Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: earlgreytea68    03/05/2014    5 recensioni
Le lettere sono state scritte, lette e discusse. Ma non significa che le cose si siano risolte. Ancora.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Letters [ traduzione di _opheliac ]'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 3

 

Finirono una bottiglia di vino con facilità, e quando si incamminarono per la spiaggia di ritorno alla villa, John si sentiva piacevolmente brillo e immaginava che anche Sherlock stesse sperimentando lo stesso spirito affabile.

“Dimmi una costellazione.” Sherlock richiese con finta serietà mentre camminavano.

“Ti ho detto l’unica che conosco.” protestò John.

“Ma ti ho comprato tutti quei libri!”

“Non ho ancora avuto il tempo di leggerli!”

Sherlock rimase in silenzio per un secondo. “Comunque, li hai comprati tu i libri; li ho addebitati sul tuo conto.

John iniziò a ridere. Rise così forte che dovette smettere di camminare.

“Cosa c’è di così divertente?” chiese Sherlock, suonando stranamente divertito in risposta all’ilarità di John.

“Tu.” ansimò John. “Che mi compri un regalo con i miei soldi. Solo tu avresti – “ ancora ridendo, senza pensarci, John si avvicinò alla spalla di Sherlock, appoggiandosi solo leggermente contro di lui, e Sherlock si ritrasse, allontanandosi. John smise bruscamente di ridere.

“Mi dispiace.” disse Sherlock rapidamente. “È solo un po’ dolorante, stasera.”

“Spalla slogata.” si ricordò John. “Mi dispiace. Me ne sono dimenticato, o non ci ho pensato –”

“Va bene.” insistette Sherlock. “Sto bene. È perfettamente normale che sia ancora dolorante, a questo punto.”

“Vorresti star fermo?” chiese John, ignorandolo, e si avvicinò per controllare con cautela la spalla di Sherlock.

“Non è più slogata.”

“Sto solo controllando. Questo è proprio il tipo di cosa assurda che potresti fare, rifiutare che qualcuno possa sistemarti la spalla. Non voglio neanche chiederti se hai indossato una fasciatura o meno.

“Avevo altre cose da fare.” Sherlock trattenne il respiro all’improvviso, mentre John passava con voluta delicatezza una mano lungo il suo fianco. E non di piacere, cosa che John avrebbe di gran lunga preferito.

“D’accordo. Ti controllerò per bene, stasera.

“Non c’è davvero alcun bisogno di – “

“Ti sei dimenticato di quanto tu abbia bisogno di qualcuno che stia attento e si prenda cura di te” John lo interruppe.

“Non ne ho bisogno.” Sherlock negò, ostinato.

“Sì, invece.” John fece scivolare la mano su quella di Sherlock, incrociando le dita tra le sue. Passò un attimo, e poi Sherlock intrecciò le sue dita con quelle di John in risposta. John, incoraggiato, le strinse e trascinò Sherlock nella villa.

“Sul divano.” ordinò John, scomparendo nella sua camera da letto per recuperare i medicinali di base che aveva portato con sé. “Suppongo che tu abbia tenuto la ferita pulita?”

“Ma certo.” disse Sherlock, cercando di suonare offeso ma non riuscendoci in maniera adeguata. Sedeva rigido sul divano, sembrando a disagio.

John lo guardò. “Okay.” disse bruscamente. “Lo sai che se devo controllare come stai guarendo dovrai toglierti la maglietta.”

Sherlock deglutì visibilmente e guardò John.

John inclinò la testa con aria interrogativa, perché si era preso cura delle ferite di Sherlock innumerevoli volte prima e non c’era mai stato questo livello di riluttanza da parte di Sherlock. Era forse perché John gli aveva detto che era innamorato di lui? Questa esperienza era ora impregnata di una carica sessuale che prima Sherlock non percepiva? John lo poteva capire, ma John era anche un professionista che non aveva intenzione di assaltare Sherlock per la sola vista del suo petto nudo. Soprattutto non quando John era principalmente preoccupato per la guarigione di una ferita da arma da fuoco su quello stesso petto.

John si inginocchiò davanti a Sherlock e disse, con attenzione, “Sono molto veloce, lo sai. Dammi due minuti.”

Sherlock si leccò le labbra e lentamente cominciò a sbottonarsi la camicia. John avrebbe voluto avere una scusa per ascoltare il battito cardiaco di Sherlock, giusto perché voleva dare alle sue mani qualcosa da fare e lo stetoscopio sembrava una buona opzione.

