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Autore: Inathia Len    09/05/2014    1 recensioni
Il finale della settima stagione ci ha strappato il cuore dal petto. Ma non siamo solo noi ad aver perso il Dottre, anche Clara è sola con il nuovo "lui". Ha perso l'uomo che era diventato suo amico e forse sarebbe potuto essere anche qualcosa di più... La nostra impossible girl deve accettare il "nuovo" Dottore, capire che è sempre lui anche se non lo sembra... e, per farlo, deve passare attraverso le "cinque fasi del lutto", raccontate ognuna in una flash...
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - 11, Doctor - 12
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Rabbia 

 


Quando gli effetti mascheranti della negazione della realtà e dell'isolamento cominciano a svanire, la realtà ed il relativo dolore riappaiono.

Ma non si è ancora pronti. L'emozione intensa è deviata dall’oggetto del dolore e riorientata e si esprime come rabbia.

Rabbia che si può anche orientare verso il soggetto che ci ha provocato il dolore.

A questo si può aggiungere un senso di colpa per essere arrabbiati e questo non fa che alimentare la rabbia stessa.

 

 

 

 

 

 

 

-Portami a casa.-

È l’unica cosa che riesco a dire, quando finalmente quell’uomo capisce come non farci precipitare.

-Portami a casa- sussurro, abbandonandomi contro la consolle, la testa tra le mani.

-Clara… non capisco…-

Lui mi guarda spaesato, lo vedo attraverso i miei capelli, ma non voglio ascoltarlo.

Voglio che ritorni lui.

-Ho detto che me ne voglio andare!- urlo, piantandomi al suo fianco. –Ce la puoi fare, no? Almeno questo sei in grado di farlo, non è vero?-

-Sono sempre io…- tenta. –Clara, ti prego…- ma sa che non gli darò retta. Sa che non mi importa.

E allora si mette all’opera, pigiando pulsanti e abbassando leve in un balletto così famigliare e doloroso al tempo stesso.

-Ecco fatto- mormora poi, stanco. –Casa.-

Deglutisco, ma mi faccio forza. Non deve vedermi piangere, non lui che mi ha portato via il mio Dottore.

-Bene. Saluti- dico, cercando di apparire più forte di quanto non sia in realtà. –E a mai più rivederci.-

-Clara, non puoi essere seria.-

-Oh, non lo sono mai stata così tanto in vita mia. Sono la regina della serietà!- esclamo. –Lui avrebbe riso- aggiungo poi, sottovoce. –Lui non avrebbe mai permesso una cosa del genere!- grido, tornando a grandi passi verso i comandi. –Riportalo qui, da me. Riportalo qui sano e salvo e ti prometto che non ti succederà nulla.-

-Ma sono sempre io. Guardami- dice, indicando i vestiti che indossa. Stesso panciotto e cappotto color prugna, stessi pantaloni… persino lo stesso orologio fa capolino dalla sua tasca. Se chiudessi gli occhi potrei quasi vederlo sorridermi.

-Non è vero. Indossi i suoi vestiti, ma non sei lui- ribatto, testarda. –Lui non mi avrebbe mai lasciata. Ridammelo!- grido. –Ridammelo!- grido, ma con meno convinzione, tempestandogli il petto di pugni.

È tutto così sbagliato, così ingiusto…

-Ricordi quando ci siamo incontrati? La tua prima volta, intendo, non la mia. Avevi bisogno di internet… eri una tale imbranata con i computer, all’epoca… e hai chiamato la TARDIS… te lo ricordi?-

Lo guardo storta, le mani ancora appoggiate al suo petto. Perché sa queste cose? Come fa a saperle?

-E tu eri preoccupata della bolletta, pensavi di aver chiamato chissà dove… e invece era chissà quando. La mia ragazza impossibile…-

Chiudo gli occhi, non devo lasciarmi scuotere. Se ignorassi il tono della voce, potrei quasi far finta che sia lui a parlarmi. Ma lui non c’è più e io mi sto facendo prendere in giro da uno sconosciuto solo perché indossa i suoi stessi vestiti.

Mi allontano di scatto e lui mi guarda quasi spaventato, con quei grandi occhi da gufo.

-Me ne stavo andando, se non sbaglio. Addio.-

E lo faccio davvero, sbatto la porta alle mie spalle.

Solo quando sento la sirena della TARDIS e realizzo che se ne sta andando davvero, scoppio a piangere.

 

 

 

 

 

 

 

  
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