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Autore: germangirl    10/05/2014    9 recensioni
Harm e Mac dopo l'incontro rivelatore sul lago dorato.
Come sarà cambiata la loro esistenza?
Questa storia fa parte della serie 'Il lago dorato'
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Bud Roberts, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il lago dorato'
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Fece un respiro profondo, cercando di ritrovare la concentrazione. Non vedeva l’ora di arrivare alla fine di quella lunga giornata, per potersi rifugiare a casa, nascosta sotto il piumone.

Lontana da tutti.

Forse non proprio da tutti… le sarebbe piaciuto farsi avvolgere dal calore delle braccia di Harm. O forse no, avrebbe preferito starsene da sola, a rimuginare sul suo malessere.

La mattinata era iniziata bene: si era svegliata accanto ad Harm e avevano fatto colazione insieme, gustandosi, con il caffè, la serenità data dalla consapevolezza di essere arrivati finalmente allo stadio successivo del loro rapporto, dopo l’incontro rivelatore nelle acque gelide di quel lago dorato. Le cose però avevano cominciato ad andare male poco dopo essere arrivata in ufficio. Un crampo al basso ventre le aveva fatto capire che anche quel mese non era riuscita a coronare il suo sogno di maternità e una breve visita in bagno glielo aveva inesorabilmente confermato. Un’ondata di malinconia e di dolore le aveva riempito il cuore. C’erano solo due cose che poteva fare: raggomitolarsi in posizione fetale sotto la scrivania e annegare il suo dolore nelle lacrime o fare affidamento sul suo addestramento militare. Il marine dai nervi d’acciaio aveva prevalso sulla donna e l’aveva trasformata in una macchina da guerra, scostante e aggressiva. Dapprima se l’era presa con una P.O. per averle consegnato dei documenti in un ordine diverso da quello che aveva richiesto. Poi aveva risposto acidamente a Sturgis che l’aveva invitata a pranzo, rinfacciandogli che lei non aveva certo del tempo da perdere, e infine per poco non si era mangiata il povero tenente Roberts, con tanto di cappello, mostrine e scarpe, che aveva osato affacciarsi alla porta del suo ufficio per chiederle quando potevano incontrarsi per rivedere il caso del sottufficiale Chambers, come richiesto loro dal Generale che li aveva convocati quella mattina appena arrivati al lavoro.

Da quando aveva iniziato la sua storia con Harm non avevano mai preso precauzioni, sia perché entrambi si sottoponevano regolarmente a controlli medici periodici ed erano sani, sia perché volevano tenere fede a quel patto stipulato quasi per gioco anni prima, quando era nato il piccolo AJ Roberts. Ma fra le trasferte di entrambi e l’endometriosi che, come lei stessa aveva detto, con una punta di umorismo acido, era un potente anticoncezionale con un’efficacia paragonabile a quella della pillola, ancora non ci erano riusciti. Sorvolando sulla battuta aggressiva, che in realtà nascondeva la sua frustrazione, Harm le aveva promesso nuovamente che sarebbero riusciti a concretizzare quel progetto. Se anche non lo avessero fatto in modo naturale, la medicina avrebbe potuto aiutarli o, in ogni caso, rimaneva la via dell’adozione.

E lei si illudeva, ogni mese, che il miracolo si verificasse.

E ogni mese rimaneva regolarmente delusa.

Non sapeva con chi parlare della sua sofferenza, del suo sentirsi inadeguata.

Incapace.

Incompleta.

Fallita.

La sua migliore amica, Harriett, non poteva certo comprenderla: aveva già due splendidi bambini e i gemellini sarebbero arrivati fra pochi mesi a far loro compagnia. Ogni volta che andava a trovare i Roberts, che per lei e Harm erano come una famiglia, tornava a casa con una sensazione dolceamara, devastata nell’animo. Voleva bene a Bud e Harriett, adorava i suoi figliocci, eppure il suo cuore si frantumava ogni volta che trascorreva del tempo con loro: rappresentavano tutto ciò che avrebbe voluto e che non riusciva ad avere.

La risata cristallina dei bimbi quando venivano spinti sull’altalena.

Le loro manine paffute e sempre impiastricciate ogni volta che mangiavano la torta al cioccolato o il gelato.

I loro gesti di affetto e i loro abbracci bavosi ogni volta che li andavano a trovare.

Gli occhioni spalancati sulla vita, curiosi e affascinati da ogni nuova scoperta: da una coccinella che riposa su un filo d’erba ai regali sotto l’albero di Natale.

