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Autore: Koori_chan    02/05/2014    4 recensioni
Leth ha diciannove anni, un carattere solare e ben poco aggraziato e un'abilità sorprendente nel muoversi senza farsi notare.
E' per questo che, per mantenersi, ruba su richiesta. Nobili o borghesi, ricchi o poveri, per lei c'è poca differenza, dopotutto ciò che conta è avere qualcosa da mettere sotto i denti a fine giornata.
Tutto cambierà quando, catturata e venduta come schiava, sarà acquistata da uno straniero dai modi misurati e dallo sguardo stanco e penetrante.
E' così che Leth conosce Krohs e il motivo che lo ha condotto a viaggiare per le Quattro Grandi Terre ed è così che da ladruncola di periferia, la giovane si ritroverà catapultata, suo malgrado, in qualcosa di enorme.
L'unico modo di porre fine al disastro che incombe?
Risvegliare ciò che da tempo, ormai, giace silente sotto la cenere.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo III













- Ammettilo, ci siamo persi. –
Leth, il cappuccio del mantello calato sul volto e grondante di sudore, gonfiò le guance e sbuffò senza ritegno.
- Niente affatto, so esattamente dove siamo… - ribetté Krohs osservando attentamente una cartina spiegazzata tutta buchi.
- Ma a che ti serve guardare la cartina, siamo nel bel mezzo del deserto! – si lamentò ancora la ragazza, intorno a loro solo sabbia e  cielo.

Se avessimo proseguito lungo il sentiero a questo punto non saremmo in questo casino.

- Mi si stanno sciogliendo le scarpe! Se ci hai portati a perdere giuro che…! – ma con un gesto fluido e rapido l’uomo le fu davanti e le posò l’indice sulle labbra.
- Cerca di non distrarmi, dolcezza, oppure ti mollo qui… - sussurrò ad un soffio dal suo viso.
Leth sgranò gli occhi e deglutì, imbarazzata, poi si arrese all’evidenza che, in quel caso, era lo straniero ad avere il coltello dalla parte del manico.
Avevano camminato per tutta la notte e, ora che il sole aveva preso ad arrampicarsi veloce su per il cielo blu d’infinto, Leth iniziava a preoccuparsi un po’.
Avevano abbandonato il sentiero all’alba, e da quel momento erano passate già quattro ore abbondanti; sembrava che Krohs sapesse cosa stava cercando, il passo deciso e senza indugio, ma la giovane ancora non si fidava di quel tizio che, senza motivo, aveva speso più della metà di quello che lei guadagnava in due mesi di sudato lavoro per riscattare una sconosciuta.
Avrebbe voluto sapere di più su di lui, sulla sua missione, su tutto, ma lui sembrava ben restio dal parlarle di sé e del suo passato.
- Senti… non è che avresti un po’ d’acqua? – domandò dopo un po’, sentendo la gola riarsa dal caldo e la testa bollente.
Krohs alzò gli occhi al cielo e raspò nella sua sacca, alla ricerca della borraccia.
- Continua a camminare, dobbiamo arrivare prima di mezzogiorno. – le intimò notando che per bere si era fermata.
La ragazza si spruzzò un po’ d’acqua sul viso e restituì la borraccia affinchè anche Krohs potesse bere un po’.
- Almeno posso sapere dove siamo diretti, capo? –
L’uomo sorrise e indicò un punto a caso nel deserto.
- Proprio laggiù! – poi scoppiò a ridere di fronte all’espressione sbigottita della compagna di viaggio.
- Mi prendi per il culo?! Non c’è niente laggiù! – esclamò, sul volto la disperazione più totale.
- Ci hai portati a morire! Sei un pazzo! Ci rinsecchiremo nel deserto e nessuno saprà mai della nostra morte! – e continuò a lagnarsi per i dieci minuti successivi, incurante del fatto che Krohs avrebbe potuto abbandonarla proprio come da minaccia.

