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Autore: Gretel85    10/05/2014    12 recensioni
In occasione di una particolare lezione di filosofia Ranma si ritrova a bramare più convinto che mai una cura definitiva per la sua maledizione. Tuttavia, quando si desidera ardentemente e a lungo una cosa, c'è anche il rischio che questa prima o poi si avveri. Sarà un bene? Io dico di no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I still believe in your eyes
I just don't care what
You have done in your life
Baby I'll always be here by your side
Don't leave me waiting too long
Please come by...

 

...I still believe in your eyes;
There is no choice,
I belong to your life
Because I will live
To love you someday;
You'll be my baby
And we'll fly away
And I'll fly with you.

 

(Gigi D'Agostino - L'amour toujours- I'll Fly with You)

 

 

 

 

Nulla poteva più fermarlo...

 

Un ultimo salto e scavalcò agilmente il cancello chiuso dell'istituto.

Gli ultimi cento metri di corsa non respirò nemmeno.

Se fosse giunto troppo tardi, non se lo sarebbe mai perdonato.

E tuttavia ad un certo punto fu costretto a frenare la propria corsa. Le mani appoggiate sulle ginocchia, respirava a fatica. Ma i polmoni caldi e dolenti non gli impedirono di soffocare un grido non appena alzò lo sguardo e si ritrovò il volto insolitamente illuminato dagli ultimi raggi del sole. -Dannazione!- Si lasciò cadere a terra, privo di ogni energia.

Con atroce crudeltà la sua mente gli restituì quindi un ricordo, quasi completo, degli eventi di quel giorno di circa tre anni prima. Ryoga e la sua ira, i panini alla minestra che non esistono, quell'ombrello pesantissimo, le bandane taglienti come spade e poi lui e Akane, la fidanzata che non aveva chiesto né desiderato. Lei che voleva aiutarlo, ma poi era inciampata. Sì, era inciampata e si era storta la caviglia. E poi un salto, un volo, un abbraccio. L'aveva stretta a sé. E l'atterraggio tutto sommato non era stato dei peggiori, sul ramo di “quel” grande albero. Lì, per la prima volta, lui aveva sentito il suo profumo, il suo calore, la tenace costanza e generosità della sua anima, il suo stesso carattere e tempra, rinchiusi però in un corpo così diverso dal suo, così meraviglioso da fargli desiderare ardentemente di non sciogliere quell'abbraccio mai più. E sempre lì, il cuore che gli batteva all'impazzata, per la prima volta si era innamorato di lei e, ne era certo, lei aveva fatto altrettanto. Subito dopo avevano ricominciato a litigare, lei aveva pianto per lui, lo aveva schiaffeggiato, gli aveva mentito per la prima volta.

“Non mi preoccuperò mai più per te...”

*Bugiarda...* Sorrise amaramente.

E poi quella dannata lama, che lui stesso aveva contribuito a deviare, in un attimo l'aveva privata dei suoi lunghi capelli, del suo vanto, delle sue certezze, della sua vita prima di lui. Nulla sarebbe stato più come prima e probabilmente entrambi già lo sapevano.

Da quel momento in poi, ogni giorno, ogni diverbio, ogni avventura sarebbero stati per lui occasione per apprezzare ed accettare quell'ironia della sorte che lo aveva sbattuto lungo un percorso già tracciato per il suo cuore, prima ancora che avesse coscienza di averne uno. Fino a quando, chissà quando, non aveva pienamente realizzato che in quel cammino, parallelo a quello di lei, le sue gambe si muovevano da sole, correvano per lei, saltavano con lei.

Volavano persino, se necessario.

Non c'era mai stato nessun filo a dirigerlo come una marionetta. E tutto quel teatro, quella finzione, non era stata a beneficio di nessuno. Nemmeno di lui, che troppo a lungo aveva tenuto chiuso il sipario, precludendosi da solo la possibilità di vedere e comprendere l'unica fondamentale verità della sua esistenza.

Un vero, autentico baka, non c'è che dire.

