…” rifletté ad alta voce.
 
“Quattro giorni. Resisti solo altri quattro giorni e sarai libera. Ho detto a Law dove ci troviamo.” affermò allontanandosi a passo svelto dalla cella.
 
Finalmente era ora delle famose quattro chiacchiere con quel pazzo che tirava le fila di quello scempio.
Akainu.
 
**
 
“La base di Guantanamo 51 è un posto che solo ai Marines di un certo rango è dato conoscerne l’esistenza. E’ situato in un preciso luogo del Grande Blu, per la precisione al largo dell’Arcipelago della Isole Sabaody, chiamato Fog End. Questo banco di nebbia così fitto e impenetrabile è chiamato così dai pescatori del luogo per il fatto che nessuna nave è mai tornata una volta addentratavisi. In quello spazio dove le strumentazioni per la navigazione sono inutili a causa dei forti campi magnetici sorge quella base, adibita a carcere, sulle quali sono nate numerose leggende. Ci sono tre rotte per arrivare a Guantanamo 51 attraverso la Fog End. Seguite le coordinate che vi ho dato e può darsi che arriverete sani e salvi.”
 
Law premette il pollice sulla sommità del Tone Dial, interrompendo così la registrazione della conversazione tra lui e l’uomo di fumo. Non aveva alcuna intenzione lasciar sentire a quegli idioti dei Mugiwara tutta la parte del dialogo telefonico nella quale il corvino insisteva caparbiamente per venire a conoscenza della situazione della sua bambina, ricevendo più volte un inconsapevole dissenso da parte del bianco. Passarono lunghi secondi di silenzio assoluto, nei quali solo era udibile il fastidioso stridere dei gabbiani. I membri della ciurma si scambiarono delle occhiate interrogative.
 
“Ma perché Smoker ha detto che forse arriveremo sani e salvi alla base?” ruppe il ghiaccio Usopp, disperato.
 
“Non lo so, Nasolungo-ya, e poco mi interessa. Mugiwara-ya, cosa dici?” chiese al Capitano dal cappello di paglia.
 
“Cosa dico?” Il morettino sorrise con l’espressione di chi aveva capito tutto. “Dico che si fa rotta verso la Fog End! Destinazione Guantanamo 51!”
 
Il Chirurgo sorrise di nascosto, ringraziandolo mentalmente. Chi meglio di un padre poteva capire un altro padre? Era come se quello scapestrato ventisettenne riuscisse a leggere nel profondo del suo animo la grande preoccupazione per la figlia che lo attanagliava nella sua ferrea morsa. Aveva sempre sottovalutato interiormente Cappello di Paglia, ritenendolo troppo ingenuo e impegnato ad ascoltare i lamenti del suo stomaco perennemente affamato per affrontare come si deve il tema sentimentale. Ma vedendolo ora, un poco cresciuto ma ancora così cerebralmente indietro da sporgersi dalla balaustra per vedere meglio degli sgargianti pesci e rischiare di cadere in acqua,  non poteva fare a meno di credere che le relazioni possono seriamente cambiare qualcuno.
 
Ne aveva avuto la piena conferma con Yuki, e questo era un dato di fatto. Nemmeno lui si sentiva più il vecchio Trafalgar Law e, per quanto gli mancasse affondare le mani coperte da guanti di lattice nei cadaveri ancora caldi di vita, la sua priorità era di proteggere quella piccoletta che l’aveva cambiato così radicalmente. Stessa storia per quell’animale del suo amante Eustass Kidd. Anche se con lui il rapporto non era così zuccheroso gli piaceva definirlo come una delle sue relazioni; sempre se insultarsi e tirarsi addosso bestemmie represse per poi finire a fare allegra ginnastica su una superficie di fortuna poteva definirsi tale. Si chiese cosa stesse facendo quell’idiota: dopo la visitina che gli aveva fatto sulla sua isola se n’era andato senza dire una parola, forse stroncato da quelle due paroline che, in realtà, aveva capito benissimo. Fu una voce femminile, enormemente imbufalita, a riportarlo alla realtà.
 
“Ma lo usi il cervello? E’ un carcere di massima sicurezza della Marina, come pensi di poterci entrare?!” gridò l’arancione sbatacchiando con forza il marito.
 
“Io sono entrato e uscito da Impel Down, ce la posso fare!” ridacchiò posandole un infantile bacio sulle labbra.
 
“Non attacca, idiota!” strillò infuriata colpendolo più volte sulla testa, mentre il piccolo Touya cercava rifugio dietro una delle gambe dello spadaccino.
 
