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Autore: LondonRiver16    06/05/2014    6 recensioni
Adam si voltò verso di lui per poterlo guardare in faccia.
- Da cosa stai scappando, TJ? Noi due ci siamo sempre detti tutto, perché questa volta parlarmi ti risulta così difficile?
Per una manciata di secondi Tommy non fece altro che perdersi negli occhi del suo ragazzo, che quel giorno e con quel sole splendente erano di un irresistibile color acquamarina, quindi li abbandonò per sistemarsi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio, fissare l’oceano che avevano di fronte e confessare tutto in un mormorio che per un soffio non si perse nel vento.
- Perché stavolta riguarda te.
(Seguito di "I'm gonna make this place your home")
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Adam Lambert, Nuovo personaggio, Tommy Joe Ratliff
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Home'
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Eccomi qui, fanciulle *e fanciulli? Mah!*, buonasera!

Avevo la piena intenzione e il pienissimo desiderio di aggiornare già stamattina, ma questo simpaticone del mio computer non ha voluto saperne, mannaggia a lui, per cui eccomi qui stasera, con micia ronfante al seguito.

Per questo capitolo ho scelto una canzone, come ai (vecchi) tempi di “Home”. Sarà che questa piccola tradizione di inizio capitolo mi manca. La trovate anche all’interno del capitolo, comunque, e mi sembra adatta al tema: “True Colors” (Cyndi Lauper).

Buona lettura a chiunque stia passando di qui, ci risentiamo in fondo :)

 




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Giunsero a correre in auto a lato dell’oceano verso le sei del pomeriggio. Tommy si era appisolato al posto del passeggero un’oretta dopo la partenza dall’autogrill, evidentemente ancora in debito di sonno da due notti addietro, e da allora se ne stava rincantucciato sul sedile come un gatto nel proprio giaciglio, le braccia abbandonate in grembo, il respiro lento e lieve che aveva permesso ad Adam di rimanere sereno e attento alla guida per tutto il tempo.

Anche se avevano raggiunto il mare, il ventiduenne lasciò dormire il ragazzo ancora per un po’, contento di saperlo al sicuro in un mondo di sogni che, vista l’espressione rilassata di Tommy, non poteva che essere il migliore possibile. Ma quando fu certo che non mancavano più di venti minuti all’arrivo non seppe resistere alla tentazione di allungare il braccio, poggiargli la mano sulla spalla e scuoterlo delicatamente.

- Tommy. Ehi, amore, svegliati.

- Hm? – mugolò il diciassettenne in risposta, muovendo appena le ciglia.

- Guarda fuori dal finestrino, è uno spettacolo – insistette Adam, tornando con entrambe le mani sul volante, ma accennando con la testa verso destra. - Ne vale la pena, te l’assicuro.

Dopo essere rimasto a strofinarsi gli occhi per vari secondi, Tommy obbedì senza avanzare proteste, spinto dalla curiosità, e come Adam si era aspettato rimase a bocca aperta: l’oceano era una tavola cobalto che riluceva dell’ambrata luce solare che andava dirigendosi pian piano verso il tramonto e la spiaggia che correva parallela alla strada era una striscia di sabbia bronzea irresistibilmente placida e deserta.

- Oh – si lasciò sfuggire Tommy, gli occhi che brillavano della stessa scintilla dello specchio d’acqua dal quale non riuscivano a dividersi. - È stupendo.

Ad Adam scappò un sorriso a quella reazione e chinò un poco il capo per vedere meglio un cartello d’indicazioni posto al lato della carreggiata. - Ci sei mai stato prima?

Tommy gli lanciò un’occhiataccia disincantata. – Se so a malapena in che Stato siamo.

- Intendevo in riva al Pacifico.

- Ah – replicò Tommy, adombrandosi un poco. - L'ho visto solo un paio di volte dall'autostrada. Quando Milton mi portò a certe visite specialistiche.

