Film > Iron Man
Segui la storia  |       
Autore: Fragolina84    10/05/2014    1 recensioni
Sequel di "I belong to you"
"Non posso smettere di essere Iron Man perché il mio compito è proteggervi"
Il palladio gli sta avvelenando il sangue e l'America è di nuovo sotto attacco terroristico. Iron Man dovrà cercare la Chiave del Domani per salvare se stesso e le persone che ama.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tony Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ecco una delle scene più belle di Ironman2: Tony Stark davanti alla Commissione del Senato.
Nella mia versione, il tutto è filtrato attraverso gli occhi di sua moglie Victoria.
I dialoghi, come riconoscerete, sono presi dal film.
Buona lettura!


«Signor Stark! Possiamo riprendere da dove eravamo rimasti?»
Né la voce del senatore Stern né il suo continuo battere con il martelletto scalfirono Tony che stava girato verso Victoria discutendo con lei su dove voleva andare a cena quella sera.
«Tony, dovresti prestare attenzione al senatore» provò Victoria, ma lui la ignorò.
«Penso che potremmo andare al Palm Restaurant, che dici? Hanno le migliori aragoste della Nuova Scozia. O anche all’Acadiana, se preferisci».
«Signor Stark, la prego!»
«Tony, per favore» lo pregò Victoria. «Girati e rispondigli, ti stai comportando come un bambino».
Lui le strizzò l’occhio e ruotò sulla sedia.
«Sì, tesoro?» disse nel microfono, rivolto a Stern. A Victoria non sfuggì il tic nervoso all’angolo dell’occhio del senatore. Il comportamento che Tony aveva tenuto fino a quel momento doveva averlo irritato e la donna non faceva fatica a crederlo.
«Posso avere la sua attenzione?» sibilò tra i denti.
«Assolutamente» rispose Tony in tono affabile, come se non avesse passato gli ultimi cinque minuti a ignorarlo nel modo più assoluto.
«Lei è o non è in possesso di qualche arma particolare?» domandò Stern, andando dritto al nocciolo della questione.
«Non ce l’ho» rispose tranquillamente Tony.
«Non ce l’ha?»
«Non ce l’ho» ripeté Tony. «Beh, dipende dalla definizione della parola arma» aggiunse poi.
«L’arma Ironman» spiegò Stern.
«Il mio congegno non combacia con quella descrizione» ribatté Tony.
«Allora come lo descriverebbe lei questo congegno?» domandò Stern, sollevandosi un po’ dal suo scranno.
«Io lo descriverei definendolo per quello che è, senatore». La voce di Tony era calma e controllata ma il tono era quello di qualcuno che sta spiegando qualcosa di elementare ad un ragazzino un po’ stupido.
«Sarebbe?»
«Sarebbe… una protesi ad alta tecnologia». La folla che stava attorno a Victoria rise. «Questa è la descrizione più idonea che io le possa fornire» concluse, lanciando un veloce sguardo dietro di sé.
«È un’arma. È un’arma, signor Stark. Mi dispiace informarla di ciò, ma è un’arma».
«La prego, se la sua priorità fosse veramente il benessere dei cittadini americani» cominciò Tony, tendendosi sul tavolo, ma Stern non lo fece proseguire.
«No, la mia priorità è quella di far consegnare l’arma Ironman al popolo degli Stati Uniti d’America».
«Beh, se lo può scordare» disse deciso, raddrizzandosi. «Io sono Ironman». I fotografi appostati davanti al banco della commissione spararono una raffica di flash. «L’armatura e io siamo un tutt’uno. Consegnare l’armatura vorrebbe dire consegnare me stesso e questo equivarrebbe ad un contratto di schiavitù o di prostituzione, a seconda delle circostanze». Il pubblico intorno a Victoria ridacchiò divertito. «Non può averla» concluse Tony.
«Senta, io non sono un esperto…» cominciò Stern, ma stavolta fu Tony ad interromperlo.
«Di prostituzione no di certo. Lei è un senatore. Siamo seri!» esclamò, battendo la mano sul tavolo.
