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Autore: Chains_    27/04/2014    29 recensioni

N= {a, i, l, n} A= {a, i, l, n}
Allin guardò il pezzo di carta passatole dal suo compagno di banco e si accigliò, non capendo subito le sue intenzioni.
“A meno N...” Sussurrò Niall scrivendo l'operazione d'insiemistica.
“Uguale insieme vuoto.”
“I nostri nomi!” Esclamò sorpresa la ragazza.
“Sì, sono composti dalle stesse lettere.”
“E se uno viene sottratto all'altro...”
“L'altro si annulla.” Concluse Niall sorridendo.

Quando Allin ebbe la possibilità di frequentare il liceo di Mullingar, non avrebbe mai pensato che la sua vita sarebbe stata sconvolta dalla presenza di un ragazzo. Per sfortuna gitana, acrobata nel circo di famiglia, non avrebbe voluto né potuto innamorarsi di un irlandese. Eppure fu grazie a Niall che Allin iniziò a credere in un futuro in cui essere zingara sarebbe stato solo un ricordo. Ma il peggio doveva ancora venire. I due dovevano ancora esser separati.

"Sai cosa c'è, cugina? C'è che è sempre stato A-N, non N-A. Chi vieni sottratto a chi? Ora lui sta ad XFactor ed io qui, distante chissà quanto!"

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=t652GzFXWqc
La Fanfiction prende ispirazione dal vero.
[Personaggisecondari: LittleMix, 5Sos...]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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The storm

In ritardo, ma ci sono! Avrei voluto aggiornare prima, ma l'editor si è ricaricato due volte, quindi caricare il capitolo è stato più lungo del previsto. Come sempre vi invito a leggere le note -in cui vi chiedo un consiglio per A-N non fondamentale, ma ugualmente importante-, detto questo, buona lettura, spero in una vostra recensione! :)