Comprendendo al volo il luogo d’origine del suo improvviso adombrarsi, Adam si premurò di allungargli una carezza sulla gamba e di donargli un sorriso e uno sguardo innamorato che catturarono subito l’interesse del diciassettenne.

- Tranquillo, ci penso io a fartelo conoscere – lo confortò, per poi tornare a concentrarsi sulla guida, dato che era arrivato il momento di abbandonare la strada maestra per svoltare e infilarsi nello scarsissimo traffico che confluiva tutto nel paesello sul mare che in piena estate diventava un’ambitissima metà turistica.

Adam non aggiunse nulla, ma ben presto, non appena arrivarono in vista delle prime case arroccate sulla roccia che scendeva gradatamente verso la strada che stavano percorrendo e quindi verso l’acqua, Tommy cominciò a indagare, gli occhi e la voce ormai privi di qualsiasi traccia di sonno.

- Stiamo in un motel? – chiese, fissando Adam, il quale storse la bocca divertito.

- Hm, no.

- Un bed and breakfast? Una pensione?

Il più grande ridacchiò. - Ritenta e sarai più fortunato.

- Non ti sarai sprecato al punto da prenotare in un albergo vero!

- Oh, ho fatto di peggio – scherzò l’altro, tirandosi addosso l’occhiata sbieca del più piccolo.

- Se finirà che dovrò dormire in una tenda da campeggio giuro che ti ci annego in quell'oceano.

- Ah, TJ, che delusione, non ne indovini una.

- E allora dove?

- Porta pazienza e fidati di me – disse il maggiore per mettere fine a quella sequela di domande, mentre l’auto si lasciava alle spalle il centro nevralgico del minuscolo villaggio portuale, proseguendo sulla strada e nella pineta che s’inerpicava su per una collina appena accennata. - Pochi minuti ancora e potrai risponderti da solo.

Fu un miracolo a cui Adam riuscì a stento a credere, ma Tommy gli diede ascolto senza insistere oltre e rimase in silenzio per i pochi minuti di viaggio che restavano, accontentandosi di studiare il paesaggio fuori dal finestrino invece di tempestarlo di domande come suo solito. Non che ci fosse ancora molto da vedere, comunque. Ora che si erano lasciati il paesello alle spalle, l'unico, vago indizio che restava era la stretta stradina di ghiaino che, tornante su tornante, s'inerpicava sulla collina fittamente ricoperta di pini marittimi dalle chiome un poco spelacchiate, era vero, ma perfette per nascondere ciò che la piccola altura celava.

Adam si divertì a sbirciare l'espressione di Tommy mentre il ragazzo stringeva le palpebre alla ricerca di qualche spunto utile, ma non ebbe il cuore di disilluderlo svelandogli che non avrebbe rivisto l'oceano molto presto. D'altronde sperava che la sorpresa che li attendeva in cima alla collina bastasse a sedare il dispiacere.

Il parcheggio che gli era stato riservato era sul retro, dietro a un'altra importante schiera di pini, e dovettero smontare dall'auto e arrampicarsi su tre ripide rampe di scale di pietra per arrivare alla meta, ma Tommy trattenne le lamentele. E quando arrivarono in cima e vide la casa, per grande gioia di Adam, eruppe in un'esclamazione allibita.

- Qui?!

La casa era un piccolo confetto d’intimità collocato proprio sulla sommità della collina, anche se gli alberi che la circondavano e la conformazione del rilievo potevano indurre a pensare che ci fosse ancora qualche metro da percorrere per arrivare sulla cima vera e propria. Era un’abitazione semplice, da turisti, a un unico piano, con le pareti esterne color giallo paglierino e le imposte delle finestre di un verde foresta e tanto di giardino cinto da uno steccato di legno. Quest’ultimo era stato pitturato con una vernice bianca che il vento marino metteva a dura prova ogni anno, obbligando i proprietari a ripassarla di frequente, ma la salsedine che si insinuava fra le crepe del legno non faceva che aumentare la bellezza del contesto.