Il moro sbuffò divertito, appoggiando la schiena alla balaustra e aspettando che tra i due sposini si calmassero le acque. Un giorno o l’altro avrebbe dovuto congratularsi con Nami per il suo coraggio ad aver affiancato nel matrimonio un pazzo come Mugiwara-ya. Era incredibile cosa un sentimento che lui riteneva effimero e marginale come l’amore riuscisse ad abbattere delle barriere che allontanano due persone. Diciamolo, Nami e Rufy erano due poli opposti. Ma aveva imparato a sue spese quanto il destino potesse essere imprevedibile.
 
“Nami-swan, sei bellissima quando ti arrabbi! Sposami!” esclamò il cuoco di bordo perdendo una consistente quantità di sangue dal naso.
 
“E’ già sposata, cuoco decerebrato.” gli rispose Zoro storcendo la bocca.
 
“Come ti permetti, idiota di un marimo?!” ringhiò fulminandolo con lo sguardo.
 
E anche questa volta Touya, impaurito, scappò e si nascose dietro la gamba del cyborg dai capelli azzurri. Trafalgar osservava segretamente divertito la scena. Sapeva perfettamente che se Yuki fosse stata con lui, sarebbe come minimo morta dalle risate. Era certo che, nonostante i cazzottoni in testa di Nami e le lagne di Usopp e Chopper, Rufy non avrebbe rifiutato di dargli una mano. Si sarebbe ripreso la sua bambina, a qualsiasi costo.
 
**
 
Le poderose nocche del Cacciatore Bianco si abbatterono tre volte, a cadenza regolare, sullo spesso portone ligneo. Sbuffò piccole nuvolette di fumo cinereo dalle labbra socchiuse, tanto per alleggerire quell’aria di tensione che gli opprimeva le membra. Non sapeva cosa ci faceva lì, davanti allo studio di quel cane pazzo; vedere Yuki, una bambina di appena otto anni, ridotta in quelle condizioni, farcita di droghe e invasivi medicinali vari, aveva scatenato in lui una farandola di emozioni poco amichevoli. Ma ora che si ritrovava prossimo ad esporre al capo supremo della Marina il suo profondo disaccordo, era attanagliato da una certa ansia. E, si sa, l’uomo di fumo non era famoso per la sua delicatezza.
 
Finalmente il cavernoso consenso di accesso arrivò e l’albino penetrò nella stanza, incrociando immediatamente quei malati occhi dal colore indefinito che lo scrutavano in ogni sua mossa. Se ne stava comodamente seduto sulla logora scrivania con le gambe accavallate e uno sghembo sorriso dipinto sul volto solcato da alcune profonde rughe. Smoker gli si parò spavaldamente davanti, incrociando le braccia al petto e degnandolo di uno dei suoi peggiori sguardi. Quanto avrebbe voluto sparargli un White Blow su quella testa ancora testardamente coperta dal cappellino bianco che riportava la scritta Marine.
 
“Allora, Smoker, a cosa devo questa piacevole visita?” domandò sarcastico il Grand’Ammiraglio.
 
“Sakazuki.” Lo chiamò grevemente per nome “Non pensavo ti spingessi a tanto. Sei disumano.”
 
“Cosa stai dicendo?” chiese l’altro grattandosi annoiato una guancia.
 
“Non fare il finto tonto, sai di chi sto parlando. Di quella bambina trattata come una criminale e sbattuta in cella.” spiegò digrignando i denti.
 
L’uomo dal vestito rosso lo squadrò da capo a piedi con un’espressione indecifrabile impressa sul viso. Alzò un sopracciglio e sbadigliò, nel tentativo di fargli capire quanto poco l’argomento gli interessasse quel tema di conversazione. Una vena ballerina comparve sulla sua fronte, sentore che la sua pazienza si stava velocemente esaurendo. E, si sa, l’uomo di fumo non era famoso nemmeno per la sua pazienza. Si chiedeva quanto ancora quello stupido gioco potesse andare avanti, per quanto tempo avrebbe continuato a ridergli segretamente in faccia. Quell’uomo non era degno di della carica che ricopriva. Si approssimò ancora di più al Grand’Ammiraglio, cercando di trattenersi dal pestarlo.
 
“Cosa vuoi che ti dica? Abbiamo cercato quel Demone per anni. Ora che ce l’abbiamo in mano non intendo lasciarlo scappare.” sentenziò aggiustandosi le maniche del completo.
 