Il pubblico rise di nuovo e Tony si voltò, sollevando una mano e allargando le dita nel segno della vittoria. Pepper e Victoria scossero la testa all’unisono, disapprovando quel comportamento.
«No?» sussurrò Tony fissando lo sguardo su Victoria.
«Che cosa combini, Stark?» chiese la donna, infastidita da quel comportamento infantile.
«Non sono un esperto di armi» replicò Stern attirando nuovamente l’attenzione del pubblico, «però abbiamo qui una persona che sicuramente lo è. Vorrei chiamare Justin Hammer, il nostro principale produttore di armi militari».
Justin Hammer si avvicinò al tavolo posando su di esso una ventiquattr’ore nera. Era il presidente delle Hammer Industries, l’azienda che aveva rilevato il contratto della Stark per la fornitura degli armamenti allo Stato. In teoria, il contratto avrebbe dovuto passare alla Ascam Limited ma dopo il tracollo mentale di Christopher Roberts, la società navigava in acque non troppo tranquille e lo Stato si era rivolto proprio ad Hammer.
Indossava un completo grigio con tanto di panciotto, camicia bianca e cravatta Regimental blu. Mentre sedeva alla scrivania, Tony avvicinò la bocca al microfono.
«Chiedo che sia messo a verbale che, mentre osservavo il signor Hammer entrare in quest’aula, mi sono domandato se e quando un vero esperto sarebbe stato chiamato a deporre».
Il pubblico rumoreggiò, divertito dalla battuta. Ma Victoria la lesse per quello che era: un tentativo di difesa. Tony reagiva in quel modo quando si sentiva minacciato da qualcosa, nascondendosi dietro la propria naturale impertinenza e accentuando gli atteggiamenti insolenti.
Non che gli capitasse spesso, in verità. Ma per Victoria non era difficile scorgere la tensione di cui era preda nel modo in cui era seduto e nell’irrigidimento delle spalle e della schiena.
Hammer accolse la battuta con un sorriso tirato, sollevando il bicchiere che aveva davanti e prendendo un sorso d’acqua. Poi attirò verso di sé il microfono.
«Senz’altro» ridacchiò. «Io non sono un esperto, a differenza di te, Anthony. Il ragazzo delle meraviglie». Poi si rivolse al senatore. «Senatore, con permesso» disse e si alzò.
«Può anche darsi che io non sia un esperto, ma sa chi era il vero esperto? Tuo padre» disse rivolgendosi a Tony «Howard Stark. Un padre per tutti noi e per l’era industriale militare».
Victoria registrò il gesto di stizza di Tony quando Justin nominò suo padre.
«Ma lui non era un figlio dei fiori, sia ben chiaro» proseguì Hammer come se non l’avesse notato. «Lui era un leone».
Il senatore Stern posò lo sguardo su Tony e lasciò che Hammer proseguisse.
«Sappiamo perché siamo qui: negli ultimi sei mesi, Anthony Stark ha creato un’arma con incommensurabili possibilità. Eppure lui insiste che è solo uno scudo, e pretende la fiducia più completa mentre noi ci accucciamo dietro».
Tony si appoggiò allo schienale della sua poltrona, continuando a guardare Justin che proseguì.
«Vorrei che questo mi confortasse, Anthony, dico davvero. Vorrei non chiudere la porta a chiave quando esco da casa. Ma non siamo in Canada. Noi viviamo in un mondo di gravi minacce, minacce che il signor Stark non sarà sempre in grado di prevedere».
Tony scosse impercettibilmente il capo, fissando il senatore Stern.
Hammer ringraziò e fece per tornare al proprio posto. Poi, quasi per un ripensamento, alzò di nuovo il microfono.
«Dio benedica Ironman, Dio benedica l’America».
Ci furono applausi stentati e Victoria notò che i più entusiastici erano quelli del senatore Stern.
«Ho apprezzato il suo intervento, signor Hammer» commentò, mentre Tony continuava a fissarlo, immobile. «A questo punto la commissione invita il tenente colonnello James Rhodes ad entrare in aula» disse poi e Tony si rianimò.
«Rhodey? Davvero?» borbottò nel microfono, girandosi poi per osservare Rhodes che stava entrando, sfiorando Victoria con uno sguardo in cui lei vide sorpresa e fastidio.
