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Autore: Cherry__Strawberry    11/05/2014    2 recensioni
Bella, appena laureata in giornalismo a Yale, divide un appartamento a New York con la sua migliore amica, Alice, aspirante stilista. Trova lavoro in un giornale di moda. E' contrariata, ma decide che, per arrivare al suo sogno, il New York Times, questa occasione può esserle utile. Un giorno, Alice riceve una telefonata da suo fratello Edward...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Partenze e... arrivi.
Bella's PoV

Martedì 23 Dicembre
Con il naso quasi schiacciato contro una vetrata dell’aeroporto, gettai un’ultima occhiata all’ aereo che sfoggiava una maestosa striscia blu su coda ed ali. Era su quello che, una manciata di minuti prima, era salita la mia migliore amica, diretta in Canada con il suo fidanzato.
Jasper me l’aveva rivelato solo quella mattina, temendo che Alice potesse in qualche modo scoprire la meta da lui prescelta per la sorpresa che era intenzionato a farle.
Sorrisi tra me e me, sperando che entrambi si divertissero il più possibile durante quella breve vacanza.

-Sicura di aver preso tutto? – ripetei per l’ennesima volta, aiutando Alice a trascinare le sue innumerevoli valigie all’imbarco bagagli.
-Sì, mamma, rilassati. – disse, voltandosi nella mia direzione e sfoggiando un sorrisetto di scherno.
Una linguaccia fu l’unica risposta che ottenne da parte mia.
Mentre noi eravamo impegnate a battibeccare, Jasper ed Edward camminavano tranquilli alle nostre spalle.
La presenza di quest’ultimo, in particolare, mi rendeva nervosa. In fondo non avevamo ancora chiarito la questione “baci” e, al ritorno, io e lui saremmo stati soli nella sua auto, precedentemente utilizzata per accompagnare i due piccioncini all’aeroporto.

Dopo aver caricato anche l’ultima valigia sul nastro trasportatore, ci allontanammo da quella zona affollata, dirigendoci verso l’area dedicata ai controlli di sicurezza.
Lì, ci saremmo separati definitivamente.

Quel tragitto mi sembrò troppo breve.
Ad una decina di metri circa dai metal detector, ci fermammo tutti.
Fu Jasper il primo che salutai, riservandogli un abbraccio.

-Buon viaggio! – gli dissi – E mi raccomando, non farle aprire i regali prima del tempo! Sai che ci proverà!
-Non solo ci proverò, ma ci riuscirò! – affermò Alice, più determinata che mai.
Ci fu una risata generale, che mi scaldò il cuore, leggermente incrinatosi all’idea di abbandonare per un po’ la piccola peste che era quasi sempre con me.
Quando guardai Alice nei suoi luminosi occhi azzurri, non ci fu bisogno di parole. Restammo abbracciate fino al momento della separazione definitiva, che avvenne fin troppo presto per entrambe.
La mia amica mi rivolse un ultimo sguardo complice – riferito a cosa, poi? – prima di allontanarsi del tutto.
Edward aveva scelto di aspettarmi all’ingresso.
Dopo aver rilasciato quello che mi sembrò essere il millesimo sospiro della mattinata, lo raggiunsi ed insieme ci avviammo verso la sua auto.
I raggi di un flebile sole invernale filtravano dalle nubi che affollavano ogni angolo di cielo. E lì, nel mezzo di quel gigantesco parcheggio, la Volvo metallizzata di Edward pareva voler riflettere il grigiore che ci sovrastava.
Le speranze che il tempo migliorasse entro Natale erano ben poche e la cosa non faceva che rattristarmi ulteriormente. Avevo programmato di fare una sorpresa a Charlie, arrivando a Forks il giorno della vigilia, ma in tali condizioni meteorologiche era impossibile.
Si prevedevano persino ulteriori nevicate.
Fui contenta, però, che Alice e Jasper fossero riusciti a partire senza particolari intoppi.
 