“Un’istituzione come la Marina dovrebbe proteggere i deboli e gli indifesi come i bambini! Tu invece la stai torturando con un metodo che non servirà a nulla! Non vi darà mai il suo potere!” abbaiò il bianco afferrandolo per il colletto della camicia.
 
“Non ci darà mai il suo potere, eh? Vedremo.” affermò con un sorrisetto sadico.
 
Allungò una mano e con un gesto fulmineo aprì uno dei cigolanti cassetti della scrivania, prendendo sulla mano una piccola Den Den Mushi bianca dalle striature blu. Compose un numero attraverso la tastiera sul lato del guscio e se la avvicinò alle labbra, raggrinzite in un sorriso alquanto sghembo. L’albino lasciò la presa, confuso dal suo strano comportamento. Quell’uomo era completamente impazzito. Da quando aveva sconfitto Aokiji e aveva conquistato la supremazia all’interno dell’organizzazione, la sua mente era stata lentamente consumata dalla sete di potere, riducendo una gloriosa istituzione mondiale a un branco di soldati di professione svogliati ed amorfi ai quali interessava solo il bene del proprio portafoglio. Era diventato completamente pazzo e questo Smoker lo sapeva bene.
 
“Alle unità mediche. Triplicare il trattamento per il prigioniero 582092. Ripeto, triplicare il trattamento per il prigioniero 582092.” scandì, cercando di trattenere le risate.
 
“Tu sei pazzo, Sakazuki, sei pazzo. E’ una bambina di otto anni, non sopravvivrà mai!” gridò Smoker fuori di sé.
 
“Smettila di farneticare. Negli ultimi tempi stai iniziando a parlare come uno di quei Rivoluzionari pidocchiosi. Non ti ho nominato Ammiraglio perché tu mi tradisca, Smoker.” lo riprese Akainu agitando un indice in aria.
 
Non fece in tempo a controbattere, il Cacciatore Bianco, che un devastante pugnò si schiantò all’altezza del suo stomaco. L’onda d’urto generata dall’impatto lo sbalzò violentemente contro il muro, crepandolo. Percepì in bocca il ferroso odore del sangue, mentre vedeva il possente uomo avanzare lentamente verso di lui. Nei primi tempi la nomina ad Ammiraglio lo inorgogliva non poco. Se ne andava in giro tra i subordinati mostrando con fierezza il lungo e svolazzante cappotto immacolato appoggiato sulle massicce spalle. In seguito quell’entusiasmo scemò, non appena si rese conto di essere circondato non più da Marines con a cuore il bene dei civili ma da mercenari solamente interessati al proprio tornaconto e di essere comandato da un uomo la cui ragione era andata perduta. Solo una coraggiosa piccoletta dai capelli blu, ormai Vice Ammiraglio, continuava a seguirlo fedelmente. Il cane rosso si piegò sulla figura dolorante dell’Ammiraglio, ghignando.
 
“Abbiamo intercettato tutte le tue conversazioni con quel bastardo di Law. Sta venendo qui? Bene, lo accoglieremo a braccia aperte. O meglio, tu lo accoglierai a braccia aperte.” fece Sakazuki afferrandolo per il collo.
 
“B-Bastardo…” soffiò aggressivo l’albino.
 
“E’ un ordine. Uccidi Trafalgar Law. Tradiscimi ancora e io farò aprire le celle dello strato più basso di Impel Down solo per te.” sussurrò malefico al suo orecchio.
 
Smoker fu costretto ad annuire. Anche se detestava sottostare agli ordini di quel psicopatico di Akainu, era suo dovere eseguirli. Solo per un istante, il suo fermo animo da Marine vacillò e, per la prima volta, maledisse quel malato sistema ancora oggi chiamato Marina.
 
 
 
Din, don, pubblicità. :3
 
A.A.A Cercasi persona esperta (ma anche meno) per la realizzazione di un disegno inerente alla storia, data la mia poca familiarità con matite, colori, eccetera. Il sei in Arte e Immagine delle medie si fa sentire, osti.
Comunque, per chi fosse interessato può contattarmi tramite messaggio qui su EFP oppure su FacciaBuco.
Account FacciaBuco: Guendalina Tomlinson Salvafiorita (l’immagine di profilo è quell’opossum dai capelli castani con la felpa rossa di Law. <3)
Grazie per chi si prenderà questa briga. Vi adoro tutti.
bacissimi
Pineapple__ 
  
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