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Autore: Lux_daisy    08/05/2014    3 recensioni
Dal capitolo 3:
-- Sei fastidioso, feccia. Ti conosco a malapena e già mi verrebbe voglia di massacrarti fino a farti urlare pietà, perciò ti avverto: non continuare a provocarmi --. La sua voce si era ridotta a un sussurro: si insinuò nella pelle di Squalo, strisciando come un serpente e scavò fino a raggiungere la carne e i muscoli e le ossa per poi incidersi nell’anima e mozzargli il respiro. Squalo sgranò gli occhi e per la prima volta in vita sua si accorse di provare paura di fronte a un avversario.
In una prestigiosa Accademia si incrociano le vite di due ragazzi dal passato difficile. Xanxus e Squalo si odiano e si scontrano, si respingono e si attraggono, come le falena di fronte alle fiamme, senza capire quant'è grande il pericolo di bruciarsi.
Genere: Azione, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Dino Cavallone, Superbi Squalo, Xanxus
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'inizio della fine

 




La prima cosa che percepì quando si svegliò fu una strana sensazione di pesantezza sul petto. Convinto di essere ancora nel mondo di sogni, si sforzò di aprire gli occhi e una volta messo a fuoco, vide una massa scompigliata di capelli argentati a pochissimi centimetri dal viso.
Appena si rese conto di cosa stava vedendo, il suo sguardo si fece sorpreso: Squalo dormiva placidamente con la testa poggiata sulla sua spalla, le lunghe ciglia che gli ornavano gli occhi chiusi e le ciocche sudate attaccate alla fronte.
Immobile, Xanxus lo osservò: le labbra erano leggermente schiuse, le guance ancora leggermente arrossate e un braccio poggiava morbido sul suo addome, mentre il suo respiro leggero gli solleticava la pelle.

Era… bello. Non si sarebbe mai immaginato di poter avere un simile pensiero, eppure il Boss si ritrovò davvero a pensare a quanto Squalo fosse attraente e se ne soprese.
Senza accorgersene, respirò piano, come se temesse di svegliarlo e sentì il calore dell’altro invaderlo con dolcezza, alla pari del piacere di scaldarsi davanti a un camino in una fredda giornata invernale.
Buona parte del corpo di Squalo era attaccato a quello del moro e questi non poté evitare di notare quanto la sua pelle fosse morbida, nonostante i muscoli; in un modo quasi assurdo era come quella delle tante ragazze che il Boss aveva stretto tra le mani.

Xanxus continuò ad osservarlo, chiedendosi come quel ragazzo, entrato d’un tratto nella sua vita, fosse riuscito a sconvolgergliela del tutto.
Prima di Squalo non avrebbe mai portato qualcuno in quell’appartamento di cui neanche gli altri Varia erano a conoscenza e non avrebbe mai neanche lasciato che un semplice partner sessuale lo condizionasse così tanto nei suoi pensieri e nelle sue scelte.
Un leggero sospiro gli uscì dalla bocca e il suo sguardo vagò per la stanza, per poi cadere casualmente sull’orologio appeso alla parete di fronte al letto: segnava le 20:02.
“Merda, abbiamo dormito per quasi quattro ore!”, ma visto tutto il sesso che avevano fatto, si disse che non era affatto strano che fossero crollati.

Dopo il primo round in bagno erano passati alla camera da letto e lì avevano consumato la loro passione più volte, cercandosi e prendendosi come se non ci fosse stato nient’altro che loro due in tutto l’universo.
Avevano fatto alcune pause per mangiare e recuperare le energie, ma non erano riusciti a trattenersi e a starsi lontani, troppo presi da loro stessi e dal desiderio che li divorava come una fiamma inestinguibile.
Ciononostante, risvegliarsi vicino a Squalo che gli dormiva accanto con aria innocente gli fece provare qualcosa di strano e sconosciuto all’altezza del petto e si convinse sempre più che c’era davvero qualcosa che non andava in lui.
 
