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Autore: Birra fredda    12/05/2014    2 recensioni
Aziel è un angelo sfuggito al Paradiso per il suo amore, un demone di nome Belial.
Un amore malato, una passione travolgente, due corpi, un'anima pura e una maledetta che convivono in una casa immersa nel verde delle colline abruzzesi.
Cosa ne sarà dell'amore quando le cose cominceranno a farsi più difficili e sarà ripresa la lotta tra le forze del male e le forze del bene?
Genere: Erotico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aziel si appoggiò con la schiena contro il muro di fianco la porta che, una volta aperta, conduceva all’interno dell’ospedale. Osservò Belial che volava nel cielo, quel puntino scuro che si faceva via via sempre più piccolo ai suoi occhi.
Quante ne avevano passate insieme.
 
 
A quei tempi andavano di moda le lettere, quelle lunghe scritte sulla carta raffinata, maneggiate con cura e lavorate per delle ore per tenere una grafia sempre perfetta e non lasciare macchie d’inchiostro sui bordi.
Aziel e Belial avevano affittato una casa al centro di Londra, un appartamento spazioso e con piccole finestrelle sul cui davanzale l’angelo si raggomitolava per guardare fuori attendendo il ritorno di Belial.
Era l’epoca vittoriana, erano gli anni di Oscar Wilde e Jane Austen, gli anni dei tè racchiusi in tazze di porcellana con sottili fiori azzurri e rosa disegnati sopra sorseggiati nei salotti da donne con rughe scavate nel volto e mani raggrinzite, gli anni dei sigari consumati sotto le grondaie, gli anni degli amori omosessuali segreti.
Angelo e demone erano, per la società del tempo, fratelli. Giravano voci su voci, su loro due. C’era chi diceva che Aziel fosse stato trovato dai genitori di Belial neonato e urlante sotto un ponte lurido e odorante di piscio e vino, c’era chi mormorava che in realtà era Belial quello che la famiglia s’era preso in casa per non lasciarlo marcire nella miseria e c’era chi pensava che i due si fossero ritrovati a fare affari insieme e avessero concordato di fingersi fratelli.
Nessuno avrebbe mai potuto sospettare che nel loro appartamento pulito e profumato si consumasse un amore segreto e sconfinato. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che su quel divano dove spesso gli ospiti si erano accomodati, quei due avessero fatto l’amore anche per notti intere.
Belial e Aziel erano ben inseriti nella società e, belli com’erano, erano ambiti dalle donne più colte e aggraziate della capitale e dalle loro ricche famiglie, cosa ch’era ben chiara ai due per via degli inviti a cena che ricevevano ogni due giorni.
Benché il demone avesse riflettuto più volte sulla possibilità di sposare una donzella, prendersi tutta la sua eredità e trasferirsi in Australia per il decennio successivo, sia lui che Aziel avevano poi concordato che sarebbe stato meglio non fare movimenti azzardati.
Anche in quegli anni si erano mormorate cose, dopotutto.
Avevano vissuto in silenzio, tranquilli, nella Londra del 1800, all’ombra delle nubi scure tipiche della città inglese. Avevano vissuto consumando carte su carte di lettere scritte a mano, poiché Belial a volte andava via di casa per giorni e avvisava che non sarebbe rientrato per qualche tempo con una lettera che sarebbe arrivata a destinazione dieci minuti prima del suo ritorno. Avevano vissuto girando per strada con quei buffi e costosi vestiti con pizzi e fronzoli ovunque spalla contro spalla e mai mano nella mano, come due fratelli che passeggiano per strada chiacchierando di affari.
Era stato uno dei periodi favoriti da Belial, quello, nonostante le voci che erano girate, soprattutto tra i demoni. Era stato un periodo in cui aveva potuto godere delle avances delle donne che comunque non erano mai abbastanza, il periodo in cui aveva frequentato i bordelli tenendo Aziel allo scuro della cosa e il periodo in cui lui e Aziel avevano mantenuto una (quasi) costante armonia.
 
