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Autore: lucabovo78    28/04/2014    1 recensioni
« La magia è dentro di noi, fa parte della nostra natura. Dobbiamo solo trovare il modo giusto per usarla. »
Se la magia fosse una cosa naturale come respirare, tutti sarebbero in grado di usarla. Invece, questo "privilegio" è affidato a pochi individui, dotati di grande potere e chiamati Stregoni.
Questa è la storia di un giovane stregone e del prezzo che dovrà pagare per questo potere.
« Non è bene sottovalutare le trame del destino, potrebbe rivoltarsi contro di noi. »
Copyright © 2013 Luca Bovo, tutti i diritti riservati
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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22. Tentazioni

 

«Ho fame, portami a fare colazione!»

Sephyr gli tirò un calcio da sotto le lenzuola per svegliarlo, non si era accorta, però, che era a filo del bordo del materasso e quindi lo fece cadere a terra pesantemente.

   «Ops...»

«Ma che diavolo...?!»

    Lind scattò in piedi di colpo, guardandosi intorno, con gli occhi ancora semichiusi, per capire cos'era successo. Poi vide la ragazza che lo guardava con aria colpevole.

   «Scusa…»

Si accasciò sul letto a faccia in giù, con le braccia lungo il corpo e le ginocchia sul pavimento.

   «wnw vwltw w l’wltrw mw fwrww mwlw swl swrww…»

«Cosa…?»

   Il ragazzo alzò la testa, appoggiando il mento al materasso, e la guardò con espressione finto-severa.

   «Una volta o l’altra mi farai male sul serio…»

Sephyr si accovacciò sulle ginocchia, avvicinando il viso al suo, con espressione da gattina maliziosa.

   «Bhè, nel caso, so come farmi perdonare. Giusto?»

Dopodiché, lo baciò dolcemente sulle labbra.

   «Effettivamente, non mi posso lamentare…»

«Bene! Allora, adesso pretendo un caffè e qualcosa da mangiare!»

   «Ai suoi ordini!»

Sephyr si alzò di scatto, coprendosi con il lenzuolo. Lui, guardandola, cullò per qualche istante l’idea di strapparglielo di dosso e continuare il discorso della sera prima.

   «E’ inutile che mi guardi così, adesso ho fame, per cui muoviti! Ti ricordo che mi hai fatto saltare la cena».

Lui assunse un’espressione esageratamente delusa.

   «Ho capito, ho capito…comunque non mi pare che la decisione sia stata solo mia…»

   Dei colpi alla porta lo fecero sobbalzare. Si alzò in piedi e impugnò la spada. Dirigendosi alla porta fece segno alla ragazza di nascondersi. Lei lo guardò un po’ stupita, dubitava che chi li stesse seguendo si presentasse semplicemente bussando alla loro camera, ma forse era meglio non rischiare, per cui si nascose dietro al letto. Lind si avvicinò alla porta non appena la vide "al sicuro".  Aprì di scatto senza chiedere chi fosse, pronto a rispondere a un eventuale attacco. Il padrone della locanda lo guardò spaventato. Aveva in mano un vassoio con del pane dolce, un vasetto di miele e delle tazze di latte, oltre a un piccolo vaso con dei fiori freschi. Il ragazzo nascose la spada dietro la schiena, cercando di fare finta di niente.

   «Bu...Buongiorno. Vi ho portato la colazione, ma se preferite posso ripassare...»

   «Assolutamente no!» disse Sephyr uscendo dal suo nascondiglio e precipitandosi a prendere il vassoio dalle mani dell'uomo, ringraziandolo. Naturalmente con ancora solo il lenzuolo addosso. Il locandiere rimase per un secondo sorpreso, poi si rivolse al ragazzo in modo complice.

   «Spero sia di vostro gradimento, come immagino sia stata la camera...»

   «Cosa? Ah, si grazie...Sephyr! Puoi vestirti per favore?»

«Guarda che non sono io quella senza niente addosso in questo momento».

   In effetti, si rese conto di essere nudo. Afferrò al volo la sua camicia che era appoggiata alla sedia e si coprì come poté. Il locandiere fece finta di niente, ma gli scappò un sorriso, dopodiché si congedò. Prima di salutarlo, Lind decise di chiedergli se avesse visto qualcosa di strano o se qualcuno avesse fatto domande su di loro nelle ultime ore.

    «No, non mi risulta. Perché? C'è qualche problema?»

«No no, non si preoccupi grazie mille».

   Sephyr si era già gettata sulla colazione, senza complimenti, seduta al tavolino. Lind si sedette di fronte a lei e la fissò divertito. Si domandava se quello fosse il suo normale appetito, le volte che avevano cenato insieme a casa sua le era sembrata meno “famelica” e, se effettivamente fosse la normalità, come facesse ad avere un fisico tanto perfetto. Probabilmente, era un'altra delle caratteristiche ereditate dalla madre elfo.

   «Cosa c'è?»

«Niente...»

   Incominciò a mangiare, adesso sentiva anche lui l’effetto di aver saltato la cena. Erano crollati entrambi a notte fonda, dopo aver esaurito le energie, ancora avvinghiati l’uno all’altra. Si sentiva estremamente rilassato, ma decisamente debole. Era felice, ma preoccupato allo stesso tempo. Come avrebbe dovuto comportarsi ora? Non era abituato a gestire queste situazioni. Oltretutto erano in una posizione di probabile pericolo. Gli era balenato, per un momento, l’idea di mandare tutto al diavolo e tornare insieme a Pineswood o al suo villaggio, da Shayra. 

  Giusto. Shayra. 

