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Autore: trilli75    11/05/2014    9 recensioni
E’ una storia nata così, riguardando il primo episodio della serie, che ho sempre trovato un po’ misterioso, pieno di “non detti” e di emozioni che vengono lasciate intendere, ma mai esplicitate. Ho cercato di immaginare i pensieri che hanno mosso Oscar a compiere la sua “Grande scelta”, ma soprattutto quelli di Andrè che, a mio avviso, stava già comprendendo di amare la sua giovane compagna.
Il rischio di essere scivolata nel trito e ritrito c’è, ne sono consapevole.
In ogni caso, buona lettura : )
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

Con la schiena appoggiata al poderoso tronco di una quercia Oscar stava aspettando il conte Girodelle.

La sua era una provocazione, che andava ben al di là di quanto le fosse consentito perché coinvolgeva il re in persona, ma non era riuscita a resistere seppur conscia della punizione che qualcuno le avrebbe poi inflitto, forse il sovrano stesso. Luigi XV aveva proposto a suo padre, il generale Jarjayes, di nominarla Comandante delle Guardie Reali e questo in effetti, l’aveva lusingata abbastanza, ma tutta la sua soddisfazione era sfumata quando aveva saputo che il principale compito a lei assegnato sarebbe stato quello di proteggere la delfina Maria Antonietta d’Asburgo, principessa d’Austria, e futura sposa del principe borbonico Luigi XVI: non aveva nessuna intenzione di proteggere una donna! Che presa in giro era mai questa! Tutto il fervore che aveva messo suo padre nel crescerla come un soldato, si risolveva nel farle svolgere un compito da donna, ma travestita da uomo! No, non l’avrebbe mai fatto! Piuttosto se ne sarebbe andata volentieri in marina, per affrontare la vita militare dura e rigorosa, come se fosse stata per davvero un uomo! Non sarebbe mai finita in mezzo a quei damerini delle guardie reali, e non avrebbe messo piede nel covo di serpi pettegole che era le reggia di Versailles!

La condizione che il re aveva posto, perché Oscar si guadagnasse l’incarico di comandante, era di battere a duello il giovane Conte Girodelle, altro aspirante al medesimo ruolo, e questo aveva fatto infuriare la ragazza. Se avesse declinato la proposta, infatti, qualcuno avrebbe potuto pensare che il motivo che la spingeva a una rinuncia tanto sciocca fosse la paura di essere battuta a duello e non era vero! Non solo: Oscar era sicura di poter battere con facilità il suo avversario e doveva assolutamente dimostrarlo. Francamente era l’unica cosa che la interessava di tutta questa noiosa faccenda.

Così si era appostata poco lontana dal luogo accordato per il duello: la sua era una sfida personale e Oscar non aveva nessun interesse a che tutta la nobiltà, compreso il sovrano, fossero testimoni della sua vittoria…che aspettassero pure l’arrivo del giovane conte già battuto! Suo padre si sarebbe infuriato, sarebbe stata accusata di oltraggio alla corte, forse di tradimento, ma a questo avrebbe pensato dopo. Al massimo avrebbe progettato una fuga in un posto lontano, dove nessuno avrebbe più potuto trovarla e dove avrebbe vissuto mille avventure straordinarie,  in piena libertà. Naturalmente non sarebbe partita da sola: con lei ci sarebbe stato Andrè, il suo attendente, ma anche e soprattutto, il suo irrinunciabile compagno di giochi, la persona con cui meglio sapeva condividere desideri ed emozioni. A questo pensiero le scappò una risatina perché era un’idea  troppo divertente, che le lasciava immaginare atmosfere leggere e gioiose, e le scaldava il cuore!

Il sorriso sfumò quando vide arrivare lo spavaldo giovane conte assieme al suo scudiero. Aveva appena fatto in tempo a udire, anche se vagamente, le parole di Girodelle:

“Per me non c’è molto onore nel battere una donna!”

