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Autore: Mela Shapley    06/05/2014    1 recensioni
Marzo, 1943: la Camera dei Segreti libera per la prima volta i suoi orrori, e mentre il panico dilaga alcuni studenti di Hogwarts rimangono vittima di misteriose pietrificazioni. Ma quello di Salazar Serpeverde potrebbe non essere l'unico mostro a vivere nel castello...
Dalla storia:
I suoi occhi ora erano rossi, iniettati i sangue. Le vene del suo viso erano in risalto come nuove cicatrici. Ringhiava minacciosamente, mettendo in evidenza i denti innaturalmente allungati e appuntiti.
[…]
“Cosa sei?”, balbettò.
“Sono la stessa cosa che ora sei anche tu,” rispose, e poi alzò un sopracciglio. “Sono un vampiro.”
Genere: Drammatico, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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VI - i benefici del firewhiskey.





Dal capitolo precedente:

Katerina gli lanciò un’occhiata incerta. Sembrava riflettere su qualcosa.
“Sai,” gli disse alla fine. “In questi giorni ho fatto un po’ di esperimenti con la Pozione Rimpolpasangue. Ho preso gli ingredienti e un vecchio calderone dal magazzino di Lumacorno e mi sono sistemata nell’aula di Pozioni al terzo piano, quella… beh, te la ricordi. Ho modificato un po’ di cose, e credo che potrei riuscire ad ottenere una versione più stabile e duratura. L’ho chiamata Pozione Antiessiccante.”
Louis la guardò di nuovo, ma stavolta nei suoi occhi c’era ammirazione.
“Accidenti. Lo sapevo che avevo fatto bene a tenerti! Ti riveli utile, dopotutto,” le disse in tono semi-serio. La vide arrossire leggermente. “Quindi sei brava in Pozioni?”
“Me la cavo,” rispose lei. “Lumacorno mi dice sempre che ho l’intuito di una pozionista, ma non la pazienza.”
“Non male! A me diceva che la Gilda dei Pozionisti dovrebbe maledire il giorno in cui sono nato.”
Katerina rise, e Louis soffocò un sorriso.


 
* * *


Erano passati quattro giorni dall’uscita a Hogsmeade, quando Louis se ne uscì con un’idea che Katerina non poté fare altro che definire malsana.
“Ci ho pensato su,” cominciò in tono pigro, senza minimamente spiegare a cosa si stesse riferendo.
Si trovavano nell’aula di Pozioni al terzo piano. Katerina aveva spostato i banchi e le sedie addosso al muro, in modo da trovare lo spazio per potersi muovere attorno a un calderone. Stava sperimentando l’ennesima versione della Pozione Antiessiccante, alla ricerca della combinazione di ingredienti che le avrebbe dato il risultato voluto: una pozione in grado di soddisfare la sete di sangue abbastanza a lungo da permettere a lei e Louis di non dover necessariamente aggredire degli esseri umani per nutrirsi.
L’ultima versione, l’Antiessiccante numero sette, si era rivelata un completo disastro. Era sicura di aver azzeccato la proporzione tra lingue di sanguisuga e legno polverizzato di salice, ma evidentemente aveva sbagliato qualcosa, visto che dopo aver testato la pozione si era ritrovata a lacrimare sangue dai capelli. Doveva ammetterlo, in quell’occasione aveva quasi dato di matto.
Louis, invece, aveva avuto il coraggio di dirle sogghignando che i capelli rossi le donavano. Era quello il vero motivo per cui si trovava con lei adesso: ufficialmente per tenerle compagnia, ufficiosamente per fare da cavia inconsapevole all’Antiessiccante numero otto.
 
