CAPITOLO 1
VERSO
HOGWARTS
Il
vento soffiava forte nei suoi capelli lunghi, scompigliandoli sul suo volto. Il
bambino vide i componenti della sua famiglia diventare sempre più piccoli fino
a quando il treno non prese la prima curva. Smise di salutare con la mano e
rientrò nel corridoio, dove altri studenti erano intenti a cercare degli
scompartimenti vuoti. C’erano ragazzi di tutte le età, naturalmente; suo padre
gli aveva spiegato che Hogwarts ospitava studenti dagli undici ai diciassette
anni.
Fu sbatacchiato da qualcuno intento a
passare, ma era troppo felice per arrabbiarsi.
Hogwarts!
Sembrava tutto un sogno. Suo padre gli aveva
raccontato che per lui Hogwarts era stata una casa, ma non solo; la scuola
aveva assunto anche il ruolo di padre, madre, amica, amore, odio; in poche
parole tutto. Ora il ragazzino non vedeva l’ora di entrare a farne parte a
tutti gli effetti, partecipare allo Smistamento, entrare nella famosa Sala
Grande dal soffitto incantato. Ma soprattutto, e cosa più importante, non vedeva
l’ora di imparare, di partecipare alle lezioni, di vivere tutte quelle emozioni
che i suoi genitori avevano vissuto durante i sette anni passati nella scuola.
Si accorse che sul suo viso minuto c’era un
sorriso ebete e divenne serio. Per qualche secondo si guardò attorno, poi vide
suo fratello James scambiare qualche parola con sua cugina Rose. Si avvicinò ai
due e batte la mano sulla spalla del fratello.
James si voltò rivelando un viso asciutto e
dai capelli scuri e gli occhi castani. Assomigliava molto al nonno, che aveva
il suo stesso nome.
“Che vuoi, Al?” domandò James al fratellino.
Albus, abituato ad essere trattato dal
fratello con avversione, non ci badò e rispose normalmente. “Vorrei sapere cosa
devo fare”
James alzò gli occhi al cielo. “Dannazione,
secondo te?”
Albus non rispose.
“Devi cercarti uno scompartimento” sbuffò
l’altro.
L’undicenne si guardò attorno. Gli studenti
nel corridoio del treno erano quasi scomparsi del tutto nelle cabine. “Si, ma
quale? Sono tutti occupati.”
“E che ne so, mica sono il capotreno.”
In quel momento al gruppetto familiare si
avvicinò un ragazzo, amico di James. Albus lo conosceva perché era stato a casa
sua.
“Ciao, James” salutò il ragazzo. Guardò
Albus. “Ciao, Al.”
“Ciao,
Peter” rispose Albus.
“Ciao, Thomas” disse James, usando il cognome
del dodicenne.
Peter non badò a Rose e parlò di nuovo.
“James, ho trovato uno scompartimento vuoto. Turpin e Sloper ci aspettano gia
dentro.”
“Okay.” James si avviò insieme a Peter in
fondo al treno. Albus fece per seguirli, ma James non glielo permise. “Dove
credi di andare?” disse, bloccandolo con la mano.
“Sto venendo con te” si spiegò Al.
James scosse la testa e guardò Peter che lo
stava aspettando. “Mi dispiace, ma siamo al completo. Inoltre faresti meglio a
cercare uno scompartimento insieme a Rose. Prova con quelli occupati dagli
studenti del primo anno. Ti fanno sedere facilmente, per fare amicizia.”
Detto questo, si voltò e seguì Peter lungo
il treno.
Albus guardò Rose che osservava la scena con
la stessa identica indignazione solita di sua madre. “Non ci credo” disse la
ragazzina. “Ti ha abbandonato come se niente fosse.”
Albus decise di non pensarci; dopotutto
quello era un giorno di festa. “Non badarci. Vieni, andiamo a cercare uno
scompartimento.”
I due cugini si avviarono lungo il corridoio
osservando gli studenti all’interno degli scompartimenti. Erano tutti pieni,
fino a quando Albus non notò un ragazzino seduto da solo che guardava fuori
dalla finestra. Lo riconobbe, era Scorpius Malfoy, figlio di Draco Malfoy
ovvero l’acerrimo nemico di suo padre e del papà di Rose.