Eravamo in viaggio da almeno un quarto d’ora e né io né Edward osavamo proferire parola. La tensione che aleggiava in quell’abitacolo – che, tra l’altro, era pregno del suo profumo – si poteva tagliare con un coltello.
Probabilmente, questa nuova situazione era anche da imputare alla mia amica, nonché sorella del ragazzo che sedeva alla mia sinistra. Dovevano aver parlato dell’argomento, come lei stessa mi aveva annunciato, altrimenti quel passo indietro tra noi sarebbe stato alquanto inspiegabile. Almeno, così mi aveva fatto pensare il suo atteggiamento a Central Park qualche giorno prima.
Quell’atmosfera era snervante.
-Allora, cosa farai a Natale?
Era stato poco più di un sussurro, ma in quel silenzio era risuonato quasi come un urlo. Pensai di averlo immaginato, che fosse stato solo frutto del mio insensato desiderio di ascoltare la sua voce, affinché potesse spezzare quello stato di infinito nervosismo.
-Cosa? – chiesi, con voce leggermente stridula, alla ricerca di una disperata conferma.
Lui distolse gli occhi dalla strada, oggetto della sua attenzione fino a quel momento, puntandoli nei miei per alcuni secondi.
-Mi chiedevo quali fossero i tuoi progetti per questo Natale. Sempre che ti vada di rivelarmeli.
-Oh, sì, certo.
Fantastico, iniziavo anche a farfugliare cose senza senso.
-Ero distratta e non… avevo capito bene. – ripresi – Beh, in realtà ancora non lo so. Avevo pensato di passare qualche giorno a Forks, ma il tempo non vuole permettermelo, a quanto pare. – lanciai un rapido sguardo fuori dal finestrino, prima di parlare ancora – E tu, invece?
Mi beai della visione del suo profilo, in attesa della sua risposta.
-Io credo che resterò a New York. Il Natale qui ha qualcosa di magico. Raggiungerò i miei prima di Capodanno, forse.
Non mi ero neanche resa conto del fatto che l’auto fosse ormai completamente ferma. Quello che notai, invece, fu l’accenno di esitazione che Edward mostrò prima di voltarsi completamente verso di me e dar voce ai suoi pensieri.
-E se lo trascorressimo insieme? Ammesso che tu non abbia già preso altri impegni. Non ti prometto nulla di particolare, ma almeno non sarà una festa passata in solitudine. Che ne dici?
Una luce speranzosa si accese nei suoi occhi verdi.
Come se potessi mai rifiutare una proposta del genere.
-Certo! – dissi, sorridendo e dissipando ogni suo dubbio.
Mi sorrise a sua volta, rendendo la sua espressione il riflesso della mia.
 