“A cosa hai pensato?”, gli chiese cercando di celare la curiosità, dato che l’altro non sembrava avere intenzione di continuare. Iniziò a contare il numero di giri in senso antiorario.
“A te,” fu la risposta del ragazzo. Katerina lo guardò, perdendo la concentrazione. Louis era poco elegantemente seduto sull’ampia sedia che era stata dietro la cattedra, con le gambe appoggiate su un banco e i capelli biondi che gli coprivano gli occhi. Sembrava la persona più rilassata del mondo.
“Sei interessato a darmi altri dettagli?”
Il ragazzo tirò giù le gambe e si mise a sedere più compostamente.
“Guardati,” le disse gesticolando verso di lei. Katerina abbassò lo sguardo, perplessa. “Sei sempre più pallida. Non che il pallore cadaverico non ti doni, ma prima o poi qualcuno si accorgerà che non si tratta di un colorito da G.U.F.O. ma di uno da, beh, persona morta.”
“Stavo pensando di aggiungere alla pozione qualche goccia di Succo di Orklump. Tra le varie cose dovrebbe aumentare la circolazione sanguigna e dare una carnagione più rosea a chi lo beve,” spiegò lei, fissando dubbiosa il calderone. Louis si sporse verso di lei, congiungendo le mani.
“Katerina, ammiro molto quello che stai facendo qui. Davvero, io non ci sarei mai riuscito. Ma non puoi pensare di risolvere tutto con una pozione,” le disse delicatamente.
“E allora cosa proponi?”
“Beh,” rispose lui con un scintillio malizioso negli occhi. “Propongo che tu smetta per un giorno di trangugiare questa robaccia e che, per una volta tanto, ti nutra di vero sangue umano.”
Katerina si bloccò.
“No,” disse categorica.
“Perché no?”, le chiese Louis, che sicuramente si aspettava quella risposta. “Sei un vampiro, Kat. Puoi anche continuare a fingere di essere qualcos’altro, ma prima o poi dovrai affrontare la tua vera natura di predatrice. Se continui a bere solo pozioni, finirai per indebolirti sempre di più ed essiccarti. Hai bisogno di sangue, di nutrimento vero.”
Katerina rimase in silenzio, irremovibile.
“Avanti, non ti sto chiedendo di uccidere qualcuno. Un morso, qualche sorso e poi saremo tutti contenti.”
“No, Louis. L’ultima volta non è andata bene.”
“L’ultima volta non è successo niente,” le ricordò l’altro. “Il ragazzo sta bene. Andiamo, sappiamo tutti quanto tenaci siano i Grifondoro. E non è un complimento.”
“Non è successo niente solo perché sei arrivato tu a bloccarmi, altrimenti l’avrei ucciso.”
“E sarà così anche stavolta, Kat: sarò con te, quindi se ce ne sarà bisogno ti fermerò. Preferisci provarci adesso che riesci ancora a controllarti e che sarai supervisionata da me, oppure tra qualche tempo, quando sarai da sola e non riuscirai a impedirti di azzannare a morte una tua compagna di stanza?”
Katerina ci meditò su malvolentieri. Sapeva che il ragazzo non aveva tutti i torti.
“Va bene,” cedette alla fine. “Ma ad una condizione.”
“Sentiamo.”
“Piantala immediatamente di chiamarmi Kat. Non sono un gatto,” lo redarguì stringendo gli occhi.
L’altro sorrise furbescamente e si alzò in piedi.
“Ottimo. Facciamo domani sera?”
“Meglio di no. Domani sera c’è un torneo di scacchi in Sala Comune, e ho promesso alle mie amiche che ci sarò. Mi accusano di essermi isolata dalla vita della vita comune. Se sparisco di nuovo rischio che mi lincino.”
Louis fece una smorfia quando sentì parlare di ‘torneo di scacchi’.
“Venerdì sera, allora. Sì, non male,” continuò pensandoci su. “Di venerdì il coprifuoco scatta mezz’ora dopo, e gli studenti tendono a stare fuori dalle Sale Comuni per via dell’arrivo del weekend. Meraviglioso. Il venerdì è perfetto per andare a caccia,” terminò con un luccichio sinistro negli occhi.
Katerina alzò gli occhi al cielo e sperò di aver fatto la scelta giusta.
 
Quando la pozione le sembrò pronta ne versò un po’ in un bicchiere. Il fatto positivo fu che il liquido non lo sciolse come acido, al contrario di quello che era accaduto con l’Antiessiccante numero tre. Aveva un aspetto più grumoso del previsto, però.
Lo porse allusivamente a Louis, che la guardò oltraggiato.
“Non ho nessuna intenzione di bere quella roba,” le disse incrociando le braccia.
“No? Peccato. Io invece ho appena cambiato idea per venerdì.”
L’altro fece una smorfia.
“Da’ qua, ricattatrice.”
Con cautela, il ragazzo ne prese un sorso, lo saggiò in bocca per un momento e poi lo sputò.
“Ahia! Ma cosa ci hai messo dentro, peperoncino? Brucia, è piccantissimo,” disse tossendo violentemente. “Che schifo. E’ imbevibile.”
Katerina sospirò, e nei suoi appunti tirò un bel segno sopra ‘Tentativo numero 8’.
“Pensavo che fossi brava in Pozioni,” continuò lui con le lacrime agli occhi.
“Infatti. E’ che il mio assistente fa schifo,” gli rispose pensierosamente, riflettendo su cosa modificare nella ricetta successiva.
Louis, che era piegato in due, tossì ancora e alzò gli occhi per guardarla male.
“Se ti assistessi davvero, a quest’ora sarei morto. Di nuovo.”
 