Il petto di Sherlock era una collezione di lividi in vari stadi di guarigione, e John si meravigliò che Sherlock non spendesse più tempo lamentandosi di quanto non avesse fatto. La vista di tutto quello fece stringere a John i pugni, ma riuscì a non scatenare la serie di maledizioni che voleva lanciare a chi aveva fatto tutto questo. Si concentrò fermamente sulla guarigione della ferita d’arma da fuoco, che non stava guarendo in maniera pulita come aveva fatto quella di John, senza dubbio perché Sherlock non aveva ricevuto ottime cure mediche non appena era accaduto. John si sporse in avanti, guardando la ferita da vicino, ma non sembrava essere infetta, solo... non bella. Avrebbe lasciato una cicatrice peggiore di quella che aveva John.

“Come sta la costola?” chiese John, sforzandosi di far suonare il tono di voce professionale, quando la sua testa urlava Ucciderò ogni singola persona che ha posato una mano su di te.

“Come fai ad avere così tante informazioni sulla mia salute?”

“Te l’ho detto, ho parlato con i medici argentini. Avresti dovuto lasciare che si prendessero un po’ più cura di te.”

“Odio i medici.”

“So per certo che non è vero.”

“Tu sei l’eccezione. L’unica eccezione. E ho lasciato che tu mi rigirassi a dovere solo perché...”

John voleva finire con Perché mi ami.

Ma Sherlock finì, “Perché ho fiducia che tu sappia quello che stai facendo. Questo non è un qualcosa che credo di qualsiasi altro medico.

Che era forse un complimento più incredibile di Sherlock che diceva che fosse per amore. John alzò momentaneamente lo sguardo dalla sua contemplazione delle ferite di Sherlock. “Hai appena affermato che io sia più intelligente di tutti gli altri medici?”

Sherlock sembrò infastidito. “Sai già che penso che tu sia più intelligente della maggior parte delle altre persone.”

“No. Non lo so. Stai sempre a dire quanto io sia un idiota.

Sherlock alzò gli occhi. “Tu sei un idiota, per non vedere quanto meno idiota di chiunque altro tu sia.

John non sapeva bene cosa farsene di quello, e non sapeva neanche cosa dicesse di lui il fatto che quella frase, detta da Sherlock Holmes, lo facesse sentire curiosamente vicino al baciarlo. Così John disse appena, bruscamente, “Piegati in avanti così posso controllare il foro d’uscita.

Sherlock congelò sul posto ma fu di un secondo troppo lento con la sua resistenza.

“John -” cominciò, ma John lo aveva già spinto in avanti, e John fino ad allora aveva fatto un buon lavoro nel trattenere le proprie reazioni, ma non poté evitare di ansimare, “Gesù Cristo.”

Sherlock si irrigidì e cercò di allontanarsi. “John -”

“No.” John lo tenne fermo, sapendo che era probabilmente doloroso per lo stato dei lividi di Sherlock e non preoccupandosene, perché lui doveva vedere. La schiena di Sherlock era piena di cicatrici. Bruciature. Tagli. All’interno di piccole rientranze vi erano interi pezzi di pelle mancanti. John smise di respirare, il suo sguardo divenne rosso di rabbia, e voleva la sua pistola. Voleva la sua pistola, e voleva alzarsi, e voleva tornare in Argentina, o in Afghanistan, o a Mosca, o in Francia, o dove cazzo chiunque avesse fatto quello al suo Sherlock.

“John.” disse Sherlock, il quale suonava molto lontano e molto incerto, e molto rotto.

Perché non me l’hai detto? John voleva gridargli. E: Chi ti ha fatto questo? E: Che cosa hai fatto negli ultimi sei mesi?

John non gridò. John sapeva che gridare sarebbe stata la cosa meno produttiva che potesse fare. Sherlock era stato chiaramente torturato, probabilmente da qualcuno molto intelligente che aveva saputo esattamente quello che stava facendo, e Sherlock non aveva bisogno che gli gridasse contro al riguardo. John chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Non c’era da stupirsi che Sherlock avesse avuto una fornitura di un piccolo esercito di farmaci antidolorifici con lui. Chiunque tu sia, pensò, ti troverò e ti pianterò una pallottola nel cranio.