“Bravo pallone gonfiato! Adesso ti faccio vedere io!” aveva pensato mentre sentiva le guance accendersi di rabbia. Ma non doveva assolutamente dare a vedere quanto fosse furiosa. Voleva gustarsi la vittoria con fredda lucidità. E così, dopo che il conte aveva farfugliato qualcosa sulla sua bellezza e le aveva consigliato di arrendersi ancor prima di cominciare il duello, lei gli aveva comunicato il suo totale disinteresse per il ruolo di Capitano della Guardia Reale e lo aveva provocato apertamente, per costringerlo a battersi lì, seduta stante:

“Avete forse paura di essere battuto da una donna?”

Il giovane era caduto nella trappola ed era sceso da cavallo, forse per invitarla a ritirare quell’ingiuria, ma lei gli aveva piazzato la punta dell’arma proprio davanti agli occhi, costringendolo così a rispondere all’attacco. Il duello era cominciato con un conte pieno di sé e un po’ spaccone e si era interrotto poco dopo quando l’uniforme dell’ufficiale era stata miseramente squarciata dalla velocissima spada di Oscar.

“Adesso posso ritenermi soddisfatta.” Aveva concluso laconica.

Il nobile ufficiale, preso da un moto di orgoglio ferito, aveva rilanciato la sfida ma si era trovato qualche minuto dopo disarmato e nuovamente umiliato. Oscar lo aveva educatamente salutato e con eleganza e grazia era montata a cavallo e si era dileguata. Che se la fossero sbrigata da soli ora Girodelle, il re, suo padre e compagnia bella. Lei aveva dimostrato il suo valore e questa era l’unica cosa che contasse davvero.

*

“Era proprio necessario fare quello che hai fatto?! Questo si chiama tradimento!”

Le parole, durissime, di suo padre le risuonavano in testa e le guance ancora bruciavano per i violenti schiaffi con cui l’aveva colpita in pieno viso sotto lo sguardo attonito e impotente di Andrè. Sapeva bene di essersi comportata in modo inclassificabile ma non le importava granché. E allora perché stava così male? Non riusciva a dare un nome a quel dolore sordo che si insinuava nel suo cuore e la tormentava. Non comprendeva bene quali sentimenti abitassero nel profondo della propria anima e cosa l’avrebbe spinta a compiere le sue scelte. Sapeva solo di desiderare che la vita restasse ancora un po’ come era sempre stata, che avrebbe voluto giocare e correre, che voleva Andrè al suo fianco, come sempre. Non ambiva certo  di finire come le sue sorelle, sposate a sedici anni con uomini che nemmeno conoscevano e dunque  figuriamoci se li amavano. Sì, lei aveva la possibilità di vivere una vita diversa, era paradossale, se ne rendeva conto, ma tutto sommato più libera. Cosa le sarebbe costato scegliere questa possibilità? Era stato in quel momento che Oscar aveva cominciato a sentire nascere dentro di se una nostalgia immensa che pervadeva il suo cuore e arrivava fino agli occhi impregnandone lo sguardo che così diventava ancora più pieno e caldo. Quello che Oscar non sapeva era che quella nostalgia sarebbe stata parte di lei, per sempre.

Aveva la mente confusa e il respiro solo un po’ spezzato quando una carrozza, con un gran fragore, si era fermata proprio davanti a palazzo Jarjayes.

Poco dopo aveva avvertito i passi concitati del generale e pensava di vederlo piombare in camera sua da un istante all’altro quando, con sorpresa, si era accorta che si stava dirigendo nell’altra ala del palazzo, verso le stanze della servitù. Un’intuizione l’aveva spinta a guardare attraverso i vetri nella stanza di Andrè, che era illuminata dalle luce calda delle candele. Sebbene su Parigi si stesse abbattendo un acquazzone violento, e quindi le sue intenzioni si rivelassero ancora più rischiose, aveva scavalcato la balaustra del suo balcone e in un attimo si era ritrovata sul cornicione reso scivoloso dalla pioggia battente. Oscar era fradicia, i capelli le si erano appiccicati sul viso e sentiva freddo, ma con caparbia era riuscita a guadagnare diversi metri e ad arrivare vicinissima alla finestra del suo amico. Il rumore scrosciante dell’acqua non le aveva impedito di ascoltare la conversazione che si stava tenendo, in quel momento, tra il generale Jarjayes il giovane attendente:

