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Autore: Manny_chan    30/04/2014    2 recensioni
Amastra, città oscura colma di magia e di creature misteriose.
Ci sono persone che sognano di abitarci, persone che desiderano scappare da essa e persone che vorrebbero solamente poterla visitare per una volta.
Raven è uno di loro. Quando l'occasione di coronare il suo sogno è a portata di mano la coglie al volo.
Ciò che non sa però è che non tutte le creature che popolano Amastra sono degne di fiducia e quello che sembra un sogno potrebbe presto assumere tinte ben più cupe...
Tra fate, naga e un grosso inganno, l'avventura di Raven rischia di trasformarsi in un incubo... o forse no?
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Restarsene con Yaksha si stava rivelando meglio del previsto.
Raven si sgranchì la schiena, si ogni tanto lo faceva sgobbare ed era molto arrogante e pretenzioso. Però Parlava la sua lingua e non gli sibilava contro ogni volta che ne aveva l’occasione.
Amava molto, forse troppo, il suono della sua stessa voce, ma era di buona compagnia, ed era  molto curioso riguardo al mondo al di fuori del loro territorio, che non aveva mai visto e, per ricambiare, gli permetteva di leggere i libri della grande biblioteca del palazzo.
Era capitato addirittura che li leggessero insieme, anche se Raven mal sopportava la vicinanza della coda di Yaksha, non riusciva a farsene una ragione. Per la Dea quanto gli dava i brividi!
Passavano molto tempo assieme; in quel momento però, Yaksha sembrava sparito. Non era nelle sue stanze e non lo aveva visto lungo i corridoio. Anzi, non aveva visto nessuno nei corridoi, dove diavolo erano tutti?
Incrociò Mashe, fuori dalla sala del trono. La cameriera lo guardò storto, poi accennò alla stanza con un brusco cenno del capo. Erra furiosa con lui e si vedeva, cosa aveva fatto quella volta?
Entrò quatto quatto nella sala, che si rivelò piena di naga. Al centro Yaksha stava fronteggiando un naga adulto. I capelli scuri e ricci e la colorazione delle squame, così simile a quello del giovane principe faceva pensare che fosse il tanto atteso padre, che era arrivato ad incutere terrore.
Più che spaventato però il giovane principe sembrava furioso. Le zanne completamente snudate si erano conficcate nel labbro inferiore, ferendolo. Yaksa però non sembrava curarsi del sangue e del veleno opalescente che gli colavano sul mento. Fremeva di rabbia repressa, riusciva a vederlo anche da lì.
Non riusciva a capire cosa stava succedendo, si avvicinò ancora. Il re sembrava ancora più furioso. I suoi sibili rabbiosi gli facevano venire la pelle d’oca. Alcuni dei presenti sembravano soddisfatti. Una delle guardie accanto a lui si lasciò sfuggire una risata soffocata. “Smettila”, lo riprese un suo collega. “Oh, andiamo”, gli sussurrò in risposta. “Non dirmi che non stai godendo anche tu nel vedere il principino in difficoltà.  Col sovrano deve abbassare la testa anche lui.”
L’altra guardia scrollò le spalle, mentre Yaksha decideva di averne abbastanza e cominciava, a mezze sillabe, a cercare di farsi valere. “Non particolarmente. Nonostante le sue decisioni siano in contrasto con quelle del re, non si può dire che non sia un buon…”
Il violento schiocco di uno schiaffone li fece trasalire, interrompendoli. Raven riportò lo sguardo sui reali. A quanto pareva il sovrano non aveva gradito quel tentativo di imporsi, ed aveva schiaffeggiato con violenza il giovane principe, che si era ammutolito di colpo.
“Di cosa stanno parlando?”, sussurrò, incapace di trattenere la sua curiosità.
La guardia nemmeno si voltò. “Di te”, disse solo.
Raven sbatté le palpebre. Di lui?