John aprì gli occhi. Sherlock era chinato in avanti, le mani strette intorno alla sua camicia, ma John lo fermò piegandosi in avanti e baciando la cicatrice più vicina, leggero e delicato e tenero. E poi la successiva, e quella dopo. Pensi di aver fatto questo per me, John disse con ogni bacio, e ti amo per questo. Ti amo, ti amo, ti amo. Sherlock era immobile, a malapena osava respirare. John baciò ogni cicatrice, sistematicamente, e quando finì avvolse le braccia intorno a Sherlock, premendosi contro di lui. Annusò i capelli sulla nuca di Sherlock, posando un bacio tremante lì, appoggiò la fronte contro la parte posteriore del cranio di Sherlock, chiuse gli occhi e fece un respiro instabile dopo l’altro.

“Va bene.” disse Sherlock, alla fine, con un sussurro. “Sto bene.”

“Sì.” John concordò, un sussurro feroce in risposta, le braccia che si stringevano intorno a Sherlock per trattenerlo ancora di più. “Lo sei. Tu stai bene. Perché ti ho io adesso e non ti lascerò mai andare. Mi hai sentito?”

Sherlock fece un tremolante e profondo respiro, tremando tra le braccia di John.

John non era sicuro di quanto tempo rimasero così. Fin quando Sherlock non smise di tremare e si rilassò contro di lui. Fino a quando il cuore di John non smise di battere dal terrore e dalla rabbia. John lasciò un ultimo bacio sul collo di Sherlock e poi si allontanò.

“Nessuna infezione.” dichiarò, stupito di come la sua voce suonasse professionale.

Sherlock si era praticamente rimesso la camicia non appena John si era allontanato, e se la riabbottonò in fretta, gli occhi sulle dita. “Sopravvivrò?” chiese, con un tono a metà tra l’ironico e il serio.

“Ce la farai.” gli disse John, per poi alzarsi e andare in bagno a spruzzarsi acqua fredda sul volto. Poi aprì la doccia e finse di lavarsi, quando in realtà si sedette semplicemente con la schiena contro la porta del bagno, gli occhi chiusi, facendo esercizi di respirazione profonda e costringendo le mani a non chiudersi a pugno. Si sentiva impotente dalla rabbia. E avrebbe voluto reagire soffocando Sherlock con l’affetto, avvolgendolo nell’ovatta e non lasciarlo mai più allontanare dalla sua vista. Avrebbe potuto funzionare lì ad Anguilla ma avrebbe dovuto smettere se Sherlock si fosse mai ripreso completamente, avrebbe dovuto imparare a lasciarlo un po’ andare, e non aveva idea di come avrebbe fatto.

Chiuse finalmente la doccia, aspettò una quantità adeguata di tempo per fingere di asciugarsi, e uscì di nuovo nel salotto. Sherlock non era più lì, e John entrò nella camera da letto e si spogliò dei suoi vestiti, rimanendo in boxer e maglietta, rendendo la finta doccia un po’ più credibile.

Trovò Sherlock seduto sui gradini della veranda. John esitò, quindi fu Sherlock a parlare per primo.

“Le spalle di Orione.” disse, indicando. “Lì e lì. Le ho trovate per te. Sta tirando una freccia.”

“Oh.” John guardò il cielo notturno, non vedendo le spalle di Orione e non curandosene. “Grazie.” Ci fu un momento di silenzio. “Vieni a letto?”

“In un minuto.” disse Sherlock.

John lo lasciò lì. Immaginò che ‘in un minuto’ significava ‘no, mai’, ma Sherlock strisciò nel letto con lui non molto più tardi. O forse fu un’ora più tardi. John aveva perso il senso del tempo. Non che avesse molte speranze di dormire quella notte, comunque.

Sherlock sapeva che non stava dormendo. “Non voglio parlarne” affermò.

“Non ho intenzione di forzarti.”

“Mai.” Sherlock aggiunse, in tono piatto. “Non vorrò mai parlarne.”

“Va bene.” disse John. Non era sicuro che lo intendesse sul serio, pensava che Sherlock probabilmente aveva bisogno di parlarne, ma non aveva intenzione di forzarlo mentre tutto era ancora così recente.

“Questo è quello che hai sostenuto la sera che mi hai detto che non avevi legami.

“Di che sera stiamo parlando?”

“Quella prima volta da Angelo. Mi hai chiesto se avevo un ragazzo. Hai detto che andava bene.