Tommy non poteva saperlo, ma poco lontano dal lato est della casetta c’era l’attacco di un sentiero acciottolato che si abbassava cauto per la collina e permetteva di raggiungere uno degli angoli più belli di quella costa dalla sabbia fine in poco più di dieci minuti di cammino. Era un posto al quale Adam si sentiva legato da una buona manciata di ricordi, ma anche oggettivamente non lo si sarebbe potuto definire meglio se non chiamandolo magico, isolato e immerso nella quiete della pineta com’era, nonché talmente vicino all’oceano da essere costantemente cullato dal rumore delle onde che s’infrangevano sulla spiaggia.

- È un appartamento per vacanze – spiegò Adam, avvicinandosi a Tommy dopo aver a sua volta dato un’occhiata al luogo che non vedeva da anni e facendogli scivolare dolcemente una mano sul fianco per potergli parlare da vicino. - Io lo trovo carino, ma se preferisci una stanza in albergo posso...

- Mi prendi in giro? – lo bloccò però il più giovane, voltandosi di scatto verso di lui con un’espressione che denunciava un affronto di immane portata, per poi abbracciarlo di slancio. - Una casa solo per noi, è fantastico!

Adam sorrise a sua volta, ricambiando la stretta col braccio che non reggeva lo zaino che si era portato appresso. - Sono contento che siamo d'accordo – fece, per poi guidarlo gentilmente verso l’entrata, ancora nascosta alla vista dalla staccionata. - E aspetta di vedere l'interno.

Adam fece strada e aprì il cancello, che stridette, poi precedette Tommy lungo il breve percorso di porfido che spezzando a metà il giardino tempestato di rose e ortensie conduceva fino alla porta d’ingresso, proprio in quel momento illuminata dagli ultimi raggi di sole che la giornata avrebbe donato.

- Prenderlo in affitto ti sarà costato una fortuna – osservò Tommy alle sue spalle, un attimo prima che l’altro si fermasse di fronte al battente.

- Non così tanto – replicò il maggiore, alzando un braccio per bussare. - Siamo ancora in bassa stagione e poi conosco la proprietaria.

La proprietaria era Terrie, l’anziana detentrice di diversi appartamenti per vacanzieri in paese e fuori oltre che padrona dell’unico pub del villaggio, ma ad aspettarli nell’appartamento trovarono suo nipote Michael, un ventenne timido ma oltremodo cortese che diede loro il benvenuto, gli mostrò l’appartamento e la crostata di benvenuto che sua nonna aveva preparato loro e consegnò ad Adam le chiavi della casa assieme all’invito di Terrie di farsi vivo al pub, il giorno dopo o uno di quelli a seguire, dato che la donna aveva espresso il vivo desiderio di rivedere lui e di conoscere il suo ragazzo, del quale aveva saputo al momento della prenotazione. Tommy arrossì un poco, ma Adam garantì che non sarebbero mancati e si lasciò aiutare da Michael a portare in casa i bagagli mentre il più piccolo dava un’occhiata in giro, fuori, dentro e tutt’attorno all’appartamento per farsi un’idea di che posticino pacifico fosse.

- Allora, ti piace?

Tommy stava ficcando il naso nell’armadio della camera da letto per scoprire quanto fosse spazioso quando la voce di Adam lo sorprese, spingendolo a voltarsi verso la porta. Il maggiore, che aveva appena congedato Michael con tutti i ringraziamenti del caso e una buona mancia, perse qualche secondo per sistemare le loro due valigie contro la parete e Tommy ebbe tutto il tempo di buttarsi a sedere sulla sponda più vicina del letto matrimoniale che dominava la stanza.

