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Autore: Birra fredda    06/05/2014    2 recensioni
Aziel è un angelo sfuggito al Paradiso per il suo amore, un demone di nome Belial.
Un amore malato, una passione travolgente, due corpi, un'anima pura e una maledetta che convivono in una casa immersa nel verde delle colline abruzzesi.
Cosa ne sarà dell'amore quando le cose cominceranno a farsi più difficili e sarà ripresa la lotta tra le forze del male e le forze del bene?
Genere: Erotico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole fece timidamente capolino nel cielo, con una lentezza asfissiante, come se il percorso fosse troppo lungo. Piano piano andò a posizionarsi in alto, tra le nuvole candide e sopra la casa bianca che sembrava un po’ un rettangolo messo per lungo su un manto rialzato colorato di verde e marrone.
Belial affondò il viso nel cuscino e inspirò l’aria con forza, cercando di non pensare ad Aziel. Avrebbe voluto continuare a ignorarlo per tutto il giorno, ma si rese conto che l’aveva punito abbastanza e si decise ad andare in bagno di lui, dove lo aveva lasciato prima di andarsene a dormire.
Aveva dormito molto quella notte, a differenza del solito. Quando era nervoso era prassi, per lui, dormire maggiormente, quasi che il lungo sonno servisse a calmarlo il più possibile.
Camminò ciondolando verso il bagno, con gli occhi semichiusi e ravviandosi la chioma scura con una mano.
“Aziel” chiamò piano aprendo la porta.
L’angelo dormiva raggomitolato nella vasca. Gli si erano asciutti i vestiti e i capelli, si era risalito un minimo almeno i boxer e aveva le i polsi ancora stretti dietro la schiena.
Belial sospirò e si chinò su di lui.
“Aziel svegliati” disse, facendo sussultare il biondo, che aprì gli occhi di scatto e alzò la testa. “Sono le otto, devi andare a lavoro” continuò il demone, sporgendosi sull’amante per sciogliergli i polsi, segnati di viola, e aiutarlo a mettersi in piedi nella vasca.
Aziel si lasciò aiutare e, dolorante per la scomoda posizione in cui aveva dormito, si alzò a fatica e rimase dritto sorreggendosi alle spalle di Belial che cominciò a spogliarlo.
“Cosa fai?” domandò l’angelo stancamente, ritirandosi indietro con le spalle contro il muro del bagno. Si chiese se non volesse fargli ancora del male e lo stesse spogliando per quello.
“Devi farti una doccia, non puoi uscire in queste condizioni” rispose secco il demone senza guardarlo, chinandosi a togliergli scarpe e calze e sfilandogli pantaloni e boxer.
Il biondo chiuse gli occhi gonfi di sonno e sollevò le braccia per farsi levare anche la maglietta che portava. Aveva dormito pochissimo, forse solo un’oretta e mezza.
Belial aprì l’acqua e lo aiutò a insaponarsi il corpo stando ben attento che non scivolasse o si lasciasse cadere. Quando non dormiva almeno sei o sette ore era davvero poco vigile, questa era un’altra delle pecche dell’essere un angelo.
“Perché tante premure?” chiese Aziel dopo un po’, abbandonandogli la testa sulla spalla, quando il demone lo avvolse nell’accappatoio di spugna e lo prese in braccio per portarlo in camera a vestirsi.
“Perché credo che tu abbia capito la lezione” borbottò Belial in risposta entrando nella loro camera da letto e accendendo la luce con un gomito. “E poi non sono più arrabbiato” aggiunse poi, facendolo sedere sul bordo del letto.
L’angelo sorrise, sentendosi sollevato. Amava Belial per quelle piccole cose che gli facevano capire che, sotto sotto, a lui ci teneva. Se una cosa del genere fosse successa anni addietro, lo avrebbe trattato come uno zerbino da sbatacchiare continuamente contro ogni superficie per settimane.
Il demone andò al cassetto dell’altro e gli prese l’intimo, gli asciugò velocemente i piedi e i capelli, poi gli infilò i boxer e i calzini e lo lasciò lì.