Va bene.” John fece una pausa. “Hai pensato che ci stessi provando con te quella sera. E mi hai comunque dissuaso.

Sherlock sentì la domanda a cui John non diede voce. “Perché eri terrificante. Mi hai terrorizzato. Non ho mai incontrato nessuno che volessi nella mia vita quanto voglio te. Quindi, anche mentre stavo cercando di tenerti con me, ti stavo spingendo via allo stesso tempo. È stato stupido. Sono stato un idiota. Ma è uscito fuori che eri etero, quindi era un’alternativa migliore del darti l’impressione che volessi stare con te, che ti avrebbe sicuramente fatto scappar via. Non è diventato un disastro grande come poteva essere.

“Non è stato un disastro.” disse John, dolcemente. “Ci siamo arrivati, ​​alla fine.”

Sherlock prese la mano di John nel buio, stringendola liberamente tra le sue. “Ti dispiace?” chiese incerto.

“No.” rispose John. “Niente affatto.”

“Va bene?” la voce di Sherlock era carica di divertimento.

John sorrise nel buio in risposta. “Meglio che bene, Sherlock.” John si mise più vicino a Sherlock, e dopo un attimo sentì Sherlock poggiare la testa contro di lui, facendosi un po’ più vicino in risposta. John chiuse gli occhi e respirò con Sherlock fin quando il sole non si levò.

***

John si addormentò intorno all’alba. Così fu quello l’orario in cui Sherlock sollevò la mano che ancora stringeva tra le proprie e premette un bacio ardente al centro del suo palmo, quando Sherlock si voltò un po’ di più verso John e gli baciò la fronte. John tirò su col naso al contatto, ma non si svegliò, e Sherlock lo guardò e sentì quello strano dolore al petto che sapeva essere il luogo da cui proveniva il termine angoscia. Non c’era niente che non andasse con il cuore di Sherlock. Stava facendo il suo lavoro alquanto egregiamente. Ma guardare John faceva sentire Sherlock come se il suo cuore fosse troppo grande per il suo petto. Non c’era da meravigliarsi che si fosse concluso che il cuore era la fonte dei sentimenti. Sherlock non aveva mai capito perché quella falsa credenza fosse così ampiamente diffusa fino a quando non si era innamorato di John.

A Londra, a Baker Street, Sherlock aveva imparato a spingere via il sentimento dal suo petto.  Succedeva quasi ogni volta che guardava John, ma doveva smettere di pensarci, per continuare a lavorare. Adesso era fuori allenamento. Quando guardava John e il mondo si fermava intorno a lui e il suo cuore cresceva a dismisura nel petto, non riusciva più a tenere il respiro abbastanza regolare. Ed era anche peggio, adesso che John si stava comportando in quel modo. Sherlock pensò a John che con attenzione e in silenzio posava baci sulla sua schiena. Non sapeva bene come apparisse la sua schiena perché non poteva vederla senza faticare e non aveva voluto sforzarsi per vedere le persistenti prove. Non voleva farlo rimanere nella memoria. Ma poteva immaginare che non fosse grazioso, e la reazione di John lo aveva confermato e reso del tutto irrilevante, tutto allo stesso tempo. Una bolla feroce e furiosa di contraddizioni, il suo John. Sherlock chiuse gli occhi per fermare le vertigini per quanto lo amasse.

E forse John lo ricambiava. Forse era davvero così. Forse avrebbero potuto passare oltre a tutto quello che era successo, sarebbero potuti tornare ad essere John e Sherlock, solo meglio, mano nella mano a Regent Park, come Sherlock aveva sempre desiderato. Sherlock infilò la mano in tasca e tirò fuori la lettera che John aveva fatto scivolare sotto la porta della camera in Siberia, sgualcita e spiegazzata dal numero di volte che Sherlock l’aveva riletta. La lesse di nuovo, anche se l’aveva memorizzata, poi la rimise in tasca e rotolò fuori dal letto.

Aveva sguazzato in quella situazione abbastanza a lungo, si disse con fermezza. Era ora di andare avanti. La vita era fatta per essere vissuta. La vita con John. E sembravano relativamente al sicuro. Sherlock non aveva notato nulla di sospetto nel tempo in cui erano stati lì, nessun segno di qualsiasi agente della rete di Moriarty. Forse davvero credevano che fosse morto durante la sua rocambolesca fuga in Argentina.

