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Autore: NightmareInsomnia    27/04/2014    10 recensioni
Rainbow Sky Storm, terzo piano, appartamento tredici.
L’ossessione del suicidio è caratteristica di colui che non può né vivere né morire, e che non distoglie mai l’attenzione da questa duplice impossibilità.
Emil Cioran. Il funesto demiurgo.
Niall James Horan, quarto piano, appartamento diciotto.
A che cosa faccia appello la musica in noi è difficile sapere; è certo però che tocca una zona così profonda che la follia stessa non riesce a penetrarvi.
Emil Cioran, L'inconveniente di essere nati, 1973
C'è chi sente le voci e chi le note.
C'è chi grida e chi canta.
C'è chi vede le ombre e chi l'armonia.
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=w0yCxUWXHrA
 
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Music.
 

 

 Niall James Horan, quarto piano, appartamento diciotto.

Niall odia la gente.
Le persone in fondo sono solo infide creature.
Parlano di amore, amicizia, gentilezza, importanza della vita, rispetto, ma poi sono sempre pronte a ferirti, a pugnalarti alle spalle, a ucciderti.
Non è importante se con le parole o con un’arma. Saranno sempre disposte a lacerarti la pelle, a strapparti il cuore dal petto, a stringerlo fra le mani ancora pulsante, come se appartenesse a loro, pronte a chiuderlo in una scatola egoisticamente facendo in modo che tu appartenga a loro oppure a sotterrarlo, mettendo così fine a ogni tua speranza di vita.
Si chiede come fa una ragazza a essere convinta che il proprio fidanzato la ami quando in realtà e solo un deficiente che ha solo bisogno di sfogare la tensione sessuale.
Si chiede come si faccia ad avere un migliore amico se poi proprio in quella persona, in cui si pone la massima fiducia, si scopre per la prima volta il dolore del tradimento.
Come si fa ad accettare un estraneo che entra nella propria vita senza chiedere il permesso?
Per Niall è impossibile.
E neanche lui capisce tutti i suoi ragionamenti.
Infondo è anche lui umano, quindi dovrebbe odiarsi.
Infondo chiunque è un estraneo.
Per questo non accetta nessuno.
Non accetta il padre ricco sfondato.
Non accetta la madre nullafacente.
Non accetta il fratello che ha messo su famiglia.
Non accetta la sua vecchia ragazza della quale quasi non ricorda il nome.
Non accetta i suoi vecchi amici che all’apparenza avevano reso la sua adolescenza fantastica.
Non accetta la piccola bambina che viveva al piano di sopra con la proprio mamma e che si divertiva a correre per le scale disturbandolo.
Non accetta il vecchio che silenzioso si fuma la sua sigaretta dal balcone a fianco al suo.
Non accetta se stesso per essere nato.
L’unica cosa che veramente accetta è la musica.
La sua amata, la sua fedele compagna di vita, la sua migliore amica.
Note su note e allora la testa parte alla ricerca di se stessi, delle proprie emozioni e dei propri sentimenti. Alla ricerca dell’ignoto. Un ignoto dolce, travolgente.
La musica per lui è tutto.
 