Contro ogni previsione dettata dal concetto di virilità che gli era stato imposto, si fece pena da solo. Impossibile non abbandonarsi allo sconforto. Ora ricordava. Ora sapeva. Ma se solo il destino non fosse stato tanto ingiusto con la sua mente, si sarebbe ricordato ben prima anche di un altro piccolo particolare di quel giorno. Un particolare per il quale doveva ringraziare l'impazienza di Ryoga e l'ennesima bandana affilata.

Erano quasi tre anni che quell'albero non c'era più.


 

* * *


 

-Immaginavo te lo fossi dimenticato...- Una voce, quella voce, lo destò immediatamente dai suoi tristi pensieri. Tentando di darsi un contegno, si alzò lentamente, per poi voltarsi di scatto. L'espressione non prometteva niente di buono.

-E tu che ci fai qui?- Con voce carica d'odio reagì all'elegante apparizione del suo alter ego. Al contrario di lui, Ranma 2 sorrideva tranquillo e fresco come una rosa. Di certo non doveva aver speso troppe energie alla ricerca della chiave, pensò, e un barlume di speranza si fece largo nel suo cuore.

-Sono solo venuto a vedere a che punto eri con la tua ricerca visto che si sta facendo buio.-

-Ma quanta gentilezza, sono commosso!-

-E poi..- Incrociò le braccia dietro la testa iniziando a camminare su e giù. -Sono venuto a dirti che puoi anche smettere di cercare, fratellino, la sfida è finita...- E voltandosi completamente verso di lui, rivelò un particolare luccicante appeso al collo.

-E io ho vinto.-

-...-

-Già.- Quando si dice la speranza è l'ultima a morire...

-Dov...come accidenti hai fatto a trovarla? Dov'era?- Pur scandendo a fatica le ultime parole, Ranma 1 non riuscì a trattenere la curiosità. I pugni stretti da far male tremavano visibilmente lungo i suoi fianchi. Sapeva che non sarebbe riuscito a trattenersi a lungo. Di fronte a lui, il suo nobile riflesso lo sfidava con occhi calmi, carichi di una fiducia e di una bellezza che in quel momento non gli appartenevano più.

-Vedila così, Ranma...-

E a sentirsi chiamare per nome, deglutì. Improvvisamente l'intera vicenda stava prendendo una piega terribilmente seria e definitiva che non gli piaceva per niente. E poi quegli occhi puntati su di lui...

-Troppo tardi sei arrivato qui, alla fine del tuo percorso. Hai indugiato, perso tempo e con eccessiva lentezza hai preso coscienza dei ricordi e dei pensieri che alla fine ti hanno portato, sì, nel luogo giusto, ma nel momento sbagliato.-

-Ma di che accidenti stai parlando?-

-È inutile fingere con me, lo sai. Io sono te e abbiamo gli stessi pensieri, gli stessi ricordi, le stesse emozioni e poi il tesoro...- Continuò serio stringendo forte la piccola chiave al collo. -Il tesoro non era che il premio per chi avesse dimostrato maggiormente coraggio nell'affrontare lungo il percorso le proprie ombre.-

-Vuoi parlare chiaro che non capisco una virgola di quello che stai dicendo, dannazione!-

-Ma guarda come ti sei ridotto...- Lo commiserò additandolo. -E sì che una volta eravamo una cosa sola. E se le cose fossero rimaste così, ti saresti di certo ricordato subito del giorno in cui ci innamorammo di lei, così come del fatto che quell'albero non esiste più da tempo.-

-Come fai ad esserne tanto certo? Ma insomma chi ti credi di essere, eh? - Soffiò acido, senza prendere fiato. Improvvisamente si sentiva nudo, disarmato, era solo, in balia di un se stesso in carne ed ossa che, se aveva capito bene, lo stava per privare delle due cose a lui più care.

La propria essenza. L'amore di lei.

Con sforzo sovrumano lottò contro la sua stessa mente, nel tentativo di preservare un brandello di razionale consapevolezza che lo distogliesse dal voler credere ardentemente di essere nei panni dell'altro. Un irritante crampo all'addome, fisico sintomo di un ben più profondo e crescente senso di colpa, lo costrinse a chiudere gli occhi.