“Dove vai?” gli urlò Aziel corrugando la fronte.
“A prepararti un caffè, vestiti e muoviti a scendere ché è tardissimo” gli gridò di rimando Belial, scendendo gli scalini a due a due.
In effetti in quasi mezz’ora sarebbe dovuto essere in ospedale e, se si contavano i venti minuti di macchina che ci volevano per arrivarci, ne aveva solo dieci per finire di prepararsi e fare colazione.
“Lascia perdere, altrimenti non faccio in tempo” urlò nuovamente al demone, alzandosi per andare al suo armadio.
“Ti porto io, tanto poi devo andare con Damien e Ipos” rispose Belial dal piano di sotto mettendo il caffè nella caffettiera.
Aziel si immobilizzò con una mano in aria tra i vestiti appesi per prendere un jeans agganciato a una gruccia. Sebbene più e più volte lui e Belial avessero volato insieme, uno accanto all’altro o anche stretti in un abbraccio, e sebbene molte volte avessero fatto anche cose impure in volo, si rese conto che con quel ti porto io il demone intendeva altro.
Una sola volta Aziel aveva volato con Belial, abbandonato completamente tra le sue braccia, fiducioso con tutto se stesso nell’altro e con le ali candide riposte tra le scapole.
Se lo ricordava bene quel giorno, ch’era stato il giorno in cui per la prima volta aveva cucinato della carne per il suo amante che, felice e soddisfatto, gli aveva mostrato il suo riconoscimento tenendolo intrappolato nel suo abbraccio percorrendo il mare adriatico fino alla Croazia.
Si ricordava bene ogni istante di quel volo, e la sensazione di protezione assoluta che gli avevano donato le forti braccia di Belial contro il suo corpo.
“Sei pronto?” strillò il demone, udendo chiaramente che l’angelo, al piano superiore, non si stava muovendo.
“Sì, certo” rispose Aziel riscuotendosi. Si vestì in fretta, infilandosi un jeans a caso e una t-shirt scura e correndo in cucina col sorriso stampato in faccia.
Aveva già completamente rimosso la sera precedente. Era assurdo come Belial riuscisse, in meno di dieci ore, a ferirlo e renderlo l’essere più felice sulla Terra. Era assurdo come Aziel potesse dimenticare tutto il dolore che il demone gli provocava con un semplice ti porto io.
“Mettiti una felpa, non volerò basso perché tu sei incapace di pensare che in aria non ci sono venti gradi come qui” lo ammonì il demone non appena lo vide entrare in cucina, per poi voltargli le spalle e versare il caffè in una tazzina.
“Non metterne molto” gli disse Aziel, ignorando la sua puntualizzazione sul vestiario, “questa roba è troppo forte per me” continuò sedendo a tavola, alludendo al fatto che il caffè non fosse proprio adatto per gli esseri divini come lui.
“Non ti sei guardato allo specchio” ribatté il moro con un sorriso sarcastico, mettendogli la tazzina colma quasi fino al bordo di liquido scuro.
L’angelo bevve il suo caffè e salì al piano di sopra per infilarsi una felpa, poi scese da Belial. Il caffè gli stava già facendo effetto, un po’ alla stesso modo degli eccitanti per gli essere umani, come una scarica di adrenalina che parte senza preavviso e ti dà la forza di affrontare la giornata dopo qualsiasi brutta esperienza. Se ne beveva un sorso, com’era solito fare, non sentiva quasi nulla, ma se ne beveva una tazzina quello era il risultato.
Belial stava fumando.
Aziel si fermò sulla porta d’ingresso per riprendere fiato.
Quella parte di casa era quella che il demone si era premurato di curare maggiormente quando aveva cominciato i lavori di costruzione. Aveva voluto un portico davanti l’ingresso, un portico colonnato di marmo bianco e rosso con archi ogivali in stile gotico.