«Cara, è solo uno spreco di tempo e di soldi.» la voce veniva dal salone.
«Forse hai ragione ma dovrà pur far qualcosa, non credi?» strillò felice quella che riconobbe come la madre.
«Fai quello che vuoi, basta che non diventi un cosiddetto “artista” pieno di morale e altra roba totalmente inutile.» Rispose la voce roca di prima che allora identificò come quella paterna.
«Ma figurati, è solo un bambino.»
Niall scese lentamente le scale intagliate nel legno su cui era rimasto seduto per minuti interi origliando i discorsi dei genitori.
Amava il brivido freddo che dai piccoli piedi nudi di bambino saliva e gli attraversava la schiena quando camminava sul parquet pregiato. Si sentiva libero.
Timidamente si appoggiò alla ringhiera lasciando che uno sbadiglio uscisse dalla sua bocca, interrompendo così il silenzio e facendo finalmente voltare i genitori verso di lui.
«Niall!» esclamò la voce squillante della madre «perché non sei ancora a letto?»
«Volevo il bacio della buonanotte.» Rispose goffamente il bambino dalle guance chiazzate di rosso per l’imbarazzo che provava nel guardare in viso la madre.
«Hai cinque anni, Niall. Puoi benissimo andare a letto senza una di queste smancerie» rispose duro il padre.
Il piccolo dai capelli castani e gli occhi che sembravano due pozze d’acqua, si sentì andare a fuoco.
La vergogna per essere passato per un bambino mammone lo fece agitare.
La bella donna dai capelli tinti di rosso fulminò con uno sguardo il marito, facendogli capire che sarebbe stato molto meglio se lui non parlasse quando si trattava dei figli.
«Hai ragione amore, ti porto subito a letto. Solo prima vorrei farti vedere una cosa.»
Niall si alzò e afferrò la mano che la madre gli stava porgendo e si fece guidare su per le scale, fino a una delle tante stanze che fino a quel momento erano rimaste chiuse a chiave.
«Ecco… avrei voluto tenerlo come regalo di compleanno, ma davvero non ce la faccio ad aspettare.» sorrise sincera mentre abbassava la maniglia.
Quando la porta si spalancò, si ritrovò davanti un pianoforte a coda laccato nero.
Quello era l’inizio della sua vera vita.
 
Il biondo sta sorseggiando un succo di frutta.
Il viso è bianco, smunto. Le occhiaie scure ed enormi.
È stanco per aver suonato tutta la notte.
 
«Nonna, nonna!» esclamò il piccolo Niall correndo giù per le scale «che ci fai qui»?
La signora dai capelli tinti di biondo che teneva legati, prese il bambino in braccio, baciandolo.
Amava suo nipote.
«Tua madre mi ha detto che adesso hai un pianoforte e non ho certo perso occasione per suonare e per rompere un po’ le palle a quella lagna di tuo padre» sorrise.
Niall soffocò una risata. La nonna era certamente la persona più simpatica che conoscesse.
La sua migliore amica.
Salirono insieme fino a quella che da lì a poco sarebbe diventata la stanza preferita del bambino e dove la cara e anziana signora impartì le prime lezioni a suo nipote.
 
La figura della nonna nel suo stretto abitino giallo canarino si fece vivida nella mente di Niall mentre si lasciava cadere esausto sul letto.
Forse lei era stata l’unica persona che non disdegnava.
Sempre buona con lui.
Quando se n’era andata Niall non riusciva a crederci.
Non poteva credere che la sua unica amica l’avesse lasciato solo.
Dopo quel pianoforte lei era diventata speciale.
Passavano quasi tutti i pomeriggi chiusi in quella stanza e fu lei a farlo innamorare.
Innamorare della musica.
 
«Caspiterina Nialler, sei bravissimo» lo elogiò in un pomeriggio di autunno dei suoi sei anni.
Niall arrossì lievemente per il complimento ma poi rispose lasciandola meravigliata con un «No nonna. Non sono io a essere bravo. È la musica a essere stata brava a catturarmi. Tu sei brava»
La donna sospirò sorridendo tristemente.
«No, sono stata anch’io catturata. Da un ragazzo.»
Gli occhi verdi, da chiari prati, si trasformarono in scure gemme e il castano non poté far a meno di osservarla curiosa.
«Che ragazzo?»
«Ah, un uomo di altri tempi. Lui si che sapeva farci con questo» disse mentre indicava con un cenno della testa il piano talmente lucido che rifletteva perfettamente le loro figure.
«È stato lui a…»
«Sì. Mi ha insegnato lui a suonare.» Lo interruppe distogliendo lo sguardo dalla finestra che fino a pochi minuti prima doveva esserle sembrata interessante.
A Niall non piaceva il tono triste e malinconico della nonna.
«Era bello?» chiese innocentemente Niall.
La donna ridacchiò facendo scoppiare il cuore di gioia al nipote.
Gli si avvicinò e gli scompigliò i capelli mentre lui contorceva il viso in una smorfia infastidita.
«Certo, era bellissimo.»
«Come il nonno?» chiese innocentemente.
«No, molto di più.» Si sistemò la gonna del vestito «In tutti i sensi.»
«I capelli com’erano?»
«Biondi. Aveva anche qualche riflesso più scuro»
«E gli occhi?»
Niall voleva sapere tutto su quell’uomo che sembrava aver affascinato la nonna e soprattutto grazie a cui era riuscito ad affacciarsi alla musica.
«Azzurri. Esattamente come i tuoi. Anzi, anche se sei piccolo, gli assomigli tantissimo non solo per gli occhi. Sembrate due gocce d’acqua.»
 