 
 
 
************
Alle otto di sera era difficile incontrare qualcuno nella biblioteca della Galilei: la maggior parte degli studenti che vi aveva studiato nel pomeriggio era tornata in camera e molti erano già a mensa per la cena.
A differenza dei ragazzi, gli insegnanti potevano accedervi fino a tarda sera se ne avevano necessità e quando Verelli entrò per controllare alcuni libri, incontrò gli ultimi ritardatari che si apprestavano ad uscire.  Lo salutarono educatamente e lui rispose con altrettanta cortesia, pur sapendo quanto non fosse di certo un professore molto amato: gli studenti lo reputavano troppo severo e intransigente e lui era perfettamente consapevole di questa nomina. Ma Verelli amava davvero il suo lavoro e se si comportava in un certo modo con i suoi allievi, lo faceva solo per il loro bene e per formarli ed educarli nel modo migliore possibile.

Anche se poi si trovava ad avere a che fare con gentaglia come i Varia e Xanxus, soprattutto. L’idea che in un’Accademia prestigiosa come quella potessero studiare certe persone solo perché figli di gente ricca e potente lo faceva infuriare fin nel profondo dell’animo. Per non parlare del suo odio personale contro Xanxus, un ragazzino crudele, borioso e strafottente che gli aveva rovinato la vita. Quasi ogni giorno era costretto  a vederlo a lezione e ogni volta non poteva impedirsi di covare un profondo rancore.

I suoi pugni si strinsero con rabbia, mentre, preso da questi pensieri, si dirigeva verso lo scaffale con i libri che gli interessavano. Fu allora che sentì dei suoni provenire da un punto lì vicino; si fermò e si mise in ascolto fino a che non riuscì a cogliere delle voci che però non riconobbe.
Chi c’era? Pensando che fosse rimasto ancora qualche studente, si avvicinò per controllare, ma ciò che vide lo colse del tutto impreparato.
Seminascosti in un angolo, due studenti erano uniti in un abbraccio fin troppo intimo: si baciavano, toccavano e accarezzavano, lasciando che  le mani e le bocche vagassero con foga sui loro corpi.

Se ciò lo sorprese, quello che venne dopo lo sconvolse e turbò: la persona di spalle rispetto a lui si inginocchiò davanti al ragazzo poggiato a sua volta alla parete e, anche se Verelli non poteva vederli bene, furono sufficienti i rumori osceni che sentì per fargli capire cosa stava succedendo.
Ma fu il riconoscere gli studenti subito dopo a paralizzarlo sul posto e a lasciarlo annichilito. I suoi occhi si sgranarono, mentre riconoscevano Superbi Squalo fare un servizietto a Xanxus.
Tutto era accaduto in alcuni istanti, ma a Verelli sembrò che il tempo scorresse a rallentatore e che i gemiti e i sospiri si amplificassero.

Pochi istanti dopo Xanxus infilò le dita tra i capelli dell’altro e sollevò lo sguardo, incrociando quello dell’uomo a neanche una decina di metri da loro. Da quella posizione entrambi poterono guardarsi, nonostante l’illuminazione debole; Verelli sentì il suo corpo irrigidirsi ancora di più, come se fosse stato lui quello beccato a fare qualcosa di proibito, mentre il volto del moro non mostrò alcuna sorpresa, anzi, si illuminò di una luce sadica e le sue labbra si curvarono in un sorriso freddo e diabolico.
Sapendo che Squalo era troppo impegnato per accorgersi di qualcosa, il Boss si portò un dito al volto e, sempre ghignando, rivolse a Verelli il gesto di fare silenzio.

L’insegnante rimase a fissarli, immobile, senza sapere come reagire, paralizzato in ogni fibra del suo essere. Nonostante fosse lui l’adulto della situazione e per di più un loro professore, la situazione a cui stava assistendo gli sembrò così assurda e inverosimile che non riuscì a muovere un muscolo.
Non tanto perché erano due maschi, ma quanto e soprattutto perché erano Xanxus e Squalo: di tutte le persone che avrebbe mai potuto sospettare di avere un simile rapporto, loro due erano di certo gli ultimi.

Non solo il moro erano famoso in tutta la scuola anche per il suo essere un playboy che si portava a letto tutte le ragazze che glielo chiedevano, ma Verelli stesso, come tanti altri, non aveva dimenticato la rissa che li aveva avuti come protagonisti.
Eppure Squalo era rimasto nei Varia e adesso Verelli capiva il perché. Ma continuava a non credere ai suoi occhi.
Dato il suo ruolo, avrebbe dovuto fermarli e fare rapporto al Preside, invece, nell’istante in cui capì di non riuscire più a guardare, si voltò e uscì rapido dalla biblioteca.
 
