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Autore: KikiShadow93    06/05/2014    12 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Quando Barbabianca e il resto della ciurma hanno visto Akemi ad aspettarli a colazione, per poco non collassavano a terra per l'emozione. Ma è stato solo un attimo, uno smarrimento momentaneo. Non appena hanno realizzato che lei era lì per davvero, a mangiare in compagnia del primo comandante, per tutta la nave è risuonato un urlo colmo di gioia, così forte che è stato sentito in ogni angolo del mondo.
L'hanno accerchiata in pochi istanti, abbracciandola e baciandola, stringendola in una morsa ferrea per la paura di poterla perdere di nuovo da un momento all'altro, sommergendola di domande, raccomandandosi di non giocargli mai più un tiro simile.
Barbabianca l'ha sollevata da terra, stringendola a sé con tutta la forza di cui dispone, quasi spezzandole le ossa. La ragazza non si è però lamentata di quell'effusione, provando a stringerlo a sua volta e cercando di non pensare alle ossa della cassa toracica che si comprimevano pericolosamente.
Ace l'ha avvicinata e l'ha stretta a sé, deciso più che mai a non mollarla a nessun altro, sussurrandole all'orecchio che gliela farà pagare cara, con un tono così malizioso che per poco non fa arrossire la corvina.
È poi intervenuto Satch, staccando con una spinta decisa il secondo comandante, stritolandola in una morsa d'acciaio, dicendole che gli ha dimezzato la vita con il suo simpatico scherzetto e che, da quel momento in avanti, non le permetterà mai più di alzarsi da tavola prima di lui e che non la perderà più di vista. Minaccia importante, in effetti, peccato per lui che Akemi è diventata sin troppo abile nel nascondersi.
È stata però Halta a commuovere la giovane immortale, che le ha regalato uno sguardo così meravigliato ed incredibilmente felice che le ha fatto sfuggire una lacrima. Si sono abbracciate forte, si sono tenute strette per istanti che parevano infiniti. L'ha insultata, Halta, dicendole che se mai riproverà a fare una cosa simile, a prendersi un periodo di riposo così lungo e straziante per loro, sarà meglio per lei che non riapra più gli occhi.
E Akemi era felice. Felice come credeva di non poter più essere, così tanto che credeva che il cuore le sarebbe scoppiato come un petardo.
Marco, in mezzo ai compagni, non ha battuto ciglio di fronte a tutte quelle dimostrazioni di affetto. Neanche quando Ace l'ha stretta con tanto trasporto. Certo, la cosa non gli ha fatto poi molto piacere, ma non si è sentito così infastidito come invece lo era le altre volte.
Durante quella chiassosissima colazione, poi, c'è stato pure qualcun altro che ha voluto festeggiare quella resurrezione inaspettata: il corvo che tanto segue Akemi è entrato senza tanti complimenti nella sala mensa, svolazzando gioioso sulla testa della corvina.
La ragazza ha semplicemente teso un braccio verso di lui, permettendogli in seguito di zampettare in santa pace sul tavolo dove stavano banchettando e dandogli pure da mangiare. Anche gli altri pirati sembravano felici di quella strana visita, cercando di attirare l'attenzione dell'animale così affezionato alla sorella.


Adesso, a distanza di un giorno dal lieto evento, l'equilibrio si è ripristinato sulla nave. Certo, né il capitano né il quarto comandante la perdono di vista per un solo istante durante il giorno, ma questo succedeva in parte anche prima, quindi Akemi non ci bada più di molto.
In realtà è diventata incredibilmente tranquilla e docile.
Passa infatti il tempo appollaiata sui cuscini accanto al seggio del genitore a sonnecchiare, ascoltando le prediche di Týr, decisamente insofferente di fronte al suo comportamento scanzonato. Prova a metterla costantemente in guardia, così come ha fatto Barbabianca, senza però scatenare in lei alcun tipo di reazione.
Perché non le importa di niente ad Akemi. L'odio che si portava dentro contro i genitori è svanito nel momento esatto in cui ha aperto gli occhi e adesso niente può infastidirla.
Certo, il fatto di dover stare alla larga da Marco durante il giorno la innervosisce assai, e ancora di più il fatto che lui la ignori deliberatamente, ma può sorvolare anche su questo. In fondo la sera precedente, lontani da occhi indiscreti, si sono ripresi piuttosto bene, scambiandosi baci bollenti, toccandosi e sfilandosi sempre più vestiti di dosso.
Non ci ha ancora fatto sesso, però. Lo vorrebbe, con tutta sé stessa, ma non può. La creatura che ha dentro non vuole solo quel contatto con il pirata: vuole di più, vuole affondare le zanne nella sua carne, vuole dilaniare il suo corpo, vuole assaggiare il suo sangue e ridurlo ad una carcassa esanime. E questo Akemi non può permetterlo.
Sa che Marco la vuole, gliel'ha detto chiaro e tondo mentre provava a sfilarle le mutande, ma non vuole rischiare di perdere il lume della ragione e finire col sbranarlo senza riguardi.

«Sei una cacasotto!» quasi lo preferivo mentre piangeva, devo ammetterlo. Non so neanche più da quanto sta urlando, da quanto sbraccia come un indemoniato e mi dice di chiudere Marco nella prima stanza disponibile e di strappargli a morsi i vestiti di dosso.
«Non ero un'incosciente?» adesso sembra sul punto di esplodere. Sul serio, poco ci manca che gli fumino le orecchie! Mi sorprende giusto il fatto che non sia rosso come un pomodoro in volto... che dipenda dal fatto che è morto stecchito?
«Sei anche quello. E sei pure bruttina, adesso.» dolce e adorabile come sempre. No, lo preferisco così che piangente. È più lui.
«Bruttina?»
«Con quel taglio? Cazzo, sembri un pulcino spennacchiato.» afferma convinto, sfiorando con la punta delle dita la zazzera che mi ricade sugli occhi.
«Vorrei farti notare che il mio taglio è uguale al tuo.» controbatto prontamente, sorridendogli nel modo più strafottente che riesco a trovare.
«Con la differenza che a me sta bene.» afferma piccato, passandosi una mano tra i capelli corvini e lucenti. È impressionante quanto siano... non so, splendenti, ecco. Malgrado ci troviamo nel buio più totale, sembrano quasi risplendere. Tutto in lui risplende.
«Perché mi guardi così?» domanda incerto, assottigliando lo sguardo.
«Via la maglia.» ordino sicura, incrociando le braccia al petto e alzando il mento.
Non so per quale ragione, ma con lui riesco ad essere completamente serena e... si, me stessa. Sento di non dovermi trattenere, di poter dire e fare tutto quello che voglio.
«Prego?» domanda incerto, sgranando appena gli occhi.
È adorabile preso così in contropiede!
«Fammi vedere i tuoi tatuaggi, forza!»
«Che rompicoglioni...» sbuffa infastidito, sfilandosi la canottiera nera, mettendo così in mostra il corpo statuario. Sembra una meravigliosa statua scolpita nell'avorio. Avorio dipinto in più punti, a dire il vero.
«Contenta?» domanda sarcastico, aprendo le braccia.
Ha un enorme polpo semi-tribale sul costato destro, un cuore anatomico pugnalato in mezzo al torace e uno strano disegno sul bassoventre, raffigurante il contorno di un pipistrello con dentro uno strano disegno, metà teschio e metà cuore. Inoltre ha entrambi i capezzoli forati, adornati con delle sottili sbarrette di acciaio chirurgico.
«Alla faccia! Ci hai dato giù pesante, eh?» esclamo realmente colpita, facendolo ridere di gusto.
«Ora spiegami di nuovo perché non vuoi scoparti quell'uomo che, inspiegabilmente, trovi tanto attraente.» afferma subito dopo, incrociando le braccia al petto e guardandomi a sua volta con aria strafottente.
«Perché inspiegabilmente?»
«Ma l'hai guardato in faccia per un secondo? È strano...» borbotta, camminando senza meta con lo sguardo perso nel niente «Trovo decisamente più interessante quello che si veste da donna. Ha dei lineamenti indiscutibilmente notevoli.»
