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Autore: hollowlord69    01/05/2014    1 recensioni
Qualcuno a cui il Cavaliere oscuro tiene molto è in grave pericolo. Per salvarlo, Batman avrà bisogno dell'aiuto del suo peggior nemico.
Peccato che Joker sia misteriosamente scomparso.
Azione,mistero e colpi di scena nella mia primissima fanfic.
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Harley Quinn, Joker, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutti i componenti della cosiddetta Bat-family erano lì riuniti.

C’era Dick Grayson, il primo Robin ora conosciuto come Nightwing, il cui volto segnato da mille avventure come aiutante del cavaliere oscuro era corrucciato e malinconico.

Cassandra Cain attuale Batgirl, seria e posata come sempre. Colei l’aveva preceduta, Barbara Gordon, costretta sulla sedia a rotelle ma comunque indispensabile al gruppo.

Damian Wayne, il suo intraprendente e cocciuto figlio biologico, che con Tim si divideva il ruolo di Robin.

Alfred che, nonostante i tanti anni passati al servizio della famiglia Wayne  e come primissimo, paziente assistente di Batman, sembrava non invecchiare mai.

C’era Stephanie Brown, alias Spoiler, il cui carattere infantile e ironico riusciva a rallegrare anche gli attimi più cupi.

Ora però l’ansia che provava in quel momento per la sorte del ragazzo che amava, steso nel letto davanti al quale era seduta, rivaleggiava con quella di tutti i presenti messi assieme.

Beh, non proprio tutti se si contava anche lui, Bruce, che dava le spalle agli altri assorto in chissà quali pensieri.

“Cosa…cosa ha detto Fox?” chiese esitante Barbara rompendo il silenzio che aleggiava in quella stanza ormai da quasi un’ora.

Nessuna risposta.

“Bruce?”

“L’antidoto che gli ha dato ha neutralizzato la componente letale. Non è più in pericolo di vita.” Rispose l’Uomo Pipistrello con voce atona.

Tutti tirarono un sospiro di sollievo.

Tutti meno Stephanie che ancora teneva la mano destra di Tim serrata nelle sue.

“Ma non può fare nulla per il coma. Senza un vero rimedio potrebbe non svegliarsi più.”

“Allora troviamo Joker alla svelta e spremiamogli l’antidoto.” Dichiarò Damian, pratico.

“Stavo appunto per preparami a cercarlo”.

“Questo è lo spirito” fece Dick “Vedrai che lo troveremo dovessimo setacciare tutta Go…”

“Voi non setaccerete un bel niente. Andrò da solo” disse Bruce con voce sepolcrale.

“Sì certo, così ti farai spedire in coma anche tu.” Sbottò Damian ironico.

Di nuovo, il padre rimase zitto.

“Non sei forse tu ad avermi insegnato a non prendere le cose troppo sul personale, soprattutto quelle così gravi ed importanti? Avanti datti una calmata e poi partiamo tutti per… ”

Bruce finalmente si voltò.

La sua espressione bastò a zittire Wayne junior. A volte riusciva a incutere timore anche senza maschera.

“Sono contento che tu sia diventato abbastanza maturo da farmi la paternale. Ciò che dici è saggio.

Ma non cambia il fatto che ne tu ne nessun altro mi seguirà.”

“Non sei l’unico che vuole aiutare Tim”. A parlare era stata Stephanie.

Non aveva aperto bocca da quando lui le aveva raccontato cos’era successo.

“Vero. Anche noi teniamo a lui. E a te.” Continuò Cassandra “Siamo la tua famiglia Bruce. E tu sei la nostra.”

“Anche io ti seguirei se non fossi bloccata qui, lo sai” disse Barbara con fierezza.

“Si lo so! Ed è proprio perché siete l’unica famiglia che ho che non posso permettermi che vi accada qualcosa!”

Non capitava spesso di vedere Bruce fare di quelle scenate. Non era mai un bello spettacolo “Sentite. Io non mi sono svegliato un bel giorno decidendo di essere un supereroe. Ho affrontato innumerevoli sfide quando ancora avevo l’età di Tim. Anche voi le avete affrontate, e ci farete i conti anche in futuro.