Rhodes entrò, vestito con l’uniforme blu e Tony si alzò, andandogli incontro.
«Rhodey» esclamò, sorpreso. «Ehi, amico! Non mi aspettavo di vederti qui».
Victoria intuì che era contrariato. Lui e James erano amici da tempo, ma ora Tony non sapeva in che veste Rhodes era entrato in aula. Dove si sarebbe seduto? Al tavolo dell’accusa o a quello della difesa?
«Senti, sono io e sono qui. Fattene una ragione», rispose Rhodes. Una tale risposta non era da lui, ma forse era solo teso. Sicuramente non era felice di trovarsi lì.
Tony borbottò qualcosa e, insieme a Rhodes, tornò al tavolo, accomodandosi sulla poltrona imbottita. Rhodey sedette in mezzo tra lui e Hammer.
«Ho qui davanti a me un rapporto completo sull’arma Ironman redatto dal tenente colonnello Rhodes» disse Stern quando si furono accomodati. «Colonnello, perché sia messo a verbale, potrebbe leggere a pagina cinquantasette, paragrafo quattro?»
«Mi chiede di leggere specifici stralci del mio rapporto, senatore?» chiese Rhodes. Sembrava perplesso di fronte alla richiesta di Stern.
«Sì, signore» confermò l’altro.
«Avevo capito che avrei testimoniato in una maniera molto più ampia e dettagliata».
Tony assisteva allo scambio in silenzio, muovendo la testa tra l’uno e l’altro come se stesse seguendo una partita di tennis.
«Mi rendo conto» affermò Stern. «Ma sono cambiate molte cose oggi». Un sorriso strafottente gli increspava le labbra. Victoria non sapeva cosa ci fosse a pagina cinquantasette del rapporto di Rhodes, ma intuì che doveva essere l’asso nella manica del senatore.
«Lei capisce che leggere un paragrafo estratto dal contesto non riflette il riassunto delle mie conclusioni» provò ad obiettare Rhodes, in evidente disagio.
«Legga, colonnello» ordinò il senatore. «Io capisco. Grazie».
«Molto bene» borbottò Rhodes, anche se non sembrava convinto. Comunque aprì il suo rapporto alla pagina richiesta e lesse, mentre Tony lo scrutava con attenzione.
«Visto che non opera all’interno di alcun definibile settore di governo, Ironman rappresenta una potenziale minaccia alla sicurezza e agli interessi di questa nazione».
Fu evidente che Rhodes aveva fatto violenza a se stesso per leggere quella frase e Victoria poteva solo immaginare il tumulto che doveva agitare l’animo di Tony al sentire che il suo migliore amico lo aveva definito in quei termini.
Tony non mostrò tuttavia alcuna emozione e, prima che qualcuno potesse interromperlo, Rhodes proseguì: «Però continuo, ciononostante concludendo che i benefici di Ironman superano di gran lunga gli svantaggi». Stern cercò di imporgli silenzio, ma Rhodes proseguì imperterrito. «E che sarebbe nel nostro interesse includere il signor Stark nella nostra esistente linea gerarchica».
Tony si mosse e si avvicinò al microfono.
«Valuterò la carica di segretario della difesa a seguito di garbata richiesta». Il pubblico rise di nuovo e stavolta anche Victoria non poté trattenere un sorriso. «E modifica dell’orario di lavoro» concluse Tony.
Stern proseguì come se non avesse sentito, ma era palesemente seccato dal commento di Tony.
«Vorrei proseguire e mostrare, se possibile, le immagini che sono associate al suo rapporto».
Rhodes obiettò di nuovo. «Ritengo che sia alquanto prematuro rendere le immagini pubbliche in questo momento» ma il senatore lo interruppe.
«Con tutto il dovuto rispetto, colonnello, io la capisco. Le chiedo solo di raccontarcele. Noi gliene saremmo molto grati».
Rhodes si mosse inquieto sulla sedia. Poi sospirò e fece un cenno con la mano verso il maxischermo che era piazzato nell’angolo sinistro della sala. Nell’angolo destro c’era un secondo schermo gemello.