«Sei gay?» domando seria, inarcando un sopracciglio.
«Proprio no. Ho solo occhio per le belle cose.» risponde pacatamente, fissando poi gli occhi nei miei «Comunque non hai risposto alla mia domanda.»
«Tu non rispondi mai alle mie.»
«Vuoi per forza farmi incazzare?»
«Mi perdoni, oh tenebroso Angelo della Morte.» sfotto sorridendo beffarda, facendolo sbuffare.
«Quanto sei idiota.»
Mi siedo con in questo niente, abbassando lo sguardo per non dover sostenere la sua espressione sicuramente derisoria «Non voglio ucciderlo, comunque. Te l'ho già detto.»
«Non lo ucciderai, te l'ho già detto. Non è che hai paura di non essere all'altezza di un uomo che ha già avuto dozzine di donne per le mani?» ecco che rigira il coltello nella piaga. Pezzo di merda!
«Potrei fargli male, lo sai. L'hai detto tu stesso che il veleno nei miei artigli annullerebbe i poteri anche di un frutto Rogia e che potrebbe risultare fatale.» soffio piccata, trattenendomi dal dargli un pugno dritto su quel bel nasino che si ritrova.
«Basta che ti metti a novanta gradi, piccola. Vedrai che così non lo graffi.» scherza realmente divertito, facendomi ridere. So che mi sta prendendo in giro, so che dovrei rispondergli a tono e cambiare argomento, ma non riesco proprio a trattenere una risata divertita di fronte ai suoi occhioni da cucciolo.
«Mi mancava la tua risata.» ammette con un sorriso, scostandomi il ciuffo dagli occhi.
«Quanto sei dolcino!» lo prendo prontamente in giro, facendolo sbuffare.
«Attenta.» soffia con aria insofferente, passandosi una mano tra i capelli «Comunque tieni gli occhi aperti. I cacciatori adesso ti crederanno sicuramente morta, ma vorranno assicurarsene. Vedi di non compiere imprudenze: muoviti nell'ombra.»
È sorprendente quanto si preoccupi per me. Tutto sommato, mi piace stare con lui. Penso proprio che non potrei sopportare l'idea di stargli lontana troppo a lungo...

Marco, dal canto suo, finge di non patire per i mancati rapporti in cui tanto spera, ma dentro sta impazzendo. Anche solo vederla adesso in shorts e reggiseno del costume lo manda su di giri, costringendolo a pensare alle cose più macabre che ha mai fatto pur di non figurarsela nuda mentre si dibatte sotto di lui.
«Ehi, amico, che ti prende?» lo riprende Satch, notando con stupore lo sguardo quasi sofferente del biondo.
«Mh? No, niente.» borbotta in risposta, passandosi una mano tra i capelli e puntando subito dopo lo sguardo sul mare calmo che si perde di fronte a sé.
Ascolta distrattamente Satch mentre gli parla di sciocchezze, tornando con i piedi per terra solamente quando sente il forte gracchiare del corvo imperiale che ormai ha preso a viaggiare ufficialmente con loro. Hanno infatti preso a nutrirlo e a chiamarlo Marcolino.
La cosa ha a dir poco urtato la Fenice, ma quando ha sentito le risate spensierate del padre e di Akemi, ha deciso di sorvolare sulla cosa, accettando la bestia malefica che riceve molte più attenzioni di lui da parte della ragazza e fingendo di non sentire quando gli altri lo richiamano a gran voce.
Adesso lo guarda con la coda dell'occhio mentre si poggia con le zampe sul fianco della compagna, mentre la becca piano per svegliarla e mastica una bestemmia a mezza bocca quando la ragazza gli carezza dolcemente la testa, ridestandosi dal suo pisolino.
«Che cos'hai, piccolo mio?» mormora dolcemente lAkemi, carezzando delicatamente il piumaggio nero dell'animale, che starnazza Dio solo sa cosa in risposta. Apre anche le ali, mostrandosi in tutta la sua eleganza, beandosi delle attenzioni che riceve.
Halta si butta a peso morto sui cuscini assieme all'amica e all'educato animale, che le becca piano una mano per evitare che le attenzioni della corvina gli vengano sottratte.
«Non ti molla più, eh?» domanda divertita la comandante, facendo la linguaccia al corvo che continua ad aprire le ali per scacciarla.
«Si direbbe di no.» risponde sovrappensiero Akemi. Le parole che si è scambiata con Týr le risuonano ancora nella testa, tanto da indurla ad alzare lo sguardo sull'uomo che sta parlando in tutta tranquillità con Ace e Namiur. Lo guarda e pensa che si, forse potrebbe fare un tentativo, che forse ha l'autocontrollo sufficiente per potersi trattenere.
I suoi pensieri vengono però interrotti dal chiaro odore di fumo che sente provenire da lontano.
Alza subito lo sguardo e nota una colonna scura e densa che si innalza vero il cielo.
«Babbo?» lo richiama tenendo sempre lo sguardo puntato sul fumo denso, cosa che in breve fa anche il genitore.
«Vorresti controllare?» le domanda con tono duro, domandandosi se si tratta di uno di quei folli fanatici o semplicemente di un mercantile assalito da qualche ciurma avversaria. In entrambi i casi, però, si ritroverebbero a combattere.
Akemi annuisce convinta, alzandosi in piedi e scattando velocemente sul parapetto, dove si apposta accucciata su sé stessa.
Il corvo le vola sulla spalla, osservando con interesse quello scenario. Perché nessuno di loro può immaginare a quanti spettacoli simili abbia assistito quell'arguta bestia, quante volte abbia volteggiato sopra ai campi di battaglia e quante volte abbia banchettato, assieme al fratello, con i cadaveri dei nemici sconfitti.
Barbabianca, notando con un certo interesse la posizione strana assunta dalla figlia ed intravedendo il suo sguardo fermo e determinato, dà l'ordine di dirigersi a vele spiegate verso quella colonna di fumo e di prepararsi ad un eventuale attacco.
I suoi ordini vengono eseguiti con sorprendente velocità e subito tutti sono con le armi pronte in mano.
Satch si è portato al fianco della bizzarra sorella, la mano ferma sulla spada. Non si guardano, non ne hanno bisogno. Solo quella vicinanza li rassicura e infonde loro la grinta necessaria per quella nuova sfida.

Ci vogliono circa venti minuti prima che giungano di fronte al veliero. I tre alberi sono stati dati alle fiamme e adesso bruciano contro il cielo, disegnando delle lingue incandescenti di fiamme e scintille.
«C'è qualcuno ancora in vita?» domanda il quarto comandante alla corvina, che piano nega con il capo.
Guardano tutti il macabro spettacolo che si staglia di fronte ai propri occhi, inorriditi da quei corpi sanguinolenti e completamente mutilati. Come avevano già visto su un'altra nave Satch e Akemi, alcuni organi interni sono stati ammucchiati su dei cenci luridi, ma, al contrario di quella volta, non c'è nessuna testa impalata. Ci sono dei corpi spellati ed impiccati agli alberi ormai in fiamme, in compenso.
Akemi balza fuori dalla Moby Dick prima che qualcuno di loro glielo possa impedire e cammina attenta sulla nave depredata. Il sangue le bagna i piedi lasciati nudi, l'odore di fumo le fa arricciare il naso.
«Ace, puoi spegnere queste fiamme?» urla senza neanche voltarsi, sentendo in breve la temperatura calare. Adora il potere del fratello, così distruttivo ed incredibilmente ipnotico.
Marco plana agilmente al suo fianco, incenerendola con lo sguardo.
«Non dovevi allontanarti.» le ringhia contro a bassa voce, mentre altri membri dell'equipaggio prendono d'assalto la nave per cercare degli eventuali tesori dimenticati.
«Siete tutti al mio fianco, no?» risponde senza neanche guardarlo Akemi, cercando di concentrarsi unicamente sui mille odori che il suo fine olfatto riesce a percepire.