La risposta dell'altro glieli fece riaprire colmi di livore.

-Ancora non l'hai capito? Eppure mi sembrava di avertelo già detto! Io sono te ad un livello superiore. Sono il meglio di te, della tua anima, delle tue qualità e di quella sensibilità che hai ripudiato sgraffignando quella fiala l'altro ieri.- Si esibì Ranma 2 in un'ulteriore, odiosa ed approfondita spiegazione.

-Va bene, va bene, ho capito. Datti meno arie! Quindi la chiave era davvero qui, eh?-

-Esattamente e sai, devo proprio ammetterlo, mi ha stupito vederti arrivare, anche se dopo un considerevole numero di ore...-

-E perché mai, se posso saperlo?-

-Perché questo ricordo non appartiene a te, Ranma, bensì a me.-

-Uh?- Ora sì che le aveva sentite davvero tutte.

-Lo vedi quante cose hai dimenticato?- Lo rimproverò l'altro, sinceramente amareggiato. -In quell'occasione ti eri trasformato in donna, ricordi? E come ti ho già detto, con quel tuo gesto avventato dell'altra sera, non solo ti sei sbarazzato in un sorso della nostra scomoda maledizione, ma anche completamente dell'essenza, delle peculiarità e dei ricordi della tua anima, della tua parte sensibile, insomma, a costo di ripetermi, della tua parte migliore. Ma in fondo è ciò che volevi, no? E poi...-

-E poi...?-

-E poi, insomma, tu eri la mia ombra da sconfiggere per arrivare alla chiave, è naturale che non potessi essere tu a trovarla, no?- Concluse Ranma 2 sbuffando annoiato, come se tutto quello che aveva appena detto fosse una palese ovvietà. Sorrise, di fronte all'espressione allucinata del suo fratellino. Probabilmente lo credeva un pazzo, ma non gli importava.

-Sc...scusa, come hai detto? Io sarei la tua ombra?- Appunto.

-Sei pentito, eh?-

-...-

-...-

Ranma 1 sospirò e a domanda non seguì risposta. Solo un'occhiata dapprima imbambolata, poi di puro astio e infine un sorriso sprezzante e di scherno.

Per un attimo c'era quasi cascato.

-Ma senti senti...la sai tu una cosa, invece? Non credo ad una sola parola che hai detto! Ti ho dato sufficiente tempo per prendermi in giro, ma stasera, cascasse il cielo, non sarai tu a tornare da lei con quella chiave, ti è chiaro questo, vero?- Ringhiò tutto d'un fiato assumendo una posizione d'attacco che lasciava poco spazio all'immaginazione. E alle alternative.

Un sospiro rassegnato gli fece eco. -Sapevo che avresti reagito così, sei proprio banale!-

-Ah sì, eh? E allora se sei migliore di me, smettila di parlare e affrontami una volta per tutte!-

Un provocatorio gesto della mano e lo invitò a farsi sotto.

-Se questo è l'unico modo che conosci, ti accontenterò.- Un sorriso ambiguo ancora dipinto sul volto, Ranma 2 prese a sfilarsi con calma la camicia nuova. Forse non voleva sciuparla. O forse, come ben più malignamente pensò Ranma 1, voleva solo mettere in evidenza il tesoro conquistato e il modo in cui la lunga catenina e l'agognato pendente risaltavano prepotentemente brillanti sui suoi stessi pettorali, proprio lì, vicino al cuore.

Insopportabile.

-Adesso basta, mi hai stancato!- E in un attimo di follia passò all'attacco.

La sua tecnica delle castagne era inarrestabile. L'omonima versione modificata? Praticamente invincibile. Colpi del leone, uragani della tigre, oltre ai sempre classici calci e pugni, si susseguirono senza sosta per svariati minuti. Ma nessuno dei suoi infallibili attacchi sembrava voler andare a segno.

Non solo il suo alter ego gli sfuggiva come un ombra, ma lo scansava, evitava i suoi colpi senza alcuna fatica.