"Il cantante biondo della band emergente Niall Horan è davvero un angelo come dà a vedere? Voci sconosciute affermano che andrebbe regolarmente a prostitute."
Quando Zayn passò davanti ad un'edicola e vide questo titolo sulla copertina di un giornale, per poco non sputò il sorso di
cola appena preso dal bicchiere in carta del fast food all'angolo della strada. Così, sforzandosi a buttare giù la bevanda zuccherosa, si avvicinò al chioschetto, comprandone una copia, rigirandosela poi tra le mani per non vederne la copertina. Infuriato rivolse alla donna uno sguardo di fuoco, seppur sapesse che lei non c'entrava poi molto nel lavoro sporco di alcuni giornalisti. Ovviamente fu riconosciuto. Infondo ancora non si era abituato alla popolarità che, da quando aveva vinto XFactor aumentava di giorno in giorno e che, come affermava orgogliosamente Simon, non si sarebbe di certo fermata. Sempre più irritato, il moro pagò il dovuto poi si voltò, camminando con in testa il cappuccio della sua felpa firmata che gli permise di passare inosservato ad occhi indiscreti, per poi raggiungere la sua moto, parcheggiata in seconda fila. Il casco, infine, contribuì a renderlo del tutto irriconoscibile, mentre sfrecciava ad una velocità affatto raccomandata per le vie di Londra, raggiungendo il palazzo vicino al centro storico, dove si trovava l'attico che Harry aveva battezzato come loro 'Sede centrale'. I ragazzi lo avevano comprato appena finito XFactor, ottenendo un mutuo che, come aveva assicurato il loro manager, nel giro di un anno lavorativo, se tutto sarebbe andato bene come si aspettava, avrebbero potuto pagare completamente.
Zayn, entrato in garage, posò la moto nel box privato, prese l'ascensore e, digitando un codice specifico, raggiunse l'ultimo piano, esclusivamente loro.
L'attico consisteva in un ampio monolocale, con un soppalco che si affacciava al centro dell'ambiente principale e uno spazioso balcone che percorreva tutto il perimetro del palazzo. Appena entrati vi era la porta del piccolo bagno, dotato di doccia. Il grande spazio era poi stato ammobiliato in stile moderno, dove primeggiavano nero, bianco, acciaio, vetro e marmo. Una bella cucina a vista si affacciava in un comodissimo salotto. Questa aveva un'ampia isola, contornata da un semi perimetro di piani di lavoro, in mogano e marmo bianco. Il soggiorno, invece, si divideva in una zona living e un'altra utile per mangiare in compagnia. Un tavolo con piano in vetro, circondato da otto sedie in totale, era affiancato da due comodi divani in pelle bianca. Vicino a queste, tre pouf estremamente colorati, spiccavano e, insieme a numerosi quadri contemporanei poggiati a terra, vivacizzavano il tutto. Un moderno scaffale, con uno spazio apposito per una sofisticata tv HD, era stato affiancato alla parete sulla quale erano rivolti i divani. Su questa non c'erano solo libri di più tipologie, ma soprattutto dischi su dischi, cornici, i primi premi vinti dalla band, il contratto firmato con Simon Cowell. Altro pezzo forte del monolocale era sicuro lo studio di registrazione, dirimpetto al bagno, anche quello separato. Sebbene non professionale, si stava rivelando comunque utile alla giovane band che, anche solo per ammazzare la noia o l'attesa tra un'intervista e un servizio fotografico, si ritrovava molto spesso ad inventare motivetti per cantarvici su qualcosa. Proprio in quelle sere dei giorni lavorativi, praticamente la maggior parte, se non tutte, capitava che i ragazzi restassero a dormire lì e non nei loro rispettivi, piccoli, appartamenti. A questo serviva infatti il soppalco, dove erano stati sistemati cinque letti ad una piazza e mezza, ognuno separato dal successivo e il precedente da un comodino. Un piccolo spazio era poi stato adibito a ripostiglio, riempito non solo di scope, detersivi e altri attrezzi da pulizia, ma anche di vestiti, scarpe, qualche microfono e cuffie da dj, usate prettamente da Zayn, che si divertiva spesso con la sua console soprattutto per far ridere Niall della sua scemenza. Parlando del biondo, lo spazio preferito di tutto l'attico era sicuramente il tetto, seguito poi dal balcone. Il primo era interrotto da una grande vetrata blindata, da cui si vedeva il cielo e, la notte, alcune rare volte anche le stelle e non solo. Il chiarore della Luna, i primi raggi solari all'alba e gli ultimi al tramonto, grazie a quella finestra coloravano l'ambiente di colori a dir poco mozzafiato. Anche parte del balcone, quella più ampia, opposta all'ingresso, aveva una vetrata, o meglio, una tettoia che proteggeva dalle intemperie il salottino esterno. Una comoda vasca idromassaggio, invece, insieme ad un barbecue in mattoni, veniva lasciata allo scoperto. A passare molto del suo tempo lì, però, non era solo Niall, ma anche Harry, che aveva fatto del muretto una bellissima fioriera, con gerani, primule, viole, fiori di vetro e piantine grasse.