- È una favola – sospirò, per poi unire le mani e rimanere a osservarle con una certa malinconia nello sguardo. - Vorrei solo che fosse semplicemente per noi due. Sai… nient’altro che una vacanza.

Vedendolo di nuovo succube di una tristezza che negli ultimi tempi lo conquistava anche troppo facilmente, Adam abbandonò i loro averi in un angolo per raggiungerlo, sederglisi accanto e passargli una mano sulla schiena col solo intento di incoraggiarlo a concentrarsi su di lui.

- Questo viaggio ha anche altri scopi oltre a quello di farti staccare la spina per un po', lo hai capito – riconobbe quando i suoi occhi chiarissimi ebbero calamitato l’attenzione di quelli nocciola del più piccolo. - Ma è per noi due, okay? E stasera è solo per noi due. Per uscire e divertirci in qualche locale o restare qui, ordinare una pizza per telefono e mangiarcela sul letto col film che preferisci – promise, riuscendo a farlo sorridere, per poi far scivolare una mano sul suo ginocchio e risalire, lento e inesorabile, verso l’interno coscia. - Oppure...

- Oppure?

Tommy ridacchiò e trattenne il fiato, fermandogli la mano prima che arrivasse in punti toccati i quali sarebbe stato difficile tornare indietro. Non gli avrebbe concesso tanto senza prima farsi pregare almeno un po’ e Adam, che conosceva il suo pollo, lo sapeva perfettamente e da tempo lo accettava come parte del gioco.

- Oppure starcene noi due soli su questo letto – propose quindi, alzando le sopracciglia come per sottolineare l’ovvietà della cosa e nel contempo chinandosi su di lui col busto, quel tanto da respirargli sulle labbra e farlo indietreggiare, voglioso di farsi desiderare. - È da un po'che non stiamo in intimità, mi sembra.

- Nove giorni – specificò Tommy, lasciandosi cadere di schiena sul letto e inarcando il collo mentre Adam scendeva a baciarglielo senza risparmiarsi in sensualità. - Da venerdì, quando sono venuto con te a quella noia di spettacolo teatrale.

A quelle parole Adam soffocò una risatina direttamente sulla sua pelle candida, per poi alzare il viso e guardarlo dritto negli occhi, la malizia dipinta in viso. - Perché, c'è qualche possibilità che tu non venga quando sei con me?

- Ah-ah – scandì Tommy, distratto dalla sua voglia irrefrenabile di renderlo partecipe di quel doppio senso più che dal tentativo di farlo ridere in sé, e assecondando il ritmo dei suoi baci gli mise le mani sulla schiena, aggrappandovisi in segno di apprezzamento. - Stiamo raschiando il fondo pensione delle battutacce, signor Lambert.

- Hm – si diede appena la pena di commentare Adam, troppo occupato per potersi separare dalla sua clavicola senza alcun preavviso. - Eppure non mi sembra che il contorno di questo fondo pensione ti sia mai dispiaciuto.

Sicuro delle proprie mosse, cominciò a giocare di lingua sulla linea che divideva il collo e il torace del ragazzo, forzando col mento il bavero della sua maglietta dei Metallica, ma quando iniziò a impegnarsi sul serio in quel succhiotto, nonostante le attenzioni del maggiore fossero già riuscite a strappargli qualche gemito, Tommy gli mise le mani sulle spalle e premette affinché si bloccasse.

- Ad – lo chiamò, cercando di nuovo i suoi occhi, e il ventiduenne glieli offrì senza riserve, facendo leva sulle braccia. - Apprezzo tutto questo. Di più, lo adoro e tu lo sai, ma sono esausto e tutto quello che vorrei fare è mangiare qualcosa, farmi una doccia e mettermi a letto con te.

Più sorpreso che infastidito da quelle parole, Adam rimase a guardarlo un momento in più del previsto per dargli il tempo di cambiare idea, ma poi, notando i segni lampanti della stanchezza sul volto del più piccolo, si arrese, gettandosi accanto a lui sul materasso con un soffio.