Lo umiliava. -Sei lento...lento, Ranma! Che ti succede?-

-Piantala di dire il mio nome! Già su di te è insopportabile, detto da te è ancora peggio! Perché non rispondi ai miei attacchi piuttosto? Hai forse paura?-

-Io? E di chi? Di te? Ma non farmi ridere. Almeno ora sai cosa si prova a combattere con chi non ti prende mai sul serio...-

-Non. Ti. Permettere!- Ruggì inspirando quanta più aria possibile. Ora sì che ne aveva bisogno.

-Non sopporti le verità, eh? La tua mancanza di altruismo è persino peggiore di quanto immaginassi...- Un altro colpo abilmente scansato.

-Piantala! Ti ho già detto che non credo ad una sola parola di quel che mi hai detto!-

-Che tu ci creda o meno, mi è completamente indifferente, sai?-

-E allora dimmi, se l'albero non esiste più, dove diamine hai trovato quella chiave?-

-Oh finalmente! Temevo non me lo avresti più chiesto...proprio non ci arrivi, eh?-

-Smettila con questi indovinelli e rispondi!-

-...-

Fu un attimo.

E per seguire lo sguardo sfacciatamente allusivo dell'odiato gemello, Ranma 1 distolse il proprio.

Umana distrazione, verrebbe da dire.

-Gliel'ho data io, Ranma.-

Nonché amara, amarissima sorpresa.


 

* * *


 

-Ak...arrrgh!-

E il suo stesso pugno, il colpo più forte del suo già di per sé ricco repertorio, ben piazzato al centro dell'addome, gli spezzò il fiato. Un secondo dopo era a terra.

Sconfitto.

Finito.

Come mai prima di allora.

-Akane...-

Sopra di lui, vuote e ben note parole d'insopportabile commiserazione accompagnarono i primi istanti di dolore.

-Non c'era bisogno di colpirlo così...-

-Hai ragione, scusami...-

Lentamente e di malavoglia riaprì quindi gli occhi, nonostante tutto lui era pur sempre Ranma Saotome e non sarebbe rimasto a terra a farsi divorare dalla sua stessa polvere. Senza dire una parola, si rialzò in piedi, prima un ginocchio, poi l'altro, cercando invano di recuperare tutte le sue forze per far fronte allo spettacolo che di lì a poco i suoi occhi avrebbero dovuto sopportare.

Ma quando si voltò verso la coppia che quell'assurda caccia al tesoro aveva infine decretato vincitrice, non si sorprese nel rendersi conto che nemmeno fra un milione di anni sarebbe stato pronto a vedere Akane al fianco di un altro. Che era lui. E tuttavia non era lui.

Si morse il labbro inferiore. Gli avessero offerto in quel momento un bicchiere di cicuta, l'avrebbe accettato volentieri.

-Posso chiederti perché...?- Inspirò profondamente. -Perché gli hai dato quella chiave?- Chiese tutto di un fiato alla ragazza di fronte a lui, cercando con scarso successo di ignorare lo sguardo del suo alter ego, disteso, come un mare piatto ed argenteo, ma fiero, superiore, vincente.

La risposta che Akane gli diede, quelle poche semplici parole, non le avrebbe dimenticate mai più.

-Perché lui mi ha trovata per primo, Ranma.-

La guardò dritto negli occhi, così profondi e già brillanti. La sua Akane, sempre la solita.

Tale padre, tale figlia.

A fatica si trattenne dall'imitarla. -Che significa, Akane...?-

-Significa che questo è il primo luogo che ho pensato e poiché l'albero non c'era più, ho deciso di mettermi qui ad aspettare. Ho telefonato da una cabina a Kasumi e le ho detto di mentire e di dirvi che ero tornata. In realtà, sono sempre stata qui e Ranma 2 mi ha trovata quasi subito.-

*Sei sempre stata qui...* All'inizio e alla fine di tutto.

