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Autore: Koori_chan    29/04/2014    4 recensioni
Leth ha diciannove anni, un carattere solare e ben poco aggraziato e un'abilità sorprendente nel muoversi senza farsi notare.
E' per questo che, per mantenersi, ruba su richiesta. Nobili o borghesi, ricchi o poveri, per lei c'è poca differenza, dopotutto ciò che conta è avere qualcosa da mettere sotto i denti a fine giornata.
Tutto cambierà quando, catturata e venduta come schiava, sarà acquistata da uno straniero dai modi misurati e dallo sguardo stanco e penetrante.
E' così che Leth conosce Krohs e il motivo che lo ha condotto a viaggiare per le Quattro Grandi Terre ed è così che da ladruncola di periferia, la giovane si ritroverà catapultata, suo malgrado, in qualcosa di enorme.
L'unico modo di porre fine al disastro che incombe?
Risvegliare ciò che da tempo, ormai, giace silente sotto la cenere.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo II



Giornate  inutili ce n’erano molte, di quei tempi.
Il lavoro scarseggiava e, salvo quelle due o tre richieste di routine, Leth non aveva davvero un accidente da combinare per tenersi occupata nelle lunghe giornate afose di Agrat.
L’estate era ormai esplosa da una decina di giorni, le temperature erano aumentate vertiginosamente e il terreno riarso aveva preso a spaccarsi, le strade coperte dalla sottile polvere rossa in arrivo dal deserto; i tetti delle case, piatti terrazzi intonacati di bianco, si erano improvvisamente animati di un brulichio di vita che, la sera, illuminava la città delle guizzanti luci delle torce e del chiacchiericcio della gente.
Per Leth quella sarebbe stata la terza estate ad Agrat, la città che, senza dubbio, era riuscita a trattenerla più a lungo di tutte le altre.
Non sapeva per quale motivo avesse indugiato nella capitale così a lungo, ma raramente si era trovata così a suo agio in un luogo come lì: aveva imparato in fretta lo snodarsi delle strade, i migliori negozi dove fare acquisti, e grazie al grande mercato settimanale aveva sempre modo di racimolare qualche borsello sonante o qualche nuovo pezzo per il suo armamentario.
Dal momento in cui aveva fatto del furto il suo mestiere non poteva permettersi il lusso di viaggiare con armi eccessivamente pesanti e ingombranti quali spade o grandi asce da combattimento, che l’avevano tuttavia sempre affascinata, quindi si limitava a portare con sé qualche coltello da lancio e il suo inseparabile pugnale dalla lama ricurva e dall’elsa dorata, unico ricordo che si fosse concessa della sua vecchia vita.
Quel giorno erano da poco passate le dieci del mattino, e aveva terminato anche l’ultimo lavoro sulla lista, con ben tre giorni di anticipo sulla scadenza. Il committente l’aveva pagata profumatamente, ma avrebbe dovuto presto rimettersi in cerca di acquirenti per non rimanere a secco di finanze. Certo, avrebbe anche potuto attendere nell’ozio quei tre giorni che la separavano dalla Fiera degli Schiavi, occasione in cui avrebbe potuto riempirsi le tasche in totale tranquillità, ma l’ozio non era una delle attività contemplate da Leth: rimanere in movimento era per lei essenziale, e se lavorando poteva essere in grado di restare immobile anche per ore, in quello che lei considerava riposo il perdere tempo senza occuparsi di nessuna attività in particolare era quasi un sacrilegio.
Stanca e accaldata, aveva deciso di entrare nella vecchia locanda che dava sulla piazza del mercato e aveva ordinato un bicchiere di latte, l’ideale per scacciare la sete.
Vinta dalla spossatezza, aveva finito per indugiare al suo tavolo più del previsto, tirando fino all’ora di pranzo. Era quando si era accinta a chiamare la cameriera per l’ordinazione che la porta si era spalancata cigolando, mentre la luce entrava prepotente nel locale buio e fresco.
Aveva così fatto il suo ingresso nella locanda un individuo strano, certamente uno straniero, senza nome né passato. Dopo aver incrociato il suo sguardo per un’intensa frazione di secondo, si era diretto dritto verso il bancone, aveva ordinato frettolosamente qualcosa da mangiare e si era andato a sedere ad un paio di tavoli di distanza da Leth.
