Capitolo
3
Con
la schiena
appoggiata al poderoso tronco di una quercia Oscar stava aspettando il
conte
Girodelle.
La
sua era una
provocazione, che andava ben al di là di quanto le fosse
consentito perché
coinvolgeva il re in persona, ma non era riuscita a resistere seppur
conscia della
punizione che qualcuno le avrebbe poi inflitto, forse il sovrano
stesso. Luigi
XV aveva proposto a suo padre, il generale Jarjayes, di nominarla
Comandante
delle Guardie Reali e questo in effetti, l’aveva lusingata
abbastanza, ma tutta
la sua soddisfazione era sfumata quando aveva saputo che il principale
compito a
lei assegnato sarebbe stato quello di proteggere la delfina Maria
Antonietta
d’Asburgo, principessa d’Austria, e futura sposa
del principe borbonico Luigi
XVI: non aveva nessuna intenzione di proteggere una donna! Che presa in
giro
era mai questa! Tutto il fervore che aveva messo suo padre nel
crescerla come
un soldato, si risolveva nel farle svolgere un compito da donna, ma
travestita
da uomo! No, non l’avrebbe mai fatto! Piuttosto se ne sarebbe
andata volentieri
in marina, per affrontare la vita militare dura e rigorosa, come se
fosse stata
per davvero un uomo! Non sarebbe mai finita in mezzo a quei damerini
delle
guardie reali, e non avrebbe messo piede nel covo di serpi pettegole
che era le
reggia di Versailles!
La
condizione che il re
aveva posto, perché Oscar si guadagnasse
l’incarico di comandante, era di
battere a duello il giovane Conte Girodelle, altro aspirante al
medesimo ruolo,
e questo aveva fatto infuriare la ragazza. Se avesse declinato la
proposta,
infatti, qualcuno avrebbe potuto pensare che il motivo che la spingeva
a una
rinuncia tanto sciocca fosse la paura di essere battuta a duello e non
era
vero! Non solo: Oscar era sicura di poter battere con
facilità il suo
avversario e doveva assolutamente dimostrarlo. Francamente era
l’unica cosa che
la interessava di tutta questa noiosa faccenda.
Così
si era appostata
poco lontana dal luogo accordato per il duello: la sua era una sfida
personale
e Oscar non aveva nessun interesse a che tutta la nobiltà,
compreso il sovrano,
fossero testimoni della sua vittoria…che aspettassero pure
l’arrivo del giovane
conte già battuto! Suo padre si sarebbe infuriato, sarebbe
stata accusata di
oltraggio alla corte, forse di tradimento, ma a questo avrebbe pensato
dopo. Al
massimo avrebbe progettato una fuga in un posto lontano, dove nessuno
avrebbe
più potuto trovarla e dove avrebbe vissuto mille avventure
straordinarie, in
piena libertà. Naturalmente non sarebbe
partita da sola: con lei ci sarebbe stato Andrè, il suo
attendente, ma anche e
soprattutto, il suo irrinunciabile compagno di giochi, la persona con
cui
meglio sapeva condividere desideri ed emozioni. A questo pensiero le
scappò una
risatina perché era un’idea troppo
divertente,
che le lasciava immaginare atmosfere leggere e gioiose, e le scaldava
il cuore!
Il
sorriso sfumò quando
vide arrivare lo spavaldo giovane conte assieme al suo scudiero. Aveva
appena
fatto in tempo a udire, anche se vagamente, le parole di Girodelle:
“Per
me non c’è molto
onore nel battere una donna!”
“Bravo
pallone
gonfiato! Adesso ti faccio vedere io!” aveva pensato mentre
sentiva le guance accendersi
di rabbia. Ma non doveva assolutamente dare a vedere quanto fosse
furiosa.
Voleva gustarsi la vittoria con fredda lucidità. E
così, dopo che il conte
aveva farfugliato qualcosa sulla sua bellezza e le aveva consigliato di
arrendersi ancor prima di cominciare il duello, lei gli aveva
comunicato il suo
totale disinteresse per il ruolo di Capitano della Guardia Reale e lo
aveva
provocato apertamente, per costringerlo a battersi lì,
seduta stante:
“Avete
forse paura di
essere battuto da una donna?”