Intanto ormai siamo stecchiti, almeno lasciatemi insultarlo! Oh Dei, che gran casino…

Ma a quel punto l’uomo si fermò e picchiò con forza tre colpi a terra con il tacco dello stivale.
Leth si sorprese di udire un rumore sordo al posto del fruscio della sabbia.
Krohs la prese per un braccio e la fece indietreggiare di un paio di passi; una spessa catena emerse dalla sabbia e prese a muoversi, come se fosse stata tirata da un argano nel sottosuolo.
La giovane rivolse uno sguardo interrogativo alla sua guida, e quello esibì un sorriso sornione, quasi a dire “te l’avevo detto”.
Lentamente qualcosa per terra prese ad alzarsi, la sabbia che scivolava silenziosamente a destra e a sinistra, rivelando una grande apertura quadrata e il portone di pietra che la chiudeva.
Ad occhi spalancati d’incredulità, Leth seguì l’uomo giù per la scalinata che si snodava dall’apertura, mentre il portone si chiudeva rapido dietro di loro con un soffice tonfo.
- Benvenuta all’Oasi, piccola ingrata! –
Di fronte a loro, scavata a più livelli nella roccia, si presentava maestosa una città intera, brulicante di vita e di colori.
Leth rivolse lo sguardo a Krohs, poi alla città, poi di nuovo a Krohs, spiazzata.
- Vuoi dire che sotto il deserto c’era questa cosa e nessuno se n’è mai accorto?! – esclamò, eccitata e al contempo intimorita da quella scoperta.
- Gli uomini sono sempre così concentrati a guardare ciò che li sovrasta che spesso dimenticano di prestare attenzione a quello che hanno sotto ai piedi… - fu il commento che ottenne.
- Restami vicina, qui perdersi è questione di un attimo… - continuò, mettendole una mano sul fianco e avvicinandola a sé.
Quel tocco sulla sua pelle nuda la fece rabbrividire, una strana sensazione di disagio a strisciarle lungo la schiena fredda e viscida, come un serpente.
Si divincolò, infastidita, e puntò lo sguardo a terra.
- Non ti preoccupare, non scappo… - borbottò.
Tutta quella situazione stava diventando decisamente assurda.
Lei, abituata a vivere alla giornata, libera ed indipendente, ma soprattutto sola, si trovava ora costretta a seguire un uomo di cui non sapeva nulla senza poter opporsi in alcun modo alle sue decisioni.
Come se non bastasse, ancora non era riuscita ad inquadrare quello straniero così misterioso.
Era una brava persona? O forse si trattava di uno scaltro approfittatore?
Persino il suo comportamento la spiazzava: a volte, doveva ammetterlo, era decisamente intrigante, altre volte dannatamente irritante.
Le stava simpatico? Gli avrebbe spaccato la testa contro un muro? Non era in grado di decidere nemmeno questo con totale sicurezza.
Quel Krohs, assieme al mistero che gli aleggiava intorno, la incuriosiva al punto di farle accantonare l’acuta antipatia che provava nei suoi confronti.
Ecco, sì, probabilmente era sempre stato questo il suo più grande difetto: la curiosità.
La stessa curiosità che da bambina le era valsa un’infinità di sberle a mano aperta sul volto, la stessa curiosità che la portava a stancarsi in fretta di luoghi e persone, la stessa curiosità che, tanti anni prima, le aveva procurato quel simpatico squarcio sul fianco.
- Probabilmente la cosa ti stupirà, ma l’Oasi era un tempo la capitale della Terra della Luce. – spiegò Krohs facendosi strada fra la folla vociante.
- E Agrat? –
Tenergli dietro si era rivelata un’impresa molto più complicata del previsto, il fiume di persone continuava a sospingerla nella direzione opposta a quella in cui stava andando.
Krohs rise di una risata amara, intrisa di un antico dolore che Leth non comprese.
- Agrat? Quella città è in piedi da meno di trent’anni, ma tu sei troppo giovane per saperlo… -
- Trent’anni? Ma no, devi sbagliarti! Ci sono le rovine, e le tombe degli Antichi Re, e la Fiera degli Schiavi era la settantaquattresima… - obbiettò la ragazza, enumerando tutto ciò che potesse dimostrare una datazione più antica della città.
L’uomo scosse la testa, il sorriso ormai completamente svanito dalle labbra.
- Non farci caso, lascia perdere… - biascicò, quasi deluso dalla piega che aveva preso quella discussione.
- Vieni, siamo arrivati… - concluse poi, afferrandola senza preavviso per un braccio e trascinandola in un vicolo scavato nella roccia viva.
Leth si concesse di alzare lo sguardo e di saziare, almeno in parte, la sua curiosità.
Ai livelli più bassi la città nascosta era illuminata da file di grandi torce crepitanti, ma a mano a mano che si risaliva la voragine verso la superficie le fiaccole diminuivano di numero e di dimensione, fino a scomparire totalmente al primo livello, dove si trovavano loro.
Lì la luce filtrava direttamente da finestroni magistralmente costruiti affinchè dall’esterno non si potesse notare la loro presenza.