"Zay!" Fu Niall ad accogliere il ragazzo, non appena si aprirono gli sportelli dell'ascensore.
"Zayn... Che hai?" Liam, che in quel momento era appena uscito dal bagno, non ci mise molto a capire che negli occhi dell'amico ci fosse preoccupazione.
Niall, confuso, si accigliò, guardando prima l'uno, poi l'altro ragazzo, non capendo dove il castano volesse andare a parare. Come lui, subito dopo, anche Harry e Louis, seduti sul divano, rivolsero loro l'attenzione.
"Andiamo fuori ché è meglio." Mormorò Zayn, dando una lieve spallata a Liam per poter passare.
I ragazzi, allora, lo seguirono e si sedettero al completo nel salottino esterno.
"Stavo facendomi un giro in cerca di un degno negozio di tattoos, quando ho visto questa passando davanti ad un'edicola su strada." Rivelò Zayn, girando la rivista di gossip, facendone vedere la copertina.
L'espressione che assunse Niall, vedendo il suo nome associato alla parola 'prostitute' fu terribilmente sofferente. Incominciò a battergli forte, fortissimo il cuore, e il respiro gli si fece pesante. Un attacco di panico avrebbe presto preso il sopravvento. I ragazzi si scambiarono uno sguardo di intesa, allora, proprio mentre il suo perse intensità, Zayn lo afferrò per le spalle, facendolo sdraiare sulle sue gambe. L'anglo-pakistano la odiava. Odiava Allin con tutto se stesso. Sebbene non lo desse a vedere, aiutasse ed incoraggiasse l'amico a cercarla, non poteva far altro che provare questo sentimento nei suoi confronti. Non metteva in dubbio di sbagliare, ma, in fin dei conti, gli veniva naturale questo rancore perché, ancora incerto sulla veridicità della versione di Niall, sapeva solo di certo che la causa di quegli attacchi era proprio lei.
"Va tutto bene, okay? Abbiamo un'intervista, tra poco. Smentirai ogni cosa." Alitò quindi all'orecchio del biondo, massaggiandogli il petto.
"Credo che abbia paura non tanto del parere dei suoi o delle fans quanto del pensiero che farà Allin, nel caso dovesse leggere questo articolo." Mormorò Liam, inginocchiandosi davanti al divano con aria triste.
"Niall, pensi davvero che Allin possa credere ad un giornale gossip?" Domandò Harry scuotendo i suoi ricci, sicuro che, per far innamorare Niall, Allin doveva essere una ragazza intelligente e scaltra.
"È così ridicolo. Io sono ridicolo. Spero davvero di incontrarla, capite? Sogno ogni notte di vederla in un bar, al cinema, sotto al palco ad un concerto. Forse se avesse voluto sarebbe già venuta a cercarmi..." Farfugliò di risposta il biondo, non facendo altro che peggiorare la situazione, strozzandosi addirittura con la sola saliva.
"Magari il padre glielo ha impedito fino a ieri, no? Magari ha avuto o ha paura." Continuò il più piccolo della band, nonché di certo il più sentimentalista.
"E adesso che è libera teme la tua reazione quando la vedrai." Aggiunse Louis, picchiettando la testa di Harry con fare amorevole.
"Potrebbe credere che la odi. Potrebbe non sentirsi all'altezza." Intervenne Liam, stringendo la mano di Niall tra le sue.
"Devi stare tranquillo. Il tempo risolverà tutto, chissà come...
Non fallisce mai." Zayn continuò ancora ad usare un tono soffice, gentile e vide l'amico rilassarsi.
"Prova a pensare alla tua, nostra carriera. Ricorda che non sei, né sarai mai solo, anche se forse capitano già ora e capiteranno in futuro giorni in cui ti ci sentirai." Azzardò Louis, alzandosi per dare una pacca sulla spalla di Zayn, consapevole di quanto gli scocciasse la situazione.
"Esatto. Nì, le cose cambieranno. Te lo giuro." Concluse quest'ultimo, sorridendo con la lingua incastrata tra i denti.
"Meglio?" Domandò Harry, raggiungendo Liam e sedendosi per terra, accanto a lui.
"Vi voglio tanto, ma tanto bene... Fratelli." Mugolò Niall, rizzandosi finalmente a sedere, spalancando le braccia per un abbraccio di gruppo che non tardò ad arrivare.
"Ora, prepariamoci le risposte per l'intervista, e troviamo un modo per mettere in mezzo questo cazzo di articolo per smentirlo." Affermò deciso Zayn, ancora stretto a Niall, tra Liam ed Harry.

