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Autore: Calenzano    27/04/2014    1 recensioni
Keana, intellettuale del distretto 5, introversa e inquieta. Con tanta passione per i grandi ideali quanta sfiducia in sé stessa. E con il tacito desiderio di una sorella minore. Non certo il tributo ideale per i Giochi. Ma quando Capitol City va a colpire nel profondo, non può più permettersi di restare a guardare.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La mia sorella sì ratto camina,
che venne a Montalbano anco quel giorno.
Noi suoi fratelli e la madre meschina
tutti le siamo festeggiando intorno;
che di lei non sentendo, avuto forte
dubbio e tema avevàn de la sua morte.

(L. Ariosto “Orlando furioso”)

 

 

Mentre cammino cerco di ricordare la viuzza che Codrina ha infilato nella sua fuga dalla piazza e di ricostruire il percorso che può avere fatto da là. Purtroppo la planimetria vicino al centro dell'arena è piuttosto intricata, le strade si somigliano tutte nel loro grigiore squallido, e poi non voglio avvicinarmici troppo. Già è difficile procedere così, con i nervi tesi che mi fanno sussultare a ogni rumore insolito. Almeno due volte mi immobilizzo, pronta a scattare. Ogni tanto mi soffermo e ripeto sui muri, in angoli non troppo visibili, la scritta che ho tracciato al silo, così da creare una scia che la mia amica possa seguire. Il sole sta tramontando, ma il caldo non accenna a stemperarsi. Voglio cercare di trovarla prima che scenda la notte, non sopporto l'idea di lasciarla sola ad affrontare il buio. Improvvisamente il cannone tuona di nuovo, gelandomi. Non può, non deve essere per lei. Affretto il passo, sentendomi sommergere da un'ondata di senso di colpa. Elder aveva detto di non separarci, io invece no, ho voluto fare di testa mia. Immagino la nostra mentore a guardarci in questo momento, insieme a tutti gli altri, la fronte aggrottata di fronte alla mia testardaggine.

Le note dell'inno nazionale risuonano nell'arena. Faccio una sosta, e guardo apparire contro il cielo ormai scuro i volti dei tributi morti. Scorrono i junior del 3, del 10 e del 12, entrambi i tributi del 6 e del 9, il senior del 7, il ragazzino grasso dell'8, tutti uccisi nel bagno di sangue. E poi il senior dell'8, immagino sia quello che ho visto massacrare oggi pomeriggio. Appare un altro volto e io trattengo il respiro, stringendo i pugni. Ma è una ragazza bruna, è la senior del 10. Espiro rumorosamente, con sollievo, salvo poi avvertire una punta di disagio per quella disgraziata. Il cielo torna nero, e io mi rimetto in cammino. Il primo giorno, sempre il più sanguinoso, volge al termine; siamo rimasti in tredici, e i tributi dei distretti bassi sono stati decimati, come al solito. Chissà se anche loro si erano concessi di sognare, anche solo per un momento, di poter tornare a casa...

Sto attraversando una via particolarmente dissestata, quando mi blocco. Stavolta un rumore l'ho sentito davvero, non mi sbaglio. Rapidamente, troppo rumorosa, mi rifugio in un portone mezzo aperto. Aspetto, nel buio, un tempo infinito, ma non sento più nulla. Dovrei uscire di nuovo, ma il coraggio mi viene meno. Sento le gambe come piombo, oltre che per la paura, per la stanchezza e la tensione della giornata. Penso che Codrina non è certo così stupida da andare in giro col buio; avrà cercato rifugio da qualche parte, almeno lo spero. Mi appoggio alla parete e mi lascio scivolare. Per terra ci sono vetri rotti e detriti, ma mi ci siedo ugualmente. Solo per poco, il tempo di riprendermi, mi dico poggiando lo zaino.