 
 
<< Perché quel ghigno? >> domandò Squalo, dopo essersi ripulito alla bell’e meglio. Fissò Xanxus con sguardo perplesso, ma l’altro si limitò a sorridere con l’aria di chi stava pianificando qualcosa di machiavellico.
<< Non ti riguarda >> disse in un sussurro; poi prese il volto dell’argenteo con un mano e, dopo averlo attirato a sé, lo baciò con sensualità, infilandogli subito la lingua in bocca e dando vita a un eccitante e umido gioco a due.
Il Boss ghignò nel bacio, pregustando già la riuscita del piano che prendeva forma nella sua mente.
 
 
 
********
Verelli sospirò per l’ennesima volta, mentre si dirigeva in classe. Quel giorno, come ogni mercoledì alle 11:00, aveva lezione di fisica nella classe di Xanxus e il solo pensiero di ritrovarselo davanti dopo quello a cui aveva assistito lo rendeva inquieto.
Entrambi sapevano e il fatto che quella sera di due giorni prima il moro avesse quasi voluto sfidarlo col suo gesto arrogante rendeva imbarazzante tutta quella situazione. Almeno per il professore.
Ma neanche nelle sue peggiori previsioni Verelli avrebbe immaginato ciò che trovò una volta entrato in aula.

Sulla cattedra faceva bella mostra di sé una dozzina di dvd porno gay, le cui custodie mostravano uomini nudi e muscolosi in posizione oscene e ammiccanti, mentre, sulla lavagna dietro, un messaggio a caratteri enormi era diretto proprio all’insegnante.
“Caro prof. Verelli, se le piace guardare, dia un’occhiata a questi e si diverta”.
Sotto la scritta era stata disegnata una freccia che indicava i dvd.
L’uomo li guardò e lesse il messaggio e sentì la rabbia crescere ad ogni secondo. Non ebbe neanche bisogno di pensare per sapere chi fosse l’autore, ma i suoi occhi corsero subito a Xanxus che, seduto in ultima fila, lo fissava con un sorrisetto compiaciuto.

Si guardarono per lunghi secondi, mentre il resto della classe tratteneva a stento le risate, con risultati davvero scarsi.
Il desiderio di prendersela fisicamente con Xanxus colpì Verelli con forza, come un uragano che si abbatte su un edificio.
Lo aveva umiliato! Lì, nella sua classe davanti ai suoi studenti!
Strinse violentemente i pugni e dovette fare un enorme sforzo per non dare in escandescenza. Sapeva che, se l’avesse fatto, non solo si sarebbe umiliato ancora di più, ma avrebbe dato a Xanxus una soddisfazione maggiore.
Fu questo pensiero a dargli la forza per calmare l’ira che minacciava di esplodere. Posò i libri sulla cattedra, spostò i dvd di lato senza però toglierli e si sedette, incrociando le mani davanti a sé.

<< Non vi chiederò di dirmi chi è stato, anche perché non è difficile immaginarlo >>, i suoi occhi si posarono per un attimo su Xanxus, << ma dato che vi siete divertiti, ora faremo un bel compito in classe >>.
Si levarono lamenti di protesta che Verelli ignorò bellamente e iniziò subito a dettare le domande improvvisate sul momento.
Per tutto il tempo, anche mentre rispondeva al test, Xanxus non si tolse mai il ghigno dalla faccia e l’odio di Verelli crebbe ad ogni secondo.
 
 
 
*********
Quando venne convocato in vicepresidenza, Xanxus non fu affatto sorpreso di trovarvi Verelli che lo fissava con astio.
Erano passati due giorni da quando aveva organizzato lo scherzo dei dvd porno e la notizia aveva fatto il giro della scuola in poche ore. Tutti ne parlavano, tirando fuori le teorie più disparate e tutti sapevano che il Boss dei Varia era l’autore.
Autore ancora divertito, grazie soprattutto alla potenza del pettegolezzo e del passaparola che aveva alimentato il fatto, anche se ovviamente nessuno aveva osato accusarlo.