* * *

Quando Allin scese dall'aereo si era ormai fatta metà mattinata. La ragazza, tutto sommato di buon umore, si ritrovava in quello che le sembrava essere l'ennesimo taxi. Sapeva dove andare, si era organizzata perfettamente nelle ore di viaggio. Aveva razionalizzato il tutto e si era divertita a leggere una guida che insegnava una terapia per mettere da parte un pensiero, una persona, o una preoccupazione per buona parte della giornata, e, doveva ammettere che, seguendone i consigli, si sentiva la testa più leggera. Aveva anche pianto un bel po' e pensava, o meglio, sperava che non l'avrebbe fatto per parecchio tempo. La bionda rinvenne dai suoi pensieri e così diede un'occhiata veloce al foglio, un elenco di orari, ai quali aveva scritto accanto ciò che avrebbe dovuto fare in quei primi giorni di libertà.

19 Giugno.
Ore 12:00, chiamare la persona misteriosa.
Ore 12:30, autobus che ferma davanti al parco.
Ore 12:30/?, passare del tempo, prima dell'appuntamento.
20 Giugno.
Ore 9:15, andare in aeroporto, e prenotare un volo, anche immediato, per Londra.
Ore 9:15/?, ricominciare cominciare a vivere.

Quando arrivò davanti al parco che per mesi era stato la sua casa, sistemò il foglietto in tasca, insieme alla lettera della madre, pagò ed uscì dal taxi. In strada, un forte vento la colse di sorpresa. Un vento a dir poco gelido, per soffiare a Giugno. Ma forse sì, forse non era davvero così freddo come lei lo percepiva. D'altronde, come poteva sentire caldo una ragazza che stava imparando di nuovo ad ibernare il suo cuore, pur di non soffrire? Allin sfilò dal suo zaino una felpona monocolore azzurra e se la chiuse fino al collo. I brividi non finirono di farle venire la pelle d'oca.
"È perché sono qui." Constatò la bionda, sbuffando tristemente, infilandosi nel mentre le mani in tasca ed addentrandosi nel parco.
Quell'immenso spazio verde quel giorno aveva un'aria del tutto inquietante, che non impiegò poi molto a far sì che un primo fastidioso nodo si formasse nella gola della giovane, cui salivazione era aumentata di colpo negli ultimi minuti. Quindi deglutì, poi varcò il cancello in ferro, nella parte nord della zona verde. Le gambe le tremarono così tanto da sembrare fatte di budino. Neanche cinque passi che dovette fermarsi un attimo, per respirare. Non aveva immaginato che, tornare nella culla dei suoi ricordi avrebbe fatto così male al suo dolorante cuore. La ragazza continuò a camminare nel viale principale, circondato da alberi ad alto fusto. Li aveva mai notati? Probabilmente no, probabilmente non ci si era mai soffermata ad osservarli.
"Rivolgi gli occhi al cielo, sbatti velocemente le palpebre. Non piangerai." Non era forse questa la frase che Allin si era sempre ripetuta, prima che Niall rompesse quello strato di ghiaccio, che avvolgeva il suo cuore? La ragazza, quindi, ascoltò i suoi stessi consigli. Non pianse. Nessuna lacrima le bagnò le guance. Così decise di proseguire, si fece coraggio e incominciò ad aumentare la velocità del passo, con l'intenzione di raggiungere al più presto il vasto piazzale che aveva per mesi ospitato il circo. Quando superò una collinetta e lo spiazzo di sassolini fu ben visibile alla sua vista, la ragazza sussultò. Era vuoto, completamente vuoto. Del circo, dei mezzi della compagnia... Gonzalo, mesi prima aveva fatto scomparire tutto. L'unica traccia che solo Allin, probabilmente, riuscì a percepire furono i solchi dei picconi piantati sul terreno, per tenere il tendone. Solo quei quasi invisibili segni sul terreno le ricordarono che la sua vita lì a Mullingar era stata reale, non solo un sogno. Questo perché non aveva ancora visto la casetta sull'albero, che pensava distrutta del tutto. La bionda si guardò intorno, levandosi la felpa. I brividi di un apparente freddo avevano lasciato posto all'agitazione, all'angoscia. Con passo malfermo, si spinse verso gli alberi. Ricordava perfettamente dove fosse ciò che cercava. Lo trovò. Il cuore sembrava esploderle nel petto. Vedere quel rifugio quasi completamente distrutto le fece male, le sembrò