 


Mi riscuoto che manca poco all'alba. Sono scivolata senza accorgermene in un sonno inquieto, popolato di ombre minacciose e rumori immaginari. Mi alzo indolenzita, ma almeno ho recuperato un po' di energie. Mi affaccio sulla strada. Nella luce scarsa mi sembra che sia sgombra. Cerco di fare mente locale, mentre il cielo va schiarendosi ad est. Durante la notte è leggermente rinfrescato, ma avverto lo stesso una sensazione di arsura; e insieme a questa anche l'appetito, che comincia a farsi sentire forte e sgradevole. Sono diverse ore di fila che non mangio nulla. Penso al succo di frutta, ma cerco di resistere, anche Codrina sarà affamata.
La via si apre all'improvviso su quello che pare un cantiere di un palazzo in costruzione, che si confonde nello sfacelo generale. Mi sembra un buon punto d'osservazione, e decido di entrarci. Mi addentro tra muri di mattoni e cumuli di sabbia per terra. Ormai l'oscurità si è in buona parte dissolta, e mi accorgo che la rena è stata calpestata in più punti. Qualcuno è già passato di qui, chissà quando. I sensi all'erta, salgo le scale, prive di ringhiera, che portano al piano superiore. Un telo di plastica pende polveroso sulla porta di una stanza interna buia, il resto è tutto aperto sull'esterno, e si vedono le impalcature che coprono la facciata. Guardo fuori, cercando di farmi un'idea dei dintorni, quando qualcosa mi fa voltare di scatto. Un leggero scalpiccìo. Il piano a cui mi trovo è deserto, non può essere venuto che dalla stanza accanto. Il silenzio è già tornato a regnare sovrano, ma il cuore mi martella mentre guardo il telo. Me lo sono immaginato, o si è mosso leggermente? Per diversi secondi non oso spostarmi. Mi sforzo di essere razionale. Non possono essere i Favoriti, o sarei già morta. Sarà qualcuno dei superstiti? O una trappola dell'arena? Ricordo quello che ha detto Elder, possono essercene ovunque. Poi, dopo infiniti minuti di immobilità, mi decido a muovermi, non posso restare qui impalata per sempre. Mi tiro di lato, avvicinandomi il più silenziosamente possibile. Con lentezza estrema, cerco di sbirciare tra l'incerata e lo stipite, pronta a tirarmi via al primo accenno di movimento, ma la penombra all'interno mi rende difficile vedere qualcosa. Aspetto che gli occhi si abituino. C'è davvero qualcuno? Poi una sagoma esile, inconfondibile, immobile in un angolo.

“Codri!!!” Esclamo, tirando il telo e facendo penetrare un po' di chiarore. La vedo sussultare, poi mi riconosce, e il viso le si illumina come il sole che sta spuntando in questo momento. Le tendo le braccia, lei copre in un attimo la distanza che ci separa e mi balza addosso, facendomi barcollare per lo slancio. Mi viene da ridere per il sollievo. “Stai bene?” Le chiedo, e la sento far cenno di sì. Escludo il pensiero delle telecamere che ci stanno riprendendo e mi godo quella bellissima, meravigliosa spontaneità.

 

 

“Ho visto la torre dell'acqua, e ho provato a raggiungerla, ma a un certo punto la strada era completamente bloccata da una casa crollata.” Siamo sedute sulle scale, e Codrina mi sta raccontando cosa le è successo dopo la fuga dalla Cornucopia. “Allora ho dovuto cercarne un'altra, e ci ho messo parecchio ad arrivare. Tu non c'eri, ti ho aspettato un po', poi ho preferito andarmene. Avevo paura ti fosse successo qualcosa...” Ammette, e mi sento commossa.

“Dobbiamo esserci mancate di poco.” Dico.

Lei fa segno di sì e riprende: “Ho girato un po', poi ho visto le scritte sui muri.” Sgrana gli occhi mimando la sorpresa. “Non sapevo che gli Strateghi conoscessero il nome del mio cane...” Sorride, e io di rimando. “Le ho seguite, poi però quando sono arrivata qui vicino ho visto quella con i capelli verdi, del 3.”

“Absinth, quella schizzata?”

Lei annuisce, e i suoi occhi si incupiscono al ricordo. “Ha ucciso quella grande del 10. L'ha colpita da lontano con... della specie di stelle di metallo.” Shaken, penso. La tipa è decisamente pericolosa.

“Ho avuto paura che mi vedesse, e ho cambiato di nuovo strada.” Mi sforzo di visualizzare la disposizione della rete viaria, e mi rendo conto che dobbiamo aver tracciato praticamente due parallele. “ Allora ho pensato di nascondermi qui. Ho trovato un posto perfetto, vieni a vedere.” Conclude alzandosi.

La seguo fino a un ballatoio interno, privo di scale. “Come....?” Chiedo, ma lei mi indica una scala a pioli arrugginita, in un angolo.