Il
giovane era caduto
nella trappola ed era sceso da cavallo, forse per invitarla a ritirare
quell’ingiuria, ma lei gli aveva piazzato la punta
dell’arma proprio davanti
agli occhi, costringendolo così a rispondere
all’attacco. Il duello era
cominciato con un conte pieno di sé e un po’
spaccone e si era interrotto poco
dopo quando l’uniforme dell’ufficiale era stata
miseramente squarciata dalla
velocissima spada di Oscar.
“Adesso
posso ritenermi
soddisfatta.” Aveva concluso laconica.
Il
nobile ufficiale,
preso da un moto di orgoglio ferito, aveva rilanciato la sfida ma si
era
trovato qualche minuto dopo disarmato e nuovamente umiliato. Oscar lo
aveva
educatamente salutato e con eleganza e grazia era montata a cavallo e
si era
dileguata. Che se la fossero sbrigata da soli ora Girodelle, il re, suo
padre e
compagnia bella. Lei aveva dimostrato il suo valore e questa era
l’unica cosa che
contasse davvero.
*
“Era
proprio necessario
fare quello che hai fatto?! Questo si chiama tradimento!”
Le
parole, durissime,
di suo padre le risuonavano in testa e le guance ancora bruciavano per
i violenti
schiaffi con cui l’aveva colpita in pieno viso sotto lo
sguardo attonito e
impotente di Andrè. Sapeva bene di essersi comportata in
modo inclassificabile
ma non le importava granché. E allora perché
stava così male? Non riusciva a
dare un nome a quel dolore sordo che si insinuava nel suo cuore e la
tormentava. Non comprendeva bene quali sentimenti abitassero nel
profondo della
propria anima e cosa l’avrebbe spinta a compiere le sue
scelte. Sapeva solo di
desiderare che la vita restasse ancora un po’ come era sempre
stata, che avrebbe
voluto giocare e correre, che voleva Andrè al suo fianco,
come sempre. Non ambiva
certo di finire
come le sue sorelle,
sposate a sedici anni con uomini che nemmeno conoscevano e dunque figuriamoci se li amavano.
Sì, lei aveva la
possibilità di vivere una vita diversa, era paradossale, se
ne rendeva conto,
ma tutto sommato più libera. Cosa le sarebbe costato
scegliere questa
possibilità? Era stato in quel momento che Oscar aveva
cominciato a sentire
nascere dentro di se una nostalgia immensa che pervadeva il suo cuore e
arrivava fino agli occhi impregnandone lo sguardo che così
diventava ancora più
pieno e caldo. Quello che Oscar non sapeva era che quella nostalgia
sarebbe
stata parte di lei, per sempre.
Aveva
la mente confusa
e il respiro solo un po’ spezzato quando una carrozza, con un
gran fragore, si
era fermata proprio davanti a palazzo Jarjayes.
Poco
dopo aveva
avvertito i passi concitati del generale e pensava di vederlo piombare
in
camera sua da un istante all’altro quando, con sorpresa, si
era accorta che si
stava dirigendo nell’altra ala del palazzo, verso le stanze
della servitù.
Un’intuizione l’aveva spinta a guardare attraverso
i vetri nella stanza di
Andrè, che era illuminata dalle luce calda delle candele.
Sebbene su Parigi si
stesse abbattendo un acquazzone violento, e quindi le sue intenzioni si
rivelassero ancora più rischiose, aveva scavalcato la
balaustra del suo balcone
e in un attimo si era ritrovata sul cornicione reso scivoloso dalla
pioggia
battente. Oscar era fradicia, i capelli le si erano appiccicati sul
viso e
sentiva freddo, ma con caparbia era riuscita a guadagnare diversi metri
e ad
arrivare vicinissima alla finestra del suo amico. Il rumore scrosciante
dell’acqua non le aveva impedito di ascoltare la
conversazione che si stava
tenendo, in quel momento, tra il generale Jarjayes il giovane
attendente:
“E’
successa una cosa
del tutto imprevista. Sua Maestà il Re era molto adirato con
Oscar, ma poi si è
incontrato col tenente Girodelle il quale gli ha detto che Oscar
è la persona
più adatta a diventare capitano” - le parole del
padre riecheggiavano nella stanza,
mentre Oscar non poteva impedirsi di notare lo sguardo inquieto e
sbalordito di
Andrè. Si ritrovò a pensare che non era affatto
necessario trascinarlo in
questa faccenda, non lui che aveva un animo buono e nobile, e non
avrebbe mai
dovuto essere coinvolto negli stratagemmi un po’ subdoli di
suo padre. Ma il
generale sapeva essere molto convincente, non ci voleva molto a capirlo:
“Sua
Maestà è stato
magnanimo, e molto generoso: ha perdonato mio figlio per la colpa
commessa e
gli ha affidato l’incarico di Capitano delle Guardie
Reali” – si rivolgeva a
lei al maschile e questo, nonostante non fosse una novità,
ultimamente la
turbava molto, tanto che in quel momento una morsa le aveva preso lo
stomaco e
aveva dovuto trattenere un conato.