- Va bene.

Tommy si sollevò a sua volta sui gomiti, un’espressione rammaricata in viso. - Mi spiace – disse sinceramente. - Ma sono davvero distrutto.

Messo dinnanzi a tutto quel dispiacere per qualcosa di così futile, Adam non riuscì a trattenersi dal sorridere intenerito e con due dita andò a sfiorare la guancia calda del più giovane.

- Tranquillo, cucciolo. La serata è per te, decidi tu. La tua parola è legge e prometto che non la prenderò sul personale.

- Grazie – sorrise a sua volta Tommy, sporgendosi verso di lui quel tanto sufficiente ad allungargli un bacio leggero sulle labbra. – Magari vedrò di ricompensarti sul personale più tardi, a letto. Che ne pensi?

Grato della sua presenza più che di ogni altro espediente avrebbero potuto inventarsi quella sera per scambiarsi favori quando i vestiti sarebbero caduti a terra, Adam tornò a carezzargli la guancia, il naso, la fronte, per poi lasciare che le dita si perdessero fra i suoi capelli biondi e gli occhi nei suoi, così dolci e insieme falsamente sereni.

- Penso che sei così bello. La mia piccola meraviglia – sussurrò, per poi baciarlo a sua volta, indugiando un poco di più sulle sue labbra, prima di allontanarsi e saltare in piedi, carico di un’energia nuova. - Vado a telefonare per la pizza! Frutti di mare?

Ancora stravaccato a letto, Tommy strabuzzò gli occhi a quella domanda. - Hanno la frutti di mare?

Il ventiduenne alzò gli occhi al cielo, ma poi non trattenne una risata e allargò le braccia. - TJ, siamo sull’oceano, vuoi che non abbiano la frutti di mare?

- Oh, giusto – intese Tommy, preso alla sprovvista. - Frutti di mare, certo. Assolutamente sì.

 

Chiuso all'interno del cubicolo della doccia, Tommy si strizzò i capelli bagnati e seppur di malavoglia ruotò la manopola finché il getto d'acqua non si interruppe. L'acqua bollente e il vapore che ormai regnava sovrano nel piccolo bagno piastrellato lo avevano piacevolmente intorpidito e aprire le ante di plastica per raggiungere l'asciugamano e venire quindi pizzicato dall'aria più fredda esterna al vano doccia fu un piccolo trauma che lo fece rabbrividire tutto, giusto un attimo prima che il ragazzo si buttasse il telo di cotone spugnato sulle spalle per allontanare quella sgradevole sensazione di congelamento.

Così avvolto nel cotone, mosse con cautela qualche passo verso il lavandino e allungò un braccio per pulire lo specchio appannato e poter dare un'occhiata al proprio viso arrossato, alla vista del quale si lasciò andare a un sospiro.

Guardarsi in faccia senza arrendersi alla tentazione di distogliere lo sguardo aveva finito col diventare un'impresa negli ultimi tempi. Lo stress di mantenere il segreto che si stava tenendo dentro era diventato troppo, soprattutto da quando Rick e Julie avevano cominciato a insistere e Adam a indagare. La vergogna era troppa perfino per riuscire a guardarsi negli occhi, allo specchio, e resistere per più di due secondi. Non ne poteva più.

Qualcuno mi aiuti, implorò fra sé e sé, tirandosi indietro i capelli con le dita curvate ad artiglio, per poi cadere vittima dei suoi stessi pensieri e sentirsi ancora più schiacciato dai sensi di colpa.

Sapeva che Adam lo avrebbe aiutato, se solo lui si fosse deciso a smetterla con i trucchetti e a dirgli tutto. Sapeva benissimo che il suo ragazzo non aspettava che una sua mossa per correre in suo soccorso, che non c'era altro che desiderasse così ardentemente, ma non poteva. Parlargliene avrebbe significato la fine di tutto, la conclusione e morte di ogni tentativo di rivalsa ma anche lo scontro con pericoli tangibili, e Tommy lo sapeva meglio di chiunque altro. Ma Dio, mentire ad Adam faceva così male che a volte quello era l'unico motivo per cui passava la notte a piangere.