So quello che faccio. So cosa dico. E so che la cosa giusta è che io cerchi Joker da solo. Ma ho comunque bisogno che voi facciate qualcosa per me. Ed è fidarvi. Fidarvi del fatto che tornerò qui da voi sano e salvo. Fidarvi di me quando vi dico che recupererò quell’antidoto dovessi stillarlo dalle vene di Joker goccia per goccia. ”

Nessuno parlò. Il silenzio tornò nella lussuosa stanza da letto di Bruce. Ma solo per poco.

“Tu che ne pensi Al?” chiese Damian.

“Penso che il signor Bruce non abbia torto. Quando si infiamma e  fa di questi sermoni tende a mantenere ciò che promette.”

“Questi sermoni li ho imparati proprio da te.”

“Appunto per questo li comprendo così bene.” Rispose l’anziano maggiordomo sorridendo.

“Allora avanti sbrigati e trova quell’antidoto” disse Damian “E dai un pugno a Joker da parte mia.”

“Non abbassare mai la guardia.” Si raccomandò Cassandra.

“Sii prudente” disse Barbara.

“Buona fortuna.” Gli augurò Dick.

“Copriti che fuori fa freddo.” Mormorò Stephanie.

Tutti la guardarono perplessi.

“Beh che c’è? Quello che pensavo io l’avete già detto voi! Non è mica facile  incoraggiare la gente in queste situazioni che credete?

   

 

E così eccolo lì.

Ancora una volta con la maschera e il mantello.

Ancora una volta nella selvaggia Gotham notturna.

L’insegna intermittente del sontuoso night club davanti a lui gli faceva l’occhiolino mandando bagliori rosati  ogni pochi secondi.

La scritta recitava ICEBERG LOUNGE.

Là dentro c’era l’unica persona in tutta la città in grado di svelargli tutti i segreti della criminalità gotamita.

Per ironia della sorte, questa persona era anche uno dei suoi elementi di spicco.

Costeggiò rapidamente l’edificio  e si arrampicò agilmente fino a raggiungere la finestra dove si trovava la stanza-ufficio del proprietario.

Trovò un paio di scagnozzi di guardia ma li mise fuori combattimento in pochi secondi e alla chetichella.

Ne trovò uno anche  sul balcone dell’ufficio. Lo arpionò rapidamente con il rampino e lo spedì nel mondo dei sogni con un solo colpo.

Saltò sul balcone e mise la mano sulla maniglia di un’anta.

“Porca miseria! C’è Batman!”

Si voltò lentamente.

Cinque tizi con in mano dei fucili e un passamontagna bianco e nero erano comparsi alle sue spalle dal tetto adiacente alla finestra più alta del club.

Nella fretta aveva dimenticato di seguire l’avvertimento di Cassandra.

Ma non era un problema li avrebbe sistemati in fretta.

“Non fatemi perdere tempo ragazzi. Voglio solo parlare col vostro capo”  

“Certo, che ci pagherà profumatamente quando saprà che ti abbiamo tolto di mezzo!” esclamò uno di loro trionfante.

“Pensate davvero di avere speranze contro di me?”

“Speranze? Senti un po’ stronzo di un pipistrello…” mentre parlava aveva abbassato il fucile  e si era avvicinato.

A volte era fin troppo facile.

Gli ci vollero solo pochi secondi. Colpì quello che gli era venuto in contro e lanciò lontano il suo fucile, disarmò quello che stava per sparargli e mandò a terra anche lui. Prese le teste dei due che si trovavano vicini e le fece cozzare l’una contro l’altra.

Ne era rimasto in piedi solo uno, gli puntava addosso il fucile, tremando dalla testa ai piedi.

Sempre più facile.

“Ora basta.” Ordinò una voce alle loro spalle.

Apparteneva a un uomo basso e grassoccio dal naso adunco simile a quello di un rapace.

Era avvolto in una vestaglia color porpora. Oltre alla statura erano caratteristici i suoi occhi. Piccolo scuro e maligno il sinistro, coperto da uno strano oggetto di vetro il destro.

Il vetro non era altro che il fondo di una bottiglia che in passato aveva rischiato di uccidere uno degli uomini più ricchi di Gotham.

“A cosa devo questa tardiva e sgradita visita Batman?” chiese il Pinguino.

“Niente di cui tu debba preoccuparti Cobblepot. Voglio solo fare due chiacchiere con te.  ”

“A quest’ora? Nel mio ufficio? Spero che tu non ti offenda, ma non sei proprio il genere di compagnia che mi piace avere la notte.”