 
* * *
 
 
Venerdì sera giunse più in fretta di quanto Katerina avesse voluto.
La spiegazione che Louis le aveva dato per convincerla era perfettamente logica, ma lei era comunque restia a, come aveva detto lui, andare a caccia. Si sentiva ancora in colpa per quello che era successo con Arthur Creevey: appena ci pensava rivedeva davanti agli occhi il suo corpo pallido e inerte, così com’era stato la sera in cui l'aveva brutalmente aggredito.
Ma era innegabile che, col passare dei giorni, lei si sentisse sempre più stanca e debole. Di notte non restava più sveglia per ore a fissare il soffitto del letto a baldacchino, ma dormire non le portava quel sollievo che si aspettava. Faticava a concentrarsi durante le lezioni e il tempo che impiegava per terminare i compiti era raddoppiato. Senza contare che tutti i membri del suo immediato cerchio di conoscenze l’avevano spronata ad andare in Infermeria per farsi visitare. In quei momenti pensava che fosse un bene che, nonostante i cinque anni passati insieme, lei non avesse poi così tanta confidenza con quelle persone, perché non dubitava che altrimenti l’avrebbero portata di peso da Madama Wainscott.
Bere sangue fresco l’avrebbe fatta stare meglio e, con un po’ di fortuna, nessuno si sarebbe fatto troppo male.
 
La loro vittima fu un Corvonero del quarto anno.
Lo individuarono quasi per caso. Si stavano dirigendo, Disillusi, verso la Sala di Ingresso, quando lo videro uscire dall’aula di Difesa delle Arti Oscure. La sua aria imbronciata suggeriva che molto probabilmente era appena stato sottoposto a una delle infinite punizioni assegnate dalla Professoressa Merrythought.
La Disillusione non conferiva una perfetta invisibilità alle persone su cui era praticata, anche se in genere era sufficiente per passare inosservati davanti a un mago di media abilità. I vampiri erano però dotati di una vista finissima, e grazie ad essa Katerina era in grado di distinguere vagamente il profilo di Louis. Nel buio, tuttavia, preferiva affidarsi al suo udito vampiresco.
“Trovato,” lo udì sussurrare a voce bassissima.
Lo seguirono per un minuto, fino a che non si ritrovarono in una zona sufficientemente isolata.
Stupeficium
Senza il minimo suono, il ragazzo cadde a terra come una pera dall’albero. Il suo corpo venne poi trascinato dentro una delle numerose stanze vuote del castello.
“Accidenti, lo conosco,” fece Katerina con rammarico dopo essersi tolta la Disillusione. Fissò gli occhi grigi di Louis. “Non possiamo attaccare qualcun altro?”
“No, lui va più che bene. Non è così facile trovare qualcuno che gira da solo a quest’ora. Ah, e vorrei farti notare che uno Schiantesimo è molto più efficace ed elegante rispetto ad un libro in testa.”
“Ne prendo nota,” ribatté Katerina ripensando a quando aveva colpito Arthur, quasi tre settimane prima. Indicò il ragazzo svenuto con un gesto.
“Vuoi favorire prima tu?”, chiese leggermente incerta. Non sapeva quale fosse il corretto protocollo per casi come quello. Louis scosse la testa.
“No, io sono a posto. E’ tutto tuo,” rispose sedendosi su una poltrona. “Katerina, ricordati. So quanto bere sangue sia piacevole, ma ad un certo punto ti devi fermare. Concentrati sul tuo respiro. Non dimenticarti chi sei.”
Lei annuì e cercò di concentrarsi sui suoi consigli. Si inginocchiò di fianco al suo compagno di Casa. Il respiro lento e regolare del ragazzo, e soprattutto il rumore del suo cuore che batteva, erano irresistibili provocazioni per la sua fame.
Sentì i canini allungarsi e una sensazione di calore sul viso. Si chinò e morse il collo della sua vittima, facendo scorrere il sangue.
 