“Questo
è un ordine
della Corona” - tuonava la voce del generale - “e
come tale va
rispettato…Andrè, io so che Oscar ti ascolta e
devi convincerlo a indossare
quell’uniforme, non importa come, ma devi
convincerlo!”
Oscar
non aveva più
voluto guardare il volto di Andrè. Le faceva troppo male.
Forse perché nel suo
sguardo scorgeva, senza esserne consapevole, il suo stesso dolore, la
stessa
malinconia, la stessa fiera rassegnazione di chi sa di essere stato in
qualche
modo predestinato e di essere impotente davanti al flusso degli eventi
della
vita. Aveva chiuso gli occhi e le girava un po’ la testa: era
necessario
ritrovare l’equilibrio e concentrarsi per rientrare in
silenzio nella sua
stanza. Sola, nella sua stanza vuota.
*
Una
lunga cavalcata
all’alba, come non facevano da tempo. Andrè aveva
aspettato Oscar nelle
scuderie anticipando le sue mosse: la conosceva troppo bene per non
sapere che
quando era inquieta - e questo con il suo carattere, a tratti
spigoloso,
capitava spesso - non riusciva a dormire e quindi sul far del giorno si
catapultava nelle scuderie a prendere Cesar per cavalcare e
così sfogare la sua
rabbia, o la sua trepidazione. Si erano dunque trovati fianco a fianco
a
galoppare e, dopo uno sguardo complice, avevano piegato verso il
laghetto confinato
ai margini della proprietà. Andrè aveva condotto
i cavalli ad abbeverarsi e poi
si era seduto sull’erba ancora umida della rugiada notturna
con Oscar a poca
distanza da lui, apparentemente tranquilla, mollemente sdraiata. La
ragazza teneva
gli occhi chiusi e il suo viso era dolcissimo. Le labbra morbide e
carnose
erano un fiore che rischiava di rimanere non colto[1].
Si
sentiva così attratto da quella bocca che per un attimo
aveva pensato di
passarci sopra almeno le dita se proprio non poteva posarvi le labbra.
Era
passato tanto tempo dal giorno in cui l’aveva vista senza
niente addosso,
mentre si accingeva a fare il bagno proprio lì, dove ora si
trovavano, tanto
vicini da potersi sfiorare. Andrè aveva acquistato
consapevolezza, e nonostante
la sua giovane età, aveva provato a dare un nome a quel
sentimento struggente
che lo univa in modo tanto saldo alla sua Oscar, e vi era riuscito. Era
innamorato di lei. Era profondamente innamorato e nutriva per lei una
devozione
tale da sentire che avrebbe potuto sacrificare la sua intera esistenza
in nome
di quell’amore immenso e totale, troppo grande per essere
compreso a pieno,
persino da lui stesso. Ecco perché adesso avrebbe voluto
soltanto accarezzarla
lievemente e poi baciarla con tutta la dolcezza e il trasposto di cui
era
capace. Di questo avrebbe voluto convincerla: loro due erano fatti per
stare
insieme. Era sicuro che le forme del suo corpo sinuoso si sarebbero
adattate,
incastrate e modellate perfettamente sul suo, sapeva che voleva
sentirla dentro
e tutta attorno a lui e che avrebbero potuto diventare adulti insieme,
sciolti
in una cosa unica, nel corpo e nell’anima. Andrè
non sapeva quando se ne
sarebbe accorta anche lei, ma sapeva con certezza che ciò
sarebbe accaduto e
lui avrebbe avuto tutta la pazienza del mondo e l’avrebbe
aspettata, per anni,
per secoli, per l’eternità, se fosse stato
necessario.
“Tu
non mi devi dire
qualcosa, Andrè?”
