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Autore: hotaru    21/07/2008    6 recensioni
Diciamoci la verità: dopo la gita a Okinawa, la storia di Anko Uehara e Noboru Yoshikawa è stata messa un po' in disparte... qui mi propongo di rimediare!
Genere: Romantico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Ombrello verde e impermeabile giallo

 

E così, di nuovo. Si sentiva di nuovo come tanti anni prima, quando suo fratello si divertiva a tormentarla, quando l’aveva gettata in un tale abisso di paura da farle temere qualunque contatto con l’altro sesso. Ed era successo di nuovo, di nuovo quelle discussioni tra lui e suo padre, di nuovo quegli sguardi duri, quelle porte che sbattevano, tutte quelle incomprensioni… In una famiglia non dovrebbe essere così, non dovrebbe. Incapace di continuare a stare in quella casa, se n’era andata, le mani che cercavano di coprire le orecchie, di non sentire più niente…

Tuttavia pioveva, e nella fretta Anko aveva dimenticato di prendere un ombrello, un impermeabile… qualunque cosa! Ma avrebbe preferito prendere una polmonite, piuttosto che tornare là dentro. Stringendosi nel golfino rosa che indossava, si avventurò sotto la pioggia scrosciante, incurante di tutto, triste e arrabbiata.

Come se non fosse già stata abbastanza sconvolta, ci si misero anche degli stupidi ventenni in giubbotto di pelle a darle fastidio, facendola spaventare ancora di più.

-         Ehi, tesoro, dove stai andando? Ti ha mollato il ragazzo? Vieni con me, vedrai che saprò farti felice.

-         Quel golfino rosa bagnato è così sexy, ma so io come asciugarti…

Per fortuna sembravano solo degli sbruffoni in vena di battute un po’ pesanti, perché quando Anko si mise a correre spaventata, nessuno di quegli idioti la seguì.

 

Ormai camminava da parecchio, era stanca e bagnata… Era arrivata in una zona che non conosceva, e la pioggia a catinelle certo non aiutava. Per strada non c’era nessuno, a parte un cane dal pelo arruffato che sembrava più spaventato di lei. Si diresse verso un parco grigio e anonimo, e si sedette su una panchina sotto un albero spoglio. Erano solo gli inizi di marzo, la primavera tardava ad arrivare e quella pioggia fredda si insinuava nelle ossa, facendo tremare la povera Anko che ormai non sapeva più se erano gocce di pioggia o lacrime quelle che le rigavano le guance.

Anzi, a pensarci bene una differenza c’era: la pioggia era fredda, mentre le lacrime erano calde e bruciavano. Da quanto tempo stava piangendo in quel modo? Dov’era?

Ormai la povera ragazza si trovava in uno stato tale che cominciava a non importarle più niente: “Dopotutto a chi importa qualcosa di me? E poi perché dovrebbero? Ai miei interessano solo le apparenze, per mia madre l’unica cosa che conta è che sia sempre la signorina Uehara ben vestita e con buoni voti, per mio padre esiste solo mio fratello. Le mie “amiche” di un tempo adesso saranno in qualche karaoke con i loro ragazzi, e io sono qui e non importa a nessuno… Se sono un peso per tutti tanto vale che sparisca dalla loro vita, starebbero tutti molto meglio…”

-         Uehara, che cosa ci fai qui?

Sentirsi rivolgere la parola all’improvviso, in quel posto deserto, la destò dalle sue disperate elucubrazioni. Guardò verso l’alto e vide che un grande ombrello verde chiaro la stava riparando, sostenuto da uno Yoshikawa in impermeabile giallo, con in mano la borsa della spesa e un’espressione sorpresa e preoccupata dipinta in viso.

-         Come sei finita nel mio quartiere? È parecchio distante da casa tua. E poi sei tutta bagnata, con questo freddo… ti prenderai una polmonite. Uehara, mi hai sentito? Che cos’hai? Ti senti bene?

