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Autore: Mela Shapley    01/05/2014    1 recensioni
Marzo, 1943: la Camera dei Segreti libera per la prima volta i suoi orrori, e mentre il panico dilaga alcuni studenti di Hogwarts rimangono vittima di misteriose pietrificazioni. Ma quello di Salazar Serpeverde potrebbe non essere l'unico mostro a vivere nel castello...
Dalla storia:
I suoi occhi ora erano rossi, iniettati i sangue. Le vene del suo viso erano in risalto come nuove cicatrici. Ringhiava minacciosamente, mettendo in evidenza i denti innaturalmente allungati e appuntiti.
[…]
“Cosa sei?”, balbettò.
“Sono la stessa cosa che ora sei anche tu,” rispose, e poi alzò un sopracciglio. “Sono un vampiro.”
Genere: Drammatico, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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V - i tre vampiri.






Dal capitolo precedente:

Quando si alzò per dirigersi verso le aule, riconobbe da lontano la testa di Louis e sentì una stretta di disagio quando si accorse che la stava fissando dritta negli occhi. La sua espressione non era affatto compiaciuta, anzi: sembrava oltremodo arrabbiato. Probabilmente si era accorto del suo scherzetto con l’Incanto Localizzatore.
Katerina distolse quasi subito lo sguardo. Si assicurò di stare ben vicina ai suoi compagni di Casa e uscì dalla Sala Grande ignorandolo completamente. Mentre camminava a testa bassa, si chiese ansiosamente se quel suo gesto impulsivo avrebbe comportato conseguenze più sgradevoli di quanto avesse inizialmente immaginato.


 
* * *



Katerina trascorse i giorni successivi cercando da un lato di adattarsi ai vari aspetti della sua nuova vita, dall’altro di ignorarli fino a che poteva permetterselo. Non tutte le sue nuove qualità erano negative: si era già accorta del suo superudito, ma col passare del tempo si rese conto di vederci molto meglio di prima. I colori avevano una nuova luce, i contorni erano più definiti, i riflessi parevano respirare; tutto ciò che osservava sembrava avere una nuova vibrante profondità, ed era bellissimo. Le cose attorno a lei apparivano più vive che mai, come se la accarezzassero dolcemente ogni volta che le guardava; ed era un bel contrasto, visto che dentro di sé si sentiva inesorabilmente morta. Un giorno, senza quasi rendersene conto, passò mezz’ora buona ad ammirare i giochi di luce sul vetro di una finestra, mentre una mattina perse quasi mezza lezione di Aritmanzia a fissare i capelli dorati della ragazza seduta davanti a lei.
 
Un aspetto che poteva rivelarsi sia positivo che negativo era l’incredibile aumento della sua forza fisica; se ne accorse quando cominciò a rompere involontariamente piatti e bicchieri a tavola, in Sala Grande. I suoi compagni di Casa trovarono la cosa molto divertente, ma da allora lei cominciò a fare tripla attenzione quando maneggiava oggetti fragili. Prevedibilmente, la prima lezione di Pozioni fu un disastro. Aveva già deciso di fare qualche danno per evitare che Lumacorno la prendesse troppo in simpatia e la invitasse a uno dei famigerati incontri del suo circolo di eletti, il Lumaclub, ma non dovette nemmeno impegnarsi tanto: appena prese in mano la fiala di Succo di Orklump quella esplose in mille pezzi, riversando metà liquido su di lei e metà dentro la pozione, dove ne servivano solo tre gocce. Lumacorno le fece Evanescere la pozione rovinata e la mandò a ripulirsi, senza degnarla di più di uno sguardo.
Insieme alla forza, aveva ora a disposizione anche il dono della velocità. Se voleva, poteva camminare e correre molto più  rapidamente rispetto a prima.
 
I vampiri, pensò, erano predatori letali.
 
La dimostrazione più evidente di questo fatto era la capacità di soggiogare le persone. Katerina non aveva più provato a controllare la mente di qualcuno, ma si rese conto che certe volte le capitava di convogliare involontariamente quel potere mentale nello sguardo. O le cose stavano così, oppure improvvisamente erano diventati tutti molto più disponibili ad assecondare le sue richieste.
Come quella volta in cui aveva guardato Matilda negli occhi e le aveva chiesto di passarle il libro di Difesa contro le Arti Oscure, ad esempio. La ragazza, che stava leggendo la sua copia, aveva immediatamente provveduto a darle il suo invece di prendere quello di Katerina, che era giusto di fianco a lei. Subito dopo, il suo viso si era modellato in un’espressione di estrema confusione, come se non riuscisse bene a capire cosa fosse appena successo.
Da allora Katerina aveva cercato di tenere a bada quel potere, perlomeno quando guardava la gente negli occhi. La metteva a disagio l’idea di poter giocare con la mente delle persone che le stavano vicino; cosa sarebbe accaduto se lei senza pensarci avesse detto qualcosa per scherzare e loro invece l’avessero messo in pratica come un ordine?
 