Il moro varcò la soglia dell’ufficio con passo calmo e sicuro, le labbra già curvate in un sorrisetto. Senza attendere che l’altro parlasse, si sedette sulla sedia davanti alla scrivania e accavallò le gambe con nonchalance. Vide lo sguardo di Verelli affilarsi ancora di più e le sua mani che quasi tremavano dalla rabbia.
Xanxus sapeva quanto l’uomo lo odiasse, ma la verità era che non gli importava affatto, così come non gli interessavano le conseguenze delle sue azioni. Lui era figlio del Boss dei Vongola e nessuno in quell’Accademia, neanche il Preside, avrebbe mai potuto fargli qualcosa.
Perciò fissò l’insegnante con occhi di sfida e incrociò le braccia sul petto.

Erano da soli in quell’elegante stanza che Verelli aveva chiesto in prestito al Vicepreside, dato che non voleva che altri sentissero i loro discorsi e fu lui a prendere la parola con voce ferma.
<< Sappiamo entrambi perché sei qui, Xanxus, quindi direi che è meglio evitare inutili giri di parole >>.
<< Se voleva evitare le cose inutili, avrebbe dovuto risparmiarsi la fatica di farmi chiamare >> replicò subito il moro.
Ogni cosa in lui, dal tono alla sguardo all’atteggiamento, emanava arroganza e superbia e ogni sua parola diventava una sfida a chi lo ascoltava.

Verelli lo sapeva, eppure non riusciva ad accettare che un ragazzo di diciassette anni, anche se figlio di un uomo potente, si comportasse come se fosse lui a comandare. Era solo uno studente! Avrebbe dovuto portare rispetto e invece lo pretendeva soltanto, infischiandosene degli altri.
L’insegnate storse la bocca, ma non rispose alla provocazione.
<< Già. Immagino che per te organizzare stupidi scherzi sia un modo migliore per passare il tempo >>.
Xanxus scrollò le spalle. << Non so di cosa stia parlando >>.
L’uomo fece una risata amara e fredda. << Non immaginavo certo che avresti confessato >>.
<< Allora non capisco il motivo della mia presenza qua: se vuole accusarmi di qualcosa, dovrebbe prima procurarsi delle prove >>:
<< Sono d’accordo, ma purtroppo per me, tu sei troppo bravo a non lasciare alcuna prova della tua colpevolezza >>, Verelli poggiò la schiena alla poltrona, << del resto, considerando di chi sei figlio, la cosa non mi sorprende. È stato tuo padre a insegnartelo? >>.

Il ragazzo ghignò e scosse piano la testa. “Ingenuo…”. Se pensava che tirando in ballo il vecchio, l’avrebbe provocato in qualche modo, si sbagliava di grosso. Per quanto lo riguardava, poteva anche insultarlo: lui non si sarebbe certo indignato o offeso.
Verelli stava decisamente abbaiando all’albero sbagliato.
<< Le ripeto che non so di cosa stia parlando, prof. >>.
L’altro sospirò, ma non si arrese. In qualche modo lo avrebbe fatto cedere e confessare: lui era pur sempre un insegnate e Xanxus solo un moccioso pieno di sé. Doveva semplicemente trovare il tasto giusto da premere.
<< E se chiedessi al tuo amico Squalo? Lui saprebbe dirmi qualcosa a riguardo? >>.
Il moro fu abbastanza abile da non mostrare alcuna reazione, neanche un guizzo d’occhi, ma il sentir nominare Squalo lo mise in allarme.

Da quando si preoccupava così tanto della feccia? Irritato, imprecò mentalmente, ma continuò a fissare Verelli con aria indifferente.
<< Può fare quello che Le pare, sinceramente non mi frega un accidente di tutta questa storia >>.
L’uomo si staccò dalla poltrona e poggiò il mento sulle mani intrecciate. << Oh, davvero? Pensavo che tra voi due ci fosse un rapporto, come dire… speciale >>.
Xanxus scoppiò in una risata che fece sgranare gli occhi a Verelli. << Speciale? Cosa c’è di speciale nel fatto che scopiamo? È solo un modo per divertirsi. Non siamo certo una coppia o cazzate simili >>.
Ben consapevole che l’altro li aveva visti, capì che era perfettamente inutile fingere o negare: se avesse mostrato il desiderio di evitare l’argomento o dato l’impressione di voler proteggere Squalo, avrebbe solo fatto il gioco di Verelli.
Tanto valeva dire le cose come stavano: del resto non gli importava nulla di essere stato scoperto a fare sesso con Squalo e il doverlo confermare a parole gli risultava insignificante.

