Capitolo
1
Montreal,
palazzo
residenziale.
Martedì
29 Ottobre.
8.00
a.m.
Il
suono della sveglia è
improvviso e irritante, ma dopo un momento viene zittito da una mano
femminile.
Un
lamento si alza dalla
parte destra del letto, mentre la ragazza afferra la sveglia e la
avvicina al
viso per poterne distinguere le lancette nella flebile luce del mattino
che
filtra attraverso le spesse tende bianche.
La
giovane donna si lamenta
ancora, poggiando l'oggetto sul comodino bianco.
-Caleb...- articola voltandosi verso
l'uomo addormentato
al suo fianco.- Caleb, svegliati... non vorrai fare tardi al tuo primo
giorno
di lavoro.- lo
scuote per la spalla e
quello fa un breve lamento scocciato, seguito da un movimento scomposto.
Lei
sorride brevemente e si
alza infilando la vestaglia nera appoggiata sulla poltrona in fondo
alla
stanza.
-Fai
una doccia mentre
preparo la colazione.- dice chinandosi per depositare un bacio sulla
fronte
dell'uomo bruno.
Lui
emette un borbottio che
potrebbe significare qualsiasi cosa, ma lei evidentemente
lo prende come un assenso visto
che si dirige verso la porta della stanza senza attendere oltre... la
lascia
aperta: vuole che lui senta l'odore del caffè appena fatto.
Dopo
la penombra della
camera la luce
dell' open space la
abbaglia, facendola esitare.
Dopo
un momento si dirige
sicura verso il bagno per lavarsi velocemente i denti prima di mettersi
ai
fornelli.
Seduta
sul water sfoglia
pigramente una rivista, aggrottando di nuovo la fronte quando vede una
sua foto
con Caleb mentre stanno passeggiando in una via affollata.
Non
legge la didascalia
dell'immagine... sa già cosa c'è scritto.
Tira
l'acqua e si asciuga le
mani, guardandosi un momento allo specchio.
I
capelli scuri sono
scompigliati, e lei li riavvia con una mano, tentando di domare le onde
scomposte.
Gli
occhi neri sono
luminosi, dal taglio vagamente orientale, e lei sa che piacciono agli
uomini...
fanno il paio con le labbra sensuali e la pelle dorata che la
qualificano come
la figlia di un magnate dell'industria informatica dell'Arabia
Saudita e di una modella di
lingerie francese... storce la bocca in una smorfia volutamente
grottesca.
Scuote
la testa e si dirige
verso la cucina... se non si dà una mossa Caleb
arriverà davvero in ritardo.
-Caleb...-
lo chiama di
nuovo, mentre attraversa il salotto per raggiungere la spaziosa cucina.
-Sono
sveglio, sono
sveglio... - borbotta lui uscendo dalla camera in boxer neri,
grattandosi il
mento coperto da un leggero velo di barba.- Buongiorno...- dice
cercando di
guardarla benché sia mezzo accecato dalla luce.
Lei
sorride, chinandosi per
tirare fuori una padella da un cassetto sotto la cucina.
Sono
padelle di pietra.
Caleb
passa a grattarsi la
nuca.
Solo
il meglio, in quella
casa.
Doveva
ammettere che al
principio la cosa era stata... irritante e imbarazzante...
però poi ci aveva
fatto l'abitudine.
Jo
era fantastica... dolce e
sexy... e lui non voleva perderla per stupido orgoglio maschile.
Jo...
beh in realtà il nome
completo era Josephine
Suheila Lacroix Al Hammou...
avrebbe fatto una
gran bella figura sulla partecipazione di nozze... più del
suo banale Caleb Martin... la fiera della
banalità!
Si
scuote dai suoi pensieri con uno sbuffo e si dirige in bagno per una
doccia
veloce... se si sbriga potrà
fare
colazione prima di arrivare in ufficio.
L'Abstergo
entertainment
è una divisione dell' Abstergo
Industries che si
occupa di videogiochi...
a quanto pareva avevano bisogno di qualcuno che trovasse nuove
informazioni da
usare per la creazione di un nuovo videogioco... sui pirati, guarda un
po'...
che originale.
Caleb
aveva studiato informatica all'università, ma non si era mai
laureato a causa
di un incidente in corso d'opera... lo avevano beccato ad hackerare i
computer
della scuola e lo avevano espulso... con un curriculum del genere
nessun'altra
università dello stato aveva
voluto
avere a che fare con lui, perciò alla fine aveva rinunciato.