Nel suo tempo libero faceva ricerche su qualunque cosa le venisse in mente. Ritornò nell’aula dismessa al terzo piano (davanti alla quale era morta) per fare esperimenti sulla Pozione Rimpolpasangue; grazie alle notevoli quantità che ne assumeva ogni giorno, non fu più eccessivamente tentata di gettarsi alla gola di persone innocenti. In un paio di occasioni, tuttavia, rischiò quasi di cedere ai suoi nuovi istinti aggressivi: una volta in Sala Grande, in cui il cibo non riuscì a saziare la sua fame e fu costretta a scappare in un luogo più isolato per riprendersi, e un’altra volta a lezione di Difesa contro le Arti Oscure, quando dovette chiamare a raccolta tutta la forza di volontà che aveva per arrivare alla fine dell’ora senza aggredire i suoi vicini di banco.
 
In Biblioteca sfogliò diversi libri sui vampiri, ma a parte qualche eccezione non trovò nulla che già non sapesse. Louis aveva ragione: alcune di quelle descrizioni erano talmente fantasiose che c’era da chiedersi se gli autori non se le fossero sognate di notte. La maggior parte delle informazioni erano sbagliate, o come minimo incomplete; ad esempio, solo un paio di libri riportavano che la principale sostanza tossica per i vampiri era la verbena e non l’aglio. In un volume dall’aria sorprendentemente minacciosa trovò addirittura la ricetta del lecca-lecca per vampiri.
Tutti erano concordi nel dire che i vampiri non potessero riprodursi. Era logico, riflettè Katerina: era irragionevole pensare che una creatura considerata morta potesse dare la vita ad un figlio. Non sapendo come reagire a questa notizia, la relegò in un cassetto mentale assieme a tutte le cose che ora poteva e non poteva fare.
Mentre leggeva quei libri sui vampiri fece attenzione a non farsi vedere da nessuno: aveva la sensazione che, se l’avesse scoperta a fare una cosa così rivelatrice, Louis avrebbe dato di matto.
 
In realtà, era da quel giorno in Sala Grande che non avevano più interagito. L’aveva rivisto qualche volta durante i pasti e in un paio di casi in giro per il castello; in una di queste occasioni aveva addirittura scoperto che aveva una ragazza, una bionda di Tassorosso. Chissà se lei sapeva che genere di cosa fosse esattamente il suo fidanzato; per qualche ragione ne dubitava fortemente.
Katerina supponeva che il loro allontanamento fosse scattato quando lei si era liberata dell’Incanto Localizzatore. Non tanto perché lui ora non sapesse più dove trovarla, dato che sicuramente aveva altri assi nella manica, ma perché probabilmente l’aveva interpretato come un gesto di disprezzo. Se non poteva trovarla non poteva tenerla d’occhio o aiutarla, e lo sapevano entrambi.
Katerina sapeva di essere un po’ ingiusta nei suoi confronti: probabilmente aveva davvero bisogno del suo aiuto, per via della sua eclatante inesperienza su come sopravvivere da vampira, ma non riusciva proprio a comportarsi diversamente. Era vero, aveva già deciso che in fondo non era del tutto colpa del ragazzo se lei ora si trovava in quella situazione: fino a prova contraria non era stato lui ad ucciderla. Inoltre, la sera che le aveva impedito di fare del male ad Arthur l’aveva veramente aiutata. Ma nonostante queste cose non poteva fare a meno di considerarlo responsabile, senza contare che vederlo le riportava alla mente i brutti ricordi che tentava quotidianamente di soffocare per poter vivere il più normalmente possibile.
Finché gli stava distante, poteva far finta che nulla di quel che le era capitato fosse reale, come se si trattasse solo di una fantasia della sua mente.
 
Quando se lo ritrovò davanti in Biblioteca, un sabato nel primo pomeriggio, erano passate poco più di due settimane dall’ultima volta in cui si erano parlati.
 
 
* * *
 
 
Nonostante fosse ormai ben oltre metà marzo, le temperature erano eccezionalmente fredde e il villaggio di Hogsmeade era ricoperto da una soffice e bianca neve.
Louis distolse lo sguardo dalla finestra coperta di ghiaccio dei Tre Manici di Scopa e sorrise a Flora, che gli stava raccontando l’ultima avventurosa bravata di un gruppetto di Tassorosso del terzo anno: nello specifico, la costruzione di un’arma di distruzione di massa che lanciava fiamme magiche nei giorni dispari.
 