Sì
che doveva dirle
qualcosa, maledizione! Che l’amava! Ma le parole del generale
avevano occupato
i suoi pensieri per tutta la notte e no, lui non l’avrebbe
convinta a fare
qualcosa che non sentisse e che non desiderasse veramente.
“No…niente”
aveva
balbettato.
Ecco,
inaspettato, uno
di quegli sguardi che lo incenerivano e lo facevano avvampare nello
stesso
tempo. Lo facevano arrabbiare e lo facevano eccitare
contemporaneamente, in
modo quasi doloroso.
“Su
avanti! Dimmi che
devo indossare quell’uniforme, che cosa aspetti?”
“No,
tu non devi
indossare quell’uniforme se non vuoi.”
Aveva
chiuso gli occhi
mostrandosi calmo e risoluto, ma quanto gli costava affrontare
apertamente
quell’argomento con lei! Se avesse scelto di vivere da
soldato, e quindi come
un uomo, lui avrebbe avuto la speranza concreta di rimanerle sempre
accanto
come attendente, di condividere quasi ogni momento della sua vita
insieme alla
splendida giovane donna che aveva davanti e lei sarebbe stata per
sempre la sua
forza, la sua ispirazione, la sua vita. Ma se si fosse davvero
rifiutata, se
avesse scelto di seguire la sua natura, che ne sarebbe stato di loro?
Il padre
si sarebbe infuriato, l’avrebbe minacciata, avrebbe pestato i
piedi, ma era fin
troppo chiaro che, data la situazione incredibilmente insolita, persino
il Re
sarebbe tornato sulle sue decisioni e avrebbe concesso a Oscar di
vivere
secondo la sua identità di genere. E a quel punto? Si
sarebbe sposata
certamente, ma con uno sconosciuto, con un uomo del suo rango che quasi
sicuramente non avrebbe amato e che non l’avrebbe amata a sua
volta, che non
avrebbe potuto capirla e scoprire le sue inclinazioni, che non avrebbe
saputo
toccarla, che avrebbe profanato quel corpo puro e meraviglioso che, ne
era certo,
era per lui, per lui soltanto. E mentre questi pensieri si
accavallavano
confondendolo e facendolo quasi ansimare, la voce di lei erra arrivata,
con la
solita eccitante provocazione:
“Io
ti conosco bene
Andrè! Cominci col darmi ragione, ma poi tenterai di
convincermi che sto
sbagliando tutto!”
Andrè
era troppo
turbato, emotivamente troppo provato per non rispondere con impeto a
quelle
parole pungenti, così si era alzato di scatto e, sporgendosi
pericolosamente
vicino al suo viso le aveva intimato:
“Attenta!”
Oscar,
oltre misura
irruenta per non reagire, lo aveva allontanato bruscamente da
sé e allora Andrè
aveva vacillato per un attimo, quasi allo stremo della sopportazione.
L’aveva
quasi fatto. L’aveva avvicinata e si era avventato su di lei
per baciarla ardentemente,
con tutta la tensione, con tutta la venerazione che provava nei suoi
confronti,
con tutta la voglia che lo aveva pervaso e si era impossessata del suo
corpo. Solo
all’ultimo secondo, in un barlume di lucidità,
aveva messo a freno il suo desiderio
folle e aveva finto di avere davanti a se la bimba bionda, compagna di
giochi
di qualche anno prima, sferrandole un pugno proprio come avrebbe fatto
allora,
quando i giochi erano giochi e basta e non c’era di mezzo
questo sentimento
lacerante che lo stava facendo quasi impazzire! Non aveva fatto in
tempo a
dispiacersi per averla colpita che lei già rispondeva con
altrettanta forza
cogliendolo di sorpresa e buttandolo a terra con diversi pugni ben
assestati.
La loro si era trasformata in una lotta corpo a corpo, a
metà fra un gioco e
qualcosa di più vago e indefinito, ma che ad
Andrè piaceva. La sentiva ansimare
ad ogni colpo sferrato, sentiva il suo alito caldo sul viso, poteva
immaginare
il sapore di un suo bacio e questo gli stava facendo perdere la
ragione. Con
una spinta più vigorosa delle altre l’aveva
costretta ad aderire con la schiena
contro al fusto di un albero. In quel momento il sole stava sorgendo e
il viso
di Oscar si era illuminato di una luce iridescente talmente viva da
permettere
di palpare tutta la passione che si celava dietro quello sguardo solo
apparentemente gelido. L’eccitazione di Andrè
stava crescendo in modo insostenibile,
ma lui non voleva fermarsi, voleva vedere fino a dove si sarebbero
spinti.