La cosa gli fu confermata dall’occhiata rovente che Yaksha gli lanciò, mentre furente ed indignato, attraversava la sala, per uscire dal salone. Qualunque cosa fosse, doveva essere importante…
Sgattaiolò fuori anche lui, per seguirlo, ma il principe sembrava essere già sparito.
Raggiunse la camera di Yaksha , bussando.
Stava chiedendosi se non fosse fuggito al laghetto quando Yaksha rispose; "Andate via!" gridò irato.
Raven si guardò intorno. Per quanto decisamente intrattabile, Yaksha era l'unico in quel posto con cui non si sentiva a disagio. Nonostante il pessimo carattere.... Be, gli dispiaceva sapere che era lì dentro da solo, a rimuginare.
Aprì lentamente la porta, sbirciando dentro.
Gli si strinse il cuore nell'individuare la sagoma del giovane principe, rannicchiato sul letto con un cuscino stretto al petto, in cui aveva seppellito il viso.
Era una reazione così umana da lasciarlo spiazzato.
"Cosa sei, sordo o scemo? Vattene via!"
La voce aspra di Yaksha gli giunse attutita dal cuscino. Invece che farlo esistere quell'invettiva lo spinse a entrare, chiudendosi la porta alle spalle. "Va tutto bene?", domandò cautamente.
Yaksha si rizzò di scatto, fulminandolo con un occhiataccia. "Ti sembra che vada tutto bene?!" sibilò. Il viso era congestionato, contorto dalla rabbia. La stessa rabbia i cui sfavillavano gli occhi lucidi. Le zanne non si erano ancora ritratte e continuavano a torturare il labbro inferiore. "No, dimmelo, ti sembra che vada tutto bene?!"
Raven sospirò. "No", ammise.
Yaksha sospirò. “Bell’intuito… Immagino che se non ti prendo di peso e non ti scaravento fuori da qui non te ne andrai, vero?"
Raven accennò un sorriso divertito, raggiungendolo. "Esatto", disse, Facendogli sollevare il viso per dare un’occhiata al labbro. Il giovane naga voltò la testa di lato. "Vattene, seriamente", disse, debolmente. Meno convinto.
Raven sospirò, prendendogli il mento con una mano e facendoglielo voltare di nuovo. "Ti capisco, credimi", disse, e sorrise ancora alla sua espressione scettica.
 "Anche mio padre era decisamente prevaricatore ed esigente. Io desideravo la sua approvazione, ma a lui non andava mai bene nulla. E' qualcosa che ti ferisce profondamente."
Yaksha sibilò, infastidito. "Non hai capito nulla. Ovvio che mi interessa avere la sua approvazione, ma non ne faccio un dramma se non è così", gli allontanò la mano con un colpo secco. “Quello che brucia è l'umiliazione, non perde occasione i riprendermi avanti alla servitù, alle guardie, a chiunque! Mi umilia pubblicamente ogni volta che qualcosa non gli va a genio."
Si divincolò dalla sua presa, spingendolo via. "Mi fa sentire un moscerino, un ragazzino stupido, e lo fa davanti a tutti! Tu sei un poveraccio, cosa ne vuoi sapere di autorità e giochi i potere?!"
Sibilò, ansante e rabbioso.
Raven indietreggiò appena, guardandolo in silenzio. Guardando quegli occhi color ametista, sgranati per la rabbia. Per un lungo minuto nessuno dei due parlò o si mosse.
Alla fine, stranamente, fu Yaksha a distogliere lo sguardo, alzandosi dal letto
"Ho voglia di un bagno.", disse, seccato.
Raven sospirò. Era chiaro che lo stava congedando. "Vado a chiamare Mashe?", chiese.
“No...", la voce di Yaksha lo fermò sulla porta. “Occupatene tu"
"Io?" chiese Raven, sconcertato. "Ma...:"
"Non ho voglia i vedere nessuno... per favore", mormorò Yaksha stancamente, scuotendo la testa.
Quel per favore, più unico che raro sulle labbra del principe, convinse Raven che doveva essere proprio distrutto.
Annuì, attraversando la stanza e mettendo piede per la prima volta nella stanza da bagno.
Era una profusione di marmo scuro e venature d'argento. Guardandosi intorno individuò il bacile per riempire a vasca scavata direttamente nel marmo. In un angolo sgorgava, come una piccola fontana, un flusso ininterrotto di acqua termale che veniva dalle profondità del palazzo.