Era temporaneo, ovviamente. Se Sherlock avesse mai ripreso la sua identità l’avrebbero saputo subito, sarebbero venuti a cercarlo e avrebbero cercato anche John e Sherlock non poteva permetterlo.

Quindi non sarebbe tornato a casa. John sarebbe rimasto con lui, pensò Sherlock. Sherlock lo sperava. Se avessero dovuto vivere il resto della loro vita in fuga, Sherlock non pensava che John avrebbe esitato. Sperava che John non avrebbe esitato.

Sherlock sedeva sulla veranda con uno dei libri delle costellazioni di John aperto sulle ginocchia, aggrottando la fronte verso l’oceano e considerando la cosa. Poteva chiederlo a John? Poteva non chiederlo a John? Non poteva immaginare di essere in grado di costringersi a lasciarlo di nuovo. Ma cosa sarebbe successo se John lo avesse lasciato? E se John amava lo Sherlock che era stato a Londra, non lo Sherlock di adesso? Sherlock non riusciva ancora a comprendere l’idea che John lo avesse amato a Londra. Se ne era stato così all’oscuro allora, che cosa gli faceva pensare che sarebbe stato in grado di aver chiara la cosa adesso, quando Sherlock era così consumato da ciò che era accaduto?

John uscì sulla veranda, assonnato, e si lasciò cadere sulla panca accanto a Sherlock, posando casualmente la testa contro la sua spalla mentre sbadigliava. “’Giorno.”

Sherlock sedeva immobile, non volendo far spostare John. John era stato più affettuoso ultimamente, fisicamente parlando, e Sherlock ne stava godendo senza mostrare esattamente quanto. “Buongiorno. Avresti dovuto dormire un altro po’, è ancora abbastanza presto.”

“Tu eri sveglio.” disse John come spiegazione.

Sherlock si mosse un po’. “Non c’è bisogno che tu mi... coccoli.”

“Non ti sto coccolando.” negò John. “Il letto era freddo senza di te. Non riuscivo a riprendere sonno.”

Sherlock era incerto se credergli o meno. “Oh.” disse, finalmente. “Mi dispiace. Vuoi che torni a letto?”

“No. Tanto vale iniziare la giornata. Ho davanti a me un’intera giornata di studio delle costellazioni.”

“Pensavo che potremmo andare in città.” dichiarò Sherlock, formando con attenzione le parole.

Ci fu un momento di silenzio. “Davvero?”

“Sì. Abbiamo bisogno di latte. Hai idea di quanto orribile tè nero io abbia bevuto negli ultimi sei mesi? Mai più.”

Un altro momento di silenzio. “Posso fare un salto e andare a comprarlo.”

“È fuori questione.” replicò Sherlock.

John sollevò la testa dalla spalla di Sherlock, spostandosi così da essergli  di fronte sulla panchina. “Sherlock –”

“Non ho intenzione di farti allontanare dalla mia vista, John Watson.” Sherlock lo interruppe.

John studiò il suo viso da vicino, come fosse  un dannato invalido che aveva bisogno di un trattamento speciale e Sherlock odiava quella cosa. Poi John annuì. “Ma non aspettarti che io conosca nuove costellazioni, se non ho il tempo di impararle.” John lo avvertì.

Sherlock sorrise, e il suo cuore premette contro la cassa toracica di nuovo, ma andava bene, significava che tutto era giusto nel suo mondo.

***

John pensò che Sherlock si stesse sforzando con l’escursione in città, ma John pensò anche che Sherlock era una persona che si sforzava sempre, e forse sarebbe stato un bene per lui per tornare a quello stato. Sherlock era stato insolitamente calmo da quando John lo aveva trovato in Siberia. C’erano stati dei lampi del vecchio Sherlock, lampi di entusiasmo e interesse per le cose, esplosioni di monologhi entusiasti che John ascoltava con la stessa indulgenza che ricordava dal 221B. Ma, nel complesso, Sherlock era stato riservato e cauto e incerto, tre aggettivi che John non gli avrebbe mai applicato prima. Quindi forse Sherlock aveva bisogno di gettare un po’ di cautela al vento e rischiare. Forse lo avrebbe eccitato, ricordare chi era.

Mentre Sherlock era nella doccia, John accese il telefono. Ignorò tutti gli sms e i messaggi in segreteria e compose invece un singolo nuovo messaggio per Mycroft. Stiamo ancora bene, entrambi. Se ci stai tenendo d’occhio e ti capita di imbatterti in qualcuno della rete di M, uccidili. Lentamente.