“Erano così orgogliosi di loro stessi che dopo averla confiscata non ho avuto cuore di togliere punti,” disse lei scuotendo la graziosa testa bionda. “Da quando Felicity Prewett è stata portata in Infermeria in attesa di essere de-Pietrificata, quei ragazzini sono stati così giù di corda. Ma per Merlino, mi piacerebbe proprio sapere perché nei giorni pari quell’aggeggio invece di fiamme spara Vermicoli.”
 “Forse erano indecisi tra fare uno scherzo a qualcuno e ucciderlo,” disse lui in tono semi-serio. “Noto con rammarico che non hai fatto il tuo dovere, Prefetto Hopkins. Sono sicuro che nelle direttive dei Capiscuola un’arma del genere valga almeno trenta punti in meno a Tassorosso. Forse dovrei provvedere io.”
Flora bevve un sorso della sua Burrobirra e alzò un sopracciglio con finto fare minaccioso.
“Fossi in te farei attenzione, Prefetto Henry. La tua ragazza è appena entrata in possesso di un pericoloso lanciafiamme, e oggi quando meno te lo aspetti potrebbe prenderti a Vermicoli in faccia.” Louis rise e alzò le mani in segno di resa.
 
Usciti dal locale, decisero di avviarsi verso Zonko. Camminare nella neve era piacevole, e Louis stava chiacchierando con Flora del più e del meno quando si ritrovò davanti un’alta figura scura.
“Ciao, Louis,” disse quietamente il nuovo arrivato.
Louis inspirò bruscamente e assunse un’espressione incredula. Dopo qualche secondo di silenzio, si costrinse a rispondere.
“Robert,” disse freddamente.
“Sono felice di rivederti. Ti trovo bene,” disse l’altro con un sorriso un po’ incerto. Flora alternava lo sguardo da uno all’altro, perplessa. Robert sembrò notare la sua curiosità e le porse la mano.
“Mi chiamo Robert, sono un amico della famiglia di Louis. Tu devi essere Flora: è un piacere conoscerti,” le disse gentilmente. Flora ricambiò la stretta e il sorriso, e si presentò a sua volta. Louis non disse nulla.
“Ero da queste parti, e sapendo che oggi avevate libera uscita a Hogsmeade ho pensato di passare a salutarti.”
Louis continuò a ignorarlo e si voltò verso Flora, guardandola negli occhi con intensità.
“Tesoro, perché non raggiungi le tue amiche da Zonko, mentre io faccio due chiacchiere con Robert?”
La ragazza sbattè gli occhi e assunse un’aria confusa.
“Sicuro?”
“Certo. Va tutto bene. Ora vai da Zonko e resta con le tue amiche. Ci rivediamo stasera a cena,” le disse lui mantenendo il contatto. Per un momento Flora sembrò resistere ancora, ma alla fine il soggiogamento fece effetto e, dopo aver salutato entrambi, si diresse senza pensieri verso il negozio di scherzi.
 
“E’ molto carina,” disse l’uomo nel silenzio che seguì. Louis aggrottò la fronte e si girò a guardarlo.
“Cosa diavolo ci fai qui?” disse freddamente.
“Ho ricevuto la tua lettera,” rispose l’altro a mo’ di spiegazione.
“Non ti ho chiesto di venire. Non mi serve il tuo aiuto,” esclamò Louis sprezzante, cercando di non alzare troppo la voce. Lanciò uno sguardo oltre le spalle dell’uomo, osservando la figura di Flora uscire dal suo campo visivo.
“Lo so,” disse l’altro alzando le mani con fare conciliatore. “Lo so che non ti serve. Ma volevo accertarmi che andasse tutto bene. Lo sai, ho promesso a tuo padre di essere presente qualora avessi bisogno di me.”
“Bisogno di te?” commentò sarcastico. Si guardò intorno nervosamente, in cerca di un’idea per liberarsi dell’indesiderato ospite.
“Per favore, Louis,” disse Robert stancamente. “Voglio solo conoscere questa ragazza, assicurarmi che non diventi un problema.”
“Sono perfettamente in grado…” cominciò lui ostinatamente, ma l’altro lo interruppe.
Louis. Davvero, voglio solo conoscerla, poi me ne andrò e non ti disturberò più.”
Louis lo fissò con disprezzo, ma di malavoglia decise di cedere alla richiesta.
“Va bene. Ma potrebbe essere ovunque, quindi mi ci vorrà del tempo per cercarla. Non pensare neanche per un secondo di avvicinarti alla mia scuola, o giuro che andrò fuori di testa. Aspettaci alla Testa di Porco.”
L’uomo annuì, con un’ombra di sollievo negli occhi. Poi parlò di nuovo.
“So che non dovrei dire nulla, ma… la tua ragazza, Flora… spero che tu non ti stia approfittando della sua fiducia.”
Louis strinse gli occhi. Sapeva esattamente di cosa l’altro lo stava implicitamente accusando.
“Quello che faccio con lei non ti riguarda,” rispose gelidamente, e si voltò per tornare al castello.
 