Dea, non aveva mai visto nulla di così bello...
Si diede da fare, silenzioso.
Dalla camera non arrivava più nessun rumore, sperava che Yaksha si fosse calmato.
Prese un piccolo asciugamano e lo immerse nell’acqua, tornando di là.
Yaksha era ancora accucciato sul letto, lo sguardo perso nel vuoto. Sembrava calmo, anche se ancora rimuginante. Si avvicinò con cautela per pulirgli il sangue dal mento e dal collo. Quando alla fine il naga sollevò lo guardo, accennò un sorriso. “Non volevi fare un bagno?”
Yaksha annuì, sospirando.
Si alzò e lo oltrepassò, facendogli segno di seguirlo.
Raven ubbidì, lo osservò scivolare pesantemente nell’acqua. Sembrava esausto.
Per non restare con le mani in mano prese una spazzola e si avvicinò, con cautela, per spazzolargli i folti ricci.
Il naga non protestò. Si limitò ad un aspro sospiro infelice.
“Allora…”, azzardò dopo un po’, continuando a spazzolare. “Il problema sono io, a quanto ho capito.”
“Già”
“Tuo padre non è contento della tua decisione di lasciarmi vivere?”
“Per niente.”
“Sai che questo tuo rispondere a monosillabi mi fa pensare che tu sia infuriato con me?”
Yaksha abbandonò la testa all’indietro con un sospiro. “No, tranquillo. E’ mio padre il problema… mi ha detto che sono ancora in tempo a scuoiarti e a farmi un paio di guanti con la tua pelle.”
Raven deglutì, nervosamente, mentre la spazzola gli scivolava dalle dita cadendo rumorosamente sul pavimento. “C…cosa?”
La labbra del naga si incurvarono appena, in un sorriso stanco. “Rilassati. L’idea non mi ha mai sfiorato. Gliel’ho detto chiaro e tondo”, lo tranquillizzò. “Lo schiaffone era per quello”, aggiunse amaramente dopo un attimo di silenzio.
Raven avvertì una fitta di senso di colpa per aver dubitato, seppure per un secondo, di lui. Si dimostrava insopportabile, alle volte, ma mai inutilmente feroce. “Grazie.”
Il naga lo guardò di sbieco. “Solo grazie? Niente giuramenti di eterna devozione con annesso strisciare al mio cospetto?”
Raven sbuffò, roteando gli occhi esasperato. “Cerca di non esagerare.”
Yaksha si rigirò nella vasca, appoggiando le braccia al bordo. Senza dire nulla, limitandosi ad osservarlo. Non sembrava irritato però, anzi. Appariva vagamente compiaciuto. “Sai, Raven”, disse infine, indicando una pila di morbidi teli appoggiati su uno sgabello. “Mi piace averti attorno. Sei l’unico che abbia il coraggio  di sbuffare o sollevare lo sguardo al cielo quando gli parlo. E’ divertente.”
Raven, suo malgrado, rise sommessamente, prendendo uno dei teli per poi porgerlo al naga, che vi si avvolse con un movimento sinuoso
“Vorrei restare solo, ora”
Solo in quel momento Raven si rese conto che per qualche secondo si era fermato , quasi imbambolato, ad osservare le gocce d’acqua che gli scivolavano sul collo, sparendo sotto il telo. “Sicuro?” chiese, osservandogli le labbra che poco prima erano state brutalmente dilaniate dalle zanne. Sembravano essersi gonfiate e non avevano per niente un bell’aspetto. “Non dovremmo fare qualcosa per quelle?
Yaksha se le sfiorò delicatamente, con una smorfia di dolore. “No”, disse alla fine, scrollando le spalle.
“Ma… te le sei morse!”
“Lo so, non farti prendere dal panico”, sibilò Yaksha, con un sorriso di sufficienza. “La Dea non è stupida, quando ci ha creati ci ha reso immuni al nostro veleno.”
“Questo lo immaginavo, ma…”
“Raven, Basta.”, quella volta il tono del naga suonò secco ed irritato. “Va fuori di qui!”
Raven ammutolì all’istante ed indietreggiò fino alla porta. “Come vuoi…”, disse altrettanto bruscamente. “Immagino sia troppo sperare in un po’ di riconoscenza…”, sibilò a mezza voce, chiudendosi la porta alle spalle…
 