di esser trafitta da una serie infinita di lame taglienti, all'altezza dello sterno. Gonzalo non aveva avuto davvero pietà. Di tutta la struttura, l'unica cosa che aveva resistito del tutto era l'altalena agganciata alla pavimentazione della casa. Allin vi si sistemò sopra, dondolandosi. La sua mente, prima colma di preoccupazioni e cose da fare, sembrò svuotarsi per un attimo, mentre gli uccellini coloravano l'aria, cinguettavano canti paradisiaci. L'unico pensiero che persisteva a darle fastidio era quello di assecondare la volontà della madre e, quindi, chiamare al numero che le aveva lasciato. La ragazza si alzò dal dondolo, per prendere la raggrinzita lettera di Marie dalla tasca dei jeans scuri. La riaprì tra le mani, componendo poi velocemente il numero di cellulare scritto in bella grafia ad un margine del foglio. Ci furono due squilli, il ricevente rispose al terzo.
"Jason Garen."
"Salve, sono Allin. Allin Dooley, mia madre..." Agitata dalla voce roca dell'uomo che le aveva risposto, Allin prese a mordicchiarsi le unghie.
"Marie Dooley, certo, come dimenticare." Allin deglutì. Il tono scorbutico, anzi, schivo, di Jason le recava ansia.
"Ho uno spazio libero tra un appuntamento e l'altro. Se vuole raggiungermi subito, sarebbe un bene. Per lei." Continuò lui, impassibile.
"Al suo indirizzo?"
"Sì."
"A tra poco, Mr Garen." In risposta, l'uomo chiuse la chiamata. La bionda sospirò. Era stata una stupida, un'ingenua, a credere chiunque le avrebbe risposto, si sarebbe dimostrato gentile e premuroso con lei.
"Che cazzo, Allin!" Si insultò da sola la ragazza, sganciando frustrata un pugno al tronco dell'albero dietro di sé. Poi respirò forte e, con il cuore tremante a causa di uno sconosciuto timore, prese trolley e zaino lasciati lì, a pochi passi dall'altalena, quindi ricominciò a camminare. Conosceva la via in cui avrebbe dovuto incontrare Jason, ci era passata un paio di volte, anni prima. Le ci vollero circa una decina di minuti, prima che arrivasse all'Auburn Village, dove abitava il misterioso uomo. Quando fu nel viale principale, si chiese quale fosse la sua villetta a schiera. Poi, una più austera e malridotta delle altre, colse la sua attenzione. Allin sorrise scaltra, capendo di aver fatto centro. Un impeto d'orgoglio la fece ridacchiare, quando si avvicinò al portone e lesse la targa del citofono. Il cognome di Jason spiccava, scritto in un'elegante grafia. "Curioso." Mormorò la bionda, notando il contrasto tra l'edificio e la scrittura.
Senza troppi indugi, presa da un momento di avidità per il sapere, suonò.
Subito dopo la porta si aprì. Allin restò immobile, come uno stoccafisso. Jason Garen era un uomo sulla trentina, di bell'aspetto, senza dubbio diverso da come se lo era immaginato lungo il tragitto. Folti capelli mori in cui la sua probabile amante avrebbe trovato delizioso affondare le dita, occhi azzurrissimi, quasi grigiastri, naso dritto, labbra scolpite e un accenno di barba ad indurirgli i lineamenti. Quando sorrise, Allin si pietrificò del tutto sullo zerbino. I denti del giovane uomo erano bianchissimi, dell'esatto colore della camicia che indossava, sotto la giacca che, invece, riprendeva la sfumatura grigio-azzurra, quasi argentea delle iridi. "Benvenuta, signorina. Perché quella faccia da pesce lesso?" Chiese Jason ridacchiando, accogliendo in casa la giovane ragazza.
Lei si guardò intorno. Nella villetta, i colori che primeggiavano erano, come nell'abbigliamento del proprietario, il grigio chiaro, il bianco ed il nero. L'arredamento moderno e, in un certo senso, spigoloso le fece poi fare una smorfia di disapprovazione, mentre si chiedeva se quei mobili riprendessero, in un certo senso, un lato della figura di Mr Garen.
"Allora, gliela farò breve." Anticipò lui, guidandola verso il suo ufficio, passando per il salotto.
"Le dirò l'essenziale, nulla più." Continuò, gesticolando animatamente, sedendosi quindi sulla sedia, dietro la sua scrivania in legno scuro.
"Va benissimo, sono pronta." Affermò Allin, sedendosi su una poltroncina davanti a lui.