Era ancora meglio di quanto ricordava.
 
La parte dentro di lei che aveva cercato di tenere nascosta nelle ultime tre settimane emerse in tutta la sua spietata gloria. Si avvinghiò ancora più strettamente a quel collo morbido e caldo, per trarne il massimo piacere. Avrebbe voluto che quella dolcezza durasse per sempre.
Aveva perso completamente la cognizione del tempo, abbandonata com’era in quel limbo di beatitudine.
Ma all’improvviso una voce disturbò la sua quiete.
“Katerina, basta.”
Il mostro dentro di lei ringhiò sommessamente. Non voleva smettere.
La sua parte umana, invece, cominciò a lottare. Le ricordò di concentrarsi sul suo respiro, perché davanti a lei aveva un essere umano morente, un ragazzo che conosceva e che vedeva tutti i giorni in Sala Comune e durante i pasti. Un ragazzo che non doveva morire.
Con estrema difficoltà, Katerina si tirò indietro, asciugandosi la bocca sporca di sangue.
Le girava la testa, ma non si sentiva così bene da giorni. Sentiva una forte sensazione di calore in tutto il corpo, mentre il sangue del ragazzo le dava sollievo. Una piccola, umana parte di lei stava gridando in preda all’orrore per ciò che aveva appena assistito, per il mostro assassino che si era appena rivelato dentro di lei, ma fece del suo meglio per ignorarla.
Guardò prima il suo compagno di Casa, notando che il suo respiro si era fatto più irregolare, e poi guardò Louis, che era sempre seduto sulla poltrona ma con il corpo proteso in avanti, come se fosse stato in procinto di alzarsi per tirarla via a forza. Louis ricambiò il suo sguardo e annuì in modo rassicurante.
“Brava,” approvò.
 
Dopo aver soggiogato e mandato via il ragazzo, Katerina considerò l’idea di ritornare in Sala Comune. Per qualche motivo, però, non ne aveva molta voglia.
“Preparati,” le disse invece Louis sorridendo maliziosamente. “Stasera faremo le ore piccole.”
Il sangue fresco le dava una nuova euforia; si sentiva più viva che mai, pronta a conquistare il mondo. Katerina gli sorrise.

 
* * *
 
 
Louis la condusse al settimo piano, in un corridoio che dava sulla facciata principale di Hogwarts. Attraverso una porticina seminascosta si ritrovarono su una piccola balconata esterna, nella gelida aria nera della notte. Katerina pensava che fosse quella la loro destinazione, ma dovette ricredersi quando Louis le indicò una scala in pietra ai margini della balconata. Facendo attenzione a non scivolare, salirono fino a raggiungere un’area pianeggiante riparata dal vento. Osservò ciò che la circondava: si trovavano proprio sul tetto del castello. Quando guardò giù, l’altezza le fece mozzare il fiato. Era straordinario.
Dopo qualche incantesimo ripulente e riscaldante, si sedettero sulla pietra a gambe incrociate. Era una notte tersa: nonostante la distanza impressionante, riuscivano a distinguere bene i giardini sottostanti e i riflessi del Lago Nero in lontananza.
Il vero spettacolo, però, era in cielo. Sopra di loro ammiccava una distesa sconfinata di stelle, miliardi di puntini luminosi che li osservavano dall’alto. Katerina era incantata; sotto quello spazio infinito si sentiva minuscola, una piccola creatura con problemi improvvisamente diventati irrilevanti.
“E’ bellissimo qui sopra,” sussurrò felice.
“Ho trovato questo passaggio qualche mese fa, per puro caso. E’ pericoloso stare quassù, soprattutto quando si rischia di scivolare, ma ne vale la pena,” fu d’accordo Louis. “A meno che non si soffra di vertigini; in quel caso sarebbe un suicidio.”
Con un gesto complicato della bacchetta, il ragazzo Evocò un oggetto scuro che appoggiò di fianco a sé. Katerina allungò il collo per cercare di decifrare al buio di cosa si trattasse, e quando lo capì strabuzzò gli occhi.
“Una bottiglia di Firewhiskey?!”
Louis ridacchiò.
“Non è una semplice bottiglia di Firewhiskey! E’ una bottiglia di Firewhiskey del 1921, un’annata spettacolare. L’ho confiscata qualche mese fa a un gruppetto di Grifondoro. Non potevo certo lasciare a loro quest’opera d’arte,” spiegò. “L’ho conservata per l’occasione giusta.”
“Io non bevo mai quella roba, è troppo forte,” gli disse lei metà divertita e metà contrariata. “Non sono neanche maggiorenne.”
“Neanche io, per un paio di mesi ancora. Ma a chi importa? Avremo tutta l’eternità per essere maggiorenni. Non fa alcuna differenza se ci prendiamo un po’ avanti.”
“Quindi l’hai portata per festeggiare il successo della nostra piccola battuta di caccia?” scherzò Katerina.
“Più o meno.”
Restarono per un po’ in silenzio, nel piacevole calore creato dagli incantesimi, due vampiri e una bottiglia di Firewhiskey sul tetto del mondo.
 