Chissà quante volte le ho calpestate senza saperlo…

Pensò, gli occhi rivolti alle grandi cupole di vetro piombato.
La strada principale, un enorme sentiero a chiocciola che si snodava fino alle fondamenta della terra, era costeggiata da immense statue di uomini e donne che Leth non conosceva. Intuì che dovevano essere stati Re e Regine di quelle terre molti anni prima che lei vi mettesse piede, ma preferì non fare domande, imbarazzata dall’ignoranza appena mostrata.
Dallo stradone si dipanavano a raggiera un’infinità di stradicciole più piccole e di vicoli come quello in cui si trovavano al momento.
La sua piccola pausa di osservazione, però, fu interrotta bruscamente dall’ennesimo strattone.
Krohs, senza avvisare come al solito, l’aveva trascinata all’interno di una bottega dalle medie dimensioni, ma che sembrava molto più piccola per via dell’enorme quantità di cianfrusaglie sparse qua e là senza ordine alcuno.
Dalla parte opposta alla porta d’ingresso, semi sommerso da quintali di carte e mucchi di oggettini di metallo, se ne stava un lungo bancone da lavoro, alle sue spalle, una piccola porticina da cui filtrava uno spiraglio di luce.
Krohs avanzò dritto verso il bancone, mentre Leth osservava incuriosita tutto quel ciarpame, cercando di non colpire le decine di gabbie vuote che pendevano dal soffitto.

