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Autore: Meretrice_Thomisus    28/04/2014    1 recensioni
Ognuno di loro ha provato e causato sofferenze.
Ognuno di loro ha conosciuto la paura.
La storia di alcuni ragazzi si intreccerà, mostrando come la vita può essere sconvolta improvvisamente senza lasciarti la possibilità di cambiare le cose.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Questa storia inizierà come una semplice commedia a tratti romantica ma con l’andare avanti acquisirà un andamento più serio e più adatto al genere drammatico. Si svolgerà in prima persona da vari punti di vista. Il nome di chi al momento parla sarà segnato in alto. A fine pagine spesso saranno presenti note che serviranno a puntualizzare parole o frasi della storia, evidenziati con un *. Buona lettura!
 
Capitolo VIII
 
Pedro

29 Novembre 2006
 

Era l'ora di educazione fisica, questa volta avrei spaccato il culo a quel coglione di Nigro. Stavamo facendo la nostra solita partita di boxe, lo sport che preferivamo.
«E' il meglio che sai fare, testa di cazzo?!»
Prenderci a parolacce era il modo per gasarci che usavamo. Nigro mi tirò un gancio, ma lo schivai come un professionista.
«Non sai fare proprio un cazzo!» Gli intimai ghignante.
Gli diedi un potente diretto centrandolo in piena bocca. Esitò solo qualche istante.
«Quella puttana di tua madre deve essersi scopata un pappamoscio per aver fatto un figlio ritardato come te!» Urlai divertito.
Lui fece un sorriso maligno.
«Almeno non ha fatto un frocetto come te!»
Tra vari saltelli e una schivata continuò.
«Guarda che ho visto come mi guardi! Mi picchi così tanto giusto per vedermi ansimare, eh?»
Che palloso. Stava incominciando a stancarmi con le sue cazzate. Risi mentre gli davo uno swing sotto le costole.
«Ti picchio solo per vederti strisciare, verme!»
«Come no! Per me dai tanto fastidio a Jesus solo per poterlo toccare, checca!» Obbiettò ridendo sonoramente.
Spensi quella cazzo di risata con il pugno meglio assestato della storia, nell'orecchio. Cadde a terra e rimase stordito per qualche secondo. Perché avevo reagito così? Avevo esagerato... non capivo il motivo per cui avevo perso il controllo.
«Cazzo ti prende?! Vuoi uccidermi?!»
Rabbioso prese le sue cose e se ne andò dalla palestra.


Rosy

«Cosa stai cercando di dirmi, Raphael?»
Io e Raphael avevamo saltato la lezione ed eravamo nel terrazzo della scuola a fumare (sigarette, purtroppo).
«Niente, solo che secondo me delle tette grandi sono meglio di un culo grande!»
Lo analizzai per un attimo.
«Nessun altro significato secondario?»
«No.» Rispose distogliendo lo sguardo.
Stava parlando delle tette di Paoletta, ne ero certa, avevo visto come le aveva fissate l'altra volta. Infatti subito dopo disse
«Ma secondo te Paoletta è vergine?»
Che domanda stupida. Lo guardai sarcastica e gli risposi con una punta di veleno.
«Secondo te? Poi, cosa ti interessa?»
«Niente, niente, sta calma!»
Fece una pausa in cui lo squadrai con occhi di fuoco.
«Secondo te... qualcuno sarebbe capace di corrompere quella santarellina?»
«Quel qualcuno vorresti essere tu, vero?!»
Provai a nascondere la rabbia nelle mie parole, forse senza successo. Rimase un po' a pensare.
«E' giusto... per testare. Si, testare le mie capacità di conquistatore!»
«Oh... certo.»
Continuò come se nulla fosse.
«Voglio vedere quanto riesco ad avvicinarmi al Sole prima di bruciarmi.»
E lì pronunciai le parole più sbagliate che potessi dire.
«Non ci riusciresti mai!»
Aveva lo sguardo di chi vuole dimostrare la propria superiorità.
«E' una sfida?»
Mi maledii per ciò che avevo fatto nascere nella sua mente.
«NO! No, non è una sfida, lasciala in pace!»
Anche se sapevo benissimo che il motivo della mia rabbia non era la mia preoccupazione per Paoletta.
«Invece lo diventerà. E l'accetto volentieri!»
Lo sentivo, nei giorni successivi avrei sofferto tantissimo, come quando Elodia, mesi prima, stava appiccicata a Raphael come la cingomma che le avevo messo nei capelli per ripicca. Sorrisi debolmente, cercando di non dare a vedere la mia agitazione.

