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Autore: Midnight the mad    07/05/2014    1 recensioni
"Insomnia" perché sì. Perché è roba scritta in notti insonni e momenti del cazzo.
Canzoni perché sì. Perché sono più reali della vita.
Parole perché sì. Perché è l'unico modo di gridare.
Cose diverse tra loro, che vengono un po' quando vogliono. Se volete leggere, leggete.
1. Redundant
2. Basket Case
3. She's a Rebel
4. Uptight
5. Die young
6. Pompeii
7. St. Jimmy
8. Gli anni
9. X-Kid
10. Show must go on
11. Cry to heaven
12. '74-'75
13. Knockin' on heaven's door
14. The forgotten
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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’74-’75

Got no reason for coming to me and the rain running down,
there’s no reason...
 
E’ cominciata così. Un accordo di chitarra da toccata e fuga, e un brivido lungo la schiena. E poi la musica che fluisce lenta dalle cuffie, e si ferma tutto.
Stavi leggendo, prima, anche una cosa piuttosto interessante, con la vita che sapeva di cioccolata Lindtt che si scioglie in bocca e di onde sonore vaghe provenienti dalle cuffie nelle tue orecchie. Una cosa interessante, già, di quelle che sono capaci di catturare la tua attenzione come calamite.
E poi è successo, e non c’è stato niente da fare. Un accordo, un altro e un altro ancora. Ci hai provato, a continuare a leggere, perché effettivamente quello che è capace di farti fare quella canzone ti da fastidio. Riesce ad assorbirti sempre, completamente, qualsiasi cosa tu stia facendo, e non è che ti piaccia granché. Va bene catturare la tua attenzione, ma questa canzone la tua attenzione la brucia, la fa esplodere e tutto è solo una vaga stretta allo stomaco e un dito che preme il tasto del volume per cercare di alzarlo ancora anche se non ci sono più tacche a disposizione.
Ci provi, a restare concentrata sul testo. Inutile. Leggi delle frasi e non hai idea di che cosa dicano, tu che sei capace di leggere qualsiasi cosa a una velocità impossibile e di ricordarti tutto.
Tutta colpa sua, cazzo. Di quel ritmo lento e così bello e così malinconico. E così vero. Non sono tante le cose che sanno catturarti, e lo sai. A parte quella canzone ci sarà qualche parola, la pioggia che viene giù dal cielo quando c’è il temporale e il cielo stesso si schianta sulle cose, e qualche sguardo, questione di secondi che sembrano anni da quanto il cuore ti brucia nel petto. Già, il cuore che sta bruciando anche ora. Anche se in nessuno di questi casi c’è una fottuta ragione perché lo faccia.
 
...and the same voice coming to me like it’s all slowin down;
and believe me...
 
La voce. E’ sempre la solita voce, rassegnata e strana, malinconica, una di quelle voci di quando canti sulla spiaggia alla fine dell’estate, a fissare l’ultimo raggio di sole che scompare nell’acqua sempre più scura portandosi via un altro pezzo della tua vita. Una voce, quella che ti sa catturare. Una volta ti hanno detto di acchiappare i tuoi sogni con un retino per farfalle, e invece adesso nel retino ci sei finita tu, anche se dubiti sul serio di poter essere il sogno di qualcuno.
 
...I was the one who let you know,
I was your sorry-ever-after ’74-’75...
 
Te ne stai immobile davanti allo schermo del computer per un po’ e poi ti alzi, che tanto quella storia che stavi leggendo ormai è andata. Sono sei passi fino allo specchio e un’occhiata prima dello sparo. Dritto dentro la tua testa, il colpo di una pistola dipinta sul vetro puntata contro la tempia del tuo riflesso. E quel colpo ti risuona dentro come un ritornello senza senso. Una voce che ti parla di sé con te come se tu potessi davvero capire, ma non capisci affatto perché in quella storia non ci sei dentro, quella è la storia di qualcun altro e tu hai aperto il libro a metà e stai leggendo una pagina a caso cercando inutilmente di raccapezzarti. E’ quello il problema, forse. Non c’è un senso in una vita se non la conosci dall’inizio.
Eppure tu sei sempre quella capace di amare una storia anche senza conoscerla. Ti innamori degli sguardi, sai. E la storia non importa più.
Forse è così anche quella canzone. Non ha sguardi, la musica, però gli sguardi sono come note, qualcosa che esprime parole senza dirne nemmeno una.
 