Aveva consumato il suo pasto in silenzio, rapidamente, e la giovane si era stupita dei suoi movimenti misurati e mai eccessivi. Poi era arrivata la sua bistecca al sangue e la sua attenzione aveva completamente cambiato destinatario.
Quando aveva rialzato lo sguardo, dello straniero non c’era più traccia.
Adesso, i polsi e il collo arrossati dalle catene e un vecchio palazzo a tre piani a offrirle un po’ d’ombra nella calura dell’estate, si chiedeva se lo straniero che l’aveva comprata per la bellezza di mille Trali, pugnale compreso, si ricordasse o meno di lei.
- Non mi aspettavo che ci saremmo reincontrati proprio alla Fiera degli Schiavi. –
La frase con cui l’uomo decise di rompere il silenzio le fece andare di traverso la saliva.
Evidentemente si ricordava di lei, e quindi doveva esserci un motivo ben preciso se l’aveva comprata per quella cifra esorbitante.
E se fosse stato tutto calcolato? Se ci fosse stato lui dietro al suo arresto, se lui e il capo della Compagnia fossero stati d’accordo sul prezzo, sulla trattativa, su tutto?
- Certo che come ladra non devi valere un granché… - continuò, per nulla disturbato dal silenzio che otteneva in cambio alle sue sortite.
- Ti sbagli. – fu invece la replica che lo fece voltare.
- Allora sai parlare! Magnifico, temevo che duante la prigionia ti avessero tagliato la lingua! – commentò cinicamente.
Leth puntò i piedi per terra ben decisa a non muovere un altro passo.
- Sfottimi ancora e sarai tu a perdere la lingua. – sibilò, gli occhi blu ridotti a due fessure.
Lo straniero scoppiò a ridere.
- Come prima volevi uccidermi? Interessante, avvisami, quando sarai pronta a provarci! –
Infiammata dall’ira, Leth si scagliò contro di lui, il pugno stretto e la mascella serrata.
L’uomo però fu più svelto e si spostò lateralmente, bloccandole il braccio e torcendoglielo dietro la schiena, il tutto con una mano sola: nell’altra stringeva ancora la catena.
- Lascia perdere… - le intimò con indulgenza, tenendo salda la presa finchè non sentì i muscoli della giovane cedere e rilassarsi.
Ripresero a camminare lungo il sentiero che conduceva alla Porta Orientale, e quando la raggiunsero il sole era ormai tramontato.
Lo straniero raggiunse una panca di pietra che sporgeva da un edificio disabitato, probabilmente una vecchia scuola.
La luna piena illuminava le strade come se fossero stati in pieno giorno e Leth, seduta accanto all’uomo, si concesse di osservarlo un po’ meglio.
Aveva le spalle larghe e il petto ampio, al di sotto della camicia di lino si potevano intuire le linee toniche dei muscoli: doveva aver passato molto tempo ad allenare il suo fisico.
I capelli, di un castano scuro sbiadito dal sole, erano attraversati da ciocche più chiare, forse grigie. All’orecchio sinistro portava alcuni orecchini di metallo dalle fogge più disparate, e gli occhi chiari erano circondati da una ragnatela di piccole rughe.
Nel complesso non dava affatto l’idea di un uomo vecchio, ma Leth capì che doveva aver visto molti più inverni di quanto non sembrasse di primo acchitto.
Improvvisamente l’uomo si voltò e le rivolse uno strano sorriso, quasi gentile, porgendole la borraccia che aveva tirato fuori dalla sua sacca logora e impolverata.
La ragazza indugiò un momento, per poi avventarsi sulla borraccia e bere ad avidi sorsi.
L’acqua fu come un balsamo per la gola e le labbra riarse, si sentì rinascere.
- Bene, adesso posso conoscere il tuo nome? – domandò improvvisamente lo straniero, dopo qualche minuto trascorso ad osservare le stelle.
Tacque, indecisa se assecondarlo nelle sue richieste o meno. Dopotutto non aveva alcuna intenzione di essere un acquisto facilmente trattabile.
- Leth. Mi chiamo Leth. – si decise però a confessare, convinta che il suo nome non avrebbe poi potuto essere qualcosa di cui preoccuparsi, ora che era ridotta in schiavitù.