Quando Aziel aveva visto per la prima volta dal vivo, non dal cielo, quel portico, gli era venuta la pelle d’oca. Subito quel portico gli aveva fatto pensare a una chiesa gotica e si era chiesto se quello stupido di un demone non si volesse prendere il gioco di Dio.
Belial inspirò il fumo, lo trattenne per un momento dentro di sé e poi lo espirò con un lungo soffio. L’angelo lo osservò ammaliato, aveva sempre trovato elegante e accattivante il modo di fumare del demone.
“Possiamo andare?” chiese Belial senza voltarsi a guardarlo.
“Sicuro” disse in fretta Aziel, mentre il moro gettava a terra la sigaretta e la spegneva calpestandola con la suola delle Dr. Martens nere, ben sapendo che tanto non sarebbe stato lui a pulire.
“Vieni qui” ordinò il demone.
L’angelo fremette. In un attimo si ritrovò nelle braccia dell’altro, con la testa contro la sua clavicola e le ali putride che li avvolgevano entrambi come una grande distesa scura che avrebbe protetto il loro amore qualsiasi cosa fosse successa.
“Tieniti” sussurrò Belial prima di sollevarsi in aria.
Non che Aziel ne avesse realmente bisogno. Sentire i muscoli del demone contro la carne era già abbastanza rassicurante, si sarebbe sentito al sicuro anche se avesse spalancato le braccia, affidandosi completamente all’altro.
Il moro sbatté le ali lentamente un paio di volte, si strinse Aziel contro il petto e si sollevò sulla casa, sulla collina coltivata, sui paesini poco distanti, sull’Abruzzo.
Aziel azzerò la mente, lasciandosi andare al momento. Si sentì innamorato più che mai, in quel momento, e si sentì, vergognandosene anche un po’, umano. Si sentì come uno di quei fidanzati che vengono portati a lavoro dal compagno di vita, si sentì importante, degno di esistere.
Chiuse gli occhi e decise di non godersi il panorama, ché tanto quello se ne stava sempre lì e sarebbe potuto uscire a goderselo quando gli pareva, ma di godersi solo Belial così carino nei suoi confronti.
Il volo non durò molto, una decina di minuti o poco più, e Belial planò direttamente sul tetto dell’ospedale, evitando di abbassarsi troppo presto, scendendo perpendicolarmente.
“Siamo arrivati” annunciò un secondo prima di toccare con i piedi il pavimento.
Restarono immobili, abbracciati, per un momento, e il demone si premurò di circondare se stesso e il suo amante con le sue ali prima di cercare le sue labbra.
Aziel, senza staccarsi da lui più di tanto, si alzò in punta di piedi per baciarlo, lasciandosi avvolgere dal calore delle ali e del corpo di Belial.
Fu un bacio lungo e dolce, dal sapore di caffè e voglia di tenersi stretti e far l’amore a tempo indeterminato. Fu un bacio dal retrogusto umano, di quelli che si danno le coppie alle stazioni prima che uno dei due salga sul treno che lo riporterà a chilometri dall’altro.
Belial si staccò per primo, sorridendo sulle labbra di Aziel e aprendo le ali dietro di sé.
“Vai” disse, sciogliendo anche l’abbraccio.
L’angelo gli sorrise di rimando. Avrebbe voluto dirgli tante cose, che avrebbe voluto che quel volo durasse per sempre, che quando voleva era l’essere migliore dell’Universo, che non era più il demone vendicativo e sadico di un tempo e questo lo rendeva più fiero che mai.
Avrebbe voluto ribadirgli, per quella che era probabilmente la miliardesima volta, che lo amava, ma riuscì solo a balbettare un grazie.



















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Salve a tutti bellezze!
Questo capitolo era pronto da un po' ma ho esistato nel postarvelo perché avrei voluto prima revisionarlo, cosa che non ho fatto perché tanto questa settimana non avrei comunque avuto tempo e non volevo farvi aspettare troppo.
Aspetto le vostre recensioni e vi ringrazio tutti in anticipo.
Echelon_Sun

 
  
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