«Anche l'ultima volta eravamo tutti al tuo fianco.» controbatte piccato, allontanandosi per non dare nell'occhio, seguendo sottocoperta alcuni dei suoi uomini.
«Akemi.» la richiama con tono duro l'Imperatore, facendola finalmente voltare. La guarda con rabbia crescente, furioso per quel gesto avventato e sciocco, ma alla fine non le dice niente. Si erano già messi d'accordo sul fatto di trovarli ed eliminarli tutti quanti, per trovare delle tracce per stanarli, e adesso non può rimangiarsi la parola.
«Trovato niente?» le domanda poggiandosi con una mano al parapetto, venendo affiancato velocemente da Fossa e Blamenco.
La ragazza gli sorride lievemente, afferrando con decisione uno dei corpi maciullati che ha vicino e portandolo fino al cospetto del capitano, per mostrargli così che la sua teoria riguardo ad fatto che stiano insabbiando i recenti massacri sia fondata.
L'uomo storce appena la bocca di fronte a quella carcassa sanguinolenta, senza però scomporsi. Gli fa schifo, certo, ma in fondo ha visto cose peggiori.
«Vedi questi?» gli domanda Akemi con una certa eccitazione nella voce, passando le dita affusolate e pallide sull'addome dilaniato dell'uomo, immergendole leggermente nella carne aperta, dove un tempo era situato lo stomaco «Sono segni di morsi. Chiunque sia stato, non è un uomo.» afferma decisa, facendo saettare gli occhi dei tre uomini dal cadavere a sé.
«Inoltre manca completamente il grasso che c'è di solito in mezzo agli organi, mossa tipica di un superpredatore.» si passa distrattamente la mano sporca di sangue sulle labbra, reclinando un poco la testa di lato, affascinata da quel corpo «Però è strano: non ci sono impronte appartenenti a nessun animale sul ponte. Solo umane.»
«Qualcuno che ha mangiato un Frutto del Diavolo, probabilmente.» afferma con una certa sicurezza Blamenco, dando una veloce occhiata ai compagni che tornano sul ponte della Moby, bianchi come cenci in volto. Perché Blamenco non lo sa, ma all'interno di quella nave ci sono ancora più corpi, c'è la pelle che è stata strappata a quegli uomini, ci sono gli occhi che gli sono stati strappati appesi a dei fili e calici sporchi di sangue.
«Che motivo avrebbe un uomo per compiere una cosa simile?» domanda Fossa, guardando il corpulento compagno con cipiglio incerto.
«Ragazzi, vi dico che chiunque sia stato a fare una cosa simile, non è un uomo.» afferma sicura la corvina, afferrando il cadavere e portandoselo vicino al volto. Osserva la gola squarciata e riconosce in quei segni qualcosa di simile in quelli che lasciava pure lei. Solo che questi sembrano essere stati lasciati da denti ben più grossi. Inoltre le ossa sono state spezzate con la sola forza della mascella, qualcosa che lei non è in grado di fare.
Annusa poi la pelle insanguinata con attenzione, sentendo una traccia a lei familiare. Troppo familiare.
«Non è possibile...» mormora lasciandolo finalmente andare e cadere in mare.
«Cosa?» le domanda Satch avvicinandola e notando nei suoi occhi un profondo smarrimento.
«Akemi, che hai sentito?» insiste Halta, dandole una pacca sul braccio per farla tornare con i piedi per terra.
«Killian...» mormora con un filo di voce, puntando gli occhi in quelli azzurri dell'amica «È stato Killian.»
«Complimenti, ragazzina! Il tuo primo ed unico ragazzo è uno psicopatico!» la prende in giro Teach, scatenando le risate generali. Fortunatamente nessuno bada alla risata nervosa di Ace, eccetto Akemi, che lo guarda e gli fa l'occhiolino.
«Almeno io posso dire di aver avuto un ragazzo, Teach.» risponde a tono la corvina, incrociando le braccia al petto e guardandolo con aria trionfante, facendolo scoppiare in una risata cavernosa. Perché, tutto sommato, Teach le vuole bene, si è affezionato a lei. Pensa anche che se mai un domani avesse una ciurma tutta sua, la vorrebbe come sua sottoposta.
«Ohhh, che t'ha detto!» rincara la dose Halta, mettendo un braccio attorno alle spalle forti dell'amica e ridendo con lei.
Le due si guardano complici, per poi allontanarsi impettite verso la polena. Perché loro sono forti, sono le uniche due donne della ciurma, sono donne temute in tutti i mari, donne che intimoriscono pure alcuni membri della marina e ne vanno dannatamente fiere.
«Forse il soprannome “Titano” è sbagliato... io lo avrei chiamato, tipo, “Apocalisse”!» commenta divertito Týr, venendo però ignorato dalla diretta interessata «Visto che macelli che riesce a fare? È bestiale!»
'Già, bestiale...' commenta in silenzio la corvina, ripensando a tutti gli “indizi” raccolti. Sa però che c'è sempre qualcosa che le sfugge, un dettaglio importantissimo che però non riesce a vedere.
«A che pensi?» le domanda con tono spensierato la maggiore, sdraiandosi a pancia in su per godersi i raggi del Sole che le baciano la pelle.
«Oltre che ho rischiato la pelle quando mi sono chiusa in cabina con quella specie di animale?» risponde sarcasticamente Akemi, sorridendogli con aria divertita «Niente di speciale.»
«Non me la dai a bere.» borbotta in risposta la comandante, aprendo giusto un occhio per vedere la sua espressione farsi dubbiosa ed imbarazzata «Forza, sputa il rospo.»
«Io...» si morde forte il labbro inferiore, sentendosi in imbarazzo con lei per la prima volta in vita sua.
«Tu...?» incalza la comandante, rigirandosi a pancia in giù e tenendosi il visetto pallido tra le mani, ormai stufa del Sole. A lei in realtà piace la pioggia, la tempesta, ma non lo dice a nessuno. Quale pirata sano di mente potrebbe preferire una pericolosa e distruttiva tempesta al caldo e rassicurante Sole?
«Ok, ma non ridere: ho una voglia impressionante di-» non riesce a dirlo, scoppiando in una ridarella nervosa mentre si tiene il viso tra le mani.
Halta ride a sua volta, avendo compreso il problema.
«Di saltare addosso a Marco.» sussurra con un sorrisino divertito ad incresparle le labbra, stando ben attenta a non farsi sentire da nessuno «Sai, ti capisco. Non nel senso che voglio strappare i vestiti a Marco, sia chiaro... ma... diciamo solo che se non ci fosse stato il piccolo intoppo da te creato, a quest'ora non eravamo qui a chiacchierare!»
«Ah si? E, sentiamo un po', quale lieto evento avrei impedito?» domanda ridacchiando la minore, mettendosi comodamente seduta e guardandola con fare divertito da dietro le spesse lenti scure che le proteggono i sensibili occhi.
«Notti di sesso intenso con un bel pirata dai lunghi capelli neri e con un gran bel culo.» risponde convinta Halta, scoppiando subito dopo in una forte risata di fronte allo sguardo quasi sconcertato dell'amica.
«Che porca!» urla un po' troppo forte, attirando su di loro qualche sguardo incuriosito «Cazzo...»
Rimangono in religioso silenzio finché non notano che tutti quanti sono tornati ai propri compiti e che il capitano ha ripreso a parlare in tutta tranquillità con alcuni sottoposti.
«Comunque, secondo me, il culo più bello non è il suo. E neanche quello di Marco.» afferma dopo qualche istante Akemi, facendo così ridacchiare sommessamente la comandante.
«Hai la tua personale lista?» le domanda vagamente sconcertata. Perché si, di cose strane Akemi ne fa e ne dice tante, anche troppe, ma questa proprio non se l'aspettava.
«Più o meno...» risponde con un sorriso colpevole, scoppiando subito dopo a ridere di fronte alla strana espressione della ragazza, che è un misto tra lo sbigottito e il divertito.