-
Conosco quello
sguardo: colpiscimi, colpiscimi Oscar! Tanto mi hai già
colpito, così
profondamente da avermi fatto prigioniero, legato a te con catene
forgiate da
un gigante, talmente resistenti
che
nessuno potrebbe spezzarle, nemmeno la morte! - E così Oscar
si era lanciata
contro di lui con tanta veemenza da scatenare una lotta che chiunque
avesse
guardato da fuori avrebbe scambiato come una curiosa, quanto
affascinante,
danza di corteggiamento: i loro corpi erano avvinghiati,
così stretti che
sembrava che stessero per fare l’amore più che la
lotta. Andrè percepiva, sotto
il suo tocco, la morbidezza dei fianchi, la delizia del seno che era
definitivamente sbocciato, la tenerezza del collo che avrebbe
volentieri
catturato tra le labbra e morso dolcemente. Le loro camicette erano
sgusciate
fuori dai pantaloni e in alcuni momenti il loro addome si sfiorava,
pelle
contro pelle e anima nell’anima. Era come possederla e allo
stesso tempo era
come donarsi a lei, totalmente. Sì in questo momento lui
stava facendo l’amore
con lei, con tutto sé stesso. Oscar era finita con il
proprio corpo sopra
quello di Andrè tanto che era sicuro che avesse chiaramente
avvertito premerle sul
ventre piatto la propria erezione. Allora lei lo aveva guardato, senza
far
trapelare imbarazzo o stupore ma così intensamente da farlo
sentire nudo, anche
se nudo non era. Andrè in quel momento avrebbe potuto fare
tante cose, avrebbe
sicuramente avuto bisogno di più tempo per ponderare le sue
scelte, ma alla
fine, con uno strattone forte, aveva allontanato
la ragazza da sé, forse per proteggerla, per
non confonderla più di quanto già lei stessa non
fosse. L’aveva fatto per
amore, solo per amore.
Erano
così finiti tutti
e due distesi sul prato, ansimanti e spaventati perché in
tutta quella tensione
c’erano in gioco molti più aspetti di quanto
volessero ammettere: c’erano di
mezzo sentimenti forti da fare quasi paura e la posta erano le loro
vite che
già in quel momento, per quanto i due giovani non ne fossero
consapevoli, erano
indissolubilmente legate ed entrambi volevano, con tutte le loro forze,
che
rimanessero tali.
Andrè
aveva preso con
delicatezza la mano di Oscar, una delicatezza che nulla aveva a che
fare con la
foga di poco prima. Era più un gesto di protezione e di
calda rassicurazione di
cui lei stava godendo a pieno, anche se non lo dava a vedere.
“Sei
davvero forte
Oscar, devo ammetterlo…”
Aveva
pronunciato con
sincerità quelle parole. La sua Oscar era forte, non solo
fisicamente. Non
aveva paura di niente nemmeno di suo padre, del sovrano o del fatto che
la vita
la stesse costringendo a crescere in fretta e a prendere decisioni
molto,
troppo più grandi di lei. La sua anima era tormentata, forse
più di quella di
Andrè, ma lei affrontava tutto con coraggio e con una
vitalità non
comuni. Avrebbe mai corrisposto l’amore
sconfinato che lui nutriva per lei? Avrebbe combattuto per loro due?
Sì, Oscar
era abbastanza forte da combattere per un amore impossibile, se solo ne
fosse
stata cosciente.
“Vedi
Andrè, questa
notte io ho…ho sentito mentre ti stava parlando mio
padre…”
“Oscar…”
“Sì…dimmi
pure Andrè,
ti ascolto.”
Doveva
farlo. Doveva
riuscire a dirle qualcosa che fosse solo per il suo bene, e per la sua
felicità
che era la cosa più importante. Senza dubbio.
“Io
capisco cosa prova
tuo padre. Ma non è una buona ragione perché io
ti spinga a fare un tipo di
vita che non ti è gradito…E’ per questo
che io prima avevo deciso di non dirti
niente.”
