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Autore: MyShadow19    03/05/2014    2 recensioni
Verba è un racconto dalle lievi tonalità fantasy di grande atmosfera. Narra di Kadas Luthfelt, protagonista tenebroso che avrebbe molte, troppe cose da raccontare... se solo la sua filosofia non glielo impedisse; ogni parola è l'evocazione di un concetto, il più grande veicolo delle idee, la struttura su cui si forma il pensiero e quindi la base del modus ponens degli esseri viventi. La filosofia di Kadas è così forte che quando lui pronuncia una parola tutto questo cessa di essere una convinzione e diventa una verità: la realtà attorno a lui cambia. Per questo pesa attentamente quello che dice. Una parola vale più di mille immagini.
Ogni capitolo è molto breve perché lo stile di scrittura è pesante; spero che apprezzerete. Buona lettura!
Genere: Dark, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Molti di più e molto più piacevoli sono i ricordi del leone rispetto a quelli dell’assassino. Molta di più e molto più piacevole è la forza che impiega per spingere l’anta della porta. Avvolto dalla propria presenza assente e annegando nell’ovatta dei ricordi, Kadas viene urtato dalla maniglia e, insignificante come un foglio di carta sottile, cade adagiandosi al terreno. Dall’alto verso il basso il leone scruta l’invasore del suo territorio. Dal basso verso alto l’assassino scruta la sua vittima muoversi.
Ma giovane, energico, fibroso è il corpo del leone mentre vecchio, stanco, polveroso è il corpo dell’assassino.
 
  • Nascondi ancora nel silenzio, Kadas, la tua monotona arrendevolezza? Riuscirà mai, il tuo spirito immortale, a superare il passato e guardare al futuro?
 
Esordisce con disprezzo il leone, infastidito dalla presenza di Kadas già più volte scacciato. Non si rialza Kadas, trovando agio a contatto col gelido pavimento. Il taccuino giace un metro distante, spinto via dall’urto della maniglia. Strisciando come un verme come se fosse privo di ossa, Kadas si sposta per mettere in atto un umiliante tentativo di recuperare il taccuino. Le ossa della mano di Kadas vengono fratturate dal pestone sferrato dal potente stivale di Marcus, trasformandolo nel verme a cui prima somigliava soltanto. Il gesto disperato di Kadas di recuperare l’affetto perduto dalla cellulosa del suo taccuino è l’emblema di un tempo che è andato e non ritornerà mai. Sollevata una torcia dalle pareti dei corridoi della torre, Marcus avvicina il fuoco al taccuino e lo distrugge. Fumo rimane dei ricordi, delle memorie, dei momenti che solo quel taccuino ancora conservava. Cenere rimane del calore di Aurora, della sua calligrafia, della sua piuma bianca. Nulla rimane ormai della felicità di Kadas.
 
  • Kadas di te non è rimasto che l’involucro del ricordo di un pensiero. Sei effimero. La scorsa volta che sei salito sulla torre non lo facevi da un po’. Dapprima ho sperato che fosse per dirmi che volevi cambiare. Eri lassù, invece, di nuovo per vedere quel pendente. Ti avevo avvertito che non avrei più tollerato un tuo ritorno. In nome della nostra antica amicizia io non posso più vederti mangiare la polvere del tuo passato e così, dato che io rappresento l’unica parte del tuo passato ancora in vita, io sarò lo iato che ti permetterà di guardare oltre.
 