Dopo essersi asciugato alla bell'e meglio corpo e capelli, nudo dalla cintola in su, il diciassettenne mosse un paio di passi verso la porta e la aprì lentamente, la mente che ancora correva dietro pensieri foschi e il volto rabbuiato dal loro riflesso, ma quando si accorse della luce in fondo al corridoio si bloccò appena messo piede fuori dal bagno.

Adam era in cucina e, intento a riempire il lavabo di acqua bollente a cui unì del detersivo per piatti, di spalle com'era, non poteva accorgersi della presenza del più piccolo che rimase a osservarlo in silenzio. La melodia di “True Colors” di Cindy Lauper si diffondeva fra le pareti, colmando l'atmosfera serale, e la splendida voce del moro la seguiva fin nelle note più alte senza troppi intoppi mentre il ragazzo si occupava dei piatti e accennava qualche passo a tempo. Tommy sorrise a quella vista ed ebbe appena il tempo di pensare che nascondersi era l'unico modo per prendere il suo ragazzo alla sprovvista, quando all'improvviso ai toni della radio si sovrapposero quelli della suoneria di Adam.

Tommy dovette ripararsi dietro lo stipite mentre il ventiduenne si girava per recuperare lo smartphone che aveva lasciato sul tavolo, poi la via tornò libera e il più giovane poté riprendere a sbirciare indisturbato. Adam era tornato al lavandino, aveva appoggiato il telefonino lì accanto, accettato la chiamata e messo il vivavoce per poter continuare a occuparsi delle stoviglie sporche mentre rispondeva con voce trillante a chi attendeva all'altro capo del telefono.

- Ciao, Kev.

Subito dopo la voce del migliore amico di Adam uscì chiara e forte dall’apparecchio, anche se un poco distorta dalla linea telefonica e dalle vibrazioni del vivavoce.

- Ehi, romanticone! Un uccellino mi ha detto che hai portato il tuo ragazzo in villeggiatura, ma ho voluto chiamarti di persona per avere la conferma che domani salterai la nostra serata-aperitivo settimanale – esordì, sagace e provocatorio come suo solito. – Nonché, e non dimentichiamocelo, per congratularmi con Tommy. L’interessato si rende conto che è il primo a riuscire nell’incredibile impresa di trascinare Adam Lambert in ferie nell’arco di quasi tre anni? Il fanciullo è da encomio pubblico!

Tommy rimase in silenzio, in ascolto e osservazione dal suo nascondiglio ben piazzato, e immaginò Adam alzare gli occhi al cielo mentre lo vedeva scuotere la testa con una certa esasperazione e cominciare a spostare bicchieri, posate e piatti nel lavandino ormai pieno d’acqua fumante.

- Mantenere una certa riservatezza sembra essere diventato un reato in questo secolo – commentò subito dopo il moro, fingendo un fastidio maggiore di quello che provava in realtà, al che Kevin scoppiò in una delle sue risate cristalline e disinibite.

- Su, non fare il difficile. Di cosa si tratta, un anniversario con annessi e connessi? Una scopa-vacanza per spassarvela un po’ in santa pace? Nuove posizioni da sperimentare, eh?

A quelle allusioni Adam smise di strofinare per lanciare un’occhiata esterrefatta al telefono che lo osservava impassibile da lì accanto, nascondendo il volto dell’accusato. – Kevin Nathan Wyler!

- Che c’è?

Il ventiduenne ridacchiò della sua tranquillità, rituffò le braccia nel lavello immergendosi fino ai gomiti e scosse ancora la testa. - Continua così e sarò costretto a mandarti tua madre perché ti lavi la bocca con una delle sue famose saponette schiumogene, signorinello.