“Basta salire con quella, e poi tirarla su, e nessuno ti può raggiungere.” La guardo ammirata, ma lei non ha finito. “E poi ho trovato questa, in una specie di scorta nascosta qui vicino.” E con un sorriso furbo estrae una confezione di pane dolce in scatola.

“Hai capito! Insomma, io là fuori a farmi il mazzo, e questa qua comoda al riparo a mangiare!” Esclamo, fingendo indignazione. Lei ridacchia, e quando ci sediamo a mangiare mi sento davvero bene, per la prima volta da quando tutto questo è cominciato.

 

E' il mio turno di ragguagliarla sull'accaduto. Il pane è delizioso, e lo stomaco ringrazia. Mentre mangiamo le descrivo ciò che ho visto dall'antenna, e con la bomboletta schizzo anche una mappa stilizzata dell'arena sul pavimento. Poi le parlo della strategia a cui ho pensato. Lei ascolta attenta. “Allora, la prima cosa da fare è andare al deposito di cibo che hai trovato, e fare scorta. Quindi cominciamo a preparare un po' di sorprese per i Favoriti. Ho già in mente qualcosa, ma ci serve del materiale, vedremo dove trovarlo. Vediamo quando si muovono loro, e noi ci regoleremo di conseguenza.”

“Ma non sarebbe meglio nasconderci,” obietta lei un po' esitante “e lasciare che i Favoriti inseguano gli altri? Potremmo restare qui al sicuro; da mangiare ce n'è tanto, là dove ti ho detto...”

Ci avevo pensato anch'io, ma non può funzionare a lungo. Le spiego il motivo. “Non possiamo nasconderci all'infinito, Codri. Prima o poi i viveri terminerebbero, magari proprio quando tutti gli altri sarebbero morti e noi saremmo l'unico obiettivo dell'allegra brigata.” Le strappo un mezzo sorriso. “Lo scontro, a un certo punto, sarà inevitabile. Se invece giochiamo d'anticipo, prendendo un'iniziativa che loro di certo non si aspettano, abbiamo più probabilità di successo. Ci stai?”
Le porgo il pugno chiuso, e lei lo scontra leggermente con il suo, come facevamo in vista di una sua interrogazione. Prima di uscire la guardo. “Scusa se ti ho lasciata sola. Non succederà più.” Lei fa un cenno come a dire che non importa, ma invece importa eccome.


Il sole si è appena alzato, ma fa già caldo come ieri, se non di più. I nostri passi sono l'unico suono mentre Codrina mi guida verso l'abitazione dove ha trovato le scorte. L'edificio è diroccato come gli altri, ma l'interno è accuratamente arredato, ancorché danneggiato, creando un effetto surreale. Superiamo un salotto con un tappeto carbonizzato e due poltrone nere per le bruciature, con l'imbottitura ingrigita che fuoriesce a ciuffi, ed entriamo in una grande cucina. Una porzione di muro è crollata spandendo polvere ovunque, dal tavolo collassato ai fornelli inutilizzabili. In un angolo spunta un congelatore, semisommerso dai calcinacci. Codrina li spazza via e apre lo sportello. Non c'è freddo all'interno, ma ci sono diverse scatole di pane come quello che abbiamo mangiato, carne in scatola, barrette, e altri alimenti a lunga conservazione. Sollevo le sopracciglia, piacevolmente sorpresa. “Forse ho visto qualcosa anche di là, vado a controllare.” Dice Codrina, ed esce dalla stanza.

Comincio ad estrarre i viveri, soddisfatta. Con tutta questa roba siamo al sicuro per un pezzo, penso. Forse quest'anno, incredibilmente, la fortuna è davvero a favore del nostro distretto. Se non altro per l'ambientazione, non so davvero cosa avrei fatto se avessimo dovuto cacciare per procurarci il cibo. Sento camminare in corridoio, sta tornando. Poggio a terra il bottino per avere le mani libere e le vado incontro. “Codri,” domando affacciandomi “sai mica...?”

E mi ritrovo faccia a faccia con due occhi spiritati, sotto un ciuffo di meches verdi.





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E.N.P.
Chiedo scusa per il ritmo un po' lento, ma volevo rendere l'atmosfera dell'arena a regola d'arte. Ora che le due sono di nuovo insieme e pronte a far danni, nel prossimo capitolo un po' più di movimento, promesso.

  
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