Sconcertato ed impotente osserva il taccuino bruciare. Sconvolto ed inerme subisce la distruzione della propria identità. Svuotato e privato della voglia di vivere volge lo sguardo trasparente alle ultime pagine che può ancora leggere, prima che tutto vada distrutto. Non può parlare. Non può piangere. Non può morire. Non può nulla: può soltanto leggere fino all’ultimo istante.
Bianco su nero. “Ti sono profondamente grata di questo pensiero poiché molto sento il bisogno di una veste calda che mi avvolga senza intridersi di sangue. Quando troverai la tua purezza sarai in grado di cambiare anche me poiché tu sei in grado di cambiare ogni cosa con facilità, fuorché te stesso. Marcus ha scelto con crudeltà di privarmi dell’anima per mantenermi bella. L’ha fatto per rabbia, per odio, ma gliene sono profondamente grata perché adesso posso donare il mio corpo a te, per fare in modo che non si avvizzisca troppo finché non riuscirai a guarirlo del tutto da solo. Finché avrò un alito di vita, quel pendente brillerà per te.”
Nero su bianco. “Oh Aurora parli come chi è destinato a morire. Io toglierò dalle tue spalle il peso del mio onore. Non affiderò alla tua candida pelle l’onere di mantenermi immortale. Verrò da Marcus una, dieci, cento volte per recuperare l’onore perduto e per portarti via da lui. Il tuo gesto mi ha permesso di sopravvivere e ora io ti renderò la vita, liberandoti da quel mostro.”
Bianco su nero. “Non mi sento vittima di un mostro, Kadas. Sobbarcarsi da solo il peso di un altro significa viziarlo, non mi lascerei morire per aiutarti sapendo che puoi riuscirci da solo. Al contrario di te, Marcus non può riuscire ad aiutarsi da solo. Devo essere io ad aiutarlo, anche a costo della vita, poiché lui non ha e forse non avrà mai la forza di spirito per superare le sue difficoltà.”
Nero su bianco. “Aurora sei irragionevole: non è compito tuo prendersi cura di chi ti ha fatto del male. Non dico che provare rancore sia giusto, dico che giusto non è neppure quello che ti sta facendo, poiché per nulla te lo sei meritato.”
Bianco su Nero: “Un uomo non è ciò che fa, un uomo è solo ciò che è. Quello che adesso Marcus mi sta facendo non identifica quello che lui è davvero. Marcus è un individuo brusco ed istintivo, violento e poco raffinato, ma non crudele o ingiusto. Come ogni altra persona che abbia sentito la necessità di risvegliarmi io devo aiutarlo. Attraverso un corpo immortale egli tenta di esorcizzare il demone che la morte per malattia di sua sorella ha fatto nascere in lui. Ha osservato per mesi, standole accanto durante il suo lento precipitare verso la morte, il corpo del suo unico famigliare distruggersi pezzo dopo pezzo. Settimana dopo settimana la paralisi progressiva della donna a cui lui teneva di più divorava un altro muscolo, fino a che non ha divorato anche il cuore. Sarei cieca se non notassi che si sta comportando in modo crudele, ma come ho già detto non ritengo che sia crudele solo perché compie atti crudeli. Anzi, è per me occasione di capire perché un uomo gentile come lui si sia ridotto così.”
 
Fumo, cenere, nulla. Vuoto, freddo, nulla. Pavimento, umidità, nulla. Sopra alla nuda pietra con gli occhi ricolmi di angoscia e la bocca piena di vomito, la realtà del presente ha sfondato la porta chiusa a cui ha lungo ha bussato. Tremante, singhiozzante, urlante e in preda alle convulsioni l’assassino è percorso dalla scarica elettrica della folgorante verità. Non può più scappare dal presente. Non può più scappare dal tempo. Ormai non ha più vie di scampo. Ormai Aurora è morta definitivamente. Fumo, cenere, nulla.
La vista si annebbia mentre i muscoli si rilassano. La negatività aumenta mentre lo sconforto si fa strada. I sensi lo abbandonano mentre il coraggio se ne va. Un forte dolore. Un forte dolore alla mano è l’unica sensazione che Kadas è in grado di sentire. Quell’unica percezione, che prende possesso dei suoi nervi, arriva fino al cervello e lo sveglia, come uno shock. La sua mano dolorante, già fasciata, è presa da un’altra mano protesa, che le lacrime e la penombra offuscano allo sguardo.
 
  • Rialzati e cammina, assassino. Tu puoi andare avanti, tu puoi cambiare, tu puoi vivere. Resuscita, assassino. Io credo in te.
 
Ora riesce a riconoscere quella presenza tranquillizzante, rassicurante, che quelle spalle ampie danno. Riesce a riconoscere quella sensazione di sicurezza che quell’uomo gli aveva sempre trasmesso. Riesce a ricordare finalmente qualcosa: il motivo per cui divenne suo amico quando ancora era un assassino.
 
  • Perdonami per la mano, era necessario.
 
Aggiunge sorridendo Marcus.
 
 
  
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