“E’ successa una cosa del tutto imprevista. Sua Maestà il Re era molto adirato con Oscar, ma poi si è incontrato col tenente Girodelle il quale gli ha detto che Oscar è la persona più adatta a diventare capitano” - le parole del padre riecheggiavano nella stanza, mentre Oscar non poteva impedirsi di notare lo sguardo inquieto e sbalordito di Andrè. Si ritrovò a pensare che non era affatto necessario trascinarlo in questa faccenda, non lui che aveva un animo buono e nobile, e non avrebbe mai dovuto essere coinvolto negli stratagemmi un po’ subdoli di suo padre. Ma il generale sapeva essere molto convincente, non ci voleva molto a capirlo:

“Sua Maestà è stato magnanimo, e molto generoso: ha perdonato mio figlio per la colpa commessa e gli ha affidato l’incarico di Capitano delle Guardie Reali” – si rivolgeva a lei al maschile e questo, nonostante non fosse una novità, ultimamente la turbava molto, tanto che in quel momento una morsa le aveva preso lo stomaco e aveva dovuto trattenere un conato.

“Questo è un ordine della Corona” - tuonava la voce del generale - “e come tale va rispettato…Andrè, io so che Oscar ti ascolta e devi convincerlo a indossare quell’uniforme, non importa come, ma devi convincerlo!”

Oscar non aveva più voluto guardare il volto di Andrè. Le faceva troppo male. Forse perché nel suo sguardo scorgeva, senza esserne consapevole, il suo stesso dolore, la stessa malinconia, la stessa fiera rassegnazione di chi sa di essere stato in qualche modo predestinato e di essere impotente davanti al flusso degli eventi della vita. Aveva chiuso gli occhi e le girava un po’ la testa: era necessario ritrovare l’equilibrio e concentrarsi per rientrare in silenzio nella sua stanza. Sola, nella sua stanza vuota.

*

Una lunga cavalcata all’alba, come non facevano da tempo. Andrè aveva aspettato Oscar nelle scuderie anticipando le sue mosse: la conosceva troppo bene per non sapere che quando era inquieta - e questo con il suo carattere, a tratti spigoloso, capitava spesso - non riusciva a dormire e quindi sul far del giorno si catapultava nelle scuderie a prendere Cesar per cavalcare e così sfogare la sua rabbia, o la sua trepidazione. Si erano dunque trovati fianco a fianco a galoppare e, dopo uno sguardo complice, avevano piegato verso il laghetto confinato ai margini della proprietà. Andrè aveva condotto i cavalli ad abbeverarsi e poi si era seduto sull’erba ancora umida della rugiada notturna con Oscar a poca distanza da lui, apparentemente tranquilla, mollemente sdraiata. La ragazza teneva gli occhi chiusi e il suo viso era dolcissimo. Le labbra morbide e carnose erano un fiore che rischiava di rimanere non colto[1]. Si sentiva così attratto da quella bocca che per un attimo aveva pensato di passarci sopra almeno le dita se proprio non poteva posarvi le labbra. Era passato tanto tempo dal giorno in cui l’aveva vista senza niente addosso, mentre si accingeva a fare il bagno proprio lì, dove ora si trovavano, tanto vicini da potersi sfiorare. Andrè aveva acquistato consapevolezza, e nonostante la sua giovane età, aveva provato a dare un nome a quel sentimento struggente che lo univa in modo tanto saldo alla sua Oscar, e vi era riuscito. Era innamorato di lei. Era profondamente innamorato e nutriva per lei una devozione tale da sentire che avrebbe potuto sacrificare la sua intera esistenza in nome di quell’amore immenso e totale, troppo grande per essere compreso a pieno, persino da lui stesso. Ecco perché adesso avrebbe voluto soltanto accarezzarla lievemente e poi baciarla con tutta la dolcezza e il trasposto di cui era capace. Di questo avrebbe voluto convincerla: loro due erano fatti per stare insieme. Era sicuro che le forme del suo corpo sinuoso si sarebbero adattate, incastrate e modellate perfettamente sul suo, sapeva che voleva sentirla dentro e tutta attorno a lui e che avrebbero potuto diventare adulti insieme, sciolti in una cosa unica, nel corpo e nell’anima. Andrè non sapeva quando se ne sarebbe accorta anche lei, ma sapeva con certezza che ciò sarebbe accaduto e lui avrebbe avuto tutta la pazienza del mondo e l’avrebbe aspettata, per anni, per secoli, per l’eternità, se fosse stato necessario.