 
* * *
 
 
Louis aumentò lievemente la sua andatura, mentre il profilo di Hogwarts diventava più definito.
Era la prima volta dopo mesi che rivedeva Robert, ma non ne aveva sentito affatto la mancanza. Non poteva credere che quell’uomo fosse venuto lì come se nulla fosse. Aveva addirittura avuto il coraggio di presentarsi alla sua ragazza. Incredibile.
Era meglio assolvere in fretta quello spiacevole compito, così poi l’altro se ne sarebbe finalmente andato. Il titolo di quella giornata era improvvisamente diventato ‘come rovinare una perfetta uscita a Hogsmeade’, pensò stizzosamente.
Contemplò per un istante l’idea di non farsi proprio vedere alla Testa di Porco, né da solo né con Katerina, ma sapeva che Robert non avrebbe lasciato perdere tanto facilmente. La volta successiva avrebbe potuto addirittura presentarsi al castello per chiedere di lui. Gli venivano i brividi solo a pensarci.
 
Quindi, meglio trovare Katerina alla svelta. Dato che quella scriteriata aveva frantumato il suo Incanto Localizzatore, era costretto a fare a meno della magia e utilizzare la logica. Sapeva che la ragazza non era ad Hogsmeade, perché quella mattina aveva visto le amiche con cui si aggirava di solito partire senza di lei. Dunque doveva cercarla dentro il castello. Ora: l’aveva pedinata per una settimana, e poteva dire con ragionevole certezza che quel giorno l’avrebbe trovata o in Sala Comune, oppure in Biblioteca.
Si diresse quindi verso quest’ultima, rimuginando sugli eventi di due settimane prima.
Era stato tutto sommato gentile. Era stato certamente paziente. L’aveva aiutata quando non sapeva dove nascondersi per sfuggire alla luce; si era addirittura beccato una punizione per quel motivo! L’aveva fermata prima che si divorasse un Grifondoro, e Merlino sapeva che di quelli ce n’erano anche troppi in circolazione. Invece di colpevolizzarla o staccarle la testa si era dimostrato comprensivo; le aveva addirittura spiegato come soggiogare le persone e le aveva incantato l’anello perché la luce non la bruciasse.
 
E invece di essergli grata, era scappata via come una lepre e aveva tranciato i sottili fili magici che gli avevano permesso di trovarla e aiutarla tutte quelle volte. Come per fargli sapere che poteva arrangiarsi anche meglio senza di lui. E poi aveva cominciato ad evitarlo, a girare in gruppo in modo che lui non potesse sorprenderla da sola, a non guardarlo nemmeno in faccia. Era un atteggiamento che lo faceva infuriare.
Ma la cosa che lo faceva arrabbiare ancora di più era che la capiva perfettamente. Diamine, ci era passato anche lui. Tutti quei cambiamenti, la sensazione di non avere più un posto al mondo… erano cose che potevano far uscire di testa chiunque.
Certo, le aveva detto che se era ancora in vita era solo grazie a lui, ma la verità era che si sentiva in colpa. Era stato suo dovere badare a lei e controllare che non le accadesse nulla, e invece aveva platealmente fallito. Se avesse fatto il suo lavoro a quell’ora lei sarebbe stata viva perché viva, e non viva perché non-morta. Come si può perdonare una cosa del genere?
Non si può, pensò lui. Il suo stesso astio verso Robert ne era la prova.
Quando finalmente arrivò in Biblioteca, il suo umore era nero.
 