«Sei un animale! Un animale perverso!!!» le urla contro, attirando definitivamente l'attenzione di un compagno in particolare.
«Ma che avete tanto da urlare, si può sapere?» domanda loro Satch, avvicinandole con aria circospetta. In fondo, qualche discorso stupido gli ci vuole proprio in quel momento. Perché è vero che adesso è sollevato per la resurrezione dell'adorata sorella, ma dentro sente che gli manca qualcosa. Anzi, per dirla meglio, gli manca qualcuno. Qualcuno con dei bizzarri capelli rosa e dei brillanti occhi color ghiaccio, con la battuta sempre pronta, dolce e affettuosa in pubblico, e vero e proprio animale sotto le coperte.
Non sa spiegarsi il perché, ma è così. Gli manca tutto di lei, anche le sfumature più impensabili che aveva notato di sfuggita, anche il suo essere così enigmatica e sfuggente.
«Niente. Akemi mi stava dicendo di avere una personale classifica di “posteriori degni di nota”.» risponde sogghignando Halta, pensando erroneamente di mettere in imbarazzo la giovane e bizzarra sorella.
Akemi invece le sorride beffarda, sistemandosi con nonchalance gli occhiali sul naso e aggiungendo, con tono estremamente calmo «Alcuni anche di applauso.»
Satch scoppia in un'allegra risata, di quelle che ti schiariscono la mente e ti sollevano il cuore da tutte le preoccupazioni. Si siede compostamente accanto alle due e punta un dito contro la corvina, senza mai abbandonare il sorriso.
«Ora me la dici, sono curioso!» ordina, sperando di rientrare nella sua personale classifica. Non sa perché, ma l'idea di poter vincere quella sfida lo rende euforico! Di certo gioverebbe parecchio alla sua già troppo alta autostima.
«Mi spiace, amore mio, ma sei secondo.» lo informa sorridendo furbetta Akemi, trattenendo una risata di fronte alla sua espressione quasi sgomenta.
«Cosa?! E chi sarebbe il primo?!» strilla infervorato il comandante, scattando in piedi come una molla e guardando la sorella con occhi fiammeggianti.
«Ma è ovvio: Ace!»
Satch rimane immobile ad assimilare la notizia per qualche istante, per poi girare sui tacchi e allontanarsi con fare sconsolato, mormorando a mezza bocca un poco udibile «Non è giusto...»
Quando poi Pugno di Fuoco gli passa di fianco, completamente ignaro di quell'assurda discussione, Satch esplode in una specie di attacco di gelosia e gli punta contro un dito, urlando a pieni polmoni un sonorosissimo «Stronzo!»
Portgas rimane assai perplesso di fronte a quell'insulto gratuito e, prima di cominciare a scervellarsi su quale sia la possibile causa, si volta verso le due ragazze che se la ridono di gusto in cima alla polena e le avvicina velocemente, deciso a scoprire per quale assurda ragione si sia guadagnato il simpatico commento dall'amico.
«Che ho fatto?» domanda confuso, guardandole a turno dritto negli occhi allegri.
«Per Akemi hai il culo più bello del suo.» risponde tra una risata e l'altra Halta, facendo così ridere anche il secondo comandante, decisamente meno attaccato a questo genere di sciocchezze come invece è il quarto. Certo, per questo motivo e perché ha vinto, ovviamente.
«Avete finito di parlare di culi?!» li interrompe bruscamente Marco, ricevendo uno sbuffo in risposta da tutti e tre.
«Imploriamo il vostro perdono, primo comandante illustrissimo.» lo sfotte prontamente Akemi, alzandosi e fronteggiandolo senza il minimo rispetto, sghignazzandogli dritto in faccia. Si erano accordati di limitarsi a brevi chiacchiere o discussioni più accese di fronte agli altri, in fondo, e Marco adesso gliela sta offrendo su un vassoio d'argento.
«Impiccati.» soffia il comandante, tornando in tutta tranquillità ai propri compiti. Avrà modo e modo per vendicarsi di quell'affronto, ma lo farà in privato. Se prima le torture che escogitava a suo danno prevedevano come minimo lo squartamento, adesso prevedono mezzi assai più divertenti, dove neanche una goccia di sangue andrà sprecata.
«Sei arrabbiato perché non sei sul podio?» Akemi gli trotta dietro, divertita da quel battibecco. Se solo sapesse quante vendette sta escogitando il compagno contro di lei, probabilmente terrebbe la bocca ben chiusa.
Dal suo seggio, Barbabianca ha assistito a tutto quel simpatico teatrino, senza però riuscire a capire quale sia il centro della conversazione. Sa che c'è una classifica, ma non riesce a capire di che genere. Pensa così di chiederlo a Satch, che si è seduto al suo fianco col muso lungo.
«Di che classifica parlano?»
«È meglio che tu non lo sappia, babbo. Sul serio, è meglio.» biascica questi in risposta, tenendosi il mento con una mano, osservando distrattamente i due pirati bisticciare come ai vecchi tempi.
«Attenta mocciosa, perché ti spedisco di nuovo all'altro mondo.» la minaccia infatti Marco, senza però degnarla di uno sguardo.
È Akemi a costringerlo a guardarla negli occhi, piantandosi di fronte a lui e sfilandosi momentaneamente gli occhiali da sole, incrociando poi le braccia al petto con fare arrogante.
«Vorrei proprio vedere come fai dopo senza di me.» afferma con tono sicuro, sogghignando divertita.
Si guardano a lungo dritto negli occhi, sfidandosi silenziosamente, divertiti da quella finta guerra. Li diverte un po' meno il fatto che dovranno metterla in atto ogni giorno per non farsi scoprire, ma sono più che decisi a rimanere nell'ombra. Marco, infatti, non vuole assolutamente sbandierare ai quattro venti i fatti propri, oltre ad avere un certo timore per la reazione del genitore, mentre Akemi si è ripromessa di non dargli rogne, di provare a renderlo felice, qualsiasi cosa questo comporti.
«Ehi, Angelo!» la richiama Vista, sorridendole gentile.
Quando la ragazza si volta a guardarlo, l'uomo le fa un cenno con la testa di seguirlo sottocoperta. Durante il loro battibecco, infatti, ha ricevuto l'ordine di allenarla un po' nell'uso della spada, cosa che l'ha reso veramente felice. Era da molto che non passavano del tempo insieme, e l'idea di essere il suo istruttore, di lasciare una traccia di sé in lei, lo elettrizza.
«Dove andiamo?» gli domanda la corvina trottandogli vicino, contagiata dalla sua allegria.
«Devi imparare ad usare una spada vera, signorina. I tuoi pugnali non sono sufficienti.» le risponde garbatamente, aprendo la porta della palestra e facendola entrare per prima, da vero galantuomo qual è.
«Con i pugnali me la cavo piuttosto bene. Perché non sarebbe sufficiente?» afferra la prima spada che le capita sotto tiro, osservandola distrattamente. Non le piacciono, non può farci niente. Lei vuole il contatto fisico, la sensazione del sangue caldo dell'avversario che le cola sugli avambracci, i muscoli sotto sforzo.
«Perché il babbo ne è convinto.» risponde semplicemente il pirata, mettendosi in guardia «Ora vediamo di cosa sei capace...»

Dopo una giornata passata ad allenarsi con uno dei più grandi spadaccini in circolazione, Akemi è decisamente distrutta, tanto da rifiutarsi di mangiare e tenere la fronte appoggiata sul tavolo. Questo gesto allarma un po' tutti, dal momento che di solito pare avere una specie di buco nero al posto dello stomaco, ma si tranquillizzano quando la vedono lanciare mollichine di pane a Namiur, indice che sta più che bene.
Dall'altra parte del tavolo, Marco osserva distrattamente i fratelli discutere tra loro su quale tra i supernovellini sia il più forte. Da una parte c'è Ace che urla come un indemoniato che senza ombra di dubbio è suo fratello, dall'altra ci sono svariati comandanti che buttano nomi a caso solo per farlo imbestialire.