Louis si schiarì la gola.
“Lo sai che ho alcune cose da dirti, vero?”
Katerina rispose affermativamente: ricordava gli strani riferimenti che aveva fatto Robert alla Testa di Porco. Avvertì una punta d’ansia, come se la quiete stesse per essere disturbata da un pericolo imminente.
“In realtà ci troviamo qui proprio per quel motivo. Speravo che questo posto ti piacesse abbastanza da, beh, tenerti calma quando io ti avessi detto quelle cose. Quando Robert le ha dette a me, ho praticamente distrutto il salotto di mio padre.”
“Questo posto mi piace molto,” disse solo, in attesa di quel che sarebbe seguito.
“Ne sono contento.”
Ci fu ancora silenzio, mentre Louis cercava le parole. Katerina si accorse che stava evitando accuratamente di guardarla.
“E’ così terribile?” chiese lei sorridendo debolmente.
“So che li hai studiati al terzo anno, ma hai letto dei libri sui vampiri, vero? Dopo che ti sei trasformata,” le chiese lui di rimando. Katerina ne fu un po’ spiazzata. In ogni caso, l’altro non le diede il tempo di rispondere.
“Certo che l’hai fatto, che domanda stupida: sei una Corvonero. Per voi leggere è come respirare. Ma sto divagando.” Sospirò. “Allora ti ricorderai che i vampiri sono stati classificati dal Ministero della Magia come esseri senzienti semiumani e non come maghi. Te ne sei chiesta il motivo?”
“Non proprio,” ammise lei.
“Va bene,” ricominciò lui. “Katerina, il motivo per cui i vampiri non sono classificati come maghi è che in genere un vampiro adulto non possiede poteri magici.”
 
Entrambi tacquero, mentre lei assimilava l’informazione, lo sguardo fisso sulle fronde degli alberi lontani.
“Non capisco,” disse lentamente.
“Per trasformarsi in vampiro, come sai, un mago deve necessariamente morire con sangue vampiresco nelle vene. La maledizione che domina il sangue è talmente potente che, all’inizio, la magia nativa del mago non si rende conto che il suo corpo è morto. Ma la magia non può sopravvivere in un cadavere: non è nella sua natura. Perciò, quando se ne accorge, comincia ad affievolire fino a scomparire quasi del tutto.”
“Stai dicendo… stai dicendo che perderemo la nostra magia?”, gli chiese Katerina con un nodo in gola. Sperò ardentemente di aver capito male, o che ci fosse una scappatoia, un lieto fine; oppure che Louis le stesse solo facendo uno scherzo di pessimo gusto.
Ma Louis annuì, e le sue speranze si frantumarono.
“Sì. Perderemo la nostra magia,” confermò a bassa voce.
“Quando?”, sussurrò lei.
“Non lo so. Potrebbe succedere domani, oppure tra dieci anni. E’ difficile da prevedere. Robert mi ha detto che più si è giovani quando si viene trasformati, più tempo si ha a disposizione. Poi, un giorno, i nostri poteri cominceranno a indebolirsi fino a scomparire del tutto.”
“Ti prego, Louis,” si girò a guardarlo, con le lacrime che minacciavano di scendere. “Non può essere vero. La magia è tutto quello che ho.”
L’altro la guardò con tristezza.
“Robert non è un mago; ha perso i suoi poteri quasi subito. Quando l’ho conosciuto mi ha addirittura detto di essere un Magonò,” disse con un sorriso addolorato.
 