Chissà che roba c’era dentro…

Solo quando udì dei passi pesanti avvicinarsi si voltò di scatto e, incerta sul da farsi, corse ad affiancare il compagno di viaggio.
- Siamo in pausa, non avete letto il cartello? – sbottò una voce pastosa proveniente da dietro la porticina.
Ne fece capolino un uomo basso, tarchiato e riccioluto, gli occhi sporgenti e un grande grembiule di cuoio appeso al collo.
- Ah, Krohs, sei tu! Vecchio cane, quante volte ti devo dire che odio essere disturbato mentre mangio? – berciò, sbattendo un pugno sul bancone.
- Anche per me è un piacere rivedeti, Oluk! – replicò quello, facendo scoppiare a ridere entrambi.
Il padrone della bottega si fece serio di colpo e abbassò il tono della voce, appoggiando i gomiti sul bancone e sporgendosi in avanti.
- Com’è andata? Hai avuto grane mentre lo tenevo io? – bisbigliò, tanto che Leth non fu certa di aver udito del tutto la domanda.
Krohs le lanciò un’occhiata obliqua e tornò a concentrarsi su Oluk.
- Niente di sospetto, per ora… Ci sei riuscito? – ma la sua frase era poco più che un soffio, quasi avesse temuto ci fosse qualcuno ad origliare.
Il bottegaio annuì senza togliere gli occhi da Leth.
- Almeno per quanto riguarda il mio ambito di competenza. Per il gioiello temo dovrai rivolgerti alla vecchia Lyd… -
A questo punto Krohs rizzò la schiena, quella non doveva essere una buona notizia per lui.
- Fino al Lago? Ma sono quindici giorni di cammino! – esclamò contrariato.
Oluk si strinse nelle spalle, facendo sparire completamente il collo taurino.
- Mi dispiace, Krohs, ma l’anima è scheggiata, e sai benissimo che io non sono in grado di riparare un danno simile… - continuò, un po’ seccato dalla reazione del viandante.
Quello sospirò, mettendo mano alla sua sacca e tirandone fuori un vecchio borsello di cuoio.
- Quanto ti devo? –
Ma il padrone della bottega non gli rispose, continuando a fissare in modo insistente Leth, che nel frattempo si era appoggiata con i gomiti al bancone, stufa di non capire un tubo di quello scambio di battute.
- Ah, lei è con me, non ti preoccupare… - fece Krohs con un sorriso tranquillizzante.
Oluk la squadrò da capo a piedi, scettico.
- Quindi viaggi in compagnia, adesso… - commentò rivolgendo all’amico uno sguardo che Leth non comprese. Sembrava a metà fra l’occhiata inquisitoria e quella di rimprovero.
Krohs sbuffò, infastidito da un’allusione che solo lui sembrava aver colto, poi aprì il borsello e ne trasse quattro monete d’oro che sbatté con violenza sul bancone.
- Vedi di farteli bastare. – disse ignorando deliberatamente l’insinuazione del negoziante.
Quello scosse la testa e afferrò le monete, lasciandole scivolare in una tasca del grembiule, poi sparì dietro la porticina e ne riemerse poco dopo, fra le mani un qualcosa avvolto in un panno chiaro.
- In ogni caso cerca di non sovraccaricarlo, anche se l’ho temprata alla vecchia maniera non so quanto la cornice possa resistere. –
Krohs afferrò il pacchetto e con un gesto rapido e quasi stizzito lo infilò nella sacca.
Fece un cenno di saluto a Oluk e si incamminò verso la porta.
- Vieni, Leth, qui abbiamo finito. –
Ma Leth non lo seguì.
- Senti, tu sei una specie di fabbro, ho capito bene? – domandò invece all’abitante dell’Oasi, i gomiti sempre sul bancone e il mento poggiato sulle mani.
In uno specchietto dalla cornice d’avorio vide Krohs roteare gli occhi, evidentemente sperava di andarsene in fretta.
Oluk inarcò un sopracciglio irsuto con fare teatrale.
- Una specie di fabbro? Oh, io sono molto più di una specie di fabbro, ragazzina… -
Il viandante alle loro spalle incrociò le braccia al petto e prese a battere il tempo con la punta dello stivale.
- Oluk, non ricominciare… - lo ammonì.
Leth lo ignorò, gli impertinenti occhi color del cielo ancora fissi sull’uomo dietro al bancone.
- Saresti in grado di togliermi queste catene? – domandò mostrando i polsi arrossati e lo spesso anello di ferro che portava al collo.
Mezz’ora dopo, Leth e Krohs stavano camminando tranquilli per le vie dell’Oasi. Beh, Krohs era tranquillo, perché la ragazza continuava a saltellare qua e là tutta emozionata, inneggiando un po’ alla scoperta di quella meravigliosa città e un po’ al fatto che, finalmente, fosse riuscita a togliersi di dosso quelle maledette catene.
Non riusciva a smettere di guardarsi intorno, sempre più stupita dai particolari che ad ogni passo colpivano il suo sguardo: la strana vegetazione che cresceva rigogliosa nonostante la poca luce, il rumore di un corso d’acqua laggiù, infondo alla conca, gli abiti dei passanti tutti diversi per foggia e colori…
Quel luogo era diverso da Agrat: mentre nella capitale ogni cosa era statica, sempre uguale, familiare, lì all’Oasi tutto era nuovo, tutto era diverso, tutto era unico.
Chissà perché se ne stavano nascosti…
Si recarono in mille e mille botteghe diverse, Krohs comprò dei coltelli nuovi, un arco leggero di quelli usati dai cacciatori a cavallo e una faretra con un po’ di frecce dalla cocca in piume di cigno.