“So bene con chi preferiresti stare” ribattè Bruce imperturbabile ”Ma se ti rifiuti devo pensare che hai qualcosa da nascondere. E se hai qualcosa da nascondere…”

“Ok! Ok! Avanti entra prima che mi venga un’emicrania.” sbottò il criminale spazientito.

“Ma che ti è capitato?” chiese Batman mentre entrava nel lussuoso ufficio.

In effetti il boss dell’Iceberg Lounge non era mai stato una bellezza ma aveva di certo visto giorni migliori di quello.

Sulla testa, poco sopra la fronte, c’era un grosso livido, ancora un po’ gonfio malgrado il grosso cerotto di garza dall’aria consunta e vecchia che lo copriva a malapena.

“Sei venuto a farti gli affari miei?” ringhiò lui in risposta.

“Sì se servirà per trovare ciò di cui ho bisogno.” Rispose Bruce imperturbabile “cosa sai della scomparsa di Joker?”

Il Pinguino fece una smorfia e si massaggiò il cerotto “So che parlarne mi dà parecchio fastidio. Innanzitutto perché,  so che ti sembrerà incredibile ma è così, non ne so praticamente niente. E non sapere dove vanno e cosa fanno quei cerebrolesi dei miei colleghi mi dà abbastanza sui nervi.”

Questo era un problema. Se nemmeno Cobblepot non sapeva qualcosa sulla malavita di Gotham la faccenda era più strana di quanto già non sembrasse. Non era da escludere che stesse mentendo ma non ne avrebbe avuto motivo. Sapeva che Batman poteva dargli parecchi problemi se non collaborava.

“Non sai proprio niente? Niente movimenti dei suoi scagnozzi? Niente avvistamenti sospetti?”

“No niente! Non ho visto nessuno dei debosciati che gli ronzano attorno! E ti pregherei di non girare il dito nella piaga.”

Bruce riflettè rapidamente. Poi gli venne in mente ciò che lui stesso aveva detto poco prima e provò con una domanda un po’ diversa.

“E di Harley Quinn che mi dici?”

L’espressione di Cobblepot cambiò. Se prima era arrabbiato ora era davvero furibondo.

Improvvisamente la porta dell’ufficio si aprì. Ne sbucò fuori una giovane donna con lunghi capelli rossi, vestita solo con un completo reggiseno-slip viola che copriva a malapena le sue curve prosperose “Ehm signor Cobblepot…” mormorò con aria innocente.

“Che diavolo vuoi Stacey?”

“Mi ha mandata a chiamare prima, ma non pensavo fosse occupato…”

“Sì già sono occupato! Torna più tardi magari.”

“Ehm ok…” disse la ragazza continuando a fissare Bruce con gli occhi luccicanti.

“ANCORA QUI?? SPARISCI!” ruggì il Pinguino.

Stacey si fiondò fuori dall’ufficio impaurita,mentre Cobblepot si massaggiò di nuovo il bernoccolo.

Qualunque cosa fosse successa, doveva essere qualcosa di grosso per indurre Cobblepot a scacciare via una bellona del genere.

“Volevi sapere cosa mi è successo alla testa? Va bene te lo dirò, così forse sarai soddisfatto e mi lascerai in pace finalmente.”

 

“Wow che megaufficio!! Sembra la stanza di un principe!”

La voce cinguettante di Harley Quinn fece spuntare un sorrisetto orgoglioso sul viso rugoso del Pinguino.

Normalmente se una qualunque persona che avesse avuto qualcosa a che fare con il Pagliaccio, si fosse presentato alla sua porta l’avrebbe fatta impallinare sul posto. Anche una donna. Ma sì anche una gran bella donna.

Eppure gli era bastato vedere quella signorina nel suo abito rosso con la minigonna pieghettata per cedere.

“Vedi non è che dove sto adesso  mi dispiaccia. Se c’è Mr. J non ho bisogno d’altro. Però a volte mi piacerebbe stare in un posto come questo. Solo che Mr. J preferisce posti…come dire…”

“Dismessi? Strambi? Pericolanti? ” azzardò Cobblepot.

“Tutti e tre!” squittì divertita Harley piegando la testa di lato facendo muovere i codini biondi.