Allegri motivetti natalizi risuonavano nel salotto, mentre io, canticchiandoli, davo il tocco finale al nostro albero di Natale, ponendo una bianca e luminosa stella sulla sua cima.
Indietreggiai di qualche passo, curiosa di scoprire quale fosse il risultato finale e ne rimasi piuttosto soddisfatta.
Decorazioni dai toni rossi e bianchi si alternavano regolarmente su ogni ramo, diminuendo in grandezza mano a mano che ci si avvicinava al puntale. Ce n’erano di ogni tipo: stelline, angioletti, piccoli Babbi Natale e le classiche quanto immancabili palline.
Sorrisi, pensando che, finalmente, anche il nostro appartamento fosse pronto a festeggiare.
Iniziai a risistemare le scatole degli addobbi, quando il trillo del timer del forno mi avvisò che i biscotti erano pronti.
Non avendo ancora scelto un menù definitivo da preparare in quei giorni, avevo puntato su quei simpatici dolcetti che, ne ero certa, sarebbero piaciuti anche ad Edward.
Ancora non riuscivo a credere che avremmo trascorso il Natale insieme. Da soli.
Suonava così… intimo.
Senza distrarmi troppo, infilai i grossi guantoni da cucina che c’erano di lato al piccolo forno. Tirando fuori la teglia, sorrisi dei piccoli omini di marzapane che mi fissavano allegri.
Oltre a quelli, c’erano anche biscotti alle nocciole ed al cioccolato, ai quali avevo dato la forma di alberelli, stelle o calze.
Dopo aver sfilato i guanti, disposi tutto in un vassoio decorato, che poggiai sul tavolo della cucina.
Decretando che era tassativo scegliere cosa cucinare il giorno di Natale, mi diressi in salotto, con portatile alla mano.
Non so da quanto tempo fossi accucciata sul divano quando udii il suono delle chiavi che si rigiravano nella toppa della porta. Ci volle solo qualche istante, però, perché sulla soglia comparisse un ciuffo di capelli ramati a me ben noto.
-Che cerchi? – mi chiese, dopo che ci fummo scambiati dei sorrisi a mo’ di saluto.
-Qualcosa di natalizio che anche io possa cucinare. – gli risposi, concentrata su ciò che stavo leggendo.
-Beh, molla tutto allora, chef. – disse, alzando la mano sinistra, nella quale reggeva due buste provenienti dal supermercato.
Gli riservai un’occhiata interrogativa, prima che parlasse di nuovo.
-Dimentichi che sono cresciuto con mia madre: conosco a memoria ogni singolo piatto esistente per tutte le festività. E questi sono gli ingredienti per il nostro pollo ripieno alla f… - si bloccò nei pressi della cucina.
Rimase in silenzio per alcuni secondi, poi depositò a terra le buste della spesa e si avvicinò al tavolo. Quando vi arrivò, tornò a girarsi verso di me con un sorriso che avrebbe potuto illuminare mezza New York.
Un sorriso alla Edward. Uno di quelli che possono cambiarti la giornata. Uno di quelli che possono farti dimenticare la mancanza del sole nei giorni di pioggia.
-Biscotti? – disse, indicandoli ancora a bocca aperta – Sono veri?
-Perché avrei dovuto mettere dei biscotti finti su un tavolo? – gli dissi, ridendo e raggiungendolo.
Per un po’ non parlammo, sorridendo come due idioti e guardandoci negli occhi.
In quel momento, malgrado la temperatura glaciale che c’era fuori, pensai che davvero mi sarei potuta sciogliere. Le sue iridi sembravano brillare, mentre mi rivolgeva uno sguardo che di certo non avrei dimenticato.
Eravamo talmente vicini che, quando si allungò verso il tavolo per afferrare un biscotto, il suo braccio e la sua spalla mi sfiorarono.
Mi appoggiai alla liscia superficie di fianco a noi, sperando di non urtare il vassoio o roba del genere. Sapevo che ne sarei stata capace.
Poi, i miei occhi furono come rapiti dalle sue labbra che addentavano una stellina alle gocce di cioccolato. Ne seguii i movimenti regolari, deglutendo quando il mio sguardo si soffermò sul movimento della sua mascella.
Strinsi forte il bordo del tavolo, cercando di distogliere la mia attenzione, ma invano.
Quando finì di ingoiare il biscotto, ero fermamente convinta che gli sarei potuta saltare addosso senza farmi troppi problemi.
La sua voce intervenne provvidenzialmente, riportandomi alla realtà.
-Caspita, sono davvero buoni. Ed io che pensavo li avresti avvelenati!
-Ehi! – risposi, piccata – Mi hai preso per Alice? – dissi, facendo scoppiare a ridere entrambi – Torniamo al menù, adesso.
-Ah, sì, è vero. Ho pensato al pollo con ripieno di frutta. Era uno dei miei piatti natalizi preferiti e non lo mangio da tempo. Sono convinto possa piacere anche a te. E, dato che a quanto pare non sei tanto male in cucina – qui si guadagnò un’occhiataccia – potremmo prepararlo insieme, domani. Ti va?
Edward Cullen: l’uomo dalle mille domande retoriche.
- Ma certo. Spero solo che le tue attitudini culinarie non ricordino quelle di tua sorella. Non ci tengo a passare il Natale con un’intossicazione alimentare. O peggio, alla caserma dei pompieri.