"Sua madre, circa un anno e mezzo fa è venuta qui, da me. Sconvolta, mi ha dato una cospicua somma di denaro, per far sì che io riuscissi a fare sparire sua figlia, Allin Dooley, dalla faccia della Terra..." Raccontò rapidamente l'uomo, non perdendosi in dettagli sul suo lavoro o sulla legalità della situazione.
"E per questo adesso mi chiamo Allison... Giusto?" Chiese Allin, spavaldamente.
"Sì, ma non basta, non per molto! Quei falsi documenti di bassa sicurezza non la salveranno, se mai la dovessero cercare!" Sbottò il giovane uomo, battendo una mano sulla scrivania.
"Quindi questo passaporto e questa carta d'identità erano davvero provvisori, utili solo a scappare." Mormorò la bionda, iniziando a sentirsi vittima di un qualcosa più grande di lei.
"Esattamente, signorina. Adesso, dobbiamo fare le cose serie. Deve scegliere un nuovo nome, un nuovo cognome, una storia da recitare. Poi ci penserò io, la segnerò all'anagrafe con i dovuti agganci, le creerò un conto bancario in cui le verserò i soldi di sua madre e provvederò a rimediarle documenti nuovi e sicuri. E così Allin ed Allison spariranno, per sempre." A Mr Garen luccicarono gli occhi. Inutile soffermarsi sul fatto che, il suo lavoro, lo eccitasse.
"Basta così poco per far scomparire una persona?"
"No, certo che no."
"E cos'altro?"
"La stanno cercando, okay? Pensi davvero che un nome falso potrebbe salvarti?!" Chiese ironicamente Mr Garen, scuotendo la testa ridacchiando.
"No..."
"Ha appuntamento con il dottor Finnick appena uscita da qui." Mormorò il giovane uomo, armeggiando con il suo iPhone.
"Dottore?" Domandò Allin, la testa piegata da un lato, verso una spalla.
"Chirurgo." Spiegò Jason, stringendosi nelle spalle, come se avesse detto una banalità.
"Cosa?! No! No! No!" Gli occhi azzurri della bionda si spalancarono, diventando vitrei. La sola idea che, guardando il proprio riflesso, non si sarebbe riconosciuta, così, d'improvviso, la mandò fuori di sé, tant'è che si alzò in piedi e scoprì di non riuscire neanche a reggersi sulle proprie gambe. Era terrorizzata.
"Non faccia la ragazzina. Legga ciò ha firmato sua madre." Allin si divorò letteralmente il contratto stipato da Mr Garen mesi prima, in cui era messo su carta tutto ciò che lui gli aveva detto pochi minuti prima, compresi alcuni piccoli interventi di chirurgia plastica.
"È scioccante, tutto qui, credo." Sussurrò la fuggitiva, sospirando.
"Posso comprenderlo, davvero. Ma ne evince la sua sicurezza e solo così il mio lavoro sarà ben riuscito." Le disse lui, con un tono di voce decisamente caldo e vellutato, mentre incrociava le mani al petto.
"Secondo lei, cambierò molto?"
"Probabilmente non troppo." Mr Garen abbozzò uno dei suoi sorrisi.
"Bene, è un sollievo."
"Deve firmare anche lei l'accordo." Così Allin fece: firmò per iniziare una nuova vita, non di passaggio, ma eterna.
"Bene, ora è giunto il momento migliore. Scelga chi essere. Io mi assento cinque minuti per chiamare Finnick." L'uomo afferrò il documento dalle mani di Allin, quindi uscì dal proprio studio, lasciandola sola con una lista infinita di nomi e cognomi.
La ragazza si piegò sulla scrivania e afferrò il foglio, scorrendo con un dito la serie di nomi, cercandone uno decisamente poco diffuso.
"Clarylin." Trovò poi.
"Sì, direi che può andare." Commentò soddisfatta.
Infine, per scrupolo, sottrasse a quel nome le lettere componenti "Niall".
Il risultato ottenuto le fece spalancare la bocca.
"Cazzo. Cry." Era questo il risultato uscente da quella semplice sottrazione.
Allin si guardò intorno, torturandosi il labbro inferiore dal nervosismo. Non aveva mai creduto nel destino, credeva fosse una grandissima cavolata, un concetto frutto dell'uomo, nato per giustificare alcuni suoi errori, ritardi. Eppure, in quel momento di stupore, la giovane bisbigliò che era stato proprio il destino a farle scegliere quel nome, tra circa quattrocento dei più svariati.
Intimorita, tornò a starsene in piedi, girando la lista che spiccava sulla scrivania scura. Clarylin.
Lo ammise anche lei: era strano, quel nome. Infondo, però, suonava bene e, inoltre, era così tremendamente... Realistico ed ironico, in un certo senso perché lei, senza Niall, non aveva fatto altro che passare le sue nottate a piangere, disperarsi, svegliarsi da brutti incubi, per un anno intero.
"Clarylin." Ripeté un'ultima volta.
Quelle otto lettere sarebbero state l'unico appiglio tra passato, presente e futuro, l'unica cosa che, abbandonata quella casetta ormai distrutta in un parco di Mullingar, le avrebbe dovuto ricordare il biondo cantante Irlandese.
Quando Mr Garen tornò, un sorriso fiero gli illuminava il volto, mentre quello di Allin restava incupito da un velo di terrore.
"Bene, l'aspetta un taxi proprio qua davanti, così potrà andare dal dottore. Domani mattina la chiamerò io, in modo che così mi dirà nome e cognome scelti e cosa sarà necessario modificare al suo volto. Poi, quando l'operazione sarà stata eseguita e lei si sarà ripresa, dovrà contattarmi di nuovo." Le spiegò, con chiarezza.
"Okay, grazie davvero."
"Eseguo sempre al meglio il mio lavoro." Con questa frase decisa, Jason liquidò la ragazza, accompagnandola all'uscio di casa.
Quando Allin fu fuori dalla casa non poté far a meno di respirare, sollevata. Era stata incredibilmente snervante la soggezione che le aveva messo parlare con Jason. Inoltre, migliaia di pensieri e dubbi le vorticavano in testa, in quel momento. Sarebbe dovuta cambiare. Non solo internamente come era giusto fare, ma anche fisicamente. Per salvarsi. Niall l'avrebbe mai riconosciuta? Le avrebbe mai creduto? Quella domanda pesava più di ogni altre nella sua testa, dandole l'impressione che sarebbe caduta da un momento all'altro.