C’era stato il medioevo, gli anni che avevano stabilito il rapporto tra l’angelo e il demone, in bilico fino a quel momento. Gli anni delle lotte alle streghe, gli anni del tribunale dell’Inquisizione e dei papi tiranni, gli anni delle crociate e delle lotte religiose e di Dante e della scoperta dell’America.
Belial e Damien erano stati tra i primi a calpestare quella terra di cui già conoscevano, segretamente, l’esistenza.
Erano stati gli anni in cui Aziel aveva vissuto nella casa sulla collina d’Abruzzo come un robot, un piccolo aggeggio di ferro e cavi, senza emozioni né sentimenti, messo a disposizione del demone per farne ciò che preferiva. Gli anni in cui l’angelo aveva totalmente annullato se stesso per Belial, dimenticandosi chi fosse e concentrandosi solo sull’avvicinarsi all’amante in ogni modo.
Erano stati gli anni in cui Belial gli aveva dimostrato più affetto, gli anni in cui avevano fatto irruzione in casa e lo avevano trascinato a suon di frustate in prigione per essere considerato eretico.
E chi glielo spiegava, a quelli, che quel bel moretto non entrava in chiesa per non farle prendere fuoco?
Come avrebbero potuto anche solo immaginare che quel giovane dalla pelle lattea e gli occhi profondi potesse essere un demone che non poteva entrare negli edifici religiosi senza appiccare un incendio?
Damien e Ipos avevano riso a crepapelle nel vedere il loro collega impassibile dinanzi a un giudice che lo minacciava di torture fisiche se non avesse confessato la verità.
Aziel aveva dovuto pregarlo di andare in Norvegia per qualche tempo, cosa che Belial aveva approvato solo quando si era reso conto che sarebbe stato troppo evidente se gli avessero provocato lividi e altro che sarebbero guariti nel giro di mezz’ora.
Avevano vissuto per un paio di anni in una casa di legno e piuttosto piccola Belial, Aziel, Damien e Ipos. E, nonostante i demoni di troppo, l’angelo era riuscito a godersi ogni sprazzo di giornata con il suo demone tra il freddo, la neve e le ali spiegate contro il cielo limpido.
Avevano litigato molto in quei due anni. O meglio, Aziel aveva troppo spesso discusso con Ipos e Belial aveva troppo spesso ripreso la questione quando si era trovato solo con l’angelo, finendo per discutere anche tra loro.
Aziel ricordava quei due anni come un brutto sogno, come un periodo che per fortuna era passato. Aveva avuto i lividi sulla pelle ogni giorno, il moro si era impegnato ogni volta nel farlo sentire un verme e i suoi amici lo avevano assecondato in ogni istante.
 