Mercoledì 24 Dicembre
-Dunque, - iniziò Edward, prendendo tra le mani la lista degli ingredienti per controllare che non mancasse nulla – abbiamo le mele, le pere, le castagne ed anche le prugne secche. E ci sono anche la carne e le erbe aromatiche. Credo di non aver dimenticato nulla. – concluse, alzando gli occhi verso di me.
-Allora possiamo iniziare. Fammi vedere la ricetta.
Allungai la mano verso di lui, nel tentativo di afferrare il foglietto che stringeva nella sua. Inavvertitamente, nel prenderlo, le sue dita scivolarono sulla mia pelle. Una lunga serie di brividi mi percorse la spina dorsale, ma tentai con tutto il mio essere di non badarvi. Non era il momento di lasciarsi deconcentrare.
-Uhm… - dissi, non appena ebbi riacquistato un minimo di controllo su me stessa - io inizio a tagliare le pere e le mele, tu occupati di castagne e prugne.
-Ai suoi ordini! – disse, rivolgendomi un ghigno beffardo e un canzonatorio saluto militare.
Scossi la testa, focalizzando la mia attenzione sulla frutta che avevo davanti.
Iniziai a sbucciare sia le mele che le pere con lentezza: non mi andava di commettere una delle mie solite gaffe e graffiarmi come una bambina alle prime armi con la cucina. Successivamente, tagliai il tutto in piccoli dadini.
Ogni tanto, il mio sguardo correva furtivo verso Edward, anche lui immerso nel lavoro. A differenza mia, lui tagliuzzava e sbriciolava la frutta secca affidatagli con estrema serenità. Il mio cervello – ormai fumato, ne ero certa – non poté non notare quanto, anche in veste di cuoco, fosse attraente. Forse era la sicurezza dei suoi gesti, o forse la loro eleganza. Non avrei saputo dirlo. O forse ero solo io che non riuscivo più ad articolare un pensiero di senso compiuto in sua presenza.
Tornai a concentrarmi sul mio compito, temendo di restare imbambolata a fissarlo - come accadeva decisamente troppo spesso.
Quando la ciotola trasparente che avevo davanti fu piena di cubetti, Edward aggiunse le prugne secche e le castagne sbriciolate. Aggiungemmo anche la salsiccia sbriciolata, come prevedeva la ricetta.
All’aggiunta di quel tipo di carne, gli mostrai la più perplessa delle mie espressioni. Non mi sembrava un connubio allettante.
-Non preoccuparti, - mi rassicurò - ha un buon sapore.
Rimasi dubbiosa, ma iniziai a mescolare il contenuto della ciotola. Lui, nel frattempo, si dedicò ad imburrare il pollo e a cospargerlo di salvia, rosmarino, sale e pepe.
Quando giunse il momento di imbottire il galletto, mi tirai indietro, lasciandogli quell’ “onore”. Sapevo di non essere minimamente in grado di fare una cosa del genere. Al sol pensiero rabbrividivo.
-L’ho sempre detto che gli studi di medicina e chirurgia sarebbero serviti a qualcosa, un giorno. – disse con tono scherzoso, notando il disgusto sul mio viso, dopo aver ricucito l’apertura per il ripieno.
Risi della sua battuta, più rilassata, mentre ponevo il pollo al centro di una teglia e lo circondavo con il resto della frutta e alcune foglie di alloro, pronta per infornarlo.
-Et voilà! – affermai, una volta chiuso il forno.
-Dovrebbe volerci poco più di un’ora. – disse lui, lanciando una rapida occhiata alla ricetta.
-Bene, ho tutto il tempo di farmi un bagno, allora. – dissi con tutta la tranquillità di cui disponevo.
-Sì, certo, certo. – mi rispose lui, distogliendo gli occhi dai miei e fissando con improvviso interesse un punto indecifrato del tavolo.
-Tu puoi apparecchiare la tavola, intanto.
-Ehi, mi hai per caso scambiato per uno schiavo? – esclamò, indispettito, tornando a guardarmi.
-Più o meno. – affermai, sogghignando – Anzi, se vuoi che inizi ad usare anche la frusta, devi solo dirlo.
Come cavolo suona male.
Un suo sopracciglio svettò verso l’alto, ma non fece altri commenti riguardo alla mia terribile affermazione.
Così, approfittando del momentaneo silenzio che si era venuto a creare, mi dileguai, rifugiandomi nel bagno.


Notes
Ed eccomi qui, sorprendentemente ancora con il sole in cielo! :D
Innanzitutto, mi sembra opportuna una piccola spiegazione del titolo. La partenza, ovviamente, è quella di Alice. L'arrivo, invece, è quello di un po' d'attenzione da parte di questo Edward che, diciamocelo, ci stava un po' rompendo le balls con tutti i suoi cambi di umore, le sue indecisioni e la sua chiusura alla nostra Bella. Il metodo "Alice Cullen" deve aver funzionato alla perfezione.
Anch'io, come chi ha commentato il capitolo precedente, gli avrei detto di chiarirsi le idee. Voglio dire, Bella si era esposta un minimo per lui, era il caso che facesse lo stesso! O, almeno, che specificasse come stavano per lui le cose.
Ma, in questo nuovo capitolo, vediamo una piccola scintilla di interesse da parte sua. Ed anche una ricetta - di giallozafferano, se non erro - che di americano ha ben poco, ma il classico tacchino natalizio proprio non mi ispirava.
Per la gaffe finale, probabilmente sono io a meritare le frustate. ♥
Sono curiosissima di sapere cosa pensate della storia, del capitolo, anche del pollo con la frutta secca se volete. Non siate timide e fatevi avanti, ché non vi mangio. ;)
Scusate le note lunghissime e... al prossimo capitolo!

 
  
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