Poggia il mento sulla mano, strofinandoselo appena con il palmo, avvertendo lo strato di ruvida barbetta che lo ricopre, provando così a concentrarsi su qualcosa che non sia l'abbigliamento della sua compagna. Quando si sofferma su questo dettaglio, poi, sente sempre un brivido risalirgli lungo la spina dorsale: lui, Marco la Fenice, primo comandante e braccio destro dell'uomo più forte del mondo, che si accompagna con una ragazzetta strana e fuori di testa! Se ci pensa proprio non riesce a crederci.
Quando poi vede la ragazza scattare dall'altra parte del tavolo come una molla per appropriarsi dell'ultima fetta di torta al cioccolato di Izo, si rende pienamente conto di quanto il suo adorato capitano adotti sempre qualunque individuo che gli ispiri una minima simpatia, sorvolando così su tutte le stranezze e i difetti che si porta dietro, cosa che poi si riscuote su tutti gli altri. In questo caso specifico, su di lui.
Ridacchia appena quando il sedicesimo comandante si mette pure a lottare e a correre per l'enorme sala mensa pur di difendere il tanto desiderato dolce, cosa che placa pure la spinosa discussione che era in corso e che stava rischiando di farlo rimanere sordo da un orecchio.
Se però da un lato quell'abbassamento di voci improvviso giova al suo povero ed innocente timpano, lo scatto improvviso di Ace, resosi conto di cosa c'è in ballo, sporca irrimediabilmente i suoi vestiti e la sua pelle di dolce sakè, gesto che lo fa alterare non poco. Perché, diciamocelo, può passare il fatto di essere stato praticamente annaffiato per un pezzo di torta, ma non che quella bevanda vada sprecata così!
«ACE!» gli urla contro scattando in piedi a sua volta, provando ad ignorare le risate dei fratelli e quella più cavernosa del capitano.
Il trio si blocca di colpo, voltandosi lentamente verso la più che incazzata Fenice, abbandonando per un solo, fatale istante la fetta di torta, che viene fregata senza tante cerimonie da Teach. Certo, la torta al cioccolato non è buona come quella alle ciliegie per lui, ma può comunque farsela andar bene, sopratutto se come ricompensa finale c'è lo sguardo allibito dei tre contendenti.
Barbabianca scoppia a ridere di gusto quando vede l'uomo ingollare il boccone praticamente intero, piegandosi addirittura in due e battendo una mano sul tavolo. Gli mancavano moltissimo quei momenti di gioia e spensieratezza, dove i suoi figli si comportano come mocciosi dispettosi pronti a dar spettacolo di sé senza neanche rendersene conto.
«Io vado a lavarmi.» sbotta Marco, senza però attirare l'attenzione degli alticci fratelli, più che presi dalle sguaiate risate per quella scenata.
Lancia giusto un'ultima occhiata ad Akemi prima di andarsene, sorridendo nel vederla attaccata al collo di Teach assieme ad Ace. Vederli lottare così furiosamente, vedere il fratello mettere una mano nella bocca sdentata del compagno per provare a recuperare il dolce ormai perso, è una cosa divertente pure per lui.
Teach, dal canto suo, si alza di scatto non appena riesce a liberarsi della presa dei due ragazzi e scappa a destra e a sinistra pur di seminarli, non riuscendo a trattenere le risate. Anche a lui, tutto sommato, mancavano quei momenti.
Satch, piegato in due dalle risate, si accorge a malincuore che è arrivato il momento di andare sulla caffa a fare il primo turno di guardia.
Lancia giusto uno sguardo quasi supplichevole ad Halta prima di alzarsi, chiedendole silenziosamente di prendere il suo posto, trovandosi costretto a dirigersi verso l'esterno dopo un più che esplicito gesto della sua mano.
Quando l'aria fresca lo travolge, facendogli provare un brevissimo brivido di freddo, si accorge che ad attenderlo c'è già qualcuno là in cima: Marcolino!
Si arrampica sorridendo allegro e senza pensarci carezza la testa dell'animale, che non fa una piega al gesto.
«Mi tieni compagnia?» gli domanda sorridendo, ricevendo il risposta un sonoro gracchiare dal curioso animale, che ancora tiene gli occhi puntati sull'orizzonte.
Nel frattempo, dentro la grande sala mensa, la situazione si è calmata: Ace ha preso un altro dolce, Izo si è accontentato del vino e Akemi si è messa a parlottare in tutta tranquillità con il capitano. Gli domanda se si sente bene, se ha bisogno ancora del suo sangue, e l'uomo le dice che può stare tranquilla, che si sente divinamente. Entrambi non sanno che ciò è dovuto alla generosa quantità di sangue precedentemente ingerito e Týr, ben a conoscenza della cosa, preferisce tenerselo per sé. In fondo trova divertente vederla brancolare nel buio e non nutre una grande simpatia nei confronti dell'Imperatore.
Quando poi Barbabianca si alza dal suo posto per andarsene a dormire, finalmente con il cuore alleggerito e pieno di una nuova speranza, Akemi decide di seguirlo, salutando allegramente i compagni.
Era convinta che non li avrebbe più rivisti, che avrebbe dovuto rinunciare alla loro compagnia per colpa di un folle fanatico, e invece ha ancora la possibilità di vedere i loro sorrisi, di bearsi dei loro battiti cardiaci pieni di allegria e vitalità. Non potrebbe chiedere di più. Beh, in realtà una cosa si, ma a questo può rimediare facilmente.
Una volta salutato il capitano, abbracciandolo di slancio e lasciandolo così di sasso, si dirige con passo calmo verso il lungo corridoio dove sono situate le camere da letto e lì si blocca.
Trae un respiro profondo e s'incammina lentamente, con passo tremante, avvicinandosi sempre di più al suo obiettivo, rimanendo nell'ombra come è solita fare.
Il cuore le batte a mille nel petto, la sua naturale insicurezza è così forte che riesce a sopprimere pure il ringhiare forte e prepotente della bestia.
Continua a domandarsi se sta facendo la cosa giusta, se sarà all'altezza delle sue aspettative, se perderà o no il controllo di sé stessa. Nel caso, dovrà pensare molto attentamente a come togliersi definitivamente la vita, incapace di poter sopportare un fardello così pesante.
Apre lentamente la porta, stando ben attenta a non farsi né vedere né sentire, e timidamente fa entrare giusto la testa, notando l'assenza del comandante e sentendo immediatamente lo scrosciare dell'acqua.
'Devi sempre complicarmi tutto, vero?!' pensa innervosita, sospirando frustrata e addentrandosi con passo incerto nella cabina.
«Marco?» lo richiama con voce tremante, mentre una parte di lei spera vivamente che le dica di andare via, che ha da fare. Ma, ovviamente, questo non accade.
«Sono sotto la doccia.» le risponde semplicemente il comandante. Una frase ambigua, piena di significati: sono sotto la doccia, torna più tardi. Sono sotto la doccia, aspettami che arrivo. Sono sotto la doccia, vieni a tenermi compagnia.
Non sa quale interpretazione dargli, Akemi. Tutte quante le sembrano giuste ed invitanti, e i suoi piedi sono saldamente piantati a terra. Ha bisogno di una spinta, una sola, e allora deciderà il da farsi.
Certo, Akemi non si aspettava proprio che quella spinta arrivasse con la voce melliflua di Týr che le suggerisce di lasciarsi andare, di godersi quei piccoli piaceri della vita e Akemi si decide.
Cammina con passo più deciso, respirando a pieni polmoni per farsi coraggio, si dirige verso la porta e la apre lentamente. Il cuore le esplode nel petto quando si trova di fronte a Marco. Nudo. Sotto la doccia. Nudo. Bagnato. Nudo!
«Allora... sono sul podio o no?» la sfotte dandole ancora le spalle, ridacchiando sommessamente. Non che la cosa gli interessi veramente, ma l'idea di averla messa in crisi stando semplicemente nudo è decisamente troppo divertente.