Ci trattiamo bene…

Osservò fra sé e sé la ragazza, un sorrisetto a incresparle le labbra.
Aveva notato che da quando erano usciti dalla bottega di Oluk il suo compagno si era fatto più cupo, più nervoso, ma dopo un paio d’ore anche quella sensazione svanì nel nulla, cancellata dal quel sorrisetto così simile a un ghigno che ormai aveva imparato a riconoscere.
- Avrei voluto viaggiare durante la notte per non soffrire il caldo, ma non so quanto ci convenga… Prenderemo due cavalli a nolo domattina e partiremo alle prime luci dell’alba: se restiamo sul sentiero in due giorni dovremmo raggiungere il fiume. – spiegò, in piedi di fronte a un grande edificio scavato nella roccia.
- Spero che questa locanda incontri i tuoi gusti… - aggiunse con ironia.
Leth arrossì, ma non certo per la poco velata allusione a tutte le sue precedenti lamentele.
- Vai… vai tu, io… Ci incontriamo qui di fronte domattina, d’accordo?-
Ma a Krohs non piacque quella risposta.
Le si avvicinò, le sopracciglia aggrottate e qualcosa nel portamento che mise la giovane in allerta; era come se avesse dovuto essere pronto a difendersi da qualcosa, o da qualcuno…
- Per quale motivo non ti va bene la locanda? Hai forse qualche appuntamento? – insinuò, la voce ridotta a un roco sussurro e la mano stretta attorno al suo braccio.
Leth arrossì ancora di più e si divincolò.
- Per chi mi hai presa?! Non ho mica intenzione di venderti ai tuoi nemici, che fra l’altro nemmeno conosco! Non ho i soldi con cui pagare la stanza, è per questo che preferisco dormire fuori! –
Krohs fece un passo indietro e abbassò lo sguardo, adesso era lui quello in imbarazzo.
- Ah, io… Non ti preoccupare, ho denaro a sufficineza per entrambi… - azzardò, nella speranza di rimediare all’offesa.
La ragazza alzò il mento e incrociò le braccia al petto.
- Nossignore, non intendo avere altri debiti! Tu sistemati pure, io andrò a fare un giretto e guarderò se trovo qualcosa di interessante qui in giro… Ci si vede! – e con un ghigno sparì fra la folla, senza lasciargli il tempo di replicare.
- Leth, ti ho detto che…! – niente da fare, se n’era già andata…
Krohs chiuse gli occhi e spospirò, incamminandosi verso l’interno della locanda.
Lo sapeva, non avrebbe mai dovuto coinvolgere quella ragazza…
Nel frattempo Leth aveva raggiunto lo stradone ed era scesa di un paio di livelli; lì la luce era meno intensa rispetto alla superficie, ma comunque sufficiente per poter passeggiare in totale tranquillità. Questo era sicuramente un punto a suo favore: paradossalmente era molto più difficile rubare in un vicolo buio e desolato, dove le persone erano istintivamente sull’attenti.
Di solito, per il lavoro, si concedeva almeno un paio d’ore d’osservazione, giusto per studiare un po’ i suoi bersagli e decidere quale fosse il momento migliore per colpire, ma quella volta non poteva permettersi un lusso simile, o avrebbe rischiato di fare sera senza aver raggranellato niente.
Da quel poco che aveva capito Krohs non si sentiva tranquillo in quei luoghi, angosciato dall’eventualità di essere seguito da chissà quale nemico. Probabilmente la colpa era da attribuirsi a quello strano fagotto che avevano recuperato da Oluk. Cosa c’era dentro? Che Krohs l’avesse rubato a qualcuno e questo qualcuno lo rivolesse indietro? O forse era lui che rischiava di essere derubato? Magari quel coso che nascondeva faceva gola a più gente di quanto non pensasse…

Bene, vorrà dire che indagherò!

Decise mentre seguiva con aria distratta un signore altrettanto distratto e, scivolandogli affianco nella calca, gli sfilava tranquillamente un sacchetto dalla cintura e lo appendeva alla propria, aiutandosi a nasconderlo con il mantello.
Con perfetta nonchalance, si allontanò dallo sconosciuto e passò rasente al banchetto di una bancarella di frutta e verdura, lasciando cadere una manciata di datteri secchi nel borsello e sgraffignando di nascosto due mele e un sacchetto di banane essiccate.
Soddisfatta del suo bottino, decise di defilarsi per controllare cosa ci fosse di interessante nel borsello che aveva sottratto al tizio distratto.
Lo aprì con mani tremanti e pocò ci mancò che si mettesse a gridare di gioia.
Ancora incredula, ficcò una mano nel borsello e ne estrasse una manciata di monete d’oro, notando con gioia che il sacchetto era
ancora bello pesante; a occhio e croce doveva contenere più o meno seicento Trali.

Ho praticamente pareggiato il bilancio della scorsa settimana! Stasera si mangia!