Quando
aveva conosciuto
Jo lavorava come addetto alla dogana all' Aeroporto
Internazionale di Montréal-Pierre Elliott Trudeau. Lei stava
andando in
Francia, dalla madre, e lui l'aveva fermata alla dogana
perché aveva nella
borsetta una lima per le unghie.
Come
era furiosa quel
giorno!
Quando controllarono le sue
credenziali la
lasciarono subito libera, ma ormai il suo volo era partito.
Caleb
aveva pensato che
come minimo lo avrebbe fatto licenziare,
invece lo aveva invitato a cena... un sogno fasciato in una camicetta
rossa e
in una stretta gonna nera... e lo aveva invitato a cena.
Lui
aveva protestato... lei
aveva riso... probabilmente era il primo uomo che si rifiutava di
cenare con
lei.
Mangiarono
un panino
terribile nel bar dell'aeroporto.
Fu
una serata piacevole.
Quando,
tre ore dopo, lei era
salita sull'aereo gli aveva allungato un biglietto da visita che da
solo doveva
valere più della sua macchina... chiamami, aveva detto...
lui non lo aveva
fatto, e lei si era presentata alla sua postazione un mese dopo, due
caffè stretti
in mano... adorabile anche in salopette scolorita e All-Star che un
tempo
dovevano essere state rosse.
Gli
aveva chiesto se così la
trovava più carina... o se il problema era un'altro... non
era fidanzato, aveva
controllato... allora non gli piaceva proprio?!
La
sua insicurezza l'aveva
colpito... doveva sapere di essere bellissima... lei aveva risposto che
la
bellezza non era tutto... magari la riteneva snob e antipatica... lui
aveva
riso.
Un
anno dopo lui si era
trasferito da lei... nonostante il padre avesse cercato di intimidirlo
parecchie volte... gli aveva persino offerto dei soldi per convincerlo
a
lasciare la figlia.
Caleb
prende la schiuma da
barba e se ne spruzza una copiosa quantità nella mano
destra, cominciando poi a
stenderla sul viso.
Ormai
è inutile pensare al
passato... anche perché a quanto pareva il padre di Jo si
era rassegnato, fino
al punto di trovargli un lavoro "più decoroso", come lo
aveva
definito lui, all'Abstergo entertainment, di
cui lui era un pezzo grosso.
Caleb
non si è lamentato... non è che un
posto alla dogana sia la sua massima
aspirazione nella vita.
Finisce
di radersi velocemente e dopo una doccia
lampo si veste con abiti comodi: jeans e una felpa bianca su una
T-shirt
nera... non il massimo dello stile, ma lui è fatto
così... e comunque non è
altro che un impiegato, mica deve mettersi in tiro come la gente
importante.
Quando
esce dal bagno lei è seduta ad un lato della
penisola, il laptop aperto davanti e un croissant in mano.
Gli
occhiali da lettura le scivolano leggermente
sul naso quando aggrotta la fronte ed è adorabile e lui
vorrebbe dirglielo, ma
suonerebbe banale e così non lo fa.
-Allora?
Vado bene?- chiede invece, fermandosi ad
un metro da lei e spalancando le braccia.
-Sei
perfetto...- dice lei guardandolo dalla testa
ai piedi e raggiungendolo per girargli intorno.
Gli
aggiusta il cappello della felpa e le tasche
dei jeans, che lui ha dimenticato di infilare dentro.
Si
ferma davanti a lui e lo bacia.
-Ti
manca solo una bella colazione... che purtroppo
dovrai fare sulla metro, visto che ormai non hai più
tempo...- accenna
all'orologio, con un sorriso ironico.
-Merda..-impreca
lui vedendo l'ora... le 9 meno
dieci... per fortuna il grattacielo dell'Abstergo è a pochi
isolati.
Accetta
il croissant e il bacio che Jo gli porge e
si lancia verso l'ascensore... si, hanno l'ascensore privato, qualche
problema?
nessuno, a parte il fatto che il portiere lo saluta come se fosse un
estraneo
anche se sono ormai sei mesi che abita li... bastardo spocchioso.
-Ci
vediamo nell'atrio per pranzo, ok?-
chiede lei accompagnandolo.- Ti prego, non
metterti nei guai...-
Lui
annuisce con il croissant in bocca e lei gli fa
ciao con la mano.
Le
porte si chiudono con un plin soffocato e lei è
felice... felice di averlo incontrato,
felice di averlo al suo fianco.
Si
avvia verso la camera per scegliere i vestiti...
il suo orario di lavoro comincia alle 10, ed è meglio che si
sbrighi se non
vuole arrivare in ritardo per la riunione dei direttori Marketing.