C’erano stati gli anni delle due guerre mondiali, che Aziel avrebbe voluto evitare ma non aveva potuto perché Belial, non appena aveva sentito odore di sangue e morte e battaglie si era animato ed era corso da Caliel, a cui solitamente non rivolgeva parola, per informarsi riguardo l’inizio dello scontro.
Aziel ricordava fin troppo bene quegli anni. L’addestramento, gli amici umani che morivano dinanzi ai suoi occhi e lui non poteva farci nulla, Belial e quel sorriso sadico sempre stampato in faccia, Belial e la lontananza, il fango e le trincee.
Ricordava tutto. Ogni frammento di secondo, ogni volto degli uomini morti che aveva trasportato in spalla fino agli accampamenti, ogni espressione di rabbia e incredulità e paura e sconcerto nei visi sia degli alleati che dei nemici.
Ricordava tutto e non avrebbe voluto ricordare.
Eppure, nonostante le atrocità a cui aveva assistito – e si sarebbe tagliato un braccio pur di togliersele dalla testa – non aveva pensato mai, neanche per un istante, mai, di abbandonare Belial e rifugiarsi da qualche parte per poter vivere tranquillo.
Aveva versato moltissime lacrime in quegli anni, sui corpi morti dei bambini, tra i capelli delle donne su cui si lanciava per proteggerle dall’ennesimo bombardamento, tra le dita sporche e ruvide di Belial.
E mai aveva pensato di andarsene, di dire ‘fanculo tutti, ‘fanculo Belial, non sto qui per godermi lo scenario dell’umanità che si riduce in frantumi.
Ricordava anche i campi di concentramento a cui lui e il demone erano sfuggiti per un pelo. Caliel era arrivato a casa loro per portarli via appena dieci minuti prima dell’arrivo dei fascisti. Li avevano osservati dall’alto, nascosti tra le nuvole scure della sera, fare irruzione nella casa e bestemmiare di ira.
Aziel ricordava e avrebbe tanto voluto non ricordare.
Ma non avrebbe mai abbandonato Belial, mai, neanche quando lo aveva visto uccidere un uomo strangolandolo con una mano nuda come se fosse un fantoccio.
Amava Belial e questo lo aveva tratto in trappola. Amava ogni cosa di lui, persino, in qualche modo, l’essenza del suo essere un demone.
E lo aveva amato anche in quegli anni, tra le morti e l’odore di sangue e desolazione. Lo aveva amato quando lo aveva costretto a combattere, quando lo aveva visto scatenarsi, quando erano stati costretti a lasciarsi per un po’, andando avanti a lettere che arrivavano dopo mesi e che venivano lette dietro i massi evitando le bombe e i corpi. Lo aveva amato quando, la notte in cui Caliel era corso ad avvisarli dell’arrivo dei fascisti, Belial lo aveva abbracciato e gli aveva sussurrato che sarebbe andato tutto bene, che non gli importava di combattere fino alla fine quella guerra ma gli importava che loro due stessero al sicuro.
 
 
“Aziel, che ci fai quassù?”
L’angelo si riscosse dai suoi pensieri e voltò lo sguardo verso la ragazza che gli stava parlando. Era una diciottenne bella e solitaria, Lisa, una ragazzina dai capelli color rosso fuoco e da mille ombre dentro, troppe per avere solo diciotto anni di vita.
Era il giorno della terapia di gruppo per adolescenti, quello, e Lisa doveva essere arrivata in anticipo.
Da quando, dopo i tre mesi in pediatria, era stato trasferito in psichiatria, Aziel si sentiva più coinvolto. Come se quelle persone con problemi e disturbi lo avessero aspettato fino a quel momento, come se lui non avesse fatto altro che aspettarli.
“Potrei farti la stessa domanda” rispose il biondo aprendosi in un sorriso.
“Sono salita a fumare una sigaretta” disse lei estraendo il pacchetto dalla tasca posteriore dei jeans. “Mi piace salire qui, mi piace il panorama, mi fa sentire un po’ in bilico sul cornicione del mondo. Vuoi?” continuò, offrendo una stecca di nicotina all’angelo.
“No, ti ringrazio. Non fumo” le disse lui, pensando che se avesse inalato solo un minimo di quella roba sarebbe stato male per un giorno intero.
Ma cosa ne potevano sapere gli umani di quanto fosse dannosa per un angelo una sostanza nociva come la nicotina o l’alcol o la droga?
Aziel osservò quella ragazza splendida e dolce e pensò che fosse davvero un’ingiustizia che dentro fosse tanto turbata, che avessero cercato di distruggerla e che avesse tentato di distruggersi.
“Vado a timbrare” borbottò dopo qualche istante. “Ti aspetto sotto.”
Lisa gli sorrise, scoprendo una fila di denti dritti e due palline di metallo sugli incisivi centrali, residuo del dolore di uno smiley piercing piuttosto recente.

















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Ecco a voi il nuovo capitolo, che ci tenevo a scrivere per mostrarvi un po' come si è evoluta la relazione tra Aziel e Belial attraverso i secoli ma che, devo ammetterlo, non mi convince molto. Magari lo riscriverò, prima o poi, ma, considerando la mia pigrizia in questi giorni, ne dubito. Non si sa mai, comunque, e intanto fatemi sapere cosa pensate di questo.
Come sempre mando un fortissimo abbraccio virtuale a tutte le meravigliose persone che seguono questa storia e l'hanno inserita tra le preferite o le seguite.
Echelon_Sun
  
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