-Ranma 2 mi ha raccontato tutto.- Continuò la ragazza solo apparentemente calma. -Della magica fiala del mercante, del tuo desiderio di annullare la maledizione...- Si avvicinò pericolosamente a lui e gli appoggiò una mano sul cuore. Quegli occhi, ora davvero pieni di lacrime, facevano male. -Perché lo hai fatto, baka?-

Tornò a sentirsi bambino, con quel nodo alla gola che proprio non ne voleva sapere di tornare da dove era venuto. Non le rispose direttamente, ma si schermì dietro ad un mezzo, inutile sorriso.

-Ma dai, Akane...N...non vorrai davvero...dannazione, è solo una chiave!- Quasi urlò. Ma più apriva bocca, meno credeva alle sue stesse parole.

-Mi dispiace, Ranma.- E lei era triste, sconsolata, forse delusa, ma indubbiamente sincera. Si staccò da lui, tornando al fianco dell'altro, muto ed impassibile spettatore di quell'assurda situazione.

-Avevo bisogno di capire, di avere delle risposte e lui...lui me le ha date.- E non si stava giustificando.

*No...*

-Mi dispiace...-

-...-

*No...*

-Ci vediamo, Ranma!- Lo salutò senza alcun intento provocatorio il suo perfetto alter ego.

*No...*

E presa in braccio Akane, la strinse forte a sé, ben comprendendo lo stato d'animo della ragazza in quel momento.

Una rincorsa, un salto sul muro di cinta, uno più in alto in direzione di un'abitazione, e poi di tetto in tetto sempre più lontano, lì dove il cielo si fa scuro e brilla la prima stella della sera.

Per qualche istante Ranma rimase immobile e li osservò volare via insieme, come se nulla fosse, come se ciò non lo toccasse minimamente.

Uniche testimoni della sua tempesta interiore, due righe sottili di pelle più scura, che partivano dagli occhi per poi scorrere lungo il volto e giù fino al mento, costantemente alimentate dalla consapevolezza di essere solo. Stavolta per davvero.


 

Qualche istante dopo, la sensazione che il terreno gli stesse per franare sotto ai piedi, lo colse di sorpresa.

*Ma che diavolo sto facendo?* Si riscosse, asciugandosi il viso.

Quanto vantaggio intendeva dare a quel damerino?

-Non me la farò portare via tanto facilmente...- In fondo se l'era ripromesso.

E come se non avesse fatto altro negli ultimi venti minuti, iniziò a correre. Alla velocità della luce.

 

* * *

Non doveva perdere tempo. Non poteva perderli di vista. Non voleva perdere lei.

E più correva, più se ne convinceva. Lei sarebbe sempre stata parte della sua vita, non l'avrebbe lasciata a nessuno, tanto meno ad un altro sé dai modi gentili, garbati, in pratica assurdi. Senza nemmeno guardare dove atterrava, saltava, correva, volava per lei, per raggiungerla, per stringerla ancora, per farsi perdonare, per farsi amare. Al diavolo il mago-mercante, Ranma 2, le sue stesse e assai scarse capacità intuitive. Akane aveva ragione. La chiave del cuore di Akane era lui, la sua stessa coscienza, le risposte che lei chissà da quanto tempo attendeva.

Che stupido era stato a non capirlo prima.

Doveva raggiungerla e poi avrebbe finalmente trovato il modo, il coraggio, le parole per convincerla a tornare sui suoi passi. In fondo Ranma 2 non era che una proiezione di sé, indubbiamente migliorata e perfetta, ma Akane non si sarebbe mai innamorata di lui, del Ranma originale, senza quei difetti che tanto la facevano arrabbiare, ridere, intristire, emozionare.

-Sì.- Si convinse e senza indugiare un solo istante, continuò a correre a perdifiato fra una siepe, un muro, un tetto, fino a quando, alzando lo sguardo verso l'alto, non se li vide sfrecciare a meno di venti metri da lui. Ce l'aveva quasi fatta, ma se solo non si fosse soffermato ad analizzare minuziosamente quanto forte fosse la stretta delle braccia dell'odiato gemello intorno al corpo di Akane, probabilmente avrebbe fatto in tempo ad evitare...

-Ohhhh!- Un urlo, un tonfo e una caduta. L'ennesima.