Si diresse senza esitare verso la sezione di Storia della Magia, e difatti eccola lì. Tanto per cambiare non era seduta su dei cuscini per terra ma su una sedia davanti al tavolo, come una persona normale. Seguendo un istinto improvviso si bloccò ad una certa distanza da lei, nascondendosi nella penombra dello scaffale, e inclinò il capo per osservarla minuziosamente.
I suoi lunghi capelli castani le coprivano il viso, chino a leggere con attenzione chissà quale libro. Era molto pallida e aveva pesanti ombre scure sotto gli occhi; le lunghe ciglia delle palpebre si muovevano di continuo, mentre lei le abbassava e rialzava più spesso del normale come per tenersi sveglia. Non era eccessivamente bassa o mingherlina, ma il suo portamento insicuro la faceva sembrare più esile e giovane di quello che era in realtà. I lineamenti del suo viso erano piacevoli, con quei grandi e sinceri occhi scuri, ma in generale era una ragazza che non si faceva notare, che tendeva a restare volontariamente nell’ombra e a confondersi con lo sfondo. Ma lui l’aveva notata, quasi un mese prima: era per quel motivo che ora si trovava lì, dopotutto. Aveva un che di misterioso, con quei suoi silenzi e i suoi sguardi sfuggenti, con l’amorevole delicatezza che adoperava per sfogliare le pagine dei libri. La osservò portare lentamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio, rivelando un orecchino pendente blu che si intonava ai dettagli della sua uniforme. Era il colore che i Corvonero portavano sempre con orgoglio, e le si addiceva molto.
Louis si riscosse dai suoi pensieri, ricordando improvvisamente per quale motivo si trovava in quel luogo, e si diresse a grandi passi verso il tavolo.
La ragazza alzò lo sguardo quando lo sentì arrivare; sembrava lievemente sorpresa di vederlo lì. Prima che potesse dire qualcosa, Louis la fulminò:
“Metti via tutto e seguimi. Andiamo a Hogsmeade.”
Katerina sgranò gli occhi.
“No che non ci andiamo,” ribattè seccamente. “Ho da fare.”
Riabbassò ostentatamente lo sguardo sul libro, come per sottolineare che per lei quella conversazione era chiusa. Louis strinse le mani a pugno e lentamente le riaprì, cercando di mandare giù una rispostaccia.
“Senti, questa storia non piace a me come non piace a te, quindi non ti chiederei di venire se non fosse strettamente necessario,” le fece notare in malo modo. Lei sbuffò, ma a quanto pareva l’aveva convinta, perché chiuse il libro (con molta cura, e solo dopo aver infilato un segnalibro nel punto dove era arrivata) e gli chiese:
“Posso almeno andare in Torre a prendere qualcosa di più pesante da mettermi? Fuori si gela.”
“Sbrigati.”
La seguì a distanza di sicurezza mentre camminava verso la sua Sala Comune. Mentre la aspettava giù dalle scale, un giovane Corvonero di passaggio ebbe l’ardire di chiedergli saccentemente cosa stesse facendo lì. Gli tolse dieci punti per mancanza di rispetto verso un superiore, e lo sguardo scioccato del marmocchio ebbe il benefico effetto di riscaldargli un po’ il cuore.
Pochi istanti dopo Katerina era al suo fianco. Dal modo in cui stringeva gli occhi molto probabilmente l’aveva sentito, ma non fece commenti.
 
Si avviarono senza parlare verso la Sala d’Ingresso.
“Si può almeno sapere cosa c’è di così urgente?” gli chiese Katerina quando misero i piedi nella neve.
“Ti devo far conoscere una persona.”
Fecero il resto della camminata in silenzio.
 
Quando entrarono alla Testa di Porco si tirarono giù i cappucci, che li avevano protetti dal vento gelido e dagli sguardi indiscreti di chi avrebbe potuto trovare strano che loro due camminassero fianco a fianco.
Il bar era, come al solito, buio, sporco e leggermente inquietante. C’erano pochi avventori, e quasi tutti se ne stavano per conto loro davanti a un boccale di Firewhiskey o di qualcosa di più forte. Il barista puliva bicchieri e chiacchierava sottovoce con un uomo con uno strano turbante in testa. Mentre camminavano, non distolse mai lo sguardo da loro.
Riconobbe i capelli nerissimi e i lineamenti appuntiti di Robert in fondo al locale, e fece strada alla ragazza. Quando l’altro li notò si alzò in piedi, fece loro un cenno con la testa e con un gesto della mano li invitò a sedersi. Louis non fece nemmeno in tempo a togliersi le vesti pesanti che il barista era già dietro di lui, a fissarli tutti e tre a turno con uno sguardo indagatore.
“Tre Burrobirre, per favore,” ordinò Robert in tono cortese.
Il barista andò via senza dar segno di aver sentito. Robert si girò verso Katerina, che appariva evidentemente a disagio in quella situazione.
“Il mio nome è Robert. E’ un piacere fare la tua conoscenza,” le disse con gentilezza.
“Katerina,” rispose lei. Lanciò una breve occhiata verso di lui, come per chiedergli che diavolo stesse succedendo. Louis sospirò.
“Robert è… la persona che mi ha fatto diventare quel che sono adesso,” le spiegò. Vide un lampo di comprensione passare negli occhi della ragazza, mentre traduceva mentalmente la frase. Robert era il vampiro che l’aveva trasformato.
 