Akemi segue con sguardo stralunato le forme toniche dei suoi muscoli, le gambe lunghe e muscolose, lisce e abbronzate, i dorsali sviluppati, le spalle larghe e la vita stretta, e... e... il posteriore. Il suo posteriore la sta mandando davvero in orbita. 'Devo rivedere la classifica.'
Malgrado si senta andare completamente a fuoco, preferisce mostrarsi calma e completamente a suo agio, sopratutto quando l'uomo si volta e le sorride con aria maliziosa.
«Vieni a tenermi compagnia?» le domanda sorridendo lascivo, facendola vacillare.
Lo guarda con aria di sfida, fingendosi forte come sempre. In realtà dentro si sta sgretolando per la paura e per l'emozione di vederlo così, per la paura di non essere abbastanza.
«Mai visto un immortale così fifone!»
'Ti dispiace lasciarmi sola?!' mentre lo pensa, trattiene con tutte le sue forze un ringhio profondo che per poco non le squarcia la gola. Dopo come lo avrebbe potuto spiegare? Già lo sguardo semi-confuso che le sta rivolgendo Marco non la rassicura per niente, figuriamoci se doveva pure spiegargli che Týr la prende in giro!
Si sfila velocemente gli shorts di dosso, rimanendo in intimo sotto lo sguardo attento del comandante.
Fa poi un passo verso di lui, sentendosi incredibilmente stupida.
«Tu di solito la doccia la fai così?» la sfotte Marco, nascondendo così alla perfezione l'eccitazione che lo sta completamente travolgendo.
Akemi semplicemente ghigna strafottente, sciogliendo con un movimento fluido e lento il fiocco del costume. Il suo sorriso si allarga ulteriormente di fronte all'espressione eccitata del compagno e un poco di sicurezza le dà la forza di sfilarsi di dosso anche l'ultimo pezzo.
Lo raggiunge con passo calmo, infilandosi sotto al getto caldo dell'acqua, dandogli volutamente le spalle.
Si passa le mani tra i capelli corti per tirarli indietro, ostentando una falsa sicurezza. Questa autodifesa però crolla nel momento esatto in cui il comandante le poggia le mani sui fianchi e la tira a sé, baciandole piano la pelle candida e levigata del collo.
La stringe, lascia vagare le mani su quel corpo che tanto desidera, beandosi dei sommersi mugolii che riceve in risposta.
Un sorriso divertito gli dipinge la labbra di fronte alla sua evidente inesperienza. La cosa, curiosamente, sembra eccitarlo ancora di più, tanto da non riuscire più a controllarsi, tanto da rigirarsela tra le braccia come se fosse una bambola e sbatterla poi alla fredda parete del box doccia.
Si baciano con furia e ogni volta che si allontanano per respirare, entrambi vengono colti da una sete bruciante.
Akemi, ormai sull'orlo del baratro grazie ai suoi tocchi esperti, grazie al chiaro odore di sesso che emana la sua pelle, lascia vagare le mani verso il basso, lambendogli nel frattempo il collo, strusciandosi su di lui.
«Così giochi con il fuoco...» le mormora all'orecchio il comandante, afferrandola saldamente per le natiche e stringendola ancora di più a sé, ormai quasi incapace di ragionare lucidamente.
«Avevo in mente di bruciarmi, ma se preferisci...» prova ad allontanarlo, Akemi, sorridendo trionfante quando l'uomo la riprende per un polso e la costringe a rimanere immobile nella sua posizione.
«Non provare a scappare...» afferma con voce roca il comandante, perdendosi nei suoi occhi. Sono così diversi dal solito, così liquidi, caldi, colmi di un'eccitazione crescente. Nota pure delle screziature dorate nella sue iride di ghiaccio, ma non è certo il momento adatto per scervellarsi sul perché sia così.
Il respiro di entrambi è diventato più pesante, i loro cuori battono come impazziti.
Vuole farle tutto e subito, Marco. Vuole consumarla, assaggiarla, morderla, vederla perdersi per lui.
Akemi gli avvolge fulminea il collo con un braccio e lo tira a sé, baciandolo appassionatamente.
Le mani scorrono febbrili sui corpi nudi e bagnati, scoprendosi in ogni centimetro, e la voglia di aversi diventa così forte che potrebbe essere toccata con mano.
La corvina si stacca dalle sue labbra e si abbassa sul suo torace, baciando piano il vessillo che pure lei ha marchiato sul braccio, sfiorando con la punta delle dita la sua erezione.
Scende sempre di più, arrivando al basso ventre. Lì sofferma i suoi baci, facendogli perdere completamente il lume della ragione.
È come il primo sogno erotico che ha fatto su di lei. Solo che adesso è vero, lei sta realmente inginocchiata tra le sue gambe, lui sente davvero che potrebbe toccare il paradiso da un momento all'altro. Ma proprio per questo Marco interrompe di scatto quella tortura così sublime, afferrandola saldamente per i capelli sulla nuca e tirandola su, schiacciandola con vigore alla parete, afferrandola immediatamente per la vita e costringendola ad allacciargli le gambe attorno alla vita.
Akemi si ritrova a trattenere il respiro quando lo sente dentro di sé, costretta a concentrarsi non sulle sensazioni che quel contatto le dà ma sulla bestia che sta provando a liberarsi.
Si concentra, stringe i denti e nasconde il viso nell'incavo del collo del compagno, provando a focalizzare l'attenzione sui suoi gemiti rochi, sui baci bollenti che le lascia sul collo, sull'acqua adesso più fresca a contatto con i loro corpi.
«Ti faccio male?» le sussurra Marco, rallentando il ritmo. Non ci aveva pensato, era troppo oltre il limite per soffermarsi su quel dettaglio, ma notando la sua espressione contratta c'è arrivato di colpo. L'idea di farle male, di averla magari costretta a fare qualcosa che non voleva, è semplicemente distruttiva per lui.
«No...» mormora Akemi, alzando finalmente lo sguardo, godendosi l'espressione contratta dal piacere del compagno.
Chiude le gambe attorno al suo bacino e si muove ancora, incitandolo a non smettere, venendo immediatamente accontentata.
Il tempo per loro pare essersi fermato. Quel momento di pura passione potrebbe andare avanti da minuti o ore per quanto ne sanno, ma a nessuno dei due interessa. Sono così presi da quella situazione, così logorati da quel piacere bruciante, che non pensano neanche per un istante che potrebbero essere beccati, che qualcuno potrebbe entrare e vederli, o anche solo sentirli.
Ed è in mezzo a questo vortice di emozioni che Marco viene travolto dall'orgasmo, gemendo con voce roca contro l’orecchio della compagna. Si abbandona con il corpo su quello di lei, schiacciandola contro la fredda parete del box doccia alle sue spalle, respirando affannosamente.
Akemi, sull'orlo di un oscuro ed incredibilmente invitante baratro, si stacca frettolosamente dal compagno ed esce dalla doccia, intenzionata a scappare nella propria cabina per riprendere fiato e placare la violenta tempesta che ha dentro.
«Devo andare.» afferma semplicemente mentre Marco prova a fermarla, prendendola con decisione per un polso e provando a girarla per poterla guardare.
«Ho fatto qualcosa di male?» le domanda titubante, sentendosi un perfetto idiota. Quando mai lui si è preoccupato di queste cose? Quando mai ha dato tante attenzioni ad una donna?
Non è solo per questo, poi, che si sente un idiota, ma anche per il fatto che si sente ferito da questo tentativo di allontanamento. Ha sempre cercato donne con cui farsi delle sane scopate e poi ognuno per i fatti propri, ma adesso gli sembra assurdo, come se fosse stato usato.
'Se gli altri lo sapessero, mi darebbero della donnetta da qui alla fine dei miei giorni!'
«No, io... devo solo andare in camera mia.» risponde con tono piatto Akemi, rimettendosi frettolosamente l'intimo. Quando però prova ad afferrare gli shorts ancora abbandonati sul fretto pavimento, viene bloccata dal comandante che, più veloce di lei, glieli sfila dalle mani e la costringe a voltarsi.
