I – Il Mago
La Pietra
nel Fango
Parigi, 22 Luglio 2011
Gabriel era riuscito a uscire pulito
dal disastro alla Torre Eiffel. Aveva passato gli ultimi giorni nelle mani
della polizia francese che non faceva altro che interrogarlo e lui spiegava con
calma il suo punto di vista e cercava di convincerli che non era un terrorista.
La famosa torre era quasi distrutta e i francesi volevano qualcuno da punire.
Chi si trovava lì in quel momento era
stato preso in custodia è interrogato prima di essere rilasciato, mentre lui,
l’unico sveglio, era stato accusato di tutto. Non poteva dire tutta la verità,
ma aveva parlato del ladro con cui si era battuto e del modo in cui aveva
frantumato le finestre e lo avevano ascoltato a malapena. Le registrazioni
delle telecamere erano sparite e non c’era alcuna prova di quello che diceva.
Alla fine aveva usato l’unica telefonata a sua disposizione e aveva coinvolto
il Mago ed era stato scagionato di tutte le accuse. La televisione aveva smesso
di parlare di lui, le foto sui giornali erano sparite e le persone lo
guardavano come se fosse un turista qualunque e di questo doveva ringraziare il
Mago.
Ripensò allo scontro. Quando era
partito da Siviglia non si era aspettato di trovare un altro Arcano tanto
presto, sua madre aveva vissuto la sua vita senza mai imbattersi in nessun
altro e sempre lei gli aveva insegnato a non agire per primo, ad aspettare e
vedere se la situazione si poteva risolvere a parole. Già una volta la sua
Carta aveva agito di impulso e aveva commesso un terribile errore e i suoi
discendenti non volevano fare lo stesso sbaglio, ma come aveva visto quel
ragazzo divertirsi usando il suo potere a scapito di gente innocente, Gabriel
non era riuscito a stare zitto. Nel momento in cui il ragazzo aveva distrutto le
finestre del primo piano e i suoi occhi avevano brillato argentei mentre
diventava invisibile, Gabriel si era reso conto di chi aveva davanti. Conosceva
le carte che potevano creare illusioni e la rabbia era stata sostituita dal
dolore, solo a una brillavano gli occhi mentre usava la magia. Lo aveva visto
succedere nei suoi sogni, quasi tutte le notti per tre anni.
La Luna. Aveva avuto a che fare
contro la Luna e non l’aveva riconosciuto. Se avesse saputo chi era realmente
Gabriel, sarebbe rimasto a combattere fino a ucciderlo? Se ricordava gran parte
del suo passato, sì.
Ma lui non era la Luna che la sua
mente ricordava. Agiva d’impulso e lo scherniva con ironia. L’uomo che Gabriel
aveva conosciuto invece era mite e gentile, sempre attratto da libri e
pergamene desideroso di conoscere sempre di più. Si perse in quei ricordi e ne
venne travolto, forti come la prima volta che li aveva provati. Si fermò a
riprendere fiato, scosso dalla nausea e dai sensi di colpa. Le sue mani erano
coperte di sangue e sentiva le grida dei due bambini nelle orecchie. Ancora e
ancora, fino a farlo impazzire. – Basta! – implorò coprendosele. – Vi prego,
lasciate mi in pace.
Capiva perché c’erano delle volte in
cui sua madre si rinchiudeva in camera a piangere e urlare fino a sfinirsi. Gabriel
e suo padre attendevano che si calmasse e poi andavano a consolarla e a
riportarla alla realtà. Entrambi sapevano chi era lei e non potevano fare
niente di concreto per aiutarla. Dopo quei momenti, Anita lo prendeva tra le
braccia e gli parlava della sua carta e di ciò che lo attendeva. Gabriel sapeva
che non voleva spaventarlo, ma prepararlo al dolore che non lo avrebbe mai
lasciato. – Siamo soli. – gli diceva lei passandogli una mano tra i capelli. –
È nella natura della nostra carta cercare la solitudine e non sentirsi a
proprio agio tra la folla, ma dopo ciò che lui
ha fatto ce lo meritiamo. L’amore che ho avuto da tuo padre e poi da te non lo
merito. Non sono mai andata a cercarla per sistemare le cose e non merito ciò
che mi avete dato.
