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Autore: MyShadow19    29/04/2014    2 recensioni
Verba è un racconto dalle lievi tonalità fantasy di grande atmosfera. Narra di Kadas Luthfelt, protagonista tenebroso che avrebbe molte, troppe cose da raccontare... se solo la sua filosofia non glielo impedisse; ogni parola è l'evocazione di un concetto, il più grande veicolo delle idee, la struttura su cui si forma il pensiero e quindi la base del modus ponens degli esseri viventi. La filosofia di Kadas è così forte che quando lui pronuncia una parola tutto questo cessa di essere una convinzione e diventa una verità: la realtà attorno a lui cambia. Per questo pesa attentamente quello che dice. Una parola vale più di mille immagini.
Ogni capitolo è molto breve perché lo stile di scrittura è pesante; spero che apprezzerete. Buona lettura!
Genere: Dark, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si fermò sulla soglia il leone, tempestivo appena udì le parole dell’angelo.
Aveva le mani chiuse, per nascondere gli squarci nei palmi. Aveva voltato le terga, per nascondere il sangue all’inguine. Aveva fatto sfoggio di un viso soddisfatto, per nascondere le smorfie di dolore.
Ma aveva la pelle smunta: questo il leone non poteva celarlo.
Alla notizia che aver giaciuto una sola volta non sarebbe bastato, la sacrificata grande vittoria del leone divenne un futile piccolo passo verso l’inarrivabile. I danneggiamenti che il suo bacino, colpo dopo colpo, aveva subito come estrema punizione per aver non solo sfiorato, ma addirittura violato, Angelus Verborum, erano stati prima adombrati dal suo trionfo; adesso il carro degli onori aveva perso le sue ruote e anche il più umile dei plebei poteva avvicinarsi per notare le sue gravi ammaccature.
L’umiliazione della sconfitta, per il feroce leone, era resa ancor più insopportabile dalla sensazione di non essere all’altezza. Sarebbe voluto morire, in quel momento, rinunciando alla sua vita assieme alla sua virilità ma decise di non farsi vincere dalla fretta e, pieno di rancore, sibilò:
 
  • La tua pelle ha distrutto il mio seme, Angelus Verborum, ma ho succhiato abbastanza della tua purezza da guarire in fretta; guarirò e verrò a prenderti, stanne certa. Il mio corpo diventerà sempre più resistente dopo ogni notte di sesso, cosicché potrò sopportarne una ulteriore prima di dover rimarginare le mie ferite; col tempo potrò servirmi di te per mesi senza interrompermi e allora avrai un tracollo vertiginoso. Mi hai posto in alternativa di potermi nutrire della tua purezza facendoti avvizzire da viva o facendoti morire, abbrutendo il corpo nel primo caso e lo spirito nel secondo. Ebbene per rifarmi dell’umiliazione che mi hai servito oggi ho deciso che abbrutirò il tuo spirito, cosicché tu possa rimanere bella per compiacermi fino al secondo prima di morire definitivamente. Il tuo debole paladino ha violato la parola d’onore ed ha subito ferite fatali, per cui non ci sarà a difenderti quando tornerò. Ti pentirai di essere nata, lo giuro sull’onore che mi rimane.
 
Piene di odio le parole del leone, come una tormenta nera che nasce nello stomaco e turbina salendo controcorrente finché nella bocca esplode, sfogando il peso di ogni rancore. I pugni di Marcus stretti forte per la rabbia laceravano ancor di più i palmi, che gocciavano sangue impuro scandendo i secondi. Quando la sensazione di ira lo abbandonò abbastanza da poter riprendere il controllo di sé, uscì dall’Ara Verborum a passi decisi.
Aurora lo osservò uscire e poi guardò il suo sangue caduto a terra evaporare, respinto dal negligente suolo del tempio della grigia indifferenza. I suo occhi tradivano sensi di colpa e compassione, poiché nulla aveva fatto per lenire l’odio feroce e l’avidità insaziabile di cui Marcus si rendeva costantemente vittima. Pronta a farsi usare come oggetto del sommo desiderio pur di riportare la pace nel suo cuore, decise però di occuparsi prima del moribondo Kadas, il quale aveva totalmente frainteso le intenzioni della donna.
Si chinò sopra al corpo moribondo di Kadas, avvicinò le sue braccia, i suoi seni, le sue gambe e la sua bocca a lui, abbastanza vicino da trasmettergli il suo calore, ma non abbastanza da fargli del male toccandolo. E così, cullato da questo sensuale tepore, il corpo di Kadas si ristabilì abbastanza da potergli permettere di parlare ancora. Avrebbe voluto trasmettergli il suo calore abbracciandolo, ma ogni abbraccio consensuale per lei era proibito. Si ritrovò a volergli passare il suo tepore baciandolo, ma ogni bacio consensuale per lei era proibito. Ogni abbraccio era un arma nelle sue mani. Ogni bacio era un’arma nelle sue mani.
Kadas, pieno di commozione e gratitudine, credette che l’angelo avesse proprietà guaritrici, ma il calore che gli aveva passato era servito a guarire il suo spirito e non il suo corpo. L’anima dell’assassino, ferita da quello che lui credeva essere un tradimento, vide in quel gesto di vicinanza la luce di una speranza. Per queste ragioni, non senza imbarazzo, chiese arrossendo:
 