«Akemi, guardami.» ordina perentorio, mettendole una mano sulla nuca per costringerla «Che ti prende?» le domanda subito dopo, mentre la rabbia gli cresce nel cuore quando la ragazza sposta gli occhi di lato per non guardarlo in faccia.
Perché lui non lo sa, ma Akemi sta realmente dando fuori di matto. Sente un lieve ma fastidiosissimo dolore ai denti, il cuore battere così velocemente da farle temere un infarto, la gola in fiamme e un occhio pizzicare. Nella sua testa, poi, ci sono continui flash di lei che gli salta addosso e lo riduce in brandelli, riducendolo ad un ammasso di carne sanguinolenta sparsa su ogni superficie della stanza.
«Marco, sul serio... non è per te, te lo giuro. Devo solo andare in camera e... calmarmi, ecco.» afferma scuotendo forte la testa per cacciare via quelle immagini, decidendosi finalmente ad alzare lo sguardo su di lui per rassicurarlo. Nota però un certo smarrimento nel suo sguardo e silenziosamente chiede spiegazioni.
Marco le carezza delicatamente uno zigomo, continuando a fissarla intensamente «Il tuo occhio...» mormora con incertezza, facendola allarmare.
«Che ha?»
Marco le fa un cenno col capo di guardarsi allo specchio dietro di loro e lei subito esegue. Si copre con un asciugamano bianco, legandolo attorno alla vita, e subito dopo la raggiunge, mettendole una mano sulla spalla, come per rassicurarla.
«Ma che diavolo...?» mormora la corvina, continuando a fissare con paura l'occhio sinistro. Non è più color ghiaccio, freddo come quello di un morto: in quel gelo ci sono degli screzi dorati, caldi ed incredibilmente brillanti.
Si sfiora con la punta delle dita la pelle vicina all'occhio, senza distogliere neanche per un istante l'attenzione da quella novità, finché Marco, con voce tremante, la riporta con i piedi per terra.
Si volta per guardarlo in faccia, spaventandosi di fronte alla sua espressione sconvolta.
«Le tue gambe...»
La ragazza abbassa con timore gli occhi sulle proprie gambe, notando con orrore delle scie nere colarle dall'interno coscia. Sapeva che probabilmente avrebbe perso sangue, ma non immaginava che sarebbe stato così tanto, né tanto meno avrebbe immaginato che quel sangue sarebbe stato nero.
«Devo andare.» dichiara con voce dura, togliendogli gli shorts di mano e correndo verso la propria cabina, fregandosene altamente della possibilità di incrociare qualcuno. Per sua enorme fortuna ciò non accade, cosa che le dà la possibilità di muoversi in santa pace fino alla propria cabina.
Ci si chiude dentro, sbattendo con forza la porta e chiudendola a più mandate, buttandosi poi a sedere per terra.
Si stringe le ginocchia al petto, respirando affannosamente, mentre batte nervosamente un piede a terra.
'Týr, che mi sta succedendo?!' urla nella propria testa, mentre delle lacrime di paura le solcano le guance pallide.
Era momentaneamente riuscita ad accantonare l'idea di essere un mostro, di essere solo speciale, ma questi nuovi cambiamenti la fanno tornare velocemente alla convinzione principale.
«È abbastanza normale sanguinare dopo il primo rapporto sessuale.» risponde vago l'uomo, facendola ringhiare per il nervoso. Sa bene Týr che non è una stupida e che non riuscirà ad aggirarla ancora per molto, ma continuerà finché ne avrà la possibilità. Ne va della sua salute mentale, in fondo.
'E perché il mio sangue è nero?!'
«Ah boh.» insiste, usando sempre quel tono vago e quasi derisorio, sentendosi morire dentro quando gli arriva nitidamente la supplica della ragazza.
Non è mai stato un uomo dolce e particolarmente attento all'umore degli altri, non gli è mai fregato assolutamente niente di ferire qualcuno, ma adesso... adesso qualcosa è cambiato dentro di lui, nel suo cuore immobile e congelato. Qualcosa serpeggia anche dentro di lui, confondendolo e mutandolo.
«Bevi quella brodaglia, forza. Ti farà calmare.» le ordina con tono duro, felice di vederla obbedire senza far storie. Perché, se lo vuole, può vedere tutto, può sentire tutto. Basta solo che si concentri un secondo per riuscire a vedere attraverso gli occhi della ragazza, per sentire le sue stesse emozioni. All'inizio filtrarle e dividerle dalle proprie non era stato semplice, ma con un poco d'impegno è riuscito anche in questo. In fondo lui è Týr, non il primo deficiente preso a caso.
«Bevilo tutto, è meglio. Anche un'altra bottiglia non ti farebbe male.»
Akemi esegue, fregandosene altamente di ciò che le disse tempo addietro Wulfric, l'eccentrico uomo dai capelli grigi apparso come per magia nella sta stanza.
Beve con ingordigia, sentendo velocemente il corpo rilassarsi, i denti smettere di farle male e quelle orrende visioni sparire completamente.
Sospira sollevata, passandosi una mano tra i corti capelli, scompigliandoli, decidendo poi di tornare all'attacco con altre domande. È vero, sta andando contro al loro patto, ma adesso deve sapere.
«I miei occhi?» domanda con voce moderata, aspettando pazientemente una risposta. Risposta che però sembra non arrivare più, tanto da spazientirla «Týr?»
«È il mostro che dici di avere dentro...» risponde a malincuore Týr, decidendo stranamente di vuotare in parte il sacco. In fondo, ha diritto di sapere qualcosa.
«Ogni ventotto giorni raggiunge il suo picco, ma stavolta non ha potuto far niente per provare a liberarsi. Adesso è come se fosse un concentrato di pura energia e, se così vogliamo definirlo, male, che non aspetta altro che uscire e scatenarsi. Io posso tenerlo ingabbiato fino ad un certo limite, ma non è salutare per te.»
«Non m'importa se non è salutare! Devi tenerlo fermo!» urla in preda alla paura e alla rabbia, scattando in piedi come una molla e sobbalzando come un gatto non appena sente qualcuno bussare con forza alla sua porta.
«Akemi?»
La voce preoccupata di Marco le risulta incredibilmente dolce e quasi melodica in quel momento.
Il suo cuore, fino a quel momento preda dell'angoscia più nera, le sfarfalla nel petto, ricolmo ora di una nuova gioia, dovuta al semplice fatto che il primo comandante si stia preoccupando per lei. Per loro.
«Brava! Ora ti prenderanno per pazza e ti chiuderanno in manicomio.» la riprende Týr, più che infastidito dalla cosa. In fondo si era raccomandato più volte di non farsi beccare a parlare da sola!
'Parli per esperienza?' lo sfotte prontamente, trattenendo a stento una risata quando s'immagina la sua espressione indispettita per quel commento.
«Simpatica.» soffia prima di dileguarsi di nuovo, fiero di sé per essere riuscito ad essere d'aiuto senza dover muovere un dito.
«Akemi, va tutto bene?» la richiama nuovamente Marco, realmente preoccupato per la sua strana reazione.
Ha davvero paura di aver sbagliato qualcosa, di averle fatto un qualsiasi tipo di pressione, di essere stato troppo rude, o una qualsiasi sciocchezza che possa aver rovinato di nuovo il loro già instabile rapporto.
Quando però Akemi gli apre la porta, sorridente e visibilmente più tranquilla, tira un mentale sospiro di sollievo.
«Scusa...» mormora con voce mortificata Akemi, chinando un poco la testa e facendogli spazio per entrare.
Marco sorride sollevato, entrando con passo calmo nella stanza ordinata della compagna, osservando con un certo sgomento le pile di tomi ammassate in un angolo della stanza. Si domanda quando abbia trovato il tempo di leggerli tutti, come faccia a ricordarli, come possa trovarli tutti interessanti. Ma alla fine, ricordandosi chi è la proprietaria di tutti quei libri, decide di lasciar perdere. Stranezza più, stranezza meno, tanto!