L’euforia e la voglia di vivere e divertirsi erano sparite nel nulla. Katerina non riusciva credere che fino a pochi momenti prima si fosse sentita felice. Quella notizia aveva cancellato tutto il buono che aveva costruito negli ultimi cinque anni a scuola.
“Quando l’ho saputo ho quasi deciso di non tornare a Hogwarts. Che senso ha? Tanto nel giro di pochi anni tutto quello che ho imparato qui non servirà più a niente. Ma poi mi sono reso conto che avrei buttato via la mia unica occasione per… per essere giovane. Per essere normale,” raccontò Louis in tono incerto. “Finché avremo la nostra magia, continueremo a crescere come ragazzi qualunque. Poi, dopo che sarà sparita, smetteremo per sempre di invecchiare e saremo considerati vampiri adulti.”
“E vivremo per l’eternità,” continuò Katerina in tono incolore, le lacrime che le bagnavano le guance. “Senza magia.”
Louis annuì. Dopo qualche secondo, Katerina vide che le stava porgendo in silenzio la bottiglia di Firewhiskey. Lei la prese e cominciò a bere.
 
 
* * *
 
 
“Ti dico che l’ho vista,” insistette Louis.
“Ma no! Non esiste, ti stai inventando le cose.”
“Invece è la verità. Ero andato nel suo ufficio per riportarle la mappa celeste rubata da un marmocchio del primo anno, e la professoressa era fuori in corridoio. A fare cose che non posso certo ripetere davanti a una quindicenne.”
“Con un elfo domestico?”
“Proprio così.”
“Sai benissimo che ne ho sedici, idiota!”, esclamò Katerina dopo averci pensato su. Sentì che qualcosa le veniva tirato via dalla mano. “Ehi – ridammi la bottiglia!
 
“In fondo i Babbani vivono tutta la vita senza magia,” rifletté Katerina, mentre Louis fissava con sconcertante intensità la bottiglia mezza vuota che aveva in mano. “E se la cavano bene lo stesso. Noi possiamo fare come loro.”
“Eccetto che saremo molto più fighi,” ribadì lui puntandole il dito contro. “Perché siamo vampiri.”
“Giusto. E’ una cosa proprio forte,” annuì lei con serietà. “Siamo più forzuti, più veloci, più immortali.”
“Più belli,” continuò Louis. Lei cercò di colpirlo sulla spalla, ma forse lo mancò. Il mondo girava.
“Sai che ti dico,” aggiunse il ragazzo dopo aver bevuto un altro sorso di Firewhiskey. “Siamo proprio fortunati a perdere i nostri poteri. Perché altrimenti tutti gli altri maghi vorrebbero essere come noi.”
Katerina trovò la cosa eccezionalmente divertente.
 
Avevano entrambi abbandonato la posizione seduta e si erano distesi sulla pietra, fianco a fianco. Le stelle erano ancora più belle di prima.
“Siamo proprio in alto,” commentò lei in tono sognante.
“Sì, ma anche se ci buttassimo giù dal castello non moriremmo. Perché siamo già morti. Probabilmente ci spezzeremmo tutte le ossa, ma dopo poco tempo saremmo come nuovi. Sai che noia.”
“Potremmo provare,” propose. “Cosa direbbe Robert se saltassimo giù?”
“Ci ammazzerebbe per la frustrazione, e poi scapperebbe verso il tramonto con mio padre.”
“Romantico,” sospirò lei beatamente. Si appoggiò la bottiglia alle labbra per bere un altro goccio.
 
“Sai, sono felice che tu abbia ricominciato a parlarmi,” le disse Louis ad un tratto. “Anche se sei librosa e per nulla divertente.”
“Librosa non è nemmeno una parola.”
“E pedante,” continuò lui facendo un gesto con la mano come per dire ‘appunto’. “Però quando sono con te non mi sento più così diverso dal resto del mondo.”
“Oh. Credo sia la cosa più carina che qualcuno mi abbia mai detto. Nonostante gli insulti,” sorrise lei.
“Non ti ho insultata.”
“Lo dici tu. Nel dizionario delle parole inventate, librosa è di sicuro un insulto.”
“Comunque è stato un piacere,” le rispose lui per poi sorridere furbescamente, “Kat.
Lei cercò di colpirlo con la prima cosa che si ritrovò in mano, cioè la bottiglia di Firewhiskey. Il problema fu che sbagliò leggermente la mira e mandò l’improvvisato oggetto contundente giù dal tetto. Costernata, guardò la bottiglia allontanarsi sempre di più verso il basso, fino a scomparire in un inevitabile schianto letale. Louis si tirò su a sedere.
“Hai appena buttato giù dal tetto la mia bottiglia di Firewhiskey del 1921?”, le chiese stringendo gli occhi.
“E non l’avevamo nemmeno finita,” si lamentò lei.
 
