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Autore: Jamie234    03/05/2014    2 recensioni
Vedo fuoco. Si. Letteralmente. Vivevo in un paesino nella terra dei fuochi,tra Napoli e Caserta.
Ad appena diciassette anni,sapevo già di non avere una grande e lunga prospettiva di vita.
Mia madre era una tossicodipendente e mio padre era un delinquente,rinchiuso in carcere. Il mio unico amico,beh, era l’alcool.
Ero consapevole che presto, sarei bruciata tra le fiamme di quella terra,ma un giorno accadde un miracolo. Qualcosa che arriva come un treno che passa a prenderti una volta sola nella vita; mia zia Carol mi salvò e mi portò a vivere con lei.
Non la vedevo da quando avevo cinque anni circa,quando mi portava a giocare e ogni sera mi raccontava la favola della buonanotte.
Non mi era mai stato detto niente su di lei.
Mi era solo stato detto che abitava lontano.
Ma non pensavo così lontano.
A Londra.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Intro.
 
 
Prima o poi, quel momento arriva nella vita.
Il momento in cui devi fare una chiacchierata con la tua coscienza e chiederti: “Uè, che vuoi combinare nella vita?” Beh, a diciassette anni non ne avevo la minima idea.
Zero. Nulla. Vuoto assoluto. Neanche uno straccio di idea.
Ogni volta che mi facevano questa domanda nella mia testa si sentivano i grilli e
Il loro verso rimbombava nella mia mente e rendeva il silenzio ridicolamente rumoroso.
La mia famiglia non mi aveva aiutato per niente,anzi.
Mia madre era una tossicodipendente e adesso non mi riesco a spiegare come sia ancora viva.
 E’ andata in overdose varie volte, ma subito dopo incominciava da capo perché si sentiva persa senza quelle schifezze.
Non ci vedevamo mai.
La mattina stava a casa mentre io ero a scuola e quando tornavo nel pomeriggio lei era fuori e tornava a casa a notte fonda.
Non sapevo che cosa facesse, non me l’ha mai voluto dire.
Fin da quando sono nata il mio angelo custode è sempre stata mia zia Carol.
Ricordo che quando avevo cinque anni io e Carol entrammo a casa e ,accasciata a terra con una sigaretta e delle maleodoranti siringhe intorno, trovammo mia madre.
Litigarono. Ma mia mamma non aveva le forze per sostenere quella conversazione e cadde a terra,sfinita. Carol la portò in ospedale, e gli assistenti sociali mi affidarono momentaneamente a lei, giusto il tempo che mia mamma si riprendesse.
La  zia era una persona unica.
 Gentile, altruista e sempre con un sorriso a 563478284 denti, riusciva a leggerti dentro, con l’unica forza dello sguardo.
Quello fu il periodo più felice della mia vita.
Ricordo che mi portava a fare le passeggiate e che ogni sera mi raccontava una favola della buonanotte.
Dopo quel breve periodo sono ritornata nell’abisso e non ho più rivisto la zia.
No mi è mai più stato detto niente su di lei, solo che se n’era andata e che abitava lontano.
Quanto a mio padre, beh, lui era una persona così schifosa, avida e prepotente che preferisco non parlarne. Fatto sta che era finito in carcere perché aveva ammazzato un uomo cospargendolo di benzina e incendiandolo.
Ero sicura che non sarei mari riuscita a combinare niente nella vita.
Per quelle poche volte che andavo a scuola avevo capito di non essere una buona studentessa,anzi ero pessima, tranne in matematica, ma questo non mi dava alcuna speranza, nè consolazione.
In un paesino sperduto nella terra dei fuochi, fra Napoli e Caserta,se il tuo destino è già stato scritto dalla nascita, studiare non ti porta a niente.
I soldi servono preso e subito e non puoi spendere il denaro in cose inutili.
In effetti io di speranze, sogni, aspirazioni, non ne ho mai avute.           
Sono sempre stata debole, circondata da cattive compagnie.
 Ero abbastanza carina. Avevo i capelli mossi rosso scuro, quel rosso antipatico,che sembra quasi castano,la carnagione non troppo scura,ma neanche cadaverica, le ciglia folte e gli occhi verdi, verde smeraldo.
Non sembravo una ragazza di quelle parti, assomigliavo molto a mio padre.
Non uscivo gran che, anzi, per nulla, avevo pochi amici, e quelle poche amicizie che avevo erano proprio quelle che mi facevano andare fuori strada, che mi offuscavano la mente e che mi facevano sentire più forte per dissimulare quella devastante debolezza che c’era dentro di me.
Avevo solo un unico grande amico, l’alcool
 Affogavo le mie frustrazioni in una bottiglia, ma non mi rendevo conto che sapevano nuotare.
L’alcool erano un mondo a parte, nel quale rifugiarmi appena le cose prendevano un verso sbagliato, almeno lui era li e mi consolava.. Vivevo, così, abbandonata nell’ombra. Senza uno scopo. Sopravvivevo, più che altro.
 
Quando i servizi sociali mi vennero a prendere per portarmi dalla zia io non credevo fossero persone in carne ed ossa, ma più che altro presenze eteree che non si addicevano per niente all’ambiente che c’era intorno,ovvero un posto che sembrava non essersi ripreso dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Mia madre mi guardò e mi disse: <> La fulminai con uno sguardo pieno di odio e rabbia, ma i fantasmi mi costrinsero ad andare via.
Non sapevo dove sarei andata, e ne tantomeno quale aspetto avrebbe avuto la zia dopo tanti anni.
“Lontano.” Che significava? Sapevo che al di la di quelle colline c’erano tante città distanti anni luce , ma irraggiungibili.
Provavo a immaginare il posto in cui sarei andata, ma la mia immaginazione si fermava.
Chissà se avrei potuto farmi una nuova vita lì, abbandonare il dolore del passato e magari anche fare qualche amico.
Ma quale amico.
Chi mi avrebbe voluta come amica? Chi mi avrebbe accettata? Chi si sarebbe preso la responsabilità di conoscere una ragazza con una vita tormentata?
Non lo sapevo.
L’unica cosa che sapevo è che sarei andata lontano e qualsiasi posto era migliore di quello in cui vivevo.
 
  
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