L’insegnante lo guardò con aria confusa e sorpresa: era convinto che, parlando di Squalo, Xanxus avrebbe reagito, invece il suo atteggiamento strafottente e menefreghista non era stato scalfito. O era un attore da Oscar o il suo disinteresse era terribilmente sincero.
Non seppe cosa replicare e rimase in silenzio per lunghi secondi, mentre un ghigno si apriva sul volto del ragazzo.
<< Non posso davvero credere che Lei volesse usare Squalo per… cosa? Ricattarmi? Convincermi a confessare chissà che? >>, liberò le braccia e chinò il busto in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia, << pensava sul serio che una qualunque delle sue minacce avrebbe avuto effetto? Questo è davvero patetico. Persino per Lei. >>.

Verelli scattò in piedi, il volto deformato dalla rabbia. << Come osi, moccioso? >> sbraitò, i pugni stretti e gli occhi sbarrati, << sei solo un ragazzino stronzo e crudele che pensa di essere migliore degli altri, ma in realtà non vali niente! >>. La voce gli tremava, così come il suo corpo, mentre l’odio che aveva covato e tenuto a freno per tanto tempo chiedeva con forza di uscire fuori.
E Xanxus sembrava fare di tutto per gettare benzina sul fuoco. << Beh, preferisco essere un ragazzino stronzo e crudele che un tipo penoso e insignificante come Lei: fa schifo come insegnante e di sicuro doveva far schifo anche come padre, vista la fine che ha fatto suo figlio >>.
<< Tu hai ucciso mio figlio! >> gridò Verelli in preda alla furia, << è tutta colpa tua se è morto! >>.

Gli occhi dell’altro si affilarono e il volto si fece ancora più serio. << Si è suicidato >> replicò il moro, come se questo ponesse fine alla discussione.
<< Perché tu l’hai tormentato! Gli hai reso la vita un inferno! >> continuò l’uomo che ormai non cercava più di trattenere né la voce né la rabbia.
<< Suo figlio era un debole e ha fatto quello che fanno tutti i deboli: prendere la via più facile. Non sono certo stato io a spingerlo giù dal balcone >>.
<< Non sarebbe arrivato a tanto se tu l’avessi lasciato in pace! >>.
<< Tsk! >>. Stufo di quell’inutile discussione, Xanxus si alzò in piedi e lanciò a Verelli lo sguardo più freddo e tagliente del suo repertorio. << Questa pagliacciata mi ha rotto le palle. Non mi frega un cazzo né di Lei né di suo figlio né tantomeno dei suoi patetici tentativi di vendicarsi >>. Si voltò e uscì dall’ufficio, lasciando l’insegnante alla sua disperazione.
 
 
 
 
*********
<< Cazzo! >>. Seduto in classe, Squalo imprecò sottovoce per la terza volta in un paio di minuti. L’ennesima fitta di dolore al sedere e alla schiena lo colpì con violenza e gli fece mordere le labbra.
“Quel dannato figlio di puttana!” ripeté nella sua mente, ripensando a Xanxus e a ciò che era successo la sera prima.

Dopo non essersi fatto vedere per un giorno intero, il moro era spuntato all’improvviso con una faccia che non prometteva nulla di buono, l’aveva trascinato nella sua stanza e l’aveva scopato con rabbia, prendendolo come se volesse sfogarsi su di lui.
Gli aveva fatto male.
E anche se Squalo aveva cercato di fermarlo, non aveva potuto fare niente e alla fine era stato costretto a cedere.
Gli occhi rossi del Boss, di solito languidi di piacere in quei momenti, erano rimasti freddi e crudeli per tutto il tempo, come se non vedessero neanche Squalo, ma fossero ancorati a qualcosa che lo faceva infuriare.
“Sta’ zitto e lasciati scopare!” gli aveva detto con la voce ridotta a un ringhio feroce, quando l’altro aveva provato a divincolarsi dalla sua presa per l’ennesima volta.
Vedere il moro in quello stato, soprattutto mentre facevamo sesso, aveva fatto provare a Squalo un nuovo tipo di paura che non aveva mai sperimentato prima: la paura del dolore, di farsi male, di soffrire.
Nonostante tutto però, non era riuscito a negarsi e aveva finito per sopportare.
Aveva capito che il Boss non stava bene, ma nemmeno una volta finito, gli aveva chiesto spiegazioni: sapeva che non le avrebbe ottenute.
 