Lui. Sua madre non lo chiamava mai
per nome se non per maledirlo. E dopo tre anni, Gabriel ne capiva il perché. Il
suo antenato Lucas aveva tradito i suoi migliori amici e venduto se stesso al
male in persona, in nome di una vendetta che non era mai esistita. Aveva versato
del sangue innocente che nessuno dei suoi discendenti era riuscito a lavare via
e ora lui viveva con quella colpa.
Siamo soli, ricordò a se stesso.
Le urla dei bambini nella sua testa
non lo lasciarono andare, diventando più forti. Si appoggiò contro il muro
cercando sostegno, senza sarebbe caduto in preda alla follia. Avrebbe fatto di
tutto pur di avere il perdono e cercare l’unica persona al mondo che potesse
darglielo. Si sentiva sporco, macchiato fin nel profondo e maledetto per una
cosa accaduta millecinquecento anni prima.
– Io so cosa cerchi. – disse una
vecchia seduta a un banchetto a due metri da lui. Gabriel non si era accorto
della sua presenza finché non aveva parlato. Mescolava velocemente un mazzo di
carte con le mani rugose, ma ben tenute. Prometteva la lettura del futuro con
quelle carte, ma Gabriel preferiva tenersi il più lontano possibile dai
tarocchi.
– Ciò che cercano tutti, vecchia
saggia. – rispose neutro. Non voleva essere scortese, non con un’anziana, ma
voleva andare via, quelle carte e il movimento ipnotico delle mani gli
mettevano i brividi. La donna sembrava fragile e pronta a spezzarsi al minimo
vento, eppure le mescolava sicura senza perdere un colpo. Quanti anni poteva
avere? A vederla, più di cento.
La donna sorrise, mostrando alcuni
denti mancanti. – E cosa cerchiamo, ragazzo? – disse con voce più autoritaria
di prima. – Amore? – domandò gettando una carta sul velluto blu che ricopriva
il banchetto. La cornice dorata degli Amanti rifletté la luce del sole. –
Fortuna? – accanto alla prima si aggiunse la Ruota della Fortuna. – Giustizia?
– chiese mettendo giù una terza carta. Si sentì nudo davanti agli occhi della
Giustizia. Non aveva mai incontrato quella carta, ma sapeva che non avrebbe
potuto fuggire per sempre alla spada della Giustizia, prima o poi avrebbe
dovuto pagare per il tradimento commesso. Come se seguisse il filo dei suoi
pensieri, la vecchia aggiunse altre due carte sul banco. – Amici?
Per poco, Gabriel non cadde in
ginocchio. La Luna e La Forza erano su quel tavolo, l’una accanto all’altra
come lui ricordava, ma sapeva che ne mancavano altre due per chiudere il
quartetto che della sua memoria. Si abbassò per guardare negli occhi la donna.
Erano marrone chiaro, caldi e sereni. Gabriel si sentì rassicurato e per una
volta i suoi ricordi lo lasciarono in pace, rimanendo in silenzio. – Tu ragazzo
cerchi altro. – proseguì lei continuando a mescolare le carte. Ne appoggiò
altre due coperte prima di fermarsi. – Coraggio. – lo invitò. – Sai cosa
troverai.
Allungò una mano tremante verso
quella a sinistra, accanto alla Giustizia. L’Imperatore gli fece venire un nodo
allo stomaco. Nella sua testa balenò il ricordo dell’uomo vestito di nero e di
come lo avesse usato. – Vendetta. – disse la vecchia con un sorriso feroce.
Sì, Gabriel voleva vendetta, ma non
per lui. Aveva quasi acquistato tutti i ricordi di quella tragica vita
precedente e sapeva quale ruolo giocava l’Imperatore e cosa aveva fatto. Voleva
vendetta per il dolore che aveva inflitto e fermarlo prima che portasse altro.
Girò l’ultima carta, quella accanto
alla Luna. – Perdono. – disse lui guardando la Regina di Spade. Più di tutto,
Gabriel voleva il perdono di quella donna. L’Imperatore poteva averlo raggirato
e usato, ma era stato lui a ucciderla e a scatenare tutta la serie di eventi
che lo aveva portato alla pazzia.
No! Urlò Gabriel nella propria testa. Non sono stato io, ma Lucas, lui l’ha
uccisa.
Tornò in se stesso e prese la carta
della Regina di Spade. – Voglio solo il tuo perdono. – sussurrò all’immagine
della donna che teneva in mano una spada.