“Perché odi così tanto Robert?”
“Non lo odio poi così tanto.”
“A me sembrava di sì.”
“Beh, ok, l’ho odiato per un bel po’ di tempo. Ne avevo tutto il diritto! Mi ha nascosto di essere un vampiro, non mi ha protetto quando avevo bisogno di lui e ha messo in pericolo me e papà. Lo vedevo come un secondo padre, invece non si fidava abbastanza di me da dirmi la verità su se stesso. Papà sapeva tutto da anni, invece a me per tutto il tempo ha raccontato solo bugie. E poi ha indirettamente causato la mia trasformazione in vampiro. Ma non posso più odiarlo per quest’ultima cosa, no?, dopo tutto il casino che ho fatto trasformando te. Sarebbe da ipocriti.”
“Quindi tuo padre e Robert vivono insieme?”
“Già. I miei genitori si sono separati quando ero molto piccolo, non erano fatti per stare insieme. Mio padre non è mai stato il tipo che mette su famiglia e resta in un posto per tutta la vita. E’ un avventuriero. Voglio dire, guardalo: è finito con un vampiro. Non è mai stato molto presente mentre crescevo, ma so che mi vuole bene. Sono sempre stato con mia madre, a parte qualche settimana in estate da lui. Lei non sa niente di vampiri, non ho avuto il coraggio di dirglielo.”
“Ma se ti vuole bene ti accetterà anche così. Non è stata colpa tua.”
“Sì, certo, ma forse non voglio scoprirlo. Forse non voglio dirle che suo figlio è morto.”
“Io non ricordo i miei genitori,” gli disse lei. “Mio padre è mancato quando avevo cinque anni, mentre mia madre se n’è andata subito dopo la mia nascita. So solo che era originaria della Bulgaria, non so nemmeno se fosse una strega o no. E’ stata mia zia a crescermi, la sorella di mio padre. E’ stato bello vivere con lei; mi vuole molto bene. Ma ti capisco, non so se avrò mai il coraggio di dirle cosa sono diventata. Non potrei mai superare un rifiuto.”
Ci fu silenzio per un po’.
“Mi spiace di averti messa in questa situazione. Di averti trasformata.”
“Lo so.”
 
Quando furono sicuri di sentirsi fermi sulle gambe, scesero con cautela le ripide scale di pietra fino a raggiungere il settimo piano. L’orologio le disse che erano circa le tre e un quarto di notte.
Augurò la buonanotte a Louis, che aveva molta più strada da fare rispetto a lei per raggiungere la sua Sala Comune. Il ragazzo la salutò sbadigliando, e lei lo guardò allontanarsi.
Quando giunse al Dormitorio, utilizzò i suoi sensi da vampira per fare meno rumore possibile e non svegliare le altre. Appena toccò il letto cominciò a riflettere sulle tante cose che erano state dette quella sera, ma nel giro di cinque minuti era già caduta in un sonno profondo.
 
 
* * *
 
 
Era una fortuna che la brutta notizia le fosse stata data di venerdì, perché Katerina ebbe bisogno dell’intero weekend per rimettere in ordine le idee e decidere cosa fare della sua vita. Era sicura che altrimenti non sarebbe mai riuscita a presentarsi alle lezioni, adesso che sapeva che ciò che stava imparando non le sarebbe mai servito in futuro. Perciò utilizzò il sabato e la domenica per superare lo shock il più in fretta possibile.
L’idea di perdere i suoi poteri era troppo orribile per essere vera. La magia era stata dentro di lei fin da quando era nata, e sapere che un giorno sarebbe scomparsa per sempre la faceva sentire ancora più morta di quello che era. Era come se un caro amico le avesse appena annunciato di avere pochi mesi di vita davanti a sè. Si sentiva sull’orlo di un baratro ricolmo di disperazione: un solo passo in avanti, e non sarebbe mai più riuscita a risalire.
 