-Oh, accidenti! Signora...mi scusi, mi scusi tanto! Si è fatta male?- L'aiutò a rialzarsi velocemente, augurandosi di non aver ferito la malcapitata e preoccupandosi di continuare a seguire con lo sguardo le due figure, sempre più lontane.

Tanto era preso che non si accorse nemmeno che la figura davanti a lui, un po' spettinata e provata, lo stava fissando. Uno sguardo dolce, malinconico, stupito. In sostanza indescrivibile. Solo quando spostò nuovamente lo sguardo sul volto della donna, i suoi nervi già eccessivamente tesi, saltarono completamente.

-Ma...mamma...- E non riuscì più a trattenersi.

-Oh...Ranma! Figlio...figlio mio, sei davvero tu...?-

-Sì...- Ebbe appena il tempo di dire con un filo di voce, prima di stringerla con forza fra le sue braccia. Felice come non era da tempo.

-Oh Ranma!-

-Sì mamma, sono io...- Ma per quanto grande e sincera fosse l'inaspettata gioia nel suo cuore, non riuscì tuttavia a nascondere un filo d'incertezza in quanto appena affermato.

-Ranma...Ranma...io, io quasi non ci speravo più! Il mio bambino! Il mio bambino...- Si commuoveva Nodoka sulla sua spalla, ormai ampia e forte. -Fatti vedere come sei cresciuto...! Che bel ragazzo che sei diventato! Sono così fiera di te, figlio mio...non sai quanto ho sognato questo momento!- Lo supplicava in lacrime, ansiosa di un sua reazione.

Ma Ranma non rispondeva. In silenzio la guardava, osservava l'espressione di sua madre, incredula, accaldata, felice come forse non era più stata da quando suo padre l'aveva portato via da lei. E lui sentiva che in quel momento avrebbe tanto voluto essere lo specchio della sua gioia e invece...si vergognò. Gli ultimi deboli raggi di sole facevano ormai da cornice ai bei capelli castano scuro di Nodoka e gli ricordavano ogni singolo istante che quella probabilmente era davvero la fine di tutto.

Poteva dispiacersi per questo? Poteva incolpare del suo ritardo l'ultimo, ennesimo, dolce imprevisto?

Ovviamente no. Se tutto era finito, era solo colpa sua e tuttavia, mentre con un gesto lento quanto spontaneo sollevava un mano per accarezzare quel volto piccolo e morbido davanti a sé, un brivido lo scosse. E dal fondo dei suoi occhi, apparentemente lieti e sereni, un notevole quantitativo di lacrime, amare e troppo a lungo trattenute, iniziò la sua lenta ed inarrestabile fuoriuscita verso l'esterno. Pensava di averne versate abbastanza, ma evidentemente si sbagliava.

Il suo sogno più grande si era avverato, mentre l'incubo più grande stava avendo luogo.

E lui non ci poteva fare niente. Sarebbe stato troppo per chiunque, anche per lui.

A vederlo in quello stato, Nodoka si asciugò una lacrima, sottilmente stupita, in realtà intimamente compiaciuta. -Ranma...figlio mio, anche io sono tanto felice di vederti, ma addirittura piangere in questo modo...non che ci sia niente di male, intendi bene...!- Lo stuzzicò, sorridendo divertita, facendolo trasalire.

Solo in quell'istante il ragazzo si ricordò dell'enorme katana sulle spalle della donna e del timore che a lungo lo aveva accompagnato nei suoi incubi, di non apparire mai troppo virile e uomo agli occhi di lei. E ora che la maledizione non era più un problema ci si metteva un senso di incompletezza di ben altra e confusa natura a trasformarlo in risibile oggetto di disperata debolezza. Sì asciugò in fretta ed inutilmente il viso.

-Che cosa ti succede, Ranma?- Lo rimproverò teneramente.