“Tu mi lusinghi mia cara Harley, ma vedi, adesso vorrei proprio sapere cosa ti ha portata qui nella mia umile dimora. Vedi io e il tuo uomo non siamo in ottimi rapporti per cui…”

“Oh ma lui non sa neanche che io sono qui!”

Lui inarcò un sopracciglio pensieroso. Una delle cose che più lo sdegnavano di Joker era il fatto che dess a una ragazza tanto  deliziosa così poche attenzioni. Lui sì che avrebbe saputo come trattarla…

No! non doveva distrarsi. Anche la minima disattenzione avrebbe potuto essergli fatale. E poi quella storia non stava in piedi. Come faceva Joker a non sapere dove fosse se lei praticamente neanche si muoveva senza che lui lo ordinasse?

“Ecco…so che probabilmente tu non ti fidi per niente di me. E lo comprendo. Tutto ciò che riguarda Mr. J induce negli altri solo paura, diffidenza e disprezzo.”

Qualcosa nella voce di lei lo distrasse dalle sue meditazioni.

Il tono di Harley da dolce, invitante e infantile era diventato lamentoso e quasi gemente.

“Ne ho abbastanza di questa vita.” Dichiarò in modo melodrammatico ”La verità è che non ne posso più

di vivere ai margini della società, di essere odiata e temuta da tutti. Ma soprattutto non ne posso più di Lui.

Non fa altro che insultarmi, picchiarmi e coccolarmi solo quando ha bisogno che faccia qualche lavoro sporco o quando a voglia di divertirsi un po’!” aveva detto tutte  quelle cose in un crescendo d’ira e risentimento. E alla fine la sua voce,  sempre più alta man mano che parlava, si era spezzata in un singhiozzo disperato.

Oswald si ritrovò improvvisamente con le braccia di lei intorno alla vita e la sua testolina bionda abbandonata sul grembo.

Quando poi lei cominciò a piangere a dirotto, lui si sentì ancor più perso.-

Era la prima volta che aveva una donna così vicina e non sapeva cosa dire o come comportarsi.

Fece comunque un tentativo ”Avanti cara…non fare così…andrà…andrà tutto ehm…per il meglio…”

“E come?! Niente può andar bene con lui di mezzo ! lui distrugge tutto ciò che tocca e ha già distrutto me la prima volta che ci siamo incontrati! Di me non è rimasto più nulla. Sono inutile! Senza valore!” gemettè disperata la ragazza.

“Questo…questo non è affatto vero! Tu ehm…sei una persona stupenda, hai un sacco di talenti e sei…ecco…bella…molto bella a dire il vero…” accidenti, si sentiva di nuovo al liceo.

Senza preavviso lei alzò la testa guardandolo dritto negli occhi scuri, con le sue grandi pupille color cielo da cui le lacrime sgorgavano senza freni disfacendo l’accurato  trucco applicato sul viso “Sei così gentile. È per questo che sono venuta da te. Quando vedo le donne che ti accompagnano c’è sempre una cosa che invidio loro. Sono felici. Sorridono sempre! E non lo fanno perché sono costrette da qualche pazzoide! Lo fanno perché tu le tratti bene e le fai sentire apprezzate”.

“Anche io voglio sentirmi così. Anche io voglio essere amata Oswald.”

L’aveva appena chiamato per nome.

“Harley…che cosa vuoi dire?”

Ma lei non disse niente.

Si limitò a sorridere e ad avvicinare il suo viso a quello di lui.

Un attimo dopo, Oswald sentì due labbra morbide premute dolcemente sulle sue.

Era una sensazione incredibile. L’aveva già provata altre volte, eppure quella gli sembrò la prima. Una stupenda meravigliosa prima esperienza.

Quella ragazza, tanto più giovane di lui, gli aveva messo il fuoco dentro.

Ed era solamente un bacio.

Un bacio che lui si godette fino in fondo, lasciando che la morbidezza di quelle labbra lo trasportasse fino in paradiso…

Poi il piacere svanì. E con esso ogni altra sensazione.

Improvvisamente non riusciva più a muoversi.

Harley, che nel frattempo non piangeva più, si era alzata. Lo guardava con un misto di divertimento e  pietà.