Essere un vampiro aveva i suoi lati positivi, certo, ma erano totalmente oscurati da quelli negativi: la perenne sete di sangue, la violenza, il desiderio costante di uccidere. Ma quelle erano cose che, con un po’ di volontà e ottimismo, sapeva di poter combattere. Come diamine si faceva a lottare quando persino la propria magia decideva di abbandonarti?
Si mise a considerare seriamente l’idea di lasciare Hogwarts, ma la scartò quasi subito. Dove sarebbe mai potuta andare? Hogwarts era la sua casa. Studiare e imparare erano le cose che le riuscivano meglio, e il pensiero di rinunciarvi la faceva cadere nello sconforto. Inoltre, Louis aveva ragione: quella era la loro ultima possibilità di comportarsi come normali giovani maghi. Non aveva senso lasciarsela sfuggire. E quando quella vita sarebbe finita, avrebbe trovato il modo per costruirsene un’altra di totalmente differente.
Katerina pregò la sua magia di restare con lei almeno fino al diploma.
 
Perciò, dopo qualche giorno di lezioni in cui proprio non riuscì ad applicarsi con la consueta concentrazione, ritornò faticosamente alla routine che aveva prima di quel weekend. Era inutile perdere la testa su qualcosa che non poteva cambiare, decise.
Ad inizio aprile i corsi del quinto anno diventarono più duri che mai, e non aver mentalmente seguito per qualche giorno le lezioni si rivelò molto controproducente.
E quella tazza che, beffarda, si ostinava a non volersi trasfigurare in teiera ne era la prova concreta.
 
Era un giovedì e si trovava a una lezione pratica di Trasfigurazione. Non aveva ascoltato una singola parola della parte teorica spiegata dal Professor Silente due giorni prima, quindi ora non aveva la minima idea di come far funzionare quel dannato incantesimo.
Remverto,” riprovò con poca pazienza. La tazza saltò in alto e ricadde sul tavolo senza rompersi. Ora non aveva più una decorazione floreale, ma una che ricordava in maniera un po’ inquietante croci e teschi neri. Sperò che nessuno ci facesse caso. Sospirò: comunque non assomigliava ad una teiera neanche per sbaglio.
“Stai sbagliando il movimento,” le disse una voce maschile accanto a lei. Si girò a guardare con aria perplessa il suo vicino di banco.
“Nella parte finale devi ruotare il polso in modo da ottenere una forma a otto, non a… qualunque cosa fosse quella di prima,” continuò il ragazzo, scuotendo la testa piena di folti capelli neri. Katerina si ritrovò a fissarlo a bocca aperta. Era umiliante che qualcuno si fosse reso conto dei suoi fallimenti, e soprattutto non si era mai accorta che l’altro avesse degli occhi blu così belli.
“Oh,” disse imbarazzata dopo un po’. Si rendeva conto di avere un’aria molto stupida. “Così?”
Replicò il movimento che il compagno di classe le aveva appena descritto. La tazzina, per tutta risposta, si incrinò.
“Più delicatamente.”
Inaspettatamente, il ragazzo le afferrò con delicatezza il polso e le insegnò il movimento corretto. Lei si sentì arrossire. Dopo pochi istanti, l’altro aveva già tolto la mano.
Katerina si schiarì la gola e replicò da sola il movimento.
Remverto!
Davanti a lei c’era adesso una teiera con decorazione di teschi e croci.
“Ben fatto, Miss Farley,” le disse il professor Silente con uno scintillio negli occhi azzurri. “Quegli ornamenti a forma di teschio sono davvero notevoli. Credo di poter addirittura vedere un minaccioso bagliore rosso nelle orbite oculari.”
Katerina avvampò per l’imbarazzo. Quando il professore si fu allontanato, si girò di nuovo verso il suo compagno di banco.
“Grazie per l’aiuto, Riddle,” gli disse in tono grato.
Tom Riddle le rivolse un affascinante sorriso e le rispose, “Di nulla.”






Note dell'Autrice: ta-daaan! In questa storia non poteva certo mancare Tom Riddle, dico bene?
Grazie per aver letto fino a qui. Alla prossima!
  
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