"Dio solo sa quanto continuo ad amarti, Nì." Farfugliò la ragazza e dovette proprio combattere con le unghie e con i denti per non piangere.
Arrabbiata con se stessa, scosse la testa. Non doveva pensare al cantante, non durante il giorno almeno, doveva concentrarsi solo sugli eventi che stavano sconvolgendo la sua vita. Sapeva, sperava che avrebbe trovato un modo, seppur meno evidente e diretto per farsi riconoscere da Niall quando sarebbe stata degna di uno come lui.
Il viaggio in taxi durò poco e fu più tranquillo del previsto. Al fine di questo, l'uomo al volante non si fece pagare il conto, dicendo che, a far ciò, aveva già provveduto Mr Garen. Un altro sospiro di sollievo dischiuse le labbra di Allin.
"Probabilmente avrà scalato i soldi da quelli che verserà nel mio conto in banca." Intuì poi, felice di non dover spendere altri contanti.
"Arrivederci signorina!" Esclamò il tassista, quindi sfrecciò via per le stradine di Mullingar.
Allin si voltò verso il portone in legno antico dietro di sé. Lesse i nomi sul citofono,  finché non vide la scritta 'Dottor Finnick.' Agitata suonò il campanello. Come prima, ben presto l'entrata a scatto sì aprì. Allin si ritrovò così in un pianerottolo che, ai suoi occhi, aveva un qualcosa di angosciante. Un uomo sulla sessantina, a giudicare dal bianco di barba e capelli, smilzo e in buona forma, aprì la porta di uno degli appartamenti al piano terra.
"Signorina Allin?" Domandò poi, sfoderando un sorriso gentile.
"L'opposto di Mr Garen, praticamente." Constatò Allin entusiasta. La preoccupazione, però, non cessava di far tremare il suo corpo snello.
"Piacere dottor Finnick!" Esclamò malgrado questo, contraccambiando l'uomo con un sorriso altrettanto smagliante.
"Allora, penso sia meglio arrivare al nocciolo della situazione perché penso sia piuttosto stanca." Convenne il signore, facendo entrare Allin nel suo studio privato, per poi chiudersi la porta alle spalle.
"Parecchio, in effetti. Le ultime ore sono state piuttosto sfiancanti. Ma prima mi tolga un dubbio, cosa sa di me?" Chiese lei, togliendosi la felpa e passandogliela a lui, che l'appese su un attaccapanni all'ingresso.
"Meno di quanto crede, suppongo. So solo quello che sa anche mio nipote Jason, nulla più. So che deve cambiare volto, per vivere serena una volta per tutte." Mormorò l'uomo, facendo accomodare la sua paziente nel suo studio, prettamente bianco e in buonissimo stato, con attrezzature tecnicamente avanzate e fregi blu alle pareti.
"Ho paura." Confessò la ragazza, una volta seduta.
Questa volta il suo interlocutore non si trovava al di là della propria scrivania, bensì in un'altra poltroncina, accanto a lei.
"Forse già lo sai, ma te lo dico lo stesso: non sarà un cambiamento estremo. Si tratta solo di alzare, rimpolpare qualche zona, nulla di evasivo." La rassicurò il vecchio, cambiandosi gli occhiali da lontano con quelli da vicino.
"Ora, iniziamo."
Il chirurgo, dunque, tracciò alcuni segni con un pastello azzurro sul viso stanco di Allin. Lei lo guardò male, poi si incupì, riconoscendo che quel tipo di colori era lo stesso che usavano i pagliacci al circo, per truccarsi prima di andare in scena.
"Tutto bene?" Finnick, forse per la sua grande esperienza, riconobbe nella bionda un po' di quei demoni che le annebbiavano la mente.
"Solo un po' di malinconia che presto andrà via." Lo sorprese lei, pronunciando quella frase con tanta sicurezza, come se fosse stata una promessa. A se stessa.
"Si guardi pure allo specchio."
"Vede, questa fossetta sul mento potremmo eliminarla, il taglio degli occhi lo modificheremo un po'. Sembreranno leggermente più grandi. Poi, un altro cambiamento saranno le labbra, renderemo più gonfio quello superiore, ai lati. Gli zigomi saranno meno pronunciati, così come le fossette ai lati. E poi il naso, diventerà leggermente più allungato. Badi bene, non si tratta di toccare le ossa, è una cosa molto semplice e il gonfiore perdurerà per due o tre giorni." Le parole del dottore colpirono profondamente la ragazza. La sua esperienza in campo medico non trapelava di certo dalle suo parlare, bensì dai gesti, sicuri e confortanti.
"Come rimpolperete le zone?" Chiese la diciottenne, così curiosa da sembrare una bambina.
"Tossina botulinica per sopracciglia, naso, labbra e zigomi e un po' anche per le fossette sulle guance che risulteranno più delicate. Per il mento invece impianteremo una piccolissima protesi in silicone. Una sorta di gommino." E ecco che il sapere del dottore fuoriusciva a  galla, ammaliandola.
"Non c'è un modo per prevedere il mio aspetto?"
"Certo che c'è, si metta davanti al pc." Il dottor Finnick puntellò le dita sulla tastiera, in un secondo scattò una foto alla sua paziente.
"Ecco qui, un facsimile di come probabilmente sarà." Disse poi, facendo un cenno con la testa per convincere Allin ad alzarsi ed andare a vedersi.
"Okay, posso sopportarlo. E c'è da dire che potrei sembrare una persona completamente diversa con trucco e un nuovo taglio o colore di capelli."
"È più sicura, adesso?"
"Decisamente sì, struccata sembrerei lo stesso me stessa, solo un po'... Cambiata." Allin, avvilita, si strinse nelle spalle. Avrebbe superato anche questa.
"È questo che volevo farle capire." Sorrise il chirurgo, dandole una pacca sulla spalle.