Kevin sbuffò senza ritegno, con così tanta convinzione che perfino Tommy poté udirlo chiaramente.

- Senti, signorinello, sono in astinenza, perciò abbi pietà e raccontami qualcosa che mi faccia tornare a vedere la vita come l’irresistibile e brillante avventura di sempre.

- Per questo sarà meglio che ti trovi una puttana di quelle brave, a lungo termine e con un tenace bagaglio di pazienza da investire sul logorroico terminale che sei, io al massimo posso provare a distrarti.

- Meglio di un pugno in un occhio – accettò l’altro, e Tommy lo immaginò fare spallucce prima che il suo ragazzo facesse prontamente cambiare strada alla conversazione.

- Non indovinerai mai dove sono.

- A un raduno di drag queen represse.

- Hm, quasi – accettò Adam con un mugolio seguito da un risolino sapiente. - Il posto potrebbe essere quello giusto, ma temo che la stagione sia decisamente quella sbagliata per certe attività.

Sapeva di aver stuzzicato Kevin nei punti giusti, infatti rise più forte quando il ventinovenne ribatté con la voce più alta di un tono e una buona dose di sincera concitazione.

- Che cosa? Ma dove diavolo hai portato quel povero ragazzo? Ha visto te, lo so, ma rimane molto impressionabile, sai? Ancora non ti sei presentato a prenderlo a casa con un paio di tacchi da dodici, immagino, per cui non può sapere a cosa va incontro, e devi metterti in testa che sei tu il responsabile di…

- Calmati, paparino, qui non c’è assolutamente niente che possa sconvolgerlo – lo bloccò l’altro quando le sue fisime cominciarono ad annoiarlo, ma Kevin, dato che era Kevin, non demorse.

- Questo lo dici tu dall’alto della tua esperienza di fanatico del…

- Heavenly Coast ti dice niente, isterica?

Ecco, l’aveva detto. E come si era aspettato, non appena ebbe pronunciato quel nome il suo migliore amico tacque e un’ombra, la stessa, precipitò su entrambi nello stesso istante, sedando risa e voglia di scherzare e riportando la serietà sui loro volti. Quando la voce di Kevin riemerse dal vuoto in cui era sprofondata non fu solo l’amico a parlare, ma anche una buona parte dell’addetto alle scartoffie e agli incontri più ingrati dell’ufficio “Assistenza Sociale Minori” della città dove sia Adam che Tommy erano cresciuti.

- È successo qualcosa che non so?

- Perché, dovrebbe? Ti ho solo detto che siamo vicini alla spiaggia – si ritrasse Adam, come aveva sempre fatto quando arrivava il momento di parlare con Kevin senza più veli, ma il ventottenne, abituato alle sue tattiche, lo bruciò prima che il ragazzo tornasse a chiudersi in se stesso.

- Ad, non prendermi per il culo. Quella non è una spiaggia qualsiasi, lo sappiamo bene tutti e due.

A quel punto Adam mollò piatti e tutto e si appoggiò al lavello.

- D’accordo – sospirò, e Tommy riconobbe con chiarezza la vena di tristezza che si era insinuata nelle pieghe della sua voce, perché era la stessa di quando il ragazzo gli aveva aperto il cuore, le rarissime volte in cui aveva parlato degli sfregi, fisici e psicologici, lasciatigli dai suoi diversi padri adottivi. - Ho deciso di raccontargli cosa successe, Kev. Ha bisogno di saperlo. Ci sono stati dei problemi a casa, problemi di cui non mi sento di parlarti senza il permesso di Tommy, e ho convinto Rick e Julie a fidarsi di me per tentare di rimettere tutto a posto prima che qualcosa si spezzi – Fece una pausa, forse si morse le labbra, ma poi trovò la forza di proseguire. - Credo che sapere un po’ di verità scomode sul mio conto potrebbe aiutarlo ad aprirsi e a uscire da qualsiasi guaio se lo sia ingoiato.