Suonare, suonare, suonare.
Era questo che Niall Horan sapeva fare e lo faceva al meglio.
Niente soldi, niente fama.
Solo un modo per liberare la sua anima da quel corpo mortale.
Perché Niall è avvolto da una coperta blu come la notte, ma nel suo cuore la notte la vive.
 
«Lo amavi? Come io amo Betty?» chiese sempre con la sua voce da bambino ingenuo, quale non era, una mattina gelata di Dicembre dei suoi sette anni.
La donna sospirò passando una mano fra i capelli per poi portarla nella tasca del suo maglione di lana nero e morbido.
«Sì, lo amavo. Ma non come ami Betty.»
«E come allora?»
«Come un fiore ama l’ape che si nutre del suo polline. Come una candela ama la fiamma che scioglie la sua cera. Come una pietra ama l’acqua che scolpisce la sua superfice trasformandola e levigandola a suo piacimento.»
«Quindi stai dicendo che lui si nutriva della tua linfa vitale?»
La donna non credeva a quanto suo nipote potesse essere intelligente.
«Da dire così è brutto. Lui mi aveva semplicemente rubato l’anima.»
 
E anche ora, il ragazzo dagli occhi di ghiaccio, era geloso di quell’uomo che la nonna aveva tanto amato.
L’uomo che aveva rubato l’anima all’unica umana degna di vivere.
 
«Tu dici sempre che lui ti ha rubato e poi spezzato il cuore. Perché lo ami ancora? È cattivo.»
«L’uomo è cattivo. Se non è un uomo a farti del male volontariamente c’è sempre dietro un altro uomo.»
 
E quel Niall di soli sette anni quella frase non l’aveva capita e non aveva nemmeno capito come potesse rispondere alla sua domanda.
Ci aveva messo del tempo a realizzare.
 
«Auguri Niall!» aveva esultato urlando la madre alla sua entrata in cucina per la colazione del giorno del suo ottavo compleanno.
Il padre sbuffò infastidito dalla voce squillante della moglie sempre sorridente e riportò gli occhi sul suo giornale.
«Questo è per te» disse eccitata consegnandogli un enorme pacco triangolare, incartato da una vivace carta rosso fuoco.
Il bambino si sedette a terra e dentro, protetta da uno spesso cartone, trovò la sua prima chitarra.
 
Un altro strumento per lui di vitale importanza.
Una era proprio lì al suo fianco, appoggiata al muro della sua camera da letto.
 
Quando, nell’estate dei suoi dodici anni, dovette dare l’estremo saluto alla sua insegnante di musica e di vita, tutto cambiò.
Ricorda che fu l’ultima volta in cui versò delle lacrime.
 
«Oddio Niall, che hai fatto ai capelli?»
 
Questa era stata la domanda con cui ogni persona che lo conoscesse lo assillò il giorno del suo tredicesimo compleanno.
Pochi mesi dopo la morte della nonna, in un tredici settembre ormai lontano, si era ritrovato da un parrucchiere.
Nessun taglio particolare. Non aveva rasato a zero i capelli, non li aveva alzati in una corta cresta.
Li aveva colorati.
Quando uscì dal negozio, Niall Horan, aveva i capelli biondi.
E in tutto questo c’entrava lui, l’uomo di cui la nonna non aveva mai fatto il nome, l’uomo che aveva capito essere il suo vero nonno, l’uomo di cui era geloso.
Era geloso perché sua nonna l’aveva amato.
Lei, l’unica anima buona, aveva amato suo nonno e non lui.
Assomigliargli era tutto quello che voleva.
 