«Si... ci riuscirai. Cadrà sicuramente ai tuoi piedi.»
Ebbi un'illuminazione.
«Anzi, sarà troppo facile! Non ne vale la pena!»
Pregai che la psicologia inversa funzionasse, ma non ebbe effetto.
«Fanculo, ci proverò lo stesso! Inoltre avrò un sacco di momenti per provarci, dato che te la porti sempre appresso.»
Sospirai tristemente.
«E poi... è molto meglio adesso che l'hai un po' sistemata!»
Mi morsi il labbro, quasi pentendomi di essere stata gentile con lei. Paoletta ed io stavamo diventando buone amiche, ma in quel momento crebbe in me un odio, di cui mi vergognai profondamente, verso di lei.
«Si, è diventata carina...» Fu l'unica cosa che risposi.
E dentro morivo.


Pedro


Nigro era nella mensa, seduto un po' in disparte dal resto del gruppo. Mi misi tra lui e Felipe. Lo strozzai amichevolmente con l'incavo del braccio. Mi guardò estremamente incazzato.
«Scusami, amichetto mio... ma al solo sentire il nome Jesus mi sale un desiderio assurdo. E' stata una reazione improvvisa, capisci?» Dissi con una vocina stupida.
Per fortuna si mise a ridere. 
Cercai nella sala il diretto interessato.
«Ora scusami, ma voglio stare vicino a lui.»
Ridemmo malignamente, subito dopo mi alzai, dirigendomi verso di Jesus. Era in un tavolo in disparte, con la testa china sul piatto. Come alzò la alzò assunse un'aria allarmata, appena si rese conto che mi stavo avvicinando. Cercò di scappare, ma lo afferrai per i capelli. Il mio gruppo mi incitava con foga. Lo buttai a terra con forza e mi inginocchiai sopra di lui. Stavo preparando un pugno, quando mi fermai un attimo a guardarlo. Stava ansimando e ogni tanto deglutiva. Gli occhi erano chiusi saldamente e la testa era girata di lato, spaventata e pronta a prendere il colpo. Non ricevendolo aprii gli occhi. I suoi grandi occhi marroni. Aveva una macchiolina verde in basso all'occhio destro. Ma che cazzo facevo?! Che mi importava dei suoi occhi?! Ero in una stanza affollata, dove tutti aspettavano il mio gesto. L'attesa aveva pure fatto scendere il silenzio nella mensa. Serrai i denti. Battei i pugni al petto, come un gorilla pronto a spaccare la testa a qualche umano entrato nel suo territorio. La maggior parte degli studenti cominciarono a battere mani e piedi riprendendo ad urlare eccitati, mentre altri gridavano di non farlo. Calai il pugno potentemente. Emise un gemito di dolore. Come prima mi rifermai a guardarlo. Altri secondi di attesa e il pubblico emise un “Buuu” generale. Sentivo dei “continua” e qualche “Basta, smettila!”. Scossi la testa per riprendere la concentrazione. Ecco un altro colpo, e un altro ancora, e ancora! Non capivo più niente, lo stavo distruggendo. Ormai gli usciva sangue dal naso, aveva il labbro spaccato e il suo viso si stava gonfiando sempre di più. A ogni mio colpo reagiva sempre di meno, continuai sinché non si mosse più. Aveva quasi perso totalmente i sensi. Poi mi resi conto che avevano tutti smesso di incitare. Mi guardai intorno, leggermente stordito, e vidi una ragazzina del primo anno che si era messa a piangere. Il mio gruppo era in piedi, indecisi se reagire o no, ammutoliti e immobili. Nigro mi fissava con lo sguardo di chi aveva capito tutto, e ne era spaventato. Ma cosa cazzo significava quello sguardo? Cosa cazzo avevo capito?! Jesus aveva una pozza di sangue intorno alla sua faccia, che provenisse dal naso, dal labbro o da qualsiasi altra ferita non era più capibile. Sentii un dolore al petto. Perché avevo esagerato così tanto? Perché non mi ero limitato ad un solo colpo come facevo di solito? Mi alzai di scatto, il mio pubblico aveva incominciato a bisbigliare. Me ne andai sotto gli occhi di tutti. Mi sentivo strano e vuoto a lasciare Jesus li, inerme. Chi sarebbe andato a soccorrerlo?

 


 
  
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