-Io...non è niente, sono solo felice di rivederti, mamma...-

-Non mentirmi, per piacere.- Lo zittì, con la dura dolcezza che solo una madre può avere quando inizia a sospettare che il proprio figlio sia diventato un uomo per davvero e teme di essere esclusa dai segreti del suo cuore. -È vero, ti ho lasciato andare via con tuo padre e anche se so, oggi a a maggior ragione, di averlo fatto per il tuo bene, non me lo perdonerò mai.- Gli pose le mani sulle guance e con un tocco estremamente gentile dei pollici fece del suo meglio per asciugarle.

Quanto le era mancato quel gesto.

-Ma tu sei mio figlio, Ranma. Io sento che mi stai nascondendo qualcosa, ti prego, dimmi, cosa c'è che non va?-

-Io...io non lo so...mamma...- Quanto gli era mancata quella parola. Sospirò guardando altrove.

Ma sua madre non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andare. Doveva dire qualcosa, inventarsi qualcosa, altrimenti quello sguardo, preoccupato quanto inquisitorio, e quelle sottili dita che ancora gli accarezzavano volto, lo avrebbero fatto crollare definitivamente.

-Ecco, beh, forse ho appena perso...perso qualcosa di molto importante e non so come fare...- Lo aveva detto tutto d'un fiato. Aveva parlato di lei, di se stesso, del suo problema, della sua paura di non essere infallibile e aveva fatto tutto questo senza nominare nessuna di queste cose e, soprattutto, senza per questo sentirsi meno forte o virile.

Riabbassando quindi lo sguardo verso quello della madre, si sorprese e non poco nel vederlo illuminato di un sorriso tanto benevolo e soddisfatto da allargargli il cuore.

-E allora vai...- Lo incoraggiò stringendolo a sé un'ultima volta.

-Ma...ma ormai...-

-Non è mai troppo tardi, Ranma. Ricordatelo sempre.- Lo interruppe nuovamente con pazienza. Non importava cosa gli fosse capitato, non poteva nemmeno saperlo, eppure lei lo spronava, lo spingeva ad andare, gli infondeva coraggio e riponeva in lui quel tipo di fiducia, così incondizionata, come solo un'altra donna nella sua vita fino a quel momento aveva saputo fare.

La sua fidanzata. Solo la parola gli mancava ora enormemente.

Osservando le ombre della sera avanzare sui tetti di Nerima, ormai silenziosi e deserti, abbassò di nuovo lo sguardo ancora incerto.

-Ma...aaargh!-

-Se ti ho detto che non è troppo tardi, non lo è, Ranma, è chiaro?- Gli sorrise Nodoka con meno calma di prima, brandendo con la mano destra l'immancabile arma e tamburellandone impaziente la lama sul palmo sinistro.

Che donna!

-Sì! Sì! Sì! Mamma, chiarissimo!- Un sorriso in sua difesa, le mani avanti, Ranma indietreggiò appena. Così, giusto per precauzione.

-Bene, tesoro. E allora muoviti!-

E com'è ovvio, non se lo lasciò dire una seconda volta.


 

* * *

 

E buongiorno a tutte! Chiedo scusa per il ritardo, ma vi prometto che il prossimo capitolo non tarderà tanto ad arrivare! E chiedo perdono anche per la piega inaspettatamente disco che musicalmente parlando questo capitolo ha preso. Non ho resistito e l'ho scritto così, con Gigi D'Agostino tutto il tempo in cuffia. La musica ci stava troppo...sorry ;) Ormai conosco ogni singolo accordo di questa canzone. E voi direte, sai che vi vuole? In effetti..ma veniamo a noi, che è meglio! Capitolo meno comico, anzi per niente, ma necessario e mi auguro vi sia piaciuto :) Era questo che avevate pensato? O vi aspettavate un altro tipo di sviluppo? In ogni caso la storia non è ancora finita, eh? :D Se avete tempo e voglia aspetto con ansia le vostre opinioni in merito ;) Sapete quanto ogni volta mi faccia estremamente piacere leggere i vostri meravigliosi commenti!! (Tu poi, Ele, lo sai benissimo, ormai! Ahahaha!) Un forte abbraccio a tutti e grazie in anticipo per essere arrivati fin qui! A presto, lo prometto! :D


 


 

  
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