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Autore: metaldolphin    07/05/2014    4 recensioni
Se vi offrissero la possibilità di tornare indietro nel tempo, per rivivere da spettatore un episodio della vostra vita, sapreste cosa scegliere?
E' il dilemma che deve affrontare Nami; farà la sua scelta, ma ciò che scoprirà sarà così doloroso da sconvolgere l'intera Ciurma e il suo rapporto con Zoro.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Comunque insieme'
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Zoro, con cui litigavo ogni santo giorno.
Zoro, compagno di bevute ed indefesso dormiglione.
Zoro, che mi permetteva di dargliele, pur essendo temuto dal resto del mondo
Zoro, forte e leale, che non esitava mai a difenderci di fronte a qualsiasi pericolo.
Zoro, l’amante, il compagno che aveva messo la propria vita nelle mie mani, in quell’arena ormai lontana.

Zoro, che vedevo camminare a testa alta verso quella che avrebbe dovuto essere la sua fine.

Lo guardai entrare a braccia tese in quel concentrato di enorme dolore e, urlando, lo implorai: - ZORO! NO! TI PREGO! NON FARLO!
Ma non poteva sentirmi, era davvero solo in quel momento e le sue grida di indicibile dolore uccidevano anche me, nella realtà, lontana nel tempo e nello spazio, ma ugualmente partecipe di tanta sofferenza.

Non riuscii a vedere quasi più nulla tra le lacrime, poi mi accorsi di Sanji che, riavutosi, lo aveva avvicinato per chiedergli cosa fosse accaduto.
-Niente. Non è successo niente.- aveva risposto la figura coperta di sangue che era Zoro, prima di cadere, stremato dalla prova sostenuta.
Il Cuoco fece del suo meglio per reggerlo, invocando aiuto, ed io ritrovai il respiro solo quando attorno a me l’atmosfera tornava buia e le candele tremolarono ad un invisibile alito.

Anch’essa sconvolta per la terribile esperienza che avevamo condiviso, la maga mi lasciò con delicatezza le mani. Per qualche minuto non riuscimmo a parlare, poi mi porse un fazzoletto di semplice fattura, ma candido e fresco di bucato, col quale asciugai le lacrime che mi avevano bagnato il volto.
-Nami,- disse, con fare quasi materno, -Riprenditi. È una cosa già accaduta. Adesso lui sta bene, no?
Confermai con un cenno del capo.

-È il tuo uomo, vero?- mi chiese con ampio e calmo sorriso, ma non attese che rispondessi e continuò a parlarmi: -Non arrabbiarti con lui perché ti ha tenuta nascosta questa vicenda: i veri eroi non si vantano delle loro imprese e dei sacrifici che fanno per noi. Non rientra nel loro carattere.
Cercai di obiettare: -Ma…- però lei mi prese di nuovo la mano e scosse il capo.

-Guarda nel tuo cuore, Nami, saprai come affrontarlo.
Capii che quella donna di mezza età aveva ragione. Le restituii il sorriso e le strinsi la mano, prima di lasciarla, quindi mi alzai ed uscii all’aperto, dove fui costretta a chiudere gli occhi per la luce improvvisamente forte.

Mi sembrò di ritrovare una realtà diversa, adesso che sapevo.
Rimasi a guardare, intontita, la gente che mi scorreva intorno: ognuno era perso nei propri pensieri, negli affanni quotidiani della vita, in tutte le sue innumerevoli sfaccettature.

Ma nessuno di loro sapeva cosa aveva fatto Zoro.
Nessuno di loro ne avrebbe portato il peso.
Nessuno di loro avrebbe avuto gli incubi per aver visto la propria metà andare incontro alla morte.

Mi riscossi, riconoscendo la voce di Sanji che mi chiamava da lontano.
-Nami-swaaaan!
Con le buste della spesa tra le mani, mi correva incontro, felice di vedermi, ma io lo guardai con mal celata rabbia.

Lui sapeva.
E non mi aveva mai detto nulla.
Nuove lacrime, scatenate da una furia repressa a fatica, si affacciarono ai miei occhi.

Lui mi lesse il disagio in viso e rallentò la sua andatura, avvicinandosi in maniera dosata e circospetta. Scorgendo i segni recenti sul mio viso, tornò completamente serio.
-Nami, cosa è successo?- mi chiese, con la consueta premura.

Quella domanda mi colpì: era la stessa che aveva posto a Zoro, quel giorno, a Thriller Bark.
-Come vuoi che ti risponda?- dissi, acida. -Dovrei forse dirti “Niente, non è successo niente”?
Sanji ammutolì.
Aveva colto il riferimento ed era rimasto impietrito, ma non gli diedi modo di riprendersi.
-Lo sapevi! E non mi hai mai detto nulla!- esplosi -Perché? Perché?

Rimase ritto di fronte a me, mentre gli urlavo tutta la mia rabbia e il mio dolore, incassando quello sfogo e reggendo le sporte colme di spesa, stringendone i manici così forte da farsi sbiancare le nocche.
Parlò soltanto quando, sfinita, gli poggiai la fronte la petto, singhiozzando ancora.
-Mi dispiace, Nami. Non so come tu abbia fatto a saperlo, ma non spettava certo a me fartene partecipe, per suo espresso volere. Credo che a questo punto, dobbiate chiarire tra voi. Devo chiederti, però, di farlo in modo che Rufy non lo sappia.

Annuii, e lui, da gentiluomo qual era, non volle nemmeno le mie scuse per quello sfogo.
Ci avviammo alla nave e non parlammo per tutto il tragitto. Mi preparai mentalmente ad affrontare il mio compagno, rimasto a bordo ad allenarsi.

Solo adesso capivo il motivo delle sue condizioni disperate, di quei tre giorni passati a vegliarlo, mentre incosciente per il trauma subito, ci faceva spaventare per la mancata ripresa, a lui così poco consona.
Solo adesso capivo quello strano, quasi miracoloso, ristabilirsi di Rufy, che aveva beneficiato di quel sacrificio a sua insaputa.
 
   
 
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