“Tu non mi devi dire qualcosa, Andrè?”

Sì che doveva dirle qualcosa, maledizione! Che l’amava! Ma le parole del generale avevano occupato i suoi pensieri per tutta la notte e no, lui non l’avrebbe convinta a fare qualcosa che non sentisse e che non desiderasse veramente.

“No…niente” aveva balbettato.

Ecco, inaspettato, uno di quegli sguardi che lo incenerivano e lo facevano avvampare nello stesso tempo. Lo facevano arrabbiare e lo facevano eccitare contemporaneamente, in modo quasi doloroso.

“Su avanti! Dimmi che devo indossare quell’uniforme, che cosa aspetti?”

“No, tu non devi indossare quell’uniforme se non vuoi.”

Aveva chiuso gli occhi mostrandosi calmo e risoluto, ma quanto gli costava affrontare apertamente quell’argomento con lei! Se avesse scelto di vivere da soldato, e quindi come un uomo, lui avrebbe avuto la speranza concreta di rimanerle sempre accanto come attendente, di condividere quasi ogni momento della sua vita insieme alla splendida giovane donna che aveva davanti e lei sarebbe stata per sempre la sua forza, la sua ispirazione, la sua vita. Ma se si fosse davvero rifiutata, se avesse scelto di seguire la sua natura, che ne sarebbe stato di loro? Il padre si sarebbe infuriato, l’avrebbe minacciata, avrebbe pestato i piedi, ma era fin troppo chiaro che, data la situazione incredibilmente insolita, persino il Re sarebbe tornato sulle sue decisioni e avrebbe concesso a Oscar di vivere secondo la sua identità di genere. E a quel punto? Si sarebbe sposata certamente, ma con uno sconosciuto, con un uomo del suo rango che quasi sicuramente non avrebbe amato e che non l’avrebbe amata a sua volta, che non avrebbe potuto capirla e scoprire le sue inclinazioni, che non avrebbe saputo toccarla, che avrebbe profanato quel corpo puro e meraviglioso che, ne era certo, era per lui, per lui soltanto. E mentre questi pensieri si accavallavano confondendolo e facendolo quasi ansimare, la voce di lei erra arrivata, con la solita eccitante provocazione:

“Io ti conosco bene Andrè! Cominci col darmi ragione, ma poi tenterai di convincermi che sto sbagliando tutto!”

Andrè era troppo turbato, emotivamente troppo provato per non rispondere con impeto a quelle parole pungenti, così si era alzato di scatto e, sporgendosi pericolosamente vicino al suo viso le aveva intimato:

“Attenta!”

Oscar, oltre misura irruenta per non reagire, lo aveva allontanato bruscamente da sé e allora Andrè aveva vacillato per un attimo, quasi allo stremo della sopportazione. L’aveva quasi fatto. L’aveva avvicinata e si era avventato su di lei per baciarla ardentemente, con tutta la tensione, con tutta la venerazione che provava nei suoi confronti, con tutta la voglia che lo aveva pervaso e si era impossessata del suo corpo. Solo all’ultimo secondo, in un barlume di lucidità, aveva messo a freno il suo desiderio folle e aveva finto di avere davanti a se la bimba bionda, compagna di giochi di qualche anno prima, sferrandole un pugno proprio come avrebbe fatto allora, quando i giochi erano giochi e basta e non c’era di mezzo questo sentimento lacerante che lo stava facendo quasi impazzire! Non aveva fatto in tempo a dispiacersi per averla colpita che lei già rispondeva con altrettanta forza cogliendolo di sorpresa e buttandolo a terra con diversi pugni ben assestati. La loro si era trasformata in una lotta corpo a corpo, a metà fra un gioco e qualcosa di più vago e indefinito, ma che ad Andrè piaceva. La sentiva ansimare ad ogni colpo sferrato, sentiva il suo alito caldo sul viso, poteva immaginare il sapore di un suo bacio e questo gli stava facendo perdere la ragione. Con una spinta più vigorosa delle altre l’aveva costretta ad aderire con la schiena contro al fusto di un albero. In quel momento il sole stava sorgendo e il viso di Oscar si era illuminato di una luce iridescente talmente viva da permettere di palpare tutta la passione che si celava dietro quello sguardo solo apparentemente gelido. L’eccitazione di Andrè stava crescendo in modo insostenibile, ma lui non voleva fermarsi, voleva vedere fino a dove si sarebbero spinti.