Ecco,
lui era fatto
così. Sapeva colpire nel segno. Era l’unico che
riusciva a scoprire tutte le
sue corde e a metterle a nudo, ma allo stesso tempo la faceva sentire
libera e
padrona della sua vita. Era la persona che più di tutte la
metteva in crisi,
costringendola a essere sincera e vera, prima di tutto con
sé stessa. Il suo
coraggio, quell’afflato interiore che la portava sempre verso
le cose giuste,
anche se scomode, non erano una sfaccettatura della sua
personalità. Erano il
frutto delle parole e dei gesti di Andrè,
l’effetto della sua vicinanza, della
sua pazienza, della sua profonda amicizia. Non avrebbe mai potuto
pensarsi
senza il suo compagno al fianco: sarebbe stata Oscar a metà.
E come si può
vivere a metà? Era il tempo di prendere decisioni. Si era
alzata con risolutezza,
diretta verso Cesar e, dopo averlo montato lo aveva spronato al
galoppo,
allontanandosi in fretta dal laghetto. E da Andrè.
Soltanto
quando era già
sulla strada verso casa aveva sentito le parole confuse
dell’amico, ma erano
così lontane che forse se le era solo immaginate, o forse no.
“Una
cosa devi
permettermi di dirtela, e giuro che in seguito non te ne
parlerò mai più…Oscar!
Non è ancora troppo tardi! Fermati! E diventa una donna,
Oscar!”
-
La mia donna. Vorrei
tanto che diventassi la mia donna, mia moglie! E’ la cosa che
desidero di più
al mondo.- Ma questo non glielo aveva urlato; lo aveva solo sussurrato,
certo
che ormai non avrebbe potuto sentirlo e chissà se mai, nella
vita, avrebbe
avuto un’altra occasione per dirglielo.
*
A
mattinata inoltrata
il generale lo aveva fatto chiamare nel suo studio, ansioso di sapere
se ci
fossero stati risvolti positivi nelle decisioni di Oscar.
Andrè stava provando
a esprimergli tutte le sue perplessità, ma l’uomo,
impaziente, aveva lasciato
lo studio per andare a controllare personalmente cosa stesse facendo,
pensando
e progettando suo “figlio”. Il giovane aveva deciso
di seguirlo, nella vana
speranza di proteggere Oscar dagli eventuali eccessi d’ira
del padre, che ultimamente
erano diventati assai frequenti, ma quando Andrè era
sopraggiunto nell’androne
delle scale si era fermato, quasi pietrificato dall’atmosfera
di attesa e al
tempo stesso luminosa che si era improvvisamente creata in quella
porzione di
palazzo Jarjayes. C’erano diverse persone in quello spazio:
il generale, ai
piedi delle scale, sua nonna, alcuni inservienti, tutti col naso
all’insù,
immobili, come se fossero diventati delle statue di sale. E in cima
alle scale
c’era lei, bionda e sfolgorante di luce nella sua uniforme
bianca. Oscar aveva
scelto e mentre scendeva da basso, gradino dopo gradino acquisiva
un’austerità
e una fierezza che Andrè non aveva mai visto, ma che
amplificavano il suo
fascino mille e mille volte ancora, se mai questo fosse stato
possibile. Per
quale motivo, o per chi aveva compiuto quella scelta? Non certo per suo
padre,
o per chiunque altro. Lo aveva fatto per se stessa, per preservare la
sua
libertà. Lo aveva fatto per loro due. Questo, almeno, fu il
pensiero che balenò
nella mente di Andrè. O la sua speranza.
E così, poco dopo, Oscar e Andrè cavalcavano fianco a fianco sulla strada che conduceva a Versailles e si incamminavano verso il loro destino senza sapere se li avrebbe condotti alla felicità, e senza sapere se sarebbe stato un destino d’amore, o di morte.
Angolo dell'autrice:
Eccomi alla fine di questo piccolo esperimento.
Come avete letto mi sono limitata alla descrizione dei fatti, così come sono andati, con qualche particolare introspettivo sui pensieri dei due protagonisti che mi sono permessa di interpretare in questo modo.
Ringrazio tutte le lettrici che hanno seguito il racconto e che hanno lasciato recensioni o l'hanno solo letto silenziosamente. Grazie di cuore.
Credo che ci sarà un seguito, breve come questo, ma cambierà il rating :-)
A presto,
Trilli
[1] Citazione dal brano “Un malato di cuore” tratto da “Non al denaro non all’amore né al cielo”, F. De Andrè, 1971