Più tardi, quando Sherlock uscì dalla doccia, John gli porse le chiavi della macchina e Sherlock le prese, e John pensò che era già un passo in una direzione familiare. Mentre Sherlock guidava faceva una telecronaca per John su tutte le cose che gli altri autisti stavano facendo in maniera scorretta, e John lo guardò e si sentì completamente incapace di togliersi il largo sorriso che sapeva essergli apparso sul viso.

“Cosa?” Sherlock chiese infine, lanciandogli brevemente un’occhiata.

“Sei così magnifico.” rispose John, che non era proprio quello che stava pensando, ma era comunque vero.

Le guance di Sherlock si tinsero di rosa. Ed erano già un po’ rosate dal tempo passato in spiaggia il giorno prima.

La città era piena di negozi per turisti. Sherlock vagava tra di loro, proclamando in maniera deliziosa quanto tutto quello fosse orribile. John, in altre circostanze, avrebbe cercato di zittirlo, umiliato, ma gli stava risultando alquanto difficile sentire qualcosa di diverso dalla beatitudine di come tutto sembrasse normale. Ogni tanto Sherlock si raddrizzava bruscamente e si voltava a guardare più da vicino in una direzione che John non notava, e John intuì che Sherlock non aveva mai veramente perso del tutto la tensione che gli si era insinuata dentro dopo aver lasciato la villa, ma nel complesso pensò che Sherlock si stesse divertendo.

E si fermarono per prendere il latte.

“Eventuali altre richieste di qualcosa che possa cucinare per te?” chiese John, mentre camminavano su e giù per i corridoi affollati del piccolo supermercato. Non avevano mai fatto la spesa insieme prima, il che rese la cosa molto strana eppure in qualche modo intimamente domestica.

“Hobnob!” esclamò Sherlock, afferrandone diverse scatole dagli scaffali. *

“Okay, probabilmente dovremmo comprare anche qualcosa che abbia un reale valore nutrizionale.”

“Ugh, la nutrizione è noiosa.” commentò Sherlock. “Comunque, siamo in vacanza. Guarda, le tue preferite!” Sherlock aggiunse diverse scatole di Jaffa Cakes nel loro carrello. **

“Allora sai che quelli sono i miei preferiti.” osservò John. “Eppure non hai mai avuto remore a mangiarti l’ultima.”

“Oh, John, non è che fossero gli ultimi Jaffa Cakes in tutto il mondo.” rispose Sherlock, fermandosi davanti a una vasta esposizione di succhi freschi. “Dovremmo crearci i nostri cocktail tropicali.”

“Va bene.” disse John, per accontentarlo.

Sherlock iniziò ad afferrare succhi di frutta indiscriminatamente. “Faremo un esperimento.”

John non aveva mai visto Sherlock stare così a lungo senza sperimentare qualcosa. Fu sollevato dal fatto che ce n’era uno all’orizzonte. “Mi sei mancato così tanto.” John sbottò all’improvviso.

Sherlock, nel processo di depositare il succo di guava nel carrello, congelò sul posto.

Ci fu un silenzio imbarazzante. John si chiese selvaggiamente se dovesse scusarsi, rimangiarselo, dire qualcosa di più.

Poi Sherlock si raddrizzò e gli indirizzò un piccolo sorriso e disse, “Mi sei mancato anche tu.”

 

 

 

Note della traduttrice:

* Gli hobnob sono una marca di biscotti.

** Altra marca di biscotti. Ne sono rimasta alquanto sorpresa LOL

Dunque, eccoci al terzo capitolo. Finalmente un po’ del gelo che li ha attorniati dall’inizio ha iniziato a sciogliersi, anche se ci vorrà ancora un po’ prima di vederli come desideriamo ( ma non molto! )

Come sempre grazie a PapySanzo89 perché questo capitolo mi ha fatta dannare e senza di lei sarei rimasta bloccata su alcuni pezzi per non so quanto!

Mi piacerebbe leggere qualche recensione, anche solo per sapere se la storia vi appassiona, cosa che io spero con tutto il cuore, essendo una di quelle che amo di più (altrimenti non mi sarei presa lo sbatti di tradurla, direi! ) Se invece commentate direttamente con l’autrice, well, four for you!

A presto,

_opheliac

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: earlgreytea68