- Conosco quello sguardo: colpiscimi, colpiscimi Oscar! Tanto mi hai già colpito, così profondamente da avermi fatto prigioniero, legato a te con catene forgiate da un gigante, talmente  resistenti che nessuno potrebbe spezzarle, nemmeno la morte! - E così Oscar si era lanciata contro di lui con tanta veemenza da scatenare una lotta che chiunque avesse guardato da fuori avrebbe scambiato come una curiosa, quanto affascinante, danza di corteggiamento: i loro corpi erano avvinghiati, così stretti che sembrava che stessero per fare l’amore più che la lotta. Andrè percepiva, sotto il suo tocco, la morbidezza dei fianchi, la delizia del seno che era definitivamente sbocciato, la tenerezza del collo che avrebbe volentieri catturato tra le labbra e morso dolcemente. Le loro camicette erano sgusciate fuori dai pantaloni e in alcuni momenti il loro addome si sfiorava, pelle contro pelle e anima nell’anima. Era come possederla e allo stesso tempo era come donarsi a lei, totalmente. Sì in questo momento lui stava facendo l’amore con lei, con tutto sé stesso. Oscar era finita con il proprio corpo sopra quello di Andrè tanto che era sicuro che avesse chiaramente avvertito premerle sul ventre piatto la propria erezione. Allora lei lo aveva guardato, senza far trapelare imbarazzo o stupore ma così intensamente da farlo sentire nudo, anche se nudo non era. Andrè in quel momento avrebbe potuto fare tante cose, avrebbe sicuramente avuto bisogno di più tempo per ponderare le sue scelte, ma alla fine, con uno strattone forte, aveva allontanato  la ragazza da sé, forse per proteggerla, per non confonderla più di quanto già lei stessa non fosse. L’aveva fatto per amore, solo per amore.

Erano così finiti tutti e due distesi sul prato, ansimanti e spaventati perché in tutta quella tensione c’erano in gioco molti più aspetti di quanto volessero ammettere: c’erano di mezzo sentimenti forti da fare quasi paura e la posta erano le loro vite che già in quel momento, per quanto i due giovani non ne fossero consapevoli, erano indissolubilmente legate ed entrambi volevano, con tutte le loro forze, che rimanessero tali.

Andrè aveva preso con delicatezza la mano di Oscar, una delicatezza che nulla aveva a che fare con la foga di poco prima. Era più un gesto di protezione e di calda rassicurazione di cui lei stava godendo a pieno, anche se non lo dava a vedere.

“Sei davvero forte Oscar, devo ammetterlo…”

Aveva pronunciato con sincerità quelle parole. La sua Oscar era forte, non solo fisicamente. Non aveva paura di niente nemmeno di suo padre, del sovrano o del fatto che la vita la stesse costringendo a crescere in fretta e a prendere decisioni molto, troppo più grandi di lei. La sua anima era tormentata, forse più di quella di Andrè, ma lei affrontava tutto con coraggio e con una vitalità  non comuni. Avrebbe mai corrisposto l’amore sconfinato che lui nutriva per lei? Avrebbe combattuto per loro due? Sì, Oscar era abbastanza forte da combattere per un amore impossibile, se solo ne fosse stata cosciente.

“Vedi Andrè, questa notte io ho…ho sentito mentre ti stava parlando mio padre…”

“Oscar…”

“Sì…dimmi pure Andrè, ti ascolto.”

Doveva farlo. Doveva riuscire a dirle qualcosa che fosse solo per il suo bene, e per la sua felicità che era la cosa più importante. Senza dubbio.

“Io capisco cosa prova tuo padre. Ma non è una buona ragione perché io ti spinga a fare un tipo di vita che non ti è gradito…E’ per questo che io prima avevo deciso di non dirti niente.”