Erano seduti presso un tavolo quadrato, a pari distanza l’uno dall’altro. Dopo quella rivelazione, la vide incrociare le braccia in un atteggiamento difensivo, mentre continuava a fissare Robert con sguardo attento.
“E’ così. Sono qui perché Louis un paio di settimane fa mi ha mandato una lettera per chiedermi di inviargli con urgenza la formula di un particolare incantesimo,” continuò l’uomo.
Louis confermò con un cenno, mentre Katerina rigirava pensierosamente l’anello solare su cui quell’incantesimo era stato imposto.
“Devi sapere che, nonostante io gli abbia scritto almeno una volta al mese per avere sue notizie, Louis non si era mai fatto vivo prima di allora,” disse, lanciandogli un’occhiata indecifrabile. “Perciò, quando mi è arrivata quella strana richiesta, mi sono… incuriosito. Con un po’ di insistenza, Louis è stato così gentile da spiegarmi brevemente cosa ti è accaduto.”
Stava per aggiungere altro, ma proprio in quel momento comparve il barista con le Burrobirre. Nessuno parlò mentre quello appoggiava i tre boccali sul tavolo con una lentezza esasperante.
“Non credo di aver compreso esattamente perché sei qui,” disse poco dopo Katerina, rivolgendosi a Robert con tono leggermente ostile. Robert si sporse in avanti, facendo bene attenzione a non appoggiare le mani sul tavolo appiccicoso.
“Per conoscerti,” rispose semplicemente. “Per sapere se ti serve qualcosa, qualunque cosa. So che all’inizio può essere difficile, e che può essere di aiuto avere qualcuno di più esperto a cui rivolgersi.”
La ragazza non sembrava molto convinta. Louis sbuffò.
“E’ qui per assicurarsi che tu non combini casini e, soprattutto, non ci faccia uccidere. Ah, e anche per verificare che tu non sia una squartatrice. E’ il nome che diamo a quelli di noi che sono incontrollabili mostri zannuti assassini,” tradusse. Guardò Robert negli occhi, e aggiunse velenosamente, “come era lui un tempo. Quelli non piacciono a nessuno.”
Fu soddisfatto quando vide un lampo d’ira passare negli occhi di Robert.
“Ah. Ed è così interessato ad accertarsene perché…?” gli chiese Katerina, ora ignorando l’uomo e rivolgendosi direttamente a lui.
“E’ un amico di mio padre. Più che amico,” precisò Louis. Katerina alzò un sopracciglio con interesse. “Gli ha giurato di tenermi d’occhio, o una sciocchezza del genere.”
Robert si passò una mano sugli occhi con esasperazione. Apparentemente anche Katerina riusciva a dargli sui nervi, con quel suo atteggiamento in parte diffidente e in parte noncurante. Accidenti, se l’avesse saputo gliel’avrebbe fatta conoscere molto prima.
 
“Voglio solo poter dire con sincerità a tuo padre che stai bene, Louis.”
“Gliel’ho già detto io che sto bene. Dodici volte, cioè una volta per ogni lettera che a lui ho scritto negli ultimi sei mesi.”
“Sì, lo so, a lui hai scritto e a me no, l’ho capito. Mi ha mostrato le tue lettere. Se non altro sono felice che tu non abbia tagliato i ponti con lui. E’ molto preoccupato per te.”
“Non so cosa farci.”
Katerina li guardò incuriosita.
“Quindi, quello che ti è successo… è una cosa recente?”, chiese. Louis annuì.
“Sì, è stato quest’estate. Otto mesi fa”. Fece una smorfia. “E’ poco, ma sembra sia passato un secolo.”
“Oh,” fu l’unico commento della ragazza.
“Non si può dire lo stesso per il nostro Robert, qui, con i suoi trecento anni di vita” continuò sarcastico. “Così tanto esperto del mondo, eppure si mette a farci da babysitter.”
Katerina si appoggiò allo schienale della sedia e spalancò gli occhi.
Trecento anni,” ripetè colpita. Robert sembrò rilassarsi impercettibilmente davanti a quella manifestazione di interesse.
“Ma come ti è successo, Louis?” chiese poi la ragazza.
“E’ una storia lunga. Ti racconterò,” si limitò a risponderle, tamburellando le dita sul tavolo.
“E’ stato un incidente,” interloquì Robert. Lo stava fissando, come se stesse parlando direttamente a lui e non a Katerina. “Non avrei mai voluto trasformarlo, farlo diventare come me.”
Quello lo sapeva, grazie tante. Ma un incidente? Non pensava proprio.
“Una notte dell’estate scorsa, mentre mi trovavo a casa di mio padre, venne a trovarci un amico di Robert,” iniziò, ponendo l’accento sulla parola ‘amico’. L’uomo distolse lo sguardo da lui. “Mi resi conto che dopotutto non si trattava di una persona affidabile quando mi aggredì violentemente per dissanguarmi. Era uno dei vampiri squartatori con cui Robert faceva bisboccia una trentina d’anni fa. Robert lo cacciò, mi guarì col suo sangue e mi fece scordare tutto. La sera dopo quel vampiro ritornò per avere vendetta e mi spezzò il collo. E così mi trasformai.”
“E poi io gli staccai la testa,” continuò Robert freddamente.
“Ormai era un po’ troppo tardi,” fece Louis in tono incolore.
Ci fu qualche secondo di imbarazzante silenzio, mentre nessuno dei tre vampiri sapeva cosa dire.
 