«Come mai sei venuto qui?» gli domanda sorridendogli dolcemente la corvina, raggiungendolo per poterlo stringere di nuovo tra le braccia.
«Ero convinto che tu ce l'avessi con me per qualcosa.»
In un altro contesto avrebbe mentito, Marco. Avrebbe trovato una scusa decente per salvare la faccia, ma sa bene quanto questo lo renderebbe ridicolo ora.
«Assolutamente no.» gli sorride dolcemente, Akemi, avvicinandolo subito dopo per poterlo baciare.
Una gocciolina d'acqua le cade sul naso, scappata dalla strana chioma bionda del pirata, e una lieve risata riempie quella stanza. Risata che viene presto sostituita dallo schioccare dei baci, da altre dolci risate, parole appena sussurrate e poi da ansimi leggeri.

«Brava così, ragazzina. Goditi i piccoli piaceri della vita, sempre.»


Nel frattempo, in cima alla postazione di vedetta, Satch osserva il dolce ondeggiare delle onde illuminare dalla chiara luce lunare, con la sola compagnia del taciturno Marcolino.
Ha provato a rivolgergli qualche domanda stupida per vedere se starnazzava e si agitava anche per lui, ma l'animale è rimasto immobile e in perfetto silenzio a fissare il mare.
Dopo qualche minuto passato ad osservarlo, Satch si è lasciato sfuggire un lieve “grazie”, che l'animale pare aver apprezzato, dal momento che ha piegato la testa in sua direzione.
Non l'ha ringraziato per il suo silenzio, non l'ha ringraziato per la sua dubbia compagnia, no. L'ha ringraziato perché sta facendo da vedetta al posto suo, dandogli così la possibilità di pensare ai fatti propri, di staccare finalmente la presa.
Pensa a quanto gli era mancato vedere il sorriso sulle labbra del babbo, a quanto gli era mancato vedere Akemi girottolare per la nave e sparare sciocchezze una dietro l'altra, a quanto gli era mancata quella pace e quella serenità collettiva.
Poi pensa a Lei. Non vorrebbe, sul serio, ha evitato quel pensiero il più possibile, ma non ci riesce più.
'È proprio vero: hai bisogno della luce solo quando sei al buio, ti manca il Sole quando inizia a nevicare, ti rendi conto di quanto sei arrivato in alto solo quando ti senti giù, odi la strada solo quando ti manca casa, ti rendi conto di tenerci solo dopo che l'hai lasciata andare... e io ti ho lasciata andare.'
Si passa le mani tra i capelli, chiudendo gli occhi.
La vede di fronte a sé, con i lunghi capelli tinti di quel pallido rosa che un po' stona con la carnagione lattea. Vede i suoi occhi allegri e luminosi, le sue labbra piegate in un sorriso dolce. La vede mentre balla di fronte a lui, saltellando da una parte all'altra e muovendo sinuosamente le braccia, al ritmo di qualche melodia che solo lei riesce a sentire.
Sente il suo profumo dolce, come di fiori. Sente il contatto fresco con la sua pelle. Sente la sua voce, così angelica da farlo sciogliere. Gli sussurra parole dolci, gli dice che gli manca e che vuole vederlo di nuovo, che vuole che sia suo.
«Sono tuo...» mormora con un filo di voce, riaprendo di nuovo gli occhi, con l'amara consapevolezza che era solo nella sua mente e quella più angosciante che quel pensiero non lo abbandonerà tanto facilmente.
Perché non lo ammetterà con gli altri, fingerà sempre di star bene, ma dentro muore dalla voglia di poterla rivedere, di sapere che sta bene, che quel pazzo assassino non è arrivato anche a lei.
Rimpiange il fatto di non aver chiesto al padre di invitarla a far parte della ciurma, ma poi si ricorda che lei stessa gli disse che non poteva lasciare certi affari nelle mani del fratello, che devono stare insieme.
'Sei un ragazzo fortunato, Hidan. Tu puoi starle vicino.' pensa sorridendo amaramente 'La proteggerai anche da parte mia, vero?'
«Ehi, Satch!»
Il comandante abbassa lo sguardo, sorridendo allegramente a Teach che lo saluta con mano tesa.
«Ti do il cambio, vai pure a riposare!» gli urla con una certa allegria, facendo gioire interiormente il comandante. Perché non solo gli manca inspiegabilmente quella ragazzina dai vivaci oggi di ghiaccio e i bizzarri capelli tinti, ma è pure indecentemente stanco. In fondo non ha ancora recuperato le ore di sonno perse di quelle faticose e dolorose settimane, quindi l'idea di farsi dare il cambio un'ora prima del dovuto lo rallegra oltre ogni limite.
Scende con un balzo agile, atterrando silenziosamente e, senza abbandonare neanche un istante il suo contagioso e infantile sorriso, dà una pacca sulla spalla al corpulento pirata che si appresta a salire sulla torre di osservazione.
«Grazie amico!»
Detto questo si allontana velocemente verso la propria cabina, già con l'immagine nitida del suo adoratissimo letto impressa a fuoco nel cervello. Non vede l'ora di strapparsi i vestiti di dosso e di buttarsi a peso morto sul materasso per godersi una più che meritata dormita.
Sente degli strani cigolii quando passa davanti alla cabina di Akemi, ma non vi bada minimamente. È consapevole, infatti, che spesso si agiti nel sollo a causa dei suoi assurdi sogni e, finché non la sentirà urlare come un'indemoniata, non ha alcuna intenzione di intervenire.
Non c'è neanche da dire che questo suo momentaneo menefreghismo va a grande vantaggio della coppia clandestina che in quel momento ci sta dando giù pesante sotto le lenzuola. Perché se per caso Satch fosse entrato, attirato da quel cigolio, e avesse visto l'assai poco fraterna posizione assunta dal primo comandante e la giovane piratessa, nessuno avrebbe certo chiuso occhio quella notte.
Ma fortunatamente Satch vuole semplicemente dormire e quindi continua a camminare a grandi falcate verso la propria stanza.
Apre di scatto la porta, inspirando a pieno polmoni e con grande soddisfazione l'odore di casa, guardando con amore crescente il letto su cui tra pochi secondi si stenderà.
C'è un dettaglio, però, che lo fa bloccare sulla soglia: lui non aveva lasciato l'oblò aperto!
«Buona sera, comandante Satch.»



Angolo dell'autrice:
Buon salve salvino miei dolci riccetti! ← si, mi calmo, è meglio.
Marco e Akemi cominciano subito in quarta, eh? XD Ma come darle torto? Io avrei fatto di peggio con il bel comandante :x Però -c'è sempre un però- Akemi ha rischiato seriamente di perdere il controllo e di fare a pezzi il povero Marco! O.O Povero cucciolo...
Dai, dai! È andato tutto bene! L'importante è questo!
Satch che soffre per la mancanza della sua Mimì? Dolcino lui ♥ Lo voglio anche io un Satch!
Killian versione spietato assassino... dolce anche lui! Tutti dolci! :D Simpatico anche Teach che la sfotte... Dio, come vorrei ammazzarti, ciccione! ← ?!
Sono felice di annunciarvi che tra poco (al massimo domani) pubblicherò la OneShot su Mimì e Satch, che sarà intitolata Dirrty (titolo ispirato alla canzone della Aguilera che, personalmente, adoro). Spero che possa piacervi :)
Adesso ci tengo a ringraziare di cuore Lucyvanplet93, Aliaaara, rosy03, Yellow Canadair, Okami D Anima, Law_Death, Monkey_D_Alyce, Keyra Hanako D Hono, nemesis_inframe92, ankoku e Portgas D SaRa per le loro magnifiche recensioni! ♥ Siete degli Angeli!!! ♥
Ringrazio inoltre Chie_Haruka per tutte le belle recensioni che mi sta lasciando agli scorsi capitoli! Sei un tesoro! :D

A presto, un bacione
Kiki ♥


PS: questi sono i tatuaggi di Týr: http://it.tinypic.com/r/j0h3t0/8
  
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