...Giving me more and I’ll defy
‘cause you’re really only after ’74-’75...
 
Dammi di più, dice, e le parole sono ancora sguardi, un altro sguardo che con la canzone non c’entra niente ma che brucia e brucia e brucia quel poco di cuore che ti è rimasto nel petto. A forza di battere, a forza di bruciare, forze non ne resterà più neanche un po’. Ma chi se ne importa, alla fine. Quando il tuo cuore non ci sarà più avrai già la pistola pronta. E’ lì ad aspettarti. Che tanto non ci vivi senza cuore, ti conosci troppo bene. Ci hai già provato a vivere così, hai ucciso il tuo cuore, e dopo le notti insonni e i soffitti guardati così tanto da consumarli hai iniziato a riportarlo su, in vita. Avevi deciso di non provare nulla per salvarti, ma forse, sai, non vali la pena di essere salvata.
 
...It’s not easy, nothing to say ‘cause it’s already said.
It’s never easy...
 
No, non è per niente facile, niente lo è, e lo sapevi già. Perché le parole fanno schifo e tutto è già stato detto, ed ecco questa frase a ripetersi anche in una canzone. Ti perseguita, è uno stato di Whatsapp e una foto a un libro e delle parole scritte alle due del mattino sulla home di uno social network. Ti perseguita perché sei tu che ti fai perseguitare da lei. E’ la tua droga e questa canzone anche, sono tutte e due di quelle cose che ti lasciano annichilita con quella strana sensazione dentro, a bruciare e a cuocere nel tuo brodo perché in quei momenti ti senti come se potessi fare qualsiasi cosa ma non c’è niente che tu voglia davvero fare.
E allora sollevi lo sguardo e fissi il tuo riflesso negli occhi, e una goccia di sangue vuoto che schizza sul vetro e si cancella in un battito di ciglia.
 
...When I look on your eyes then I find that I’ll do fine,
when I look on your eyes then I’ll do better...
 
E allora c’è quell’occhiata, quell’occhiata di fuoco e tu che vuoi essere per sempre così, perché è una cosa che fa sia bene che male, ma per un secondo potrebbe anche essere lo stesso. Non c’è differenza tra dolore e piacere, un po’ come a fare l’amore, solo che stai facendo l’amore con una canzone e te stessa allo specchio.
Ma non può durare per sempre e lo sai, perché quei momenti sono una cosa che non li puoi passare da soli, perché l’amore non lo fai solo con te stesso, perché per sfogarti masturbarti così non serve a nulla, ti servono delle labbra da baciare e delle mani addosso e qualcosa dentro.
E quindi c’è la mano che si allunga e afferra il telefono, e chi se ne frega se sono le dieci di sera o le tre del mattino o se non è neanche un’ora, se è un momento fuori dal tempo che esiste solo nella tua testa, che tanto lei c’è, c’è e basta, per quei momenti di amore a distanza.
 
...I was the one who let you know,
I was your sorry-ever-after ’74-’75...
 
Brucio. le scrivi, che tanto lei capirà perché magari non ha letto tutta la tua storia, ma quasi tutta, insomma, e per lei sei stata disposta a fare un riassunto delle parti che mancavano. Che intanto la canzone è da un pezzo che è finita, ma tu l’hai fatta ripartire, e ancora e ancora, e adesso le parole hanno perso senso e tu sei ancora lì, con solo quello dentro la testa.
 
...Giving me more and I’ll defy
‘cause you’re really only after ’74-’75.
 
E allora urla. dice, e tu sorridi mentre la canzone finisce di nuovo e tu non la fermi, la lasci scorrere e lasci scorrere altre note e altri momenti.
Che tanto tu sei lì in quel momento d’amore senza amore a gridare senza dire una parola.
  
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