Come sarebbe potuto tornare da lei senza aver ritrovato il Maestro? No. Doveva andare fino in fondo, poi avrebbero trovato un luogo dove stare insieme in pace. Nel frattempo, avrebbe fatto in modo che non le succedesse niente, a costo della vita. A proposito…probabilmente l’avrebbe rischiata, quasi sicuramente in realtà, una volta che Corgh avesse saputo quello che era successo quella notte. A quel pensiero rimase bloccato per un secondo, con espressione preoccupata. Sephyr se ne accorse, aveva finito di mangiare e lo stava osservando, con il mento appoggiato alle mani incrociate e i gomiti sul tavolo.

   «Cos’è quella faccia? Stai già pensando al modo di filartela? Guarda che, dopo stanotte, non ti sarà molto facile liberarti di me».

   «Cosa? In questo momento, se vuoi che sia sincero, non uscirei neanche dalla porta di questa camera, senza di te. Ho solo focalizzato mentalmente la reazione che avrà tuo padre».

   «Ah. Allora fai bene a preoccuparti. Ma non avevi detto che ne sarebbe valsa la pena?»

   «Certo, e lo confermo. Ciò non toglie che la cosa mi preoccupi…»

Scoppiarono entrambi a ridere. Sephyr, poi, si alzò dalla sedia.

   «Va bene, ora diamoci una mossa, abbiamo ancora molta strada da fare ed io ho bisogno di un arco nuovo,  il mio è andato perso. Ho visto un’armeria in paese, ci fermiamo prima di partire».

Fece un passo verso i suoi abiti, ma il lenzuolo rimase impigliato alla gamba della sedia e cadde a terra. Lind ammirò nuovamente le sue forme nude, che alla luce del sole erano ancora più perfette e attraenti.

   «Ehm…siamo sicuri di avere così fretta?» disse con più di una punta di speranza nella voce.

«Mmmh…forse no…» rispose lei, stendendosi nuovamente sulle lenzuola.  

   

   Alden aprì gli occhi a giorno inoltrato. Era seduto a terra, legato a un albero, con le mani dietro la schiena. La testa gli faceva ancora male, in più aveva anche dolore al collo. Si guardò intorno, era in una zona boscosa vicino al paese, attraverso gli alberi vedeva le case in lontananza. Cercò di liberarsi, ma era legato troppo stretto. Aveva fame e sete, non mangiava ne beveva dal giorno prima. Cercò di capire cosa fosse successo, ma a parte l’immagine di Lind alla finestra della locanda, non ricordava nulla. Aveva il corpo intorpidito per la posizione scomoda e per l’umido della notte passata all’addiaccio. Chi lo aveva legato lì, aveva scelto bene. Probabilmente sarebbero passate ancora delle ore prima che qualcuno fosse a portata di voce, per chiedere aiuto. Incominciò a provare un po’ di panico, quando sentì un fruscio alle sue spalle. Qualcuno si avvicinava.

   «C’è qualcuno? Per favore, aiutatemi!»

La persona si fermò alle sue spalle, dietro l’albero.

   «E’ inutile che li segui, la donna è destinata a lui e, anche volendo, non saresti mai in grado di portargliela via con la forza, sei troppo debole.»

   Aveva una voce profonda e suadente, era chiaramente un uomo, ma il tono aveva qualcosa di strano, c’era una specie di sibilo di fondo.

   «Cosa diavolo stai dicendo? Chi sei? Sei stato tu a legarmi qui? Liberami subito!»

   «Non sono stato io, ma qualcuno che li sta proteggendo e non vuole interferenze. Se vuoi, posso donarti la forza che ti serve, ma dovrai fare un sacrificio molto grande per ottenerla. Pensaci. »

   «Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno per prendere a calci in culo quello stupido stregone da due soldi, hai capito? Ora smettila di dire stronzate e liberami!»

Un’altra voce, questa volta femminile, arrivò dalla sua sinistra.

   «C’è qualcuno li? Alden, sei tu?»

Mari comparve dal folto degli alberi con un cesto in mano. Non appena lo riconobbe, lo lasciò cadere e gli corse incontro.

   «Alden! Ma cosa è successo? Chi è stato a legarti?»

«Fai attenzione! Ho idea che questo tizio sia pericoloso.»

La ragazza lo guardò stupita.

   «Quale tizio? Qui non c’è nessuno…»


Nel frattempo, Corgh e Jofiah stavano viaggiando lentamente verso la Foresta Nera. Moshi, dopo un primo momento di ardore da giovin cavallo, aveva rallentato l’andatura su un ritmo da passeggiata e non c’era verso di farlo accelerare.

   «Dannazione, Jofiah! Di questo passo arriveremo tra un mese!»

«Esagerato…si sta solo riposando, vedrai che tra un po’ scatterà come un purosangue!»

   «Altro che purosangue, in questo momento sto facendo fatica a capire se sia sveglio o se, in realtà, stia camminando da addormentato…»

   «Umpf…non ascoltarlo Moshi, io ho fiducia in te.»

Improvvisamente, il cavallo alzò il muso verso il cielo. Sembrava nervoso, emise un lungo nitrito e raspò con le zampe, dopo essersi fermato di colpo.

   «E adesso che ti prende?»

I due uomini alzarono lo sguardo, sulla collina che dominava la strada di fronte a loro, era comparsa una figura incappucciata che impugnava una grande falce e che sembrava guardare verso di loro. Dopo qualche istante, la figura si girò e scomparve dietro la collina. Corgh mise una mano sul braccio del compagno.

   «Amico mio, è meglio che se ci sbrighiamo. »

«Sono d’accordo.»

   Anche Moshi sembrò essere della stessa opinione, perché ripartì con la medesima foga iniziale.

  
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