  • Il mio corpo malridotto è testimone di una grave sconfitta, il mio udito ovattato è testimone di alcune vostre parole di interessamento verso Marcus, eppure siete qua accanto a me come chi vorrebbe abbracciarmi ma non può. Che succede?
 
Diffidente o forse incredulo si ritrasse, per paura che ella potesse usare il suo corpo per danneggiarlo.
 
  • Guarirvi, donandovi l’immortalità, perché in tutta la mia vita nessun uomo col vostro spirito ha mai osato valicare questo luogo. In verità io so che è stata vostra la parola stentorea che ha aperto le porte dell’Ara Verborum; sono parole pronunciate da voi e non da Marcus, o mi sbaglio?
 
Sommerso dall’imbarazzo o forse confuso si guardò attorno, poco abituato a parlare, per paura di dire qualcosa di sbagliato. Tuttavia rispose:
 
  • E’ la verità, sono le mie parole a cambiare la realtà quando pronunciate, pertanto solo io potevo aprire queste porte, dunque io l’ho fatto. Quello che Marcus si è preso io non giudico essere un merito ma, se in questi termini la vogliamo porre, sì, si è preso un merito che non gli apparteneva. In ogni caso io la vivo come una maledizione poiché io odio le parole: sono il più infame e nefasto veicolo di distruzione mai esistito. Ogni arma che l’uomo usa per uccidere ha un nome e le armi dell’uomo erano molto meno letali quando non avevano alcun nome.
 
L’angelo divenne un angelo custode quando si sedette accanto al guerriero malconcio per ascoltarlo. Gli sorrise, innamorata.
 
  • Il palpito d’amore che avete percepito era per voi, non per lui. Allo stesso modo, il merito di avere uno spirito così potente da cambiare il mondo col solo uso delle parole è vostro, non suo. Tuttavia è un peccato, per una persona come voi, odiare le parole: esse ci permettono di distinguere molte sfumature dell’esistenza che altrimenti sarebbero impossibili da esprimere di fronte alla chiarezza inespressiva del bianco e del nero. La prima parola tra tutte è la parola d’onore, che però ormai rappresenta lo iato tra voi e l’immortalità e quindi la connessione tra voi e la morte. Io di parole non posso pronunciare all’infuori di qui, per questo forse vi invidio.
 
L’assassino divenne un assassino pentito quando si sedette di fronte all’angelo per ricambiare lo sguardo innamorato con altrettanto amore.
 
  • Tuttavia preferisco morire piuttosto che obbligarvi a cedermi il vostro corpo, se è così che volete salvarmi. Ho combattuto molte battaglie durante la guerra ed ho ucciso molte persone. L’immortalità è forse un dono troppo grande e puro per me. Io sono un assassino, uccido con premeditazione; Marcus è un leone, uccide per nutrirsi. Per quanto lui appaia più bestiale, forse può essere considerato più innocente di me.
 
L’angelo piegò il capo di lato, facendo danzare le lunghe trecce; chiuse gli occhi con un gesto di grazia; sorrise facendo splendere le sue labbra; poggiò le mani sulle cosce, per coprire i seni con le braccia; aprì gli occhi facendo ondeggiare le ciglia; fissò il viso di Kadas, ferito ed insicuro e infine parlò, delicatamente:
 
  • Non vorrei mai farvi sopravvivere a costo dei vostri principi. Voi avete dato la vostra parola d’onore che egli non avrebbe compiuto violenza su Angelus Verborum. Ebbene Angelus Verborum sono io, porto il nome di Aurora, e lui non avrà compiuto violenza su di me se sarò stata io per prima ad aver voluto essere sua complice. In questo modo voi non avrete violato la vostra parola d’onore e, immortale, vi salverete dalla fine sicura.
 
Di pietra. Di pietra rimase Kadas dinnanzi a quelle parole.
  
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