                                                                       *   *   *
 
Rimasto solo Yaksha si prese il viso tra le mani, respirando lentamente. Attese qualche minuto, poi andò a spalancare l porta, per chiamare Mashe.
La nagini però l’aveva anticipato, era già fuori dalla stanza, in attesa. Gli sorrise, dolcemente, entrando. “Ha aspettato più del solito a chiamarmi”, disse, scivolando dentro ed appoggiando sul mobile un vassoio pieno di medicazioni. “Finirete per staccarvele  quelle labbra se continuate a morderle così quando siete furioso.”
Yaksha si sistemò sul letto, con un sospiro. “ O mordo me, o azzanno mio padre, i casi sono due.”
Mashe scosse la testa, divertita. “Lo immagino…”, disse, tamponandogli le labbra con una garza imbevuta di un liquido bluastro.  “Sbaglio o era il giovane umano quello che è uscito dalla vostra camera poco fa? Ha qualcosa di straordinario il fatto che se ne sia uscito sulle sue gambe dopo avervi avvicinato in questo stato.”
Yaksha scrollò le spalle, sibilando di dolore. “Mi piace”, borbottò
“Vi piace?”, la nagini aggrottò la fronte. “In che senso vi piace?!”
Il principe fece un segno noncurante con la mano.  “E’ di buona compagnia. Tutto qui.”
“Un umano?”
“Si, Mashe, un umano. Non ho mica detto che mi piace una mucca! Non siamo così diversi.”
“Se lo dite voi…” La nagini scrollò le spalle, finendo di medicarlo e raccogliendo poi le sue cose. “Buonanotte, principe Yaksha”, lo salutò dolcemente, prima di uscire.
 
                                                                       *   *   *
 
Raven stava cercando di addormentarsi. Ma il nervoso preso poco prima gli impediva di prendere sonno.
Quando finalmente sembrò raggiungere quella calma che gli avrebbe permesso di dormire, la porta dello sgabuzzino si spalancò di colpo, facendolo sobbalzare.
“Cosa…”, biascicò.
Yaksha si guardò intorno, con le mani sui fianchi. “Tu dormi qui?”, chiese. In tono leggermente disgustato.
Raven sentì il sangue ribollire. “Cosa vuoi? Ti serve qualcuno che ti faccia da anti stress?”, ringhiò, voltandogli le spalle e rigirandosi sul mucchio di vecchie lenzuola che gli faceva da giaciglio.
“No. Alzati e seguimi, forza”, disse, senza aspettare di vedere se ubbidiva. Gli voltò le spalle allontanandosi lungo il corridoio.
Raven sbuffò, infastidito, alzandosi con un mugolio di disappunto e seguendolo lungo i corridoi, finché il naga non si fermò davanti ad una porta. La aprì e gli fece segno di entrare. “Non mi sono mai preoccupato di dove ti avessero sistemato, ma mi sembra fin troppo indecoroso anche per un ladro starsene su un mucchio di coperte in uno sgabuzzino.”
La stanza non era certo bellissima. Ma raven fu più che felice di entrarvi. C’era un letto. Un letto vero!
“Potrei commuovermi”, ammise, voltandosi verso il naga. “ E a cosa devo questa improvvisa generosità, quando poco prima mi hai buttato fuori a calci, per così dire, dalla tua camera?”
Il Yaksha accennò un sorriso.
“Ero arrabbiato”, disse, mentre si chiudeva la porta alle spalle. “Ma al contrario di qualcuno, so dimostrare gratitudine”, aggiunse, lanciandogli un ultima frecciatina, prima di allontanarsi, lasciandolo solo…
 
 
 
   
 
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