«Vediamo le immagini» mormorò.
Sugli schermi apparve una veduta satellitare di un complesso di edifici. Non c’era indicazione geografica ma ciò che Victoria notò subito era che una parte era stata evidenziata e ingrandita. Una piccola freccia gialla indicava quello che ad una prima occhiata le parve nient’altro che un piccolo puntino bicolore.
«L’intelligence suggerisce che i congegni rilevati nelle foto siano di fatto esperimenti per realizzare copie azionate dall’uomo dell’armatura del signor Stark».
Mentre parlava, le immagini cambiarono. Apparve un’altra immagine satellitare. Stavolta era più chiara e la freccia indicava una sagoma umanoide che, per quanto diversa da Ironman, sembrava proprio una qualche specie di armatura anche agli occhi poco tecnici di Victoria.
La donna lanciò un’occhiata a Tony. Stava guardando le immagini con interesse ma mentre lo osservava vide che prendeva il proprio cellulare – ma sarebbe stato più appropriato definirlo un potente microcomputer – dalla tasca interna della giacca. Si stravaccò sulla poltrona, gettando con noncuranza una gamba sul bracciolo e, mentre James proseguiva nel racconto, cominciò a digitare qualcosa sullo schermo touch dell’apparecchio. La donna diede di gomito a Pepper, seduta accanto a lei, e indicò il marito con un veloce cenno del capo.
«Questo è stato avvalorato» stava dicendo Rhodey «dai nostri alleati e dalle intelligence locali, le quali suppongono che le armature possano essere al momento, e con grande probabilità, operative».
Aveva appena finito di parlare che Tony si mosse, protendendosi verso lo schermo.
«Aspetta, fammi un po’ vedere» disse, alzando il computer in modo da tenerlo tra sé e il maxischermo di sinistra. Diede un paio di colpetti al suo smartphone con la punta del dito.
«C’è qualcosa qui» mormorò, mentre sullo schermo apparivano un paio di finestre nere piene di scritte. L’unica scritta che tutti riuscirono a cogliere era un “Welcome, Mr. Stark” a caratteri cubitali. «Accidenti, sono bravo» disse quasi fra sé, ma in modo che tutti potessero sentire.
«Sto comandando i vostri schermi» esclamò, girandosi per compiere la stessa operazione sullo schermo di destra che propose le stesse schermate. «Mi servono» concluse.
«Tony» mormorò James.
«No, è per avere un po’ di trasparenza».
«Non è il momento» incalzò l’amico, ma Tony lo ignorò.
«Vediamo che succede veramente» dichiarò, mentre il senatore Stern si raddrizzava sulla propria sedia, chiedendosi cosa stesse facendo Tony.
Tony posò il piccolo computer sul tavolo, davanti a sé.
«Vi chiedo» disse, rivolto più al pubblico che affollava l’aula che ai membri della commissione davanti a lui «di indirizzare la vostra attenzione verso lo schermo. Credo che quella sia la Corea del Nord» annunciò, digitando alcuni comandi.
Lo schermo rimandò un’immagine in bianco e nero di quella che era chiaramente un’armatura, anche se molto diversa da quella che Victoria era abituata a vedere addosso a Tony o nel garage di villa Stark.
L’armatura si mosse e uscì da quello che sembrava un hangar ma inciampò e cadde rovinosamente al suolo. Nella caduta le armi montate sulle braccia iniziarono a sparare.
Alcuni in sala si alzarono in piedi per osservare meglio ma Victoria stava osservando il senatore Stern il cui viso appariva livido di rabbia.
«È possibile spegnere, per favore?» sbraitò, mentre l’armatura nel filmato continuava a sparare fino a colpire qualcuno i cui schizzi di sangue finirono sull’obiettivo della telecamera. Victoria abbassò in fretta il capo, infastidita da quello spettacolo violento.
Stern si alzò in piedi. «Possiamo spegnere quell’affare?» domandò di nuovo e Hammer si alzò in piedi. «Spegniamolo» ordinò.
Tony intanto si voltò verso destra, imitato dal resto della sala.
«Iran» disse semplicemente, usando ancora il computer.