Come minimo se lo scorderà fra cinque minuti…

Lo straniero si alzò in piedi, e la schiava lo imitò, notando però che aveva lasciato andare la catena.
- Leth, sei libera. Vedi di non ricacciarti nei pasticci. –
Quella frase la lasciò completamente pietrificata, la bocca spalancata di stupore.
L’uomo si sfilò il mantello color del muschio e glielo accomodò sulle spalle, per poi voltarsi e riprendere la sua strada al di là della grande Porta Orientale.
Si voltò un’ultima volta, salvo notare con stupore che la ragazza l’aveva seguito.
- Signore, non ho bisogno del vostro mantello. – spiegò, il drappo stretto nella mano tesa verso di lui.
Lo sconosciuto sorrise.
- Morirai di freddo, così poco vestita. – osservò, spingendo delicatamente indietro il mantello.
Leth diede un rapido sguardo ai suoi abiti, i cortissimi pantaloncini neri, il pareo color sabbia legato alle due cinture che portava in vita e l’indumento ricamato a fiamme guizzanti che le fasciava il seno.
- Questi sono gli abiti tipici di Agrat, sono abituata a portarli, e in più fa caldo. – asserì facendo spallucce.
- Piuttosto, voi non soffocate con le maniche lunghe? – domandò con un cenno della testa alla camicia chiara dell’uomo.
Fu il suo turno di fare spallucce.
- La camicia è leggera. E poi sono abituato a resistere. – aggiunse prima di voltarsi nuovamente e muovere un’altra decina di passi verso la Porta.
Fu nuovamente costretto a fermarsi da quella vocetta insistente.
- Signore, perché mi avete liberata? –
Le risposta che ottenne non fu soddisfacente nemmeno un po’.
- Non mi piace la tratta degli schiavi. –
- Ma mille Trali! Sono un’infinità! – esclamò, incredula che quello straniero avesse speso così tanto solo per filantropia.
L’uomo non rispose e proseguì al di là della Porta, fin nella notte più profonda del deserto attorno ad Agrat.
- Perché continui a seguirmi? – sbottò dopo un po’.
- Se avessi voluto un cane l’avrei comprato! –
Leth abbassò lo sguardo, indecisa sul da farsi.
- Signore, in città non posso tornare, e voi… ecco, voi vete qualcosa che mi appartiene. – confessò, accennando al pugnale dorato che l’uomo portava appeso alla cintura.
Lo straniero alzò un sopracciglio e prese in mano l’arma lucente.
- Se te lo restituisco mi lascerai in pace? – domandò, il tono di voce incrinato da un sentimento che Leth non fu in grado di identificare.
La ragazza rimase in piedi di fronte a lui, l’espressione seria e i fini capelli rossi che le ricadevano sugli zigomi incorniciandole il viso ovale.
- No. – disse onestamente.
- Sono in debito con voi e non avrò pace finchè non l’avrò estinto. Permettetemi di seguirvi. –
- Non è  un bel luogo quello in cui sono diretto. – ribatté lui con fermezza.
- Solo finchè non avrò ripagato il mio debito. Non ho alcuna intenzione di rimanere per sempre legata a voi. – spiegò lei, con tutta  la franchezza del mondo.
Si chiedeva per quale motivo avvesse deciso, fra tutti i poveri disgraziati esposti come merce alla Fiera, di liberare proprio lei, e perché poi adesso fosse così restio a rimanere in sua compagnia.
L’uomo scosse la testa scoprendo i denti in una risatina sommessa.
- Tipico di voi del Sud. Avete un senso dell’onore dannatamente sviluppato, ma guai a privarvi della vostra libertà… - commentò.
- Allora abbiamo un accordo? – continuò Leth, testarda.
Lo straniero sospirò e si grattò il pizzetto, pensieroso e probabilmente un po’ seccato dalla situazione.