– Lo puoi avere. – gli promise la
vecchia. A quelle parole Gabriel alzò la testa, guardandola di nuovo negli
occhi. Pendeva dalle sue labbra. Voleva sapere come e quando avrebbe potuto
averlo. Se sapeva così tante cose di lui, forse avrebbe anche potuto dirgli
questo. Si sentiva come un bambino nel giorno di Natale e per una volta, pieno
di speranza. Mise giù la carta e quel neonato sentimento si frantumò contro lo
scoglio della dura realtà. Stava ascoltando una sconosciuta. Già una volta
Lucas aveva fatto l’errore di credere a un estraneo e si era lasciato
convincere da parole che avevano il gusto del miele e poi aveva ucciso una
persona che conosceva fin dall’infanzia.
– Posso aiutarti a trovarla. – disse
la vecchia.
Gabriel si mise allerta. Voleva
sapere, ma c’era sicuramente un prezzo da pagare. – Ma...?
– Ma, – aggiunse lei prendendo le
carte sul tessuto e riunendole al mazzo – devi fare una cosa per me. – riprese
a mescolare con più energia di prima e lui si perse nel movimento agile di
quelle dita. Non sembravano più tanto vecchie. Ad ogni giro con le carte alcune
macchie scure sparivano, le rughe diventavano meno nitide e la pelle era più
compatta.
La piega che stava prendendo la
conversazione non gli piaceva, ma aveva bisogno di sapere dove fosse la Regina
di Spade. Forse il dolore lo avrebbe lasciato andare se lui l’avesse implorata.
– In questo momento lei è con la Forza. – disse la vecchia.
Gabriel annuì. – È un bene, la Forza
è stata sua amica. La proteggerà. – disse rassicurato da quella notizia. Se
stava con una persona di cui si poteva fidare, che avevano condiviso un
passato, l’Imperatore ci avrebbe pensato due volte prima di attaccarla di
nuovo.
Il sorriso della vecchia morì e
Gabriel notò che c’erano meno segni sul suo volto e i capelli avevano ripreso
splendore. – La Forza non è più quella di un tempo. Non è quella che la tua
memoria ricorda. – distribuì una parte delle sue carte sul tavolo, ancora
coperte. – Il Seme della Follia è già dentro di lui e presto, inizierà a
mettere radici. Tu dovrai ucciderlo prima che accada.
Le carte sobbalzarono quando lui
sbatté le mani sul tavolo. – Mi rifiuto di fare una cosa del genere! Era mio
amico, il mio capo villaggio, il mio... – scosse la testa per schiarirsi le
idee. Era stato Lucas a parlare, non c’era alcun dubbio. Si schiarì la gola. –
Voglio dire...
– So cosa vuoi dire. Aver visto La
Luna ha scatenato in te tutta una serie di ricordi che stanno prendendo il
sopravvento. Il nostro corpo nasce e muore, la nostra magia e la nostra anima
restano e il dolore passa tramite esse. Di anima in anima, aspettando il
momento in cui verrà liberato.
Sì, quella donna aveva colpito nel
segno un’altra volta. Aspettava solo il momento in cui si sarebbe liberato di
quel dolore e avrebbe potuto sentirsi leggero per poter vedere il mondo con
occhi diversi. I suoi. – Non ucciderò La Forza. Trovati un altro da manovrare,
vecchia.
Fece per andarsene, ma lei girò tutte
le carte che aveva appoggiato. – Allora moriranno tutti loro, Gabriel Rubio. –
la voce era più sicura e forte di prima, molto più autoritaria e i capelli
iniziavano ad assumere una sfumatura più scura. Solo i suoi occhi rimanevano
immutati, ma per il resto, lei stava ringiovanendo. Non era questo a
contorcergli lo stomaco, di stranezze ne aveva viste tante, ma Gabriel non
aveva mai detto il suo nome. – Come...? – domandò con la bocca secca.
– Io vedo. – rispose. Il suo sorriso gli fece venire caldo, come se la
temperatura fosse salita in un secondo. – Vedo ciò che accadrà. Vedo lacrime e
dolore, più di quanto tu ne possa concepire. Questa guerra è diversa.
Le sembrava sincera, molto più di
quanto fosse stata finora. – Perché lui? È L’Imperatore che vuole farci del
male. Basta fermare lui.
Lei scosse la testa e i capelli
divennero morbide onde castane. – L’Imperatore è una pedina di un gioco più
grande. Lui crede di star agendo di testa sua, ma non è così. Il vero re deve
ancora mostrarsi. La Forza... – toccò la carta con dolcezza, persa in un ricordo
che solo lei aveva. – è un re bianco che nasconde in sé un seme oscuro.