Ancora intontita dalla pioggia e dalla sorpresa di trovarsi davanti proprio lui, proprio Yoshikawa, Anko non aveva ancora spiaccicato parola. Ma alle parole del ragazzo si riscosse con un fremito e, guardandolo meglio, notò che l’impermeabile che stava indossando era enorme, più grande di almeno un paio di taglie.

-         Ehi, ma che cosa ti sei messo addosso? Sembri un pompiere! Non hai visto che era troppo grande per te? – esclamò la ragazza, accennando un sorriso.

Visto che Anko era ancora in grado di scherzare, Yoshikawa tirò mentalmente un sospiro di sollievo, e sorridendo a sua volta rispose:

-         Sì, è vero, è almeno un paio di taglie in più rispetto alla mia. Apparteneva a un mio zio, un fratello di mia madre, che era grande e grosso e faceva il pompiere. Comunque è l’ideale in questi giorni di pioggia, ripara alla perfezione e sotto si sta caldi e all’asciutto.

-         Ma scusa, a tuo zio non serve? Perché adesso ce l’hai tu? È forse… - Anko si fermò, pensando di aver detto troppo, ficcando il naso in questioni personali.

-         No, non gli è successo niente, non preoccuparti. È solo che adesso non gli serve più: durante una vacanza in Nuova Zelanda con dei colleghi ha conosciuto una ragazza maori e l’ha sposata, fermandosi là con lei.

-         Cosa? – Anko non sapeva se credergli o no, tuttavia non riuscì a non scoppiare a ridere – Mi prendi in giro, Yoshikawa?

-         Assolutamente no, te l’assicuro. Forse mio zio è sempre stato un tipo un po’ folle, ma ora è felice. E io ho guadagnato una zia straniera.

-         Dev’esserci una vena di follia nella tua famiglia. Anche tu sei un tipo un po’ strano, un otaku fissato con i videogiochi…

-         Può darsi, non ci avevo mai pensato. Però, Uehara, senti, tu sei tutta bagnata e rischi sul serio di prenderti qualcosa. Perché non vieni a casa mia, così potrai asciugarti un po’? È qui vicino, non ci metteremo molto.

La ragazza si alzò, accostandoglisi sotto l’ombrello verde. Notò che Yoshikawa si era alzato molto in quel periodo: non era più un nanerottolo, ormai era alto quando lei, se si voltava poteva guardarla tranquillamente negli occhi.

-         È per questo che stavi passando di qui? Stavi tornando a casa?

-         Sì, tagliando per questo parco ci si mette molto meno. È qui da sempre, l’hanno eretto quando non ero ancora nato, e da bambino venivo spesso qui a giocare. Sono andato a fare un po’ di spesa: mia madre non c’è, è andata a trovare mia nonna che abita fuori città e non si sente molto bene, mentre mio padre è via da un paio di giorni per lavoro.

-         Così sei da solo – ad Anko non passò nemmeno per la testa il pensiero che stava andando a casa di un ragazzo e che sarebbero stati da soli, e continuò a chiacchierare, cosa che le riusciva incredibilmente semplice quand’era in compagnia di Yoshikawa – Ma… allora devi arrangiarti in tutto? Prepararti da mangiare, fare la lavatrice…

-         …stirarmi i vestiti, pulire un po’… Sì, proprio così. Ma quando sei da solo non c’è poi molto da fare. Metto un po’ in pratica quello che ci insegnano a economia domestica.

-         Però, come sei bravo, Yoshikawa! Non sono molti gli uomini che si degnano di occuparsi di una casa, anche se solo per un paio di giorni! – esclamò Anko, non accorgendosi che l’aveva involontariamente chiamato “uomo”, e non “ragazzo”.

-         Beh, sai, casa mia è anche un appartamento abbastanza piccolo…

E così chiacchierando, i due ragazzi si diressero verso la casa di Yoshikawa, camminando sotto la pioggia che non sembrava più tanto fredda e pungente, anzi era diventata la cornice ideale di quell’inaspettato momento di intimità.

 

 

 

E il lime? E il rating arancione? Eh, eh… voi recensite, che io mi affretto a postare il prossimo capitolo!

 

   
 
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