Non è che a me faccia piacere, vecchio, ma ho letteralmente le mani legate…

Alla fine lo sguardo insistente della ragazza lo costrinse a capitolare, seppur dannatamente controvoglia.
- Ascoltami bene, Leth. Il mio non è un viaggio di piacere. Si va a passo spedito, e ci saranno situazioni di pericolo. Molte situazioni di pericolo. A seguirmi rischierai la vita, e non avrò il tempo di pensare a salvartela. – spiegò, una mano sulla spalla della giovane e gli occhi stanchi piantati nei suoi.
- Me la so cavare, non dovete preoccuparvi. – ma si rese conto immediatamente che le sue attuali condizioni non dovevano dare molto credito alle sue parole.
- Cioè, questo è stato solamente un incidente isolato e io… - ma presto si ridusse al silenzio, consapevole che in quel modo avrebbe solo peggiorato le cose.
- Andremo a Est, ho delle faccende da sbrigare lungo il cammino. Tieniti stretta il tuo pugnale, potresti averne bisogno prima del previsto. – le intimò, porgendole l’arma con uno sguardo enigmatico.
Leth deglutì e appese il pugnale alla cintura senza fiatare.
L’uomo si voltò e proseguì il suo cammino, ma non si lamentò più quando la giovane continuò a seguirlo.
Camminarono in silenzio sotto le stelle, e presto un vento fresco si alzò da Ovest, costringendo Leth a dare retta al suo misterioso compagno di viaggio e indossare il mantello che ancora stringeva fra le mani.
Si chiese cosa mai lo impegnasse in un viaggio tanto lungo e pericoloso, per quale motivo fosse giunto ad Agrat e da dove venisse, scrutandolo di tanto in tanto in cerca di indizi.
- Pensavo saresti stata una compagna di viaggio più rumorosa… - osservò l’oggetto dei suoi pensieri dopo una mezz’ora.
- Invece i tuoi passi sulla sabbia non fanno rumore… -
Leth gonfiò il petto d’orgoglio, sul viso un sorriso tronfio e ben poco femminile.
- Sono una ladra, la migliore di Agrat, è d’obbligo sgusciare silenziosamente! - esclamò.
- Peccato che il tuo ego rimbombi più forte dei tacchi dei tuoi stivali! – si prese gioco di lei l’uomo.
La giovane sbuffò, incrociando le braccia al petto e masticando insulti fra i denti.
No, quel tipo non le stava per niente simpatico.

Spero di sdebitarmi presto, brutta faccia da capra che non sei altro.

- Comunque non sarebbe male conoscere il nome del mio compagno di viaggio. – borbottò dopo un po’.
Lo straniero rallentò il passo fino a fermarsi, negli occhi chiari una vena di malinconia.
- Cosa vuoi che sia un nome? Un nome altro non è che un’etichetta… -
- Se il droghiere sbaglia etichetta avvelena mezza città… - commentò Leth con un sorrisetto.
L’uomo le scoccò una strana occhiata, a metà fra lo sguardo di rimprovero e quello di complicità.
- Mi chiamo Krohs. Con la o chiusa, non come lo pronuncereste voi del Sud. –
- Krohs… - ripeté Leth, lasciando che il nome le rotolasse fra le labbra come miele.
La Luna era ormai alta nel cielo estivo, e i due viandanti continuavano a camminare lungo il sentiero nel deserto.
Chissà quando si sarebbero fermati per riposare un po’?
Eppure Leth, il suo pugnale al fianco e uno sconosciuto a guidarla nella notte, non si sentiva poi così stanca. Anzi, uno strano brivido di eccitazione le correva di tanto in tanto su per la schiena.
Era da molto che non si sentiva così e, quasi quasi, la situazione incominciava a stuzzicare la sua curiosità.
Forse, in quel grande pasticcio in cui si era cacciata, avrebbe anche potuto divertirsi un po’…






 
Note:

Ta-daaaaaaan!
Ecco che finalmente abbiamo scoperto il nome del misterioso straniero!
Krohs, un personaggio che, come è impenetrabile per Leth, lo è anche per me! Ebbene sì, per quanto mi diverta a scrivere di lui, trovo estremamente complicato penetrare la sua psiche... xD
In questo capitolo diciamo solennemente addio(?) all'afosa Agrat e alla vecchia vita, pronti a catapultarci in quella che si prospetta proprio un'avventura in piena regola.
Come andrà avanti la convivenza forzata fra questa ragazzina senza peli sulla lingua e quest'uomo così dannatamente strano?
Affilate i vostri coltelli, cari lettori, perchè la quiete non durerà ancora a lungo... ~
Detto questo, un grazie infinite a chi ha recensito e chi ha messo questa fic fra le preferite/seguite/ricordate blablabla e anche a chi ha semplicemente letto, mi rendete un'autrice felice! <3
Alla prossima!
Kisses,
Koori-chan
  
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