* * *

"Quando mi opererà?" Chiese Allin, uscendo dalla porta, arrivando al pianerottolo.
"Domani, all'ospedale St. Francis. Appena arriverà, chieda di me alla reception, le dica che deve eseguire un'operazione di chirurgia plastica lieve." Le ricordò Finnick, dandole una stretta di mano.
"Va bene, grazie."
"A domani signorina!"
"A domani." Mormorò la ragazza impacciata, infilandosi di nuovo  la felpa che si era portata dietro. Quando uscì in strada poté controllare l'ora. Si erano già fatte le sei di sera. Sapeva che non era opportuno, sapeva che non sarebbe stato sicuro, ma decise di tornare alla casetta. Per l'ultima volta, per l'ultima notte.

* * *

"Incominciamo da te, Zayn. Cosa ti piace fare nel tempo libero?" Questa fu la prima domanda che fece l'intervistatore, non prima di vari convenevoli.
"Beh, andare al cinema, al parco, cose da ragazzi, insomma." Rispose Zayn, facendo un occhiolino ai ragazzi. Smentire la faccenda di Niall si prospettava più facile di quanto avevano temuto.
"Da solo?"
"Beh, no!"
"Quindi tu hai una fidanzata?" Chiese quindi l'intervistatore con curiosità,  accavallando le gambe per poggiarvi sopra un foglio con delle domande già preparate.
"In realtà no, non ancora. Da quando è finito XFactor devo ammettere di aver provato interesse per qualche ragazza, ma, di fatto, sono single." La buttò lì Zayn, passandosi la lingua sul labbro inferiore, divertito.
"E voi altri, ragazzi?" Continuò il giornalista, avido di informazioni.
"Io sto conoscendo una ragazza. Non farò il suo nome, perché ancora non è una cosa importante, quindi non ha senso ufficializzarla. Non ancora, quantomeno." Affermò fiero Liam. Se solo la gente avesse saputo di Danielle, si sarebbe scatenato il putiferio e, per quanto sapeva che prima o poi questo sarebbe stato inevitabile, desiderava proteggerla dai media il più a lungo possibile.
"Harry? Louis?" Incalzò ancora l'intervistatore, assecondando la tacita richiesta del pubblico di sapere, sapere il più possibile.
"Io niente, ma, intanto che aspetto, ho Louis." Affermò, con un sorriso incredibilmente timido, il minore della band, mostrando un lato dolcissimo e insicuro di sé che spesso eclissato da molti.
"Eh, sì. Potremmo essere una gran coppia, non crede anche lei?!" Scherzò Louis, gettandosi su Harry che per poco non cadde del tutto addosso a Liam, facendogli intraprendere un dolce rapporto con il pavimento.
"Uh, sicuro alcune ragazze sarebbero felici a vedervi insieme!" Rise il giornalista, con le lacrime agli occhi. L'espressione scioccata di Liam, all'atterraggio di Harry su di sé fu incomparabile.
"E tu che mi dici, biondino?" L'attenzione fu spostata su Niall.
"Oggi è uscito un articolo su un giornale gossip che mi dà del -detto senza mezzi termini- puttaniere." Rispose lui, gesticolando, ancora scosso da quel titolo sulla copertina.
"Ci sei rimasto male, vero?"
"Sto solo aspettando che la mia principessa mi giri intorno. E no, non frequento prostitute, non vado a letto con groupie. Non faccio niente di tutto ciò." Gli occhi dell'irlandese luccicarono di dolore.
"Sembra che tu stia davvero attendendola con ansia, questa principessa." Costato il giornalista, con tenerezza.
"La sogno ogni notte." Confermò allora Niall.

* * *

Urlava. Allin urlava, urlava da più di mezz'ora, in agonia. Non dava cenno di smettere. Rientrare in quella casetta, in quelle macerie, era stata una pessima idea. In quel momento, tra lacrime prepotenti che minacciavano di bagnarle le guance, un vuoto lacerante all'altezza dello stomaco e un nodo stretto alla gola che le rendeva difficile anche solo il deglutire saliva, Niall era al centro di tutti i  pensieri della ragazza. E poco importava se si era ripromessa di non pensarlo. Infondo avrebbe fatto per una sola notte, l'ultima. Un tuono improvviso la fece sobbalzare, obbligandola a sedersi con la schiena poggiata ad una parete ancora intatta, coperta da parte del tetto, andato anch'esso distrutto. Il tempo di mettere al riparo valigia e zaino che incominciò a piovere. Un'impetuosa, scrosciante, battente tempesta era appena iniziata.


 

Spazio autrice
Finalmente ci sono, alleluja! Allora, come potete notare sto allungando parecchio i capitoli. Lo so, so che sono pesanti, ma non posso farne a meno. Come potete notare, ho inserito di più Niall, il che mi ha fatto tanto piacere. Mi raccomando, tenete d'occhio Finnick e suo nipote, perché torneranno, dopo che li farò scoparire, per un po'. Inoltre, non pensate che Gonzalo e Tacho si siano eclissati, anzi. Nel prossimo capitolo, ci sarà un paragrafo interamente dedicato a loro. Allin dovrà cambiare sembianze, ebbene sì. Ora, prima di lasciarvi un breve spoiler, vi chiedo questo consiglio. Pensavo di accennare, solo accennare, un rapporto Larry. Il dado non è ancora tratto, quindi posso benissimo lasciare le cose come stanno. Fatemi sapere soprattutto se vi infastidirebbe molto l'idea. Okay, detto questo... Vi anticipo questa cosa. Dovrebbe avere Niall paura che Allin non lo riconosca, non il contrario.
Beh, adesso vi ringrazio, ancora una volta vi chiedo gentilmente di recensire, e mi scuso se risulto petulante.

Giorgia.

 

   
 
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