“Ti trovi bene con le tue nuove abilità?”, chiese improvvisamente Robert alla ragazza spezzando il silenzio. Katerina scrollò le spalle.
“Abbastanza. Faccio ancora fatica a regolare la forza; ho rotto molti oggetti fragili, anche se fortunatamente non ho fatto male a nessuno. Ma negli ultimi giorni sono migliorata.”
“E per quanto riguarda la sete?”
“Spesso sembra insopportabile,” ammise lei. “Ma non ho più avuto grossi problemi. Assumo molte pozioni per cercare calmarla.”
“E’ brava,” interloquì Louis. “Possiede autocontrollo. Il primo giorno ha avuto un incontro particolarmente intenso con un Grifondoro, ma da allora non ha più assalito nessuno. Non che io sappia, almeno… e se non lo so, significa che l’ha nascosto bene.”
Katerina lo guardò in modo sorpreso, quasi grato. Poi scosse la testa, per fargli capire che l’episodio del primo giorno non si era più ripetuto.
“Capisco,” disse Robert guardando prima uno e poi l’altra. “E sei preoccupata per la tua magia?”
Improvvisamente Louis sentì un nodo allo stomaco. Katerina li guardò confusa.
“La mia magia?”
“Robert, non lo sa,” disse Louis a fatica. “Non ne abbiamo ancora parlato.”
“Cos’è che non so?”
“Ti ricordi quando ti ho detto che avevo altre cose da spiegarti, tu mi hai chiesto se erano urgenti, io ti ho detto di no e poi non ci siamo più parlati per due settimane? Ecco, è una di quelle cose.”
L’espressione di Robert era tesa.
“Forse è il caso che ne parliate presto,” suggerì.
“Sì, glielo dirò. Beh, non ora.”
L’uomo annuì, mentre Katerina guardava prima uno e poi l’altro con aria preoccupata.
 
“Nella tua lettera non c’erano molti dettagli. Cosa vi è successo esattamente?”
Nei dieci minuti successivi, i due ragazzi gli raccontarono da entrambi i punti di vista gli avvenimenti di quella sera, aiutandosi l’un l’altro per ricordare i vari fatti nell’ordine corretto. Quando terminarono, Robert aveva un’espressione molto attenta.
“Dunque non sapete chi o cosa ti ha uccisa,” chiarì rivolgendosi a entrambi. Katerina scosse la testa in segno di diniego.
“No, non ne ho la minima idea. Chiunque sia stato, non ci ha più riprovato. Attorno a me non ho mai notato nulla al di fuori dell’ordinario. Ma suppongo che sia ancora all’interno del castello.”
“Il fatto che fino ad oggi ti abbia lasciata stare è positivo, ma resta comunque un rischio enorme. Potrebbe essere l’unica persona a sapere che dovresti essere morta, quando invece apparentemente non lo sei.”
“Ammesso che sia una persona, naturalmente. Potrebbe essere stato un animale. Le ferite che le ho visto addosso potevano benissimo essere state provocate dalle zanne di una qualche bestia,” suggerì Louis.
“Una bestia infernale che gira indisturbata per il castello di Hogwarts? Non dico che sia impossibile, certo,” rispose Robert in tono pensieroso. Controllò l’orologio e poi disse:
“Vi lascio tornare al castello. Louis, posso parlarti da solo un secondo?”
Louis fece svogliatamente cenno di sì. Katerina si alzò in piedi e annunciò che se ne sarebbe andata.
“Mi aspetti fuori?” le chiese Louis a titolo informativo. La ragazza sembrò indecisa per un attimo, poi annuì e uscì velocemente dal locale. Louis ritornò a guardare freddamente Robert.
“Mi scriverai?”, gli chiese quello.
“No.”
“Immaginavo,” sospirò. “Riuscirai a perdonarmi? So che mi odi per averti nascosto la verità in tutti questi anni, ma non ho mai voluto che ti accadesse qualcosa di male.“
“Lo so, me l’hai già detto,” rispose a disagio. L’altro non commentò.
“E’ una ragazza sveglia. Sembra reagire bene alla trasformazione, molto meglio di altre persone che ho conosciuto. Inoltre, si fida di te,” disse invece facendo un cenno verso la porta da cui Katerina era appena uscita.
Louis sbuffò rumorosamente.
“No che non si fida. Nelle ultime due settimane si è rifiutata di rivolgermi parola. Ma da come si comporta credo che sia un suo difetto generale, quello di non fidarsi troppo degli altri.”
“Non sono così sicuro che sia un difetto. In ogni caso, posso capire che ti ferisca il fatto che lei cerchi a tutti i costi di allontanarti, ma non puoi biasimarla. La sua intera vita è cambiata nel giro di pochi istanti, e sarebbe una cosa difficile da accettare per chiunque; quello di cui ora necessita è trovare un punto fermo, un sostegno. Dalle tempo e tienitela stretta; prima o poi capirà di aver bisogno di te, così come anche tu di lei. Per quelli come noi fa sempre comodo avere un amico con cui confidarsi.”
Louis ebbe la strana sensazione che quel discorso si riferisse in parte a lui e Katerina, e in parte a lui e Robert. Annuì soltanto.
“Vai, avanti. Che non si dica che ti costringo a far aspettare una ragazza al freddo,” gli disse l’uomo in tono scherzoso. Appoggiò sul tavolo i soldi per le Burrobirre, che nessuno dei tre aveva toccato, e si alzarono in fretta. Al contrario di quanto era successo quando erano arrivati, il barista non si degnò né di alzare lo sguardo, né di ricambiare il saluto di Robert.
Quando uscirono dal buio del locale, trovarono Katerina ad attenderli accanto alla porta.
“Katerina, è stato davvero un piacere conoscerti. Sono molto più tranquillo ora che so che, nonostante quello che ti è accaduto, sei una ragazza equilibrata. Sono certo di potermi fidare di te, e spero che valga anche il viceversa. Nelle nostre vene scorre ora lo stesso sangue, e in conseguenza a questo vincolo ti estendo il mio aiuto e la mia amicizia. Di qualunque cosa tu abbia bisogno, scrivimi e ti aiuterò,” le promise in tono solenne. La ragazza annuì e ringraziò, mentre l’altro si girava verso di lui.
“Louis…”
“Ci vediamo, Robert. Salutami papà,” gli disse solo. Robert annuì con un lieve sorriso, e si allontanò.
 