Un’altra pausa, più sofferta, questa volta per iniziativa di Kevin, prima che qualcosa ne uscisse.

- Ad, pensi che anche lui…

- No, non lo penso – lo bloccò subito il moro, e Tommy percepì la gravità della sua indignazione anche senza guardarlo in faccia. - Non lo penso perché ho fiducia in lui, ma la verità è che non lo so, Kev. Lui non mi parla più come faceva fino a un mese fa, perciò non posso sapere niente con certezza, capisci? Per questo l’ho voluto portare qui, per riguadagnarmi un po’ della fiducia che, non so perché, ho perso.

- Buona idea – concordò il suo migliore amico in tono rassicurante. - Fai del tuo meglio, okay? È importante che si confidi.

- Lo so. Sai, vorrei solo che tornasse a farlo come una volta, senza problemi.

- Non disperare. Se gli è successo qualcosa è probabile che ci vorrà del tempo.

Adam si prese qualche secondo, tenne gli occhi lontani dal telefono e giocherellò distrattamente con un cucchiaio gocciolante.

- Ho fiducia in Tommy, Kev – annunciò poi, speranzoso nella sua preoccupazione. - So per esperienza che sono i problemi a cercare lui, non il contrario. E so che è abbastanza forte da tirarsene fuori se gli viene data una mano.

Tommy sentì quelle parole appoggiarglisi sulla pelle e andare oltre, e forse fu per quel motivo che il cuore cominciò a battergli più forte e le ciglia a solleticargli fino a fargli bruciare gli occhi per la commozione.

Oh, Ad.

Non volle affidarsi a un nascondiglio così precario neanche un secondo di più per il timore che un movimento avventato dato dall’emozione, o magari addirittura un singhiozzo, lo tradisse, perciò scivolò cautamente verso la porta della camera da letto, che aveva lasciato aperta. Era già sulla soglia quando l’ultimo scambio di battute fra Adam e il suo migliore amico lo raggiungessero.

- Ti auguro buona fortuna – disse Kevin. - E ricorda che ci sono, se hai bisogno.

Adam dovette sorridere. - Grazie, bel fusto.

- Goditi la notte. E dai un abbraccio a Tommy da parte mia.

- Sarà fatto, ma tu trovati un ragazzo prima che torni in città o le prendi.

Kevin rise ancora una volta, le ombre del passato ormai lontane dal suo cielo limpido.

- Ciao, rottame, stammi bene.

Tommy si richiuse la porta alle spalle obbligandosi a fare piano, vi appoggiò la schiena e strinse forte le palpebre per trattenere le lacrime. Che cosa stava facendo passare ad Adam? Che cosa pensava gli fosse successo? Quanto lo stava facendo soffrire tutta quella storia? Ma soprattutto, quanto poteva durare quella tensione fra loro prima che uno dei due mandasse tutto all’aria?

















Angolino dell’autrice

In questo capitolo ho fatto un piccolo esperimento, provando a partire *nella seconda parte* dal punto di vista di Tommy per poi passare a quello di Adam e quindi tornare a quello di Tommy alla fine. Niente, sicuramente ve ne sarete accorte anche da sole, ma volevo sottolinearlo perché molte volte mi dispiace di non dare più spazio, per l’appunto, a Tommy.

 

A parte questo, ci tengo a ringraziare Glambertommy, and soon the darkness_ e Geo7bello per aver recensito lo scorso capitolo, è sempre un piacere sentire le opinioni di chi legge… non mi stancherò mai di dirvelo, LASCIATEMI UN SEGNO, oh voi che leggete!

Detto ciò, grazie anche a chi segue, grazie a chi c’è.

 

Ci sentiamo presto :)

 

a.




   
 
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