Si portò una mano alla schiena e si massaggiò dove gli faceva male, la mente che continuava a rivivere quei ricordi.
“Che diavolo gli è preso?”. Sospirò, confuso e guardò fuori dalla finestra dell’aula.
Dopo quello che Xanxus gli aveva fatto, avrebbe dovuto odiarlo, invece, non poteva fare a meno di preoccuparsi per lui.
“L’amore fa schifo…”.
 
 
 
**********
<< Boss! Hey, Boss, mi stai ascoltando? >>.
Lussuria dovette sventolargli una mano davanti al volto per riscuoterlo e riportarlo alla coscienza di sé.
Xanxus sbatté le palpebre e lo fissò. << Che vuoi? >>.
L’altro sbuffò con aria offesa. << Stavo dicendo: perché Squaletto non si è seduto con noi? >>.

Gli occhi di tutti i Varia si puntarono sul tavolo dove Squalo, Dino e altri ragazzi stavano pranzando tranquillamente.
<< Tsk! Che vuoi che ne sappia io! >>. In verità lo sapeva o almeno poteva immaginarne la causa. Lanciò un altro sguardo in sua direzione e proprio allora vide Squalo colpire la spalla di Cavallone con un leggero pugno e poi sorridere.
Emise uno sbuffo più simile a un ringhio e tornò a concentrarsi sul piatto di pasta davanti a sé.
Quella mattina Squalo non aveva fatto in tempo a riprendersi e aveva saltato la colazione, mentre ora, a pranzo, si era seduto al tavolo di Dino e non aveva degnato i Varia di uno sguardo.
Di solito Xanxus gli avrebbe fatto pagare un simile comportamento, ma dopo quello che era successo la sera prima, si disse che era meglio lasciar perdere.

Sapeva di avergli fatto male: l’aveva visto nei suoi occhi pieni di lacrime, l’aveva sentito nelle sue grida che lui aveva cercato di zittire in tutti i modi e l’aveva rivisto la mattina dopo, nei segni violacei che macchiavano il suo corpo.
Ma aveva dovuto aspettare che la rabbia si placasse per rendersi conto di quello che aveva fatto. Era stato troppo furioso, troppo preso da sé stesso e dal suo violento bisogno di non pensare. Aveva desiderato annegare in qualsiasi cosa gli rendesse tutto più facile e il sesso e il piacere gli erano sembrati la soluzione migliore.
E anche se in effetti, dopo, si era sentito meglio, adesso provava uno strano senso di disagio che non riusciva ad identificare e questo non faceva che innervosirlo ancora di più.
 
 
 
 
“Ho bisogno di parlarti. Vediamoci ‘sta sera alle 10, nella rimessa. Squalo”.
Xanxus rilesse il messaggio più e più volte, mentre le sicurezze sulla salute mentale della feccia scemavano vertiginosamente.
Primo: che razza di persona scriveva ancora i bigliettini nel 21° secolo?
Secondo: se Squalo doveva parlargli, non avrebbe semplicemente potuto dirglielo in faccia? E terzo: perché cavolo aveva scelto un posto isolato come la rimessa?
La faccenda gli puzzava.
Aveva trovato il biglietto di carta sul suo banco, in classe, alla fine delle lezioni pomeridiane e anche dopo averlo letto, non era sicuro di cosa pensare.
Non avendo mai visto la calligrafia di Squalo, non era in grado di dire se quella scrittura fosse la sua o meno e tra l’altro gli sembrava comunque assurdo che si mettesse ad organizzare simili strategie. Era il tipo schietto e diretto che non si faceva problemi a dire le cose in faccia alla gente e questa era una delle sue (poche) qualità che Xanxus aveva apprezzato e odiato allo stesso tempo.
Eppure…
Il Boss si mise il foglietto in tasca e sbuffò, infastidito.
Qualunque fosse il motivo di quella trovata intendeva scoprirlo, pur trovando il tutto un’enorme scocciatura.
 