Dopo che se ne fu andato, tra i due ragazzi scese un silenzio imbarazzato.
“Andiamo?”, le propose poco dopo, evitando di guardarla negli occhi. L’altra risposte affermativamente, e fianco a fianco si avviarono verso il castello. Come all’andata, si tirarono su i cappucci.
Dopo qualche minuto, Louis ruppe ancora il silenzio.
“Hai un aspetto orribile,” disse. “Cioè… hai un’aria molto stanca,” si corresse velocemente quando lei lo guardò un po’ male.
“Faccio fatica a dormire di notte. In più i professori ci hanno caricati di lavoro in vista dei G.U.F.O.,” gli spiegò.
“Capisco.”
Ancora silenzio.
“Il modo in cui mi ha salutata aveva un’aria molto ufficiale,” disse lei.
“In un certo senso lo è. Mi ha spiegato che esiste una sorta di codice d’onore tra vampiri, soprattutto tra quelli che hanno lo stesso sangue in comune. Lui ha generato me e io ho generato te, quindi teoricamente facciamo parte di una stessa fratellanza. Ma è più che altro una tradizione ormai, anche perché normalmente è difficile mantenere le tracce dei vampiri in circolazione.”
“Quindi è per questo che è così preoccupato per te?” chiese lei.
“Anche, ma credo sia soprattutto perché negli ultimi anni aveva cominciato a vedermi come una specie di figlio adottivo, e si sente in colpa per quello che mi è successo. Non sapevo sarebbe venuto qui oggi. Probabilmente se mi avesse avvisato non sarei proprio uscito dal castello,” le fece sapere. “Lo conosco da tanto tempo, ma prima di quest’estate non avevo idea di che cosa lui fosse.”
L’altra annuì comprensiva.
“Come mai eri da sola in Biblioteca e non a Hogsmeade con gli altri, oggi? Ho visto che le tue amiche ci sono andate,” le chiese dopo un po’. Lei sembrò ancora più a disagio per la domanda.
“Se proprio lo vuoi sapere, non sono poi così brava a controllarmi. Avevo paura che in mezzo alla confusione, pigiata con le mie amiche in mezzo alla calca di studenti, mi venisse voglia di azzannare qualcuno,” rispose scrollando le spalle. “Perciò ho preferito restare al castello per conto mio.”
“Capito.”
Katerina gli lanciò un’occhiata incerta. Sembrava riflettere su qualcosa.
“Sai,” gli disse alla fine. “In questi giorni ho fatto un po’ di esperimenti con la Pozione Rimpolpasangue. Ho preso gli ingredienti e un vecchio calderone dal magazzino di Lumacorno e mi sono sistemata nell’aula di Pozioni al terzo piano, quella… beh, te la ricordi. Ho modificato un po’ di cose, e credo che potrei riuscire ad ottenere una versione più stabile e duratura. L’ho chiamata Pozione Antiessiccante.”
Louis la guardò di nuovo, ma stavolta nei suoi occhi c’era ammirazione.
“Accidenti. Lo sapevo che avevo fatto bene a tenerti! Ti riveli utile, dopotutto,” le disse in tono semi-serio. La vide arrossire leggermente. “Quindi sei brava in Pozioni?”
“Me la cavo,” rispose lei. “Lumacorno mi dice sempre che ho l’intuito di una pozionista, ma non la pazienza.”
“Non male! A me diceva che la Gilda dei Pozionisti dovrebbe maledire il giorno in cui sono nato.”
Katerina rise, e Louis soffocò un sorriso.
  
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