Quell’odore di latte e borotalco di quando erano appena nati e le loro strane smorfie quando erano in braccio alla mamma.

Quanto invidiava quell’espressione di pura beatitudine che si stampava sul volto di Harriett quando aveva uno dei suoi piccoli attaccato al proprio seno!

E poteva solo immaginare la sensazione meravigliosa che si provava sentendo un bambino scalciare nella propria pancia.

Perché a lei era negato tutto questo?

E’ vero, la sua esistenza era ben lontana dall’essere immacolata, ma da quando si era arruolata nei marine, a parte qualche piccolo inciampo, si era sempre mantenuta sobria e sotto controllo. In amore aveva avuto diverse storie infelici, ma adesso – finalmente – poteva contare su un uomo meraviglioso accanto a sé.

Un uomo che meritava di diventare padre.

Sarah si sentiva doppiamente in colpa: non solo privava sé stessa, ma, stando con lei, anche ad Harm era preclusa l’esperienza genitoriale.

Per causa sua.

Lui sarebbe stato un papà meraviglioso: lo vedeva dal modo con cui interagiva con Mattie e con i piccoli Roberts. Era buffissimo con un bebè in braccio: gigante come era, il neonato gli entrava praticamente tutto in una mano. No, non poteva costringere Harm a rinunciare ad avere un figlio proprio, che avesse i suoi meravigliosi occhi cerulei, la sua prestanza fisica e la sua stessa passione per il volo. Avrebbe dovuto lasciarlo andare, così che potesse realizzare quel sogno con una donna vera, con una che potesse portare in grembo un figlio suo.

Immersa in questi pensieri, sobbalzò quando sentì bussare alla porta del suo ufficio.

“Chi è?” chiese con voce stanca, senza nemmeno alzare gli occhi dai fascicoli sparsi sulla scrivania. Non aveva voglia di vedere nessuno.

“Mac, sono io. Posso entrare?” rispose Harm.

Sarah sospirò e disse: “Sì, vieni.”

Rabb aprì e si fermò sulla porta, regalandole il suo splendido sorriso e sventolando la tavoletta di cioccolata: “Ciao marine, ti va un po’ di zucchero?”

Mac non poté far a meno di sorridere. Quell’uomo la conosceva davvero bene! Il gesto le riempì gli occhi di lacrime, che trattenne a stento mentre faceva cenno al suo marinaio di accomodarsi.

Rabb fu molto turbato dalla reazione di Sarah. Si avvicinò alla scrivania e le porse la cioccolata.

Abbassando il tono della voce, le chiese: “Ehy, tesoro, tutto bene?”

Mac non rispose. Si limitò a scuotere la testa, concentrando lo sguardo su quella tavoletta di cioccolato, come se fosse la sua unica ancora di salvezza.

“Ti va di raccontarmi cosa succede?” le domandò con dolcezza.

Sarah rispose quasi sussurrando: “Non ce l’abbiamo fatta nemmeno questo mese…”

Harm comprese immediatamente di cosa stesse parlando. Si alzò dalla sedia, si avvicinò a lei, la prese fra le braccia e la strinse a sé. “Sarah, amore mio, non ti preoccupare, ci riusciremo… la dottoressa ha detto di provarci in modo naturale per almeno sei mesi, poi vedremo se ricorrere a qualche rimedio medico, ma succederà, vedrai!”

“No… e tu non dovresti stare con me….”

Quante volte avevano già affrontato questo discorso!

Rabb non si dette per vinto e replicò: “Spiacente, Mac, ma non mi puoi restituire al mittente: la garanzia è scaduta e non puoi più esercitare il diritto di recesso. In ogni caso, io non ho nessuna intenzione di allontanarmi dal mio marine. E adesso chiudi tutto e andiamo a casa. Ti preparo una buona cenetta. Carnivora, promesso. Oppure ci fermiamo da Beltway Burger, ti compro un triplo hamburger e una tonnellata di patatine.”

Le asciugò una lacrima con il pollice, le accarezzò teneramente il volto e fece per avviarsi verso l’uscita. Sulla porta dell’ufficio, che Rabb aveva lasciato involontariamente aperta, si stagliò la figura del Generale Cresswell che li fissava con espressione truce e braccia conserte. “Comandante, colonnello, nel mio ufficio. Subito.”

 

Nota dell’autrice

Un capitolo rispettosamente dedicato alla sofferenza di Mac che si conclude con un ordine perentorio. Ahi ahi ahi, come la prenderà il Generale?

Grazie per avermi dedicato ancora una volta il vostro tempo e per essere arrivati fino qui!

Baci,

Deb

  
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