 
 
 
La rimessa si trovava nella zona nord dell’Accademia, lontano dagli edifici principali. Era una specie di capannone tanto grande da poter accogliere sei automobili parcheggiate e veniva utilizzato come deposito dallo staff dei giardinieri. Agli studenti era proibito accedervi, soprattutto per la pericolosità di attrezzi e strumenti come tagliaerba, cesoie, lame e di prodotti infiammabili quali pesticidi e simili.

Perciò quando Xanxus la raggiunse alle dieci di sera, non si sorprese di trovarla buia e deserta.
Lesse un’ultima volta l’ora sul cellulare e si diresse verso la porta. Convinto di trovarla aperta, entrò dentro: l’intero locale era scuro, eccetto per la tenue luce lunare che entrava dalle finestre poste in alto lungo il perimetro rettangolare.
La faccenda gli puzzava sempre di più.
Il brutto presentimento che aveva avuto fin dall’inizio non aveva fatto altro che aumentare e ora, mentre i suoi piedi avanzavano, diventava una certezza.
Al 99% tutta quell’assurda faccenda era una dannatissima trappola e anche se il sospetto era stato forte, non era riuscito a tirarsi indietro.
Sarebbe dovuto andar via. Avrebbe dovuto ignorare il biglietto, ma l’idea che qualcuno si fosse adoperato così tanto per organizzargli un agguato risvegliava la parte più selvaggia e feroce del suo subconscio e Xanxus voleva sapere.

Anche se non si sarebbe detto ad una prima occhiata, il moro era un tipo curioso. Il vero problema era che, di solito, le cose che  stuzzicavano la sua curiosità si rivelavano pericolose.
Ma, a conti fatti, il Boss era talmente arrogante e sicuro di sé da non temere niente e nessuno; anzi, se non era troppo impegnato ad impigrirsi da qualche parte, preferiva il rischio.
E quindi rischiò.
 
 
 
Si allontanò dalla porta e procedette verso il centro del capannone, i sensi all’erta. Dato che la luce era troppo debole per consentirgli una visione chiara, fu costretto ad affidarsi all’udito e tese le orecchie nel tentativo di cogliere qualsiasi rumore.
Dopo lunghi momenti di assoluto silenzio sentì il chiaro suono di passi in avvicinamento e di un respiro pesante provenire da destra. Si voltò e avanzò di alcuni passi.
I suoni si fecero più forti, ma i suoi occhi non riuscivano a vedere nulla.
Solo quando fu talmente vicino alla fonte dei rumori da capirne l’origine, capì di essere stato fregato.
Non fece neanche in tempo a reagire che qualcosa lo colpì violentemente alla testa.
Il dolore lancinante fu tutto ciò che percepì prima di perdere i sensi.
Poi il nulla.
Accanto a lui comparve un’ombra e ai suoi piedi, da un telefonino lasciato per terra proveniva ancora la registrazione con i finti suoni di passi e respiri.
 
 
 
Uscito dalla doccia, Squalo si guardò allo specchio: lividi e morsi rossi che avevano sanguinato la sera prima macchiavano la sua pelle chiara.
Grugnì, arrabbiato e si rivestì. Nel mettersi la maglietta non poté evitare di osservare i polsi cerchiati da una spessa linea violacea: Xanxus gliel’avevi stretti talmente forte da lasciargli quei segni.
“Che pezzo di merda!”. Non aveva rivolto la parola al moro per tutto il giorno e si era anche seduto al tavolo di Dino, ignorando tutti i Varia.
Non voleva affrontarlo, ma una parte di lui voleva parlarci e scoprire il motivo del suo gesto. Perché sapeva che c’era un motivo.
Un’altra parte ancora voleva pestarlo a sangue e fargli implorare pietà.
Nonostante avesse fatto chiarezza nei suoi sentimenti, era sempre più difficile gestire le proprie emozioni.