«Dai Horan, datti una mossa» un urlo.
Questa volta nessuna voce squillante e nessun caschetto rosso fuoco. Solo un ragazzino alto come lui, un ciuffo ribelle nero e una bici verde.
«Arrivo Dan!» lo raggiunse pedalando sulla sua bicicletta rossa.
L’estate dei suoi quattordici anni è stata la prima vera esperienza di vita con altri umani.
Non aveva mai avuto amici. Solo qualche compagno di banco a scuola con cui scambiava gli appunti di matematica.
Per qualche strana ragione invece divenne popolare.
Si ritrovò invitato a tutte le feste di compleanno, Betty gli aveva dato il suo numero di telefono, faceva parte della squadra di Rugby della scuola, le ragazze della sua età avrebbero fatto di tutto per uscire con lui e tutto questo lo rendeva immensamente felice.
 
Ribrezzo.
Niall Horan, venticinquenne diplomato da tempo, non può fare a meno di provare ribrezzo per il se stesso del passato.
Si chiede come fosse riuscito a cascare nella trappola che la gente che gli stava intorno gli aveva teso.
Magari i suoi ricordi si fermassero a un pomeriggio.
 
«Niall» aveva sussurrato Betty al suo orecchio in una notte d’inverno.
Solo loro seduti sull’erba fresca, reduci da una serata di festa.
Il biondo aveva borbottato qualcosa di non molto chiaro che la stessa rossa non aveva capito.
Troppo ubriaco e troppo fatto. Questo era lui ogni sabato sera a soli quindici anni.
«Niall, tu mi piaci.» Aveva ancora soffiato piano lei al suo orecchio.
Il ragazzo aveva voltato la testa di scatto, procurandosi una grande fitta alla testa che però non sembrò averlo distratto da quelle parole.
 
Il biondo forse ricorda ancora qualcosa di quella ragazza ma non vuole che i suoi pensieri si concentrino su di lei. L’unica cosa che non è mai riuscito a fare uscire fuori dalla sua testa sono i suoi capelli color rame luminosi. Bellissimi.
Si mette seduto, prende la chitarra e la appoggia sulle ginocchia, iniziando a suonare qualcosa. Una canzone di quelle che si strimpellano intorno a un fuoco sulla spiaggia alla fine dell’estate.
 
Lo scoppiettio di un falò. Il rumore delle onde che si tagliano sulla sponda. Il calore del fuoco. Le canzoni stonate. Le bottiglie di birra e le sigarette. Una chioma rossa.
Una delle più belle estati della sua vita. No, la più bella.
Lo schioccare dei baci, i gemiti, il gelo della notte e il calore dei loro corpi uniti.
Quella notte d’estate lui aveva amato Betty.
 
Cantare, cantare, cantare.
È quello che vuole fare in questo momento. Cantare come se non ci fosse un domani, ma purtroppo un domani c’è.
Smette di colpo di suonare la sua chitarra e nello stesso istante serra la bocca. Nessuna parola sfugge al suo controllo.
Si alza di scatto in preda alla follia caratteristica dell’odio e si dirige in bagno.
Vuole farsi una doccia non per riflettere o rilassarsi.
Vuole solo sentire il ghiaccio avvolgergli interamente il corpo.
 
«Vaffanculo Betty, vaffanculo! Sei solo una puttanella!» urlò digrignando i denti e lasciando la casa della sua ragazza che però l’aveva seguito per strada.
«Non permetterti Niall!» strillò quella. Il biondo storse il naso cogliendo la somiglianza con la voce di sua madre.
«Non dovrei permettermi? Quindi mi stai dicendo che non stavi facendo niente con Dan? Che mi sono immaginato io tutto? Che tu non sei mezza nuda?»
Si voltò verso di lei. Il viso rosso di rabbia e la penetrò col suo sguardo che paralizzò la rossa sul posto. Gli era sempre piaciuto l’effetto che i suoi occhi potevano avere sugli altri.
«Puttanella.» Sussurrò poi continuando il suo cammino e lasciando la ragazza indietro.
«Finiscila! Ti credi migliore di me? Non ti chiedi il perché di tutto questo?»
«Io cosa c’entro?»
«Chiedilo al tuo pianoforte o alla tua chitarra!» altro strillo, altro dolore per le orecchie del biondo.
«Che cazzo c’entra adesso la mia musica?» aveva ribattuto lui infastidito e anche un po’ curioso.
Betty aveva alzato lo sguardo prima indirizzato all’asfalto, guardandolo negli occhi prima che lui potesse fulminarla con quelle iridi di ghiaccio.
«Tu non sei mai stato innamorato di me. Sei innamorato della musica. È vero, mi hai giurato di amarmi, ma perché quando sei triste, invece di venire da me, suoni? E perché, quando sono io a essere ferita, non te ne importa niente?» la voce rotta.
Fu lui a rimanere congelato sul posto.
Si chiese come fosse possibile che Betty fosse gelosa della musica. La musica non era una persona.
«Non capisco cosa tu intenda…»
«E i tuoi amici? Non capisci che ti stanno vicini solo perché sei ricco sfondato?»
Sentì qualcosa sbriciolarsi nel petto.
Aveva capito le parole della nonna.
 