“Povero povero Oswald! Ammaliato ed ingannato dalla donna del suo peggior nemico! Anzi da ben due donne, contando la cara amica che mi ha insegnato questa tecnica.” Disse passandosi un dito sulle labbra ”Un solo bacio… e la preda non ha più scampo.”

Fece un movimento col braccio. Improvvisamente aveva in mano una mazza.

“P-puttana…” sibilò appena Cobblepot rabbioso.

“Credimi non vorrei farti del male ma sai, un uomo Focoso come te potrebbe liberarsi un po’ troppo in fretta dalla paralisi per cui…buonanotte uccellino!!!”

la mazza colpì.

E il resto fu solo dolore.

 

“Quindi ricapitolando Harley Quinn ha fatto irruzione nel locale alla testa di un bel po’ di scagnozzi, c’è stata una battaglia, lei ti ha colpito e poi si è portata via con la forza trenta dei tuoi uomini?” riassunse Batman.

“Ehm…sì è andata così.” Annuì Cobblepot, con voce molto poco convinta.

“E perché voleva i tuoi scagnozzi? Lei e Joker ne hanno già un bel po’ per conto loro.”

“Senti non lo so. Dopo che quella maledetta donna mi ha ridotto in questo stato è stato parecchio difficile mettere a fuoco il tutto.” Rispose il criminale frustrato.

“Però…forse posso dirti da chi è andata dopo.”

“È andata da qualcun altro? Ne sei certo?”

Cobblepot gonfiò il petto , orgoglioso “Perché sei venuto da me Batman? Perché sono la più attendibile fonte di informazioni sulla criminalità gotamita ecco perché! ”

“come ti ho detto mettere a fuoco è stato un po’ difficile…ma non impossibile!”

“E allora? Da chi è andata poi Quinn?”.

Cobblepot gli disse il nome.

Il nome di una delle persone che a Bruce dispiaceva di più incontrare visto che le circostanze non erano mai delle migliori.

Una persona che, in confronto a un uccellino come Cobblepot era pericolosa come un intero branco di lupi.

“Capisci chi avrai contro adesso Batman?”

“Sì” rispose lui deciso.

“E vuoi ancora proseguire la tua ricerca?”

“Certo. Niente mi farà arrendere.” Dichiarò solenne.

Cobblepot annuì, con una strana espressione soddisfatta sul volto da rapace “Ebbene, come tu ben sai io chiedo sempre un prezzo per le mie informazioni…”

“Che di solito si limita alla mia promessa di non farti sbattere dentro subito dopo aver sentito ciò che hai da dirmi” lo interruppe Bruce gelido.

“Non stavolta. Puoi fare di me quello che vuoi Batman, puoi sbattermi nella cella più profonda e buia…basta che mantieni una sola promessa. Scova quel pagliaccio e la sgualdrina che lo accompagna, manda in rovina il loro piano qualunque esso sia e falli soffrire il più possibile! Umiliali come loro hanno fatto con me!”

Bruce lo fissò per qualche istante. Neanche lui era diverso dagli altri.

Anche lui era un povero folle che obbediva solo ai suoi istinti.

Tutti i mostri contro cui combatteva erano così.

Anche lui, il Cavaliere Oscuro di Gotham City, dietro tutta la sua fermezza e le sue regole era come loro.

L’unica cosa che ancora gli impediva di  trasformarsi in un mostro erano Tim e il resto della Family.

Non sapeva come avrebbe fatto senza di loro.

Si alzò dalla poltrona e si diresse sul balcone. Doveva sbrigarsi, la ricerca era ancora lunga.

“Non temere Oswald, ci penserò io a farla pagare alla sirena che ti ha ammaliato e usato”

“Come hai detto? E tu come fai a sapere… ”

“Perché tu gli altri criminali di Gotham mi temete Oswald? Perché sono il più grande Detective del mondo ecco perché.” Replicò il pipistrello sprizzando sarcasmo da tutti i pori.

Cobblepot era livido di rabbia “FUORI DI QUI!!! VATTENE SUBITO DALLA MIA

PROPRIETÀ!!!”

“Grazie di tutto Oswald. Ci si rivede”.

E senza dire altro saltò giù dal tetto librandosi nell’aria notturna di Gotham mentre  sentiva il Pinguino urlargli dietro con rabbia “MA ANCHE NO!!!”

  
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