Ecco, lui era fatto così. Sapeva colpire nel segno. Era l’unico che riusciva a scoprire tutte le sue corde e a metterle a nudo, ma allo stesso tempo la faceva sentire libera e padrona della sua vita. Era la persona che più di tutte la metteva in crisi, costringendola a essere sincera e vera, prima di tutto con sé stessa. Il suo coraggio, quell’afflato interiore che la portava sempre verso le cose giuste, anche se scomode, non erano una sfaccettatura della sua personalità. Erano il frutto delle parole e dei gesti di Andrè, l’effetto della sua vicinanza, della sua pazienza, della sua profonda amicizia. Non avrebbe mai potuto pensarsi senza il suo compagno al fianco: sarebbe stata Oscar a metà. E come si può vivere a metà? Era il tempo di prendere decisioni. Si era alzata con risolutezza, diretta verso Cesar e, dopo averlo montato lo aveva spronato al galoppo, allontanandosi in fretta dal laghetto. E da Andrè.

Soltanto quando era già sulla strada verso casa aveva sentito le parole confuse dell’amico, ma erano così lontane che forse se le era solo immaginate, o forse no.

“Una cosa devi permettermi di dirtela, e giuro che in seguito non te ne parlerò mai più…Oscar! Non è ancora troppo tardi! Fermati! E diventa una donna, Oscar!”

- La mia donna. Vorrei tanto che diventassi la mia donna, mia moglie! E’ la cosa che desidero di più al mondo.- Ma questo non glielo aveva urlato; lo aveva solo sussurrato, certo che ormai non avrebbe potuto sentirlo e chissà se mai, nella vita, avrebbe avuto un’altra occasione per dirglielo.

*

A mattinata inoltrata il generale lo aveva fatto chiamare nel suo studio, ansioso di sapere se ci fossero stati risvolti positivi nelle decisioni di Oscar. Andrè stava provando a esprimergli tutte le sue perplessità, ma l’uomo, impaziente, aveva lasciato lo studio per andare a controllare personalmente cosa stesse facendo, pensando e progettando suo “figlio”. Il giovane aveva deciso di seguirlo, nella vana speranza di proteggere Oscar dagli eventuali eccessi d’ira del padre, che ultimamente erano diventati assai frequenti, ma quando Andrè era sopraggiunto nell’androne delle scale si era fermato, quasi pietrificato dall’atmosfera di attesa e al tempo stesso luminosa che si era improvvisamente creata in quella porzione di palazzo Jarjayes. C’erano diverse persone in quello spazio: il generale, ai piedi delle scale, sua nonna, alcuni inservienti, tutti col naso all’insù, immobili, come se fossero diventati delle statue di sale. E in cima alle scale c’era lei, bionda e sfolgorante di luce nella sua uniforme bianca. Oscar aveva scelto e mentre scendeva da basso, gradino dopo gradino acquisiva un’austerità e una fierezza che Andrè non aveva mai visto, ma che amplificavano il suo fascino mille e mille volte ancora, se mai questo fosse stato possibile. Per quale motivo, o per chi aveva compiuto quella scelta? Non certo per suo padre, o per chiunque altro. Lo aveva fatto per se stessa, per preservare la sua libertà. Lo aveva fatto per loro due. Questo, almeno, fu il pensiero che balenò nella mente di Andrè. O la sua speranza.

E così, poco dopo, Oscar e Andrè cavalcavano fianco a fianco sulla strada che conduceva a Versailles e si incamminavano verso il loro destino senza sapere se li avrebbe condotti alla felicità, e senza sapere se sarebbe stato un destino d’amore, o di morte.

Angolo dell'autrice:

Eccomi alla fine di questo piccolo esperimento.

Come avete letto mi sono limitata alla descrizione dei fatti, così come sono andati, con qualche particolare introspettivo sui pensieri dei due protagonisti che mi sono permessa di interpretare in questo modo.

Ringrazio tutte le lettrici che hanno seguito il racconto e che hanno lasciato recensioni o l'hanno solo letto silenziosamente. Grazie di cuore.

Credo che ci sarà un seguito, breve come questo, ma cambierà il rating :-)

A presto,

Trilli



[1] Citazione dal brano “Un malato di cuore” tratto da “Non al denaro non all’amore né al cielo”, F. De Andrè, 1971

  
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