 
Purtroppo è la natura umana quella di far soffrire.
Esce dalla doccia con il corpo violaceo.
Ama il gelo.
Si asciuga molto velocemente prima di vestirsi con degli abiti stracciati e lasciando i capelli ancora mezzi bagnati appiattiti sulla nuca.
Sente un grido felice e spensierato e allora sa che è ancora quella bambina che si sta divertendo per le scale.
Un urlo straziato esce dalla sua bocca mentre si chiude le orecchie con le mani.
La odia. Odia lei e la madre che invece di rinchiuderla in casa e castigarla le permette di giocare.
Giura nella sua testa che questa volta è l’ultima.
Si avvia ad ampie falcate verso la porta e la spalanca con rabbia voltandosi verso sinistra.
La bambina, avvolta in un vestito giallo opaco, rimane terrorizzata per lo sguardo di quel ragazzo e corre in casa, rischiando un paio di volte di inciampare nelle scale e cadere.
Una volta sentito il battere della porta di casa sua si sente meglio. Affatto preoccupato di averla fatta spaventare.
Si gira per osservare la periferia di Dublino ma sulle scale si ritrova invece una donna piegata su se stessa, il viso coperto dai capelli scuri che le ricadono davanti a causa della posizione, il corpo avvolto da dei pantaloni sporchi di pittura rossa e una felpa di una vecchia band, bucata. La cosa che gli salta all’occhio sono però le sue mani magre, rovinate e bianche come la neve, che ricordano tanto l’inverno, così in contrasto con la primavera inoltrata che li circonda.
La vede mollare le borse di plastica verde vomito della spesa sulla lastra di metallo su cui è ferma per poi alzare lo sguardo.
La guarda attentamente negli occhi marroni, fulminandoli con i suoi chiari.
Non sembra scossa. Riesce a mantenere perfettamente lo sguardo.
E allora sa di averlo indovinato. Dentro di lei c’è davvero l’inverno.

 

 


Welcome...
Credo sia passato qualcosa come un mese... Cavolo, è un sacco di tempo.
Problemi personali, spero vogliate scusarmi.
Allora, questa volta invece due parole le spendo.
Questo capitolo... sinceramente mi piace meno del primo... Sia per stile (sembra che io riesca a scrivere bene solo quando sono depressa), sia per contenuto.
A parer mio è più superficiale. Sì, nella parte iniziale spiega la natura di Niall ma... non sempre riesce a esprimere a pieno ciò che gli passa per la testa.
Questo l'ho dovuto anche fare, (non voglio assolutamente giustificarmi) perchè voglio giocare su entrambi i protagonisti più avanti.
Credo abbiate capito che Rain è malata, mentre Niall è... deluso. Da tutti, anche da se stesso.
Forse qualcuno crederà che io abbia alimentato troppo il dolore che Niall prova alla scoperta del tradimento ma ci saranno molti altri flashback che illustrano per filo e per segno il suo passato, molto meno superficiali. Ce ne saranno anche per Rain ma come possiamo notare la sua testa e i suoi ricordi sono molto confusi, quindi col tempo...
Beh, grazie per aver letto. Ne sono felicissima.
Ah, qualcuno ha trovato lo scorso capitolo inquietante... beh, diciamo che è voluto e vedremo anche questo perchè in seguito.
Io vi lascio. Per contattarmi:

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Non fatevi problemi.
Alla prossima (che sarà molto prima di un mese).
Grazie per aver letto e star seguendo la storia.
 
   
 
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