Ucciderlo ora è solo un atto di pietà.
– No!
Dei passanti si voltarono verso di loro,
ma con un gesto della mano la donna li scacciò. – Lui è il rovescio della
medaglia, non esiste nero senza bianco. Non esiste follia senza ragione e lui
vuole la Forza per completare il tutto.
Gabriel non riusciva a convincersi.
Non poteva fargli del male e anche se si fosse deciso, non era un guerriero. La
sua carta era più propensa allo studio e alla meditazione, non alla guerra. –
Lui chi? – domandò cercando di prendere tempo e rimandare la scelta.
– Chi ha dato inizio a tutto questo.
Chiedi al Mago, lui l’ha visto agire. Ha visto la strage che ha portato nelle
nostre vite. È stato dormiente per secoli, ora si è risvegliato. Se avrà la
Forza, riunirà il Mazzo e distruggerà il sigillo.
Anche se quelle parole lo scuotevano,
non poteva farlo. Non poteva prometterle di uccidere una persona, non era un
assassino. Lui non era Lucas. – Dimmi dov’è lei. La Regina di Spade.
– Farai ciò che ti ho detto? – ora
era una ragazza. Aveva più o meno la sua età e la sua pelle risplendeva come il
sole. Anzi, era Il Sole, la carta della cura e della veggenza. In più di una
vita passata i loro cammini si erano incrociati e Gabriel la riconobbe come un’amica.
– Non posso prometterlo. Io non... – come poteva dirlo. Lui voleva solo trovare
la pace, non uccidere per una sconosciuta. – Io sono solo un sasso nel fango,
impantanato nel dolore che il mio antenato ha provocato maledicendo la mia
stirpe. Quelli che erano miei amici fraterni giurarono di distruggere la mia carta.
Lucas distrusse la vita di più di una persona quel giorno, anche la propria. So
cosa significa provocare dolore. Non lo farò di nuovo, non se non è necessario.
La ragazza annuì, capendo cosa
volesse dire. – Un giorno sarà necessario. – gli sorrise con dolcezza e lui si
sentì accarezzato da tiepidi raggi solari. – Lei sarà a Calcutta tra trenta giorni.
Al mercato.
Sapeva che lei non aveva alcun dovere
di dirglielo, aveva rifiutato il suo patto. Aveva rifiutato di farsi muovere
come una pedina. – Grazie.
– La Luna, la Forza, la Regina di
Spade, – disse mettendo le carte sul tavolino. – l’Eremita. – mise la sua carta
accanto alle altre. – Millecinquecento anni fa, questa guerra ricominciò con queste
carte, terminerà con esse, ma chi sopravvivrà...nemmeno io posso vederlo.
Rimase a fissare i quattro tarocchi
affiancati, senza dire una parola. Quattro persone si erano casualmente
imbattute nel Mazzo addormentato e lo avevano risvegliato. E loro dovevano
metterlo a dormire di nuovo. – Devo parlare con il Mago. – disse andando via.
– Gabriel, – lo richiamò il Sole. –
ci sarà un futuro anche per te. – disse la donna con un sorriso. – Non solo la
Luna e la Regina di Spade sono legate dal filo del destino, anche tu. Nel bene
o nel male, lo troverai.
Gabriel la salutò senza voltarsi e
prese le sei carte che teneva in tasca inoltrandosi nel parco. – Anche per me?
– si domandò guardando le cornici del tarocchi che aveva ereditato. – Anche per
l’Eremita?
Siamo soli, disse la voce di sua madre nella
testa.
Ma lui non voleva restare solo per sempre. Voleva sistemare i danni che Lucas aveva provocato e avere un futuro che fosse libero da quei ricordi, che appartenesse solo a lui.
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NdA: Gabriel, come Michael è uno dei miei prediletti. Nella prima stesura era nato come cattivo, ora è un dannato senza pace e adoro questo cambiamento della sua figura e spero che piaccia anche a voi. Cosa ne pensate? Con questo capitolo si conclude il ciclo a Parigi, ora ci si sposta con l'apertura di un nuovo ciclio, La Papessa!
Grazie per tutti quelli che hanno letto e messo nelle seguite, preferite, ricordate e da chi mi ha lasciato un suo pensiero. Tengo tantissimo alle vostre opinioni.
Khyhan