Hammer si piazzò davanti allo schermo armeggiando con gli apparecchi video per cercare di spegnerli mentre sui monitor passavano immagini di un’armatura volante che, fuori controllo, finiva per schiantarsi sull’operatore.
«Nessuna seria, immediata minaccia qui» rilevò Tony. «Quello è Justin Hammer?» proruppe poi, attirando l’attenzione sugli schermi che ancora funzionavano. «Che c’entra Hammer in questa storia?» si chiese retoricamente.
Il senatore Stern ora era davvero costernato.
«Justin, sei in TV, sta attento» mormorò Tony, assaporando quella che, ormai era chiaro, si stava tramutando in una vittoria.
Nell’aula, Justin stava ancora tentando di interrompere la trasmissione mentre sullo schermo era accanto ad un’armatura. Questa aveva fattezze più umane e ricordava abbastanza quella di Tony. Hammer stava impartendo dei comandi che l’armatura replicava finché ebbe uno scatto improvviso verso destra e rimase bloccata, mentre l’uomo all’interno di essa gridava di dolore.
Finalmente Justin trovò la spina di alimentazione e la staccò con rabbia, oscurando gli schermi.
«Wow» commentò Tony. «Sì, direi molti Paesi sono cinque o dieci anni indietro. Le Hammer Industries, venti!».
Il sarcasmo era evidente nel suo tono. Hammer tornò al proprio posto e afferrò il microfono.
«Vorrei sottolineare che quel collaudatore è sopravvissuto» disse velocemente, mentre Stern si alzava in piedi.
«Abbiamo concluso» strepitò rivolto a Tony «non capisco dove voglia arrivare, non credo che…» ma Tony non lo lasciò finire.
«Voglio arrivare a dire “prego”, immagino».
«Per cosa?» domandò il senatore, l’indignazione ora più evidente nel tono.
«Per essere il vostro deterrente nucleare» spiegò Tony. «Sta funzionando. Siamo al sicuro, l’America è al sicuro. Volete le mie attrezzature? Non potete averle, ma io vi ho fatto un grande favore» disse con enfasi.
Si mise in piedi, voltandosi verso il pubblico e allargando le braccia. «Ho privatizzato la pace nel mondo con successo» esclamò e il pubblico si alzò spontaneamente e iniziò ad applaudire.
«Che cosa volete di più, per adesso?» gridò Tony, mentre la gente continuava a battergli le mani. «Cerco di collaborare con questi pagliacci rintontiti» proseguì, girandosi e indicando Stern e il resto della commissione.
A quel punto, Stern non resistette più: «Lei è uno stronzo, signor Stark» sbottò. «Uno stronzo davvero, mi creda».
Tony fece un cenno noncurante con la mano, raccolse i suoi occhiali da sole dal piano del tavolo e li infilò, mentre il senatore annunciava che la seduta era sospesa.
Tony gli rivolse un ok con il pollice alzato e Stern lo guardò con astio. «Lei è stato una delizia» borbottò rivolto a Stark che lo salutò mandandogli due baci e si voltò di nuovo, prendendo per mano Victoria e avviandosi per uscire dalla sala, stringendo le mani che gli venivano tese.
«Vedete?» disse, rivolto alle telecamere che lo seguivano «La gente mi ama. E io servirò questa grande nazione completamente e interamente a mio piacere, perché se c’è una cosa che ho dimostrato è che si deve contare su di me, per appagare me stesso».
Trascinò delicatamente Victoria fuori di lì senza fermarsi né rivolgere più la parola ad alcuno. Happy e Gary aspettavano fuori dalla sala e li seguirono all’esterno dove Brian attendeva con la Rolls. Ignorando i microfoni dei giornalisti protesi verso di lui, Tony sospinse la moglie in macchina e salì con lei. Quando anche Pepper e le guardie del corpo furono a bordo, partirono e Tony diede ordine di portarli al Palm Restaurant.
«Mi è venuta una gran voglia di aragosta. Tu che dici, cara?» chiese a Victoria che scosse la testa sorridendo, incapace di proferire parola di fronte a tanta sfrontatezza.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Iron Man / Vai alla pagina dell'autore: Fragolina84