Al pensò sul da farsi. Gli vennero in mente
due opzioni: per prima cosa, entrare nello scompartimento e chiedere, questo lo
infastidiva, se poteva sedersi lì. Ciò stava a significare che se Malfoy avesse
accettato lui sarebbe stato in debito con lui, cosa che non gli piaceva
affatto;
Secondo, sorvolare quello scompartimento e
cercarne altri e rischiare di perdere molto tempo inutilmente, per di più
trascinandosi i bagagli appresso. Guardò Rose che si trovava in difficoltà a
spostare il suo, e si chiese cosa avesse da dire al riguardo.
Prese una decisione.
“Possiamo sederci?” chiese a Scorpius dopo
aver aperto la porta.
Il ragazzino alzò la testa e squadrò Al e
Rose per qualche secondo. Poi fece una cosa inaspettata: scrollò le spalle e si
voltò verso la finestra.
Al guardò Rose. Anche lei scrollò le spalle
e posizionò il suo baule sulla rete sopra la poltroncina, con molta difficoltà,
come se niente fosse. Il cugino la imitò e prese posto accanto a lei; di fronte
Scorpius fissava ancora fuori dalla finestra, senza degnarli di uno sguardo.
Passarono secondi di silenzio imbarazzante.
La porta si aprì cigolando. Per qualche
istante Al vide solo un carrello pieno di dolci, poi notò l’elfo domestico che
lo trascinava; basso, buffo e dagli occhi enormi.
“I signori desiderano qualcosa dal
carrello?”
La voce stridula dell’elfo arrivò con un
tono servile e umile. Al notò che la creatura indossava una minuscola divisa di
Hogwarts e una mini-bombetta nera con due buchi per far uscire le orecchie a
punta.
Ad Al quell’elfo ricordava molto quello che
aveva a casa, Kreacher.
“Per me una scatola di Cioccorane” disse
Rose cacciando qualche moneta dalla tasca.
Al la anticipò. “Lascia, faccio io.” Poi si
rivolse all’elfo. “Dammi anche due confezioni di caramelle Tuttigusti +
L’elfo usò la sua manina per prendere i
soldi e consegnare la merce ai due ragazzini. Scorpius intanto, dopo aver dato
una fuggevole occhiata all’elfo, si era rimesso ad osservare il paesaggio che
scorreva fuori dalla finestra.
Rose scartò una Cioccorana e le diede un
morso. Poi, inaspettatamente, si rivolse a Scorpius. “Come mai non hai preso
niente?”
Al la guardò colpito. Ma che le saltava in
mente? Fraternizzava con il nemico? Si preparò mentalmente qualche frase per
ribattere all’offesa che sarebbe giunta da Scorpius; passò a rassegna tutti gli
insulti fattigli da James nell’arco dei suoi undici anni di vita e trovò quello
giusto.
Scorpius si voltò lentamente verso la
ragazzina. Si soffermò su di lei per qualche secondo. “Non ho fame” disse, poi
si voltò di nuovo verso la finestra. Il suo tono era quasi meccanico, senza
espressione.
Al stava per aprire bocca ma si rese conto
che Scorpius non se n’era uscito con una qualche offesa, anzi, in qualche era
stato gentile, se non vago.
Rose non si perse d’animo. “Io so chi sei.
Sei Scorpius Malfoy, il figlio di Draco.”
Al trovò in quell’espressione la stessa
sincerità imbarazzante di suo zio Ron.
Scorpius la degnò qualche secondo del suo
sguardo stanco.
La ragazzina continuò con il suo
interloquire. “Guarda che anche se i nostri genitori si odiano non c’è bisogno
che noi facciamo lo stesso…”
Al non ne poté più e afferrò la cugina per
un braccio. “Ora basta, Rose, sta zitta.”
La ragazzina si scostò dalla presa, incrociò
le braccia e sbuffò arrabbiata, trattenendo le lacrime.
Per il resto del viaggio Scorpius non
proferì parola e continuò a vedere fuori dalla finestra. Al e Rose, non sapendo
cosa fare, iniziarono una partita a Spara Schiocco e ad altri diversi tipi di
giochi. Poi Al fece uscire Rose perché doveva cambiarsi e mettere la divisa di
Hogwarts; la ragazzina l’aveva indosso gia da prima di salire sul treno.
Scorpius si cambiò insieme ad Al, rimanendo
sempre muto. Quando Rose rientrò e prese posto, parlò con un sbadiglio.
“C-c-che sonno.”
Al non poté fare a meno di trattenere anche
lui uno sbadiglio. “Hai ragione” disse. “Questi viaggi in treno sono stancanti.
Non capisco perché non usano la magia direttamente per arrivare alla Scuola.”