Esultò interiormente, ficcando tutto quanto in una delle grandi sacche che portava appese alla cintura e trotterellando nella direzione da cui era arrivata, raggiante all’idea di potersi permettere una notte in un letto come si deve dopo tutte quelle trascorse in prigione o camminando assieme a Krohs.
A proposito di Krohs, lo ritrovò poco più tardi ad aspettarla di fronte alla locanda, lo sguardo assente perso nella calda luce del tramonto che filtrava dalle cupole.
Aveva già cenato, così Leth divorò in fretta e furia il suo pasto, una zuppa calda che si premurò di bere molto rumorosamente, e lo raggiunse al bancone dove stava consumando una pinta di birra scura.
- Allora, capo, a che ora ci si vede domani? – chiese, rubandogli un sorso di birra.
Krohs sospirò e si riappropriò del boccale con un gesto secco.
- Certo che tu sei proprio cresciuta allo stato brado, eh? – commentò per poi scoprire i denti e accarezzarsi il pizzetto.
- Visto che non tornavi ho pensato di prenotare comunque una stanza per due. Ci penserò io a svegliarti domattina. – spiegò, terminando la sua birra e lasciando una moneta di mancia al garzone.
- Spero che la cosa non ti imbarazzi… - continuò con fare malizioso.
Leth si esibì in un ghignetto trattenuto, .
- Non vedo perché dovrei essere imbarazzata a dividere la stanza con un vecchietto! – replicò, lasciando l’uomo di stucco.
- Hey! Non sono vecchio, piccola selvaggia! – ribatté, inseguendola su per le scale che portavano alle camere da letto.
- Certo, certo, nonno! -  rise lei, piantandosi a braccia conserte in mezzo al corridoio.
- Allora, da che parte? – chiese senza togliersi quel sorrisetto sfacciato dalle labbra, mentre in cuor suo, in realtà, pregava che i letti fossero separati.
Preghiere che si rivelarono ascoltate dagli dei: la stanzetta, piccola e dall’arredamento spartano, era provvista di due letti divisi da un piccolo comodino di legno, accanto alla finestra un vecchio specchio incrostato di ruggine.
- Meraviglioso! Ah, quanto mi mancava poggiare la schiena su un materasso! – esclamò lanciandosi a pesce sul letto che aveva appena designato suo.
Si sfilò mantello, cinture e stivali e li lanciò su una panca che se ne stava accanto allo specchio, per poi infilarsi alla velocità della luce sotto le lenzuola.
Krohs scosse la testa e appoggiò ordinatamente tutte le sue cose ai piedi del letto, liberandosi della camicia ed estraendo dalla sacca l’involto che aveva recuperato alla bottega quel mattino.
Lo infilò sotto il cuscino, poi fece per parlare a Leth, salvo notare che la ragazza si era addormentata come un sasso.
Sorridendo andò a spegnere il lume che aveva acceso entrando nella stanza, ma passando di fronte allo specchio la sua espressione si smorzò di colpo: nel suo cuore avevano preso a rimbombare cupe le  parole che Oluk gli aveva rivolto.
A quanto pare, alla fine, anche lui aveva preso a viaggiare in compagnia…








 
Note:

E anche il terzo capitolo è giunto a un termine!
Sì, lo ammetto, la storia ci sta mettendo un pochino ad ingranare, ma questi capitoli di transizione sono necessari un po' a conoscere meglio i nostri personaggi e un po' a preparare il terreno per la vera vicenda.
Krohs e Leth, dopo una notte e una mattinata di cammino, sono giunti all'Oasi. Com'è che Leth non ne sapeva niente? E cosa significa il discorso che Krohs ha incominciato ma non ha voluto concludere?
Ma specialmente, cosa diamine è andato a recuperare da Oluk?
Insomma, gli interrogativi iniziano a diventare davvero tanti, ed è giunto il momento per Leth di scoprire in quale assurda vicenda il suo onore l'abbia catapultata.... E magari anche di capire che razza di elemento sia questo Krohs!
Niente da fare, adoro il modo in cui questi due si punzecchiano di continuo... <3 xDDD
Come sempre, ringrazio infinitamente chi legge/segue/preferisce/recensisce, siete la mia vita! <3
Kisses,
Koori-chan
  
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