Sbuffò e uscì dal bagno. Dino era perso nella rivista che stava leggendo e nelle musica nelle orecchie.
Senza pensarci, Squalo aprì la porta e si ritrovò in corridoio. Prima che potesse anche solo riflettere, i suoi piedi lo condussero verso la stanza di Xanxus e quando vi fu davanti, si fermò.
“Che cazzo ci faccio qua?”. Si odiò perché voleva vederlo, abbracciarlo, baciarlo, anche se lui l’aveva preso con la forza, quasi alla stregua di uno stupro.
Girò i tacchi e si allontanò, ma proprio mentre ripercorreva la strada inversa, vide Lussuria venire verso di lui.
<< Squaletto, che ci fai qua? >> gli chiese quello con tono sorpreso.
<< Beh… ecco… >>, non poteva certo dirgli che era venuto fin là per parlare con Xanxus.
<< Non eri con il Boss? >>.
Squalo aggrottò le sopracciglia, confuso. << Eh? Perché dovrei essere con lui? >>.
<< Prima l’ho visto uscire e mi ha detto che doveva incontrarsi con te >>.
<< Cosa?! >>. Di che diavolo stava parlando?
<< Non vi siete dati appuntamento? >> continuò Lussuria.
L’argenteo sgranò gli occhi e arrossì involontariamente. << Voooooooi! Che cazzo ti salta in mente?! Non avevamo nessun appuntamento! >>.
L’altro dischiuse la bocca e si fece pensieroso. << Ma allora dov’è andato il Boss? >>.
Il cuore di Squalo perse un battito. Che razza di storia era quella? << Non ti ha detto nient’altro? >>.
Lussuria scosse la testa. << No. Gli ho chiesto dove stesse andando e lui mi ha solo detto che dovevate vedervi, ma se n’è andato prima che potessi chiedergli altro >>.

Squalo sentì un brivido di preoccupazione lungo la schiena. Non sapeva perché, ma aveva un brutto presentimento.
Tornò indietro ed entrò nella stanza del Boss: come si aspettava, era vuota. Frugò in giro alla ricerca di qualche indizio e non passò molto prima che trovasse ciò che gli interessava.
Afferrò il biglietto dal cassetto della scrivania e nel leggerlo, il brutto presentimento si rafforzò dolorosamente.
Ho bisogno di parlarti. Vediamoci ‘sta sera alle 10, nella rimessa. Squalo.
 
“Che cazzo di scherzo è questo? Io non ho mai scritto niente del genere!”.
Dietro di lui sentì Lussuria trattenere il respiro. << Che significa? >> domandò, continuando ad osservare il messaggio da sopra la spalla di Squalo.
L’argenteo prese il cellulare dalla tasca e provò a chiamare Xanxus, ma entrò subito la segreteria telefonica.
<< Merda! >> imprecò tra i denti. Lesse poi l’ora sul display: le 22:30.
Era già passata mezz’ora!
Si fiondò fuori dalla stanza, ignorando la voce di Lussuria che lo richiamava indietro e corse per i corridoi. Raggiunse l’uscita del dormitorio e continuò a correre verso la rimessa, con la paura che gli metteva le ali alle gambe.









Buonsalve, gente!! Eccomi tornata con il terzultimo capitolo di questa fic ^^ eh già, ormai siamo quasi alla fine e dato che gli ultimi due capitoli sono quasi pronti gli aggiornamenti saranno a breve, perciò prima della fine del mese potrete leggere la conlusione :D non so se essere felice o triste per questo, ma questa storia meritava una fine come si deve (?)... ho riflettuto a lungo - per mesi - su come dovesse concludersi e fino a qualche settimana fa avevo stabilito un finale che poi però ha subito una variazione drastica (ma che leggerete nel prossimo u.u). In questo cap, diciamo che c'è una sorta di preparazione al climax finale ed è stato abbastanza strano scriverlo, soprattutto perchè diverso da tutto quello che ho scritto finora ^^ ma mi ritengo abbastanza soddisfatta e spero che sia piaciuto anche a voi <3 non dirò nient'altro a riguardo, ma vi chiedo di dirmi tutto quello che pensate (anche solo che fa schifo XD), perciò mi auguro che commentiate in tanti <3 davvero, gente, siete in tanti che seguite questa storia e io sono felicissima, ma lo sarei ancora di più se mi scriveste la vostra opinione >.<
ho già detto troppo però e quindi vi saluto! un bacione enorme e a presto!

 
 
 
  
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