“È la tradizione” disse Rose. “E, a parte
questo, non è possibile materializzarsi nei pressi del castello.”
“Ah, e perché mai, zia Hermione?” la prese
in giro Al.
“Lungo il perimetro del castello ci sono
delle difese magiche che evitano l’ingresso improvviso di estranei.”
Al inarcò un sopracciglio; a parlare non era
stata Rose, che aveva aperto bocca per ribattere, bensì Scorpius, che ora
fissava i due cugini con espressione priva di significato.
Rose sorrise. “Esatto.”
Al sentì una strana rabbia salire dentro.
Quel tipo di stava prendendo gioco di lui?
“Nessuno te l’ha chiesto” gli disse,
scorbutico.
“Albus, smettila” lo rimproverò Rose.
Scorpius rimase impassibile. Al si aspettava
una reazione che non venne. Ma allora cosa aveva in mente? Lo guardò con odio,
poi sentì la mano di Rose stringergli il braccio.
“Albus, calmati.”
E Al si calmò. Si rimise comodo. Nello
scompartimento passò qualche istante di silenzioso imbarazzo, che fu rotto
dalla parlantina di Rose.
“Allora, in che casa volete essere
smistati?”
Al la guardò di sottecchi, senza però
distogliere lo sguardo dal biondo, che li fissava ammutolito.
“Grifondoro” disse il giovane Potter, con
voce fiera. “E se non sarò smistato lì, spero tutto tranne che Serpeverde.” Disse quest’ultima parola
fissando Scorpius diritto negli occhi azzurri, imprimendo ad essa tutto l’odio
che aveva in corpo.
Dall’altro ragazzo non partì reazione se non
quando Rose gli rivolse la parola.
“E tu in quale Casa vorresti andare?” chiese
la ragazzina.
Scorpius distolse lo sguardo da Al e lo posò
su di lei. “Non lo so” disse scrollando le spalle, il tono come sempre
meccanico, senza emozioni. “Per me va bene qualunque cosa.” Questa volta nella
sua voce c’era qualcosa molto somigliante ad un brivido. “Però mio padre
vorrebbe che finissi a Serpeverde, anzi, ne è sicuro.”
Al sbuffò rumorosamente e si preparò a
ribattere ma Rose lo bloccò con un’occhiataccia, così Al fissò fuori dalla
finestra, ignorando i discorsi degli altri due, che sembravano fare sempre di
più amicizia.
Fuori il sole stava calando su un grande
lago, dando vita ad un magnifico tramonto che scompariva lontano. Al si perse
in quello scenario e non si accorse che gli altri due avevano smesso di parlare
da un pezzo, e Rose si era assopita sul suo sedile.
“Non dovrebbe mancare molto.”
Al sussultò. Si voltò di scatto verso
Scorpius, che stava fissando a sua volta il paesaggio, poi fissò sua cugina che
dormiva tranquilla e con un sorrisetto compiaciuto sul volto. Sorrise a sua
volta e si voltò verso Scorpius. Il sorriso scomparì subito.
“Chi te l’ha detto?” chiese scorbutico al
biondo.
Lui rispose tranquillo e con un sorriso
inatteso. “Mio padre mi ha detto che saremmo arrivati a sera.”
Al non rispose e riportò lo sguardo fuori
dal finestrino. Il tramonto era sparito ed in cielo erano rischiarate le stelle.
Passarono una decina di minuti silenziosi, tranne che per il respiro regolare
di Rose, che continuava a dormire beata.
Poi il treno si fermò. Si iniziò a sentire
un rumore provenire dal corridoio fuori lo scompartimento. Al si piegò sulla
cugina e la scosse leggermente per una spalla.
“Rosie, svegliati, siamo arrivati” le disse.
Lei sussultò e si mise in piedi, stirandosi
la divisa di Hogwarts addosso, sistemando tutte le pieghe che si erano fatte.
“È ora di andare” disse Scorpius prendendo
il suo baule dalla retina che si trovava sopra i sedili. Aprì la porta dello
scompartimento e si perse nel corridoio insieme agli altri studenti, senza dire
un’altra parola.
“Ciao” provò a salutarlo Rose alzando una
mano, ma Al gliela bloccò.
“Lascialo perdere, è un Malfoy, capito?”
Rose prese il suo baule e lo gettò a terra
con un tonfo. “Questo non centra niente, a me è sembrato un tipo apposto.”
“Sciocchezze” ribatté Al, prendendo il suo
baule. “Ora andiamo, finalmente siamo a scuola.”