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Autore: xheyreynoldsx    12/05/2014    0 recensioni
''un rigo di pentagramma. QUEL maledetto rigo di pentagramma. mi scorre nelle vene e mi immobilizza.mi conduce verso la via della morte''.
Genere: Fantasy, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ripensai a quegli occhi color petrolio. Ripensai alle rose dello stesso colore,nel giorno della morte ingiusta di un musicista sfortunato.
Quella notte non riuscivo a chiudere occhio. Anche se in realta' io gli occhi non li chiudevo quasi mai. Passavo notti insonni a leggere spartiti e a comporre testi e musica. Leggevo,mi riempivo la pancia di caffé o guardavo un film rubato da qualche strano sito. Ma quella notte avevo un senso di angoscia terribile ed un mal di testa che si impiantó nelle tempie e lì rimase beato fino all'alba. Ripensai all'episodio nella sala di pianoforte,all'omicidio e...a quel ragazzo,Nate.
Ai suoi occhi iniettati di rabbia,al suo coraggio. Date le leggende che giravano su Lever,dall'anno dell'omicidio,pur non sapendo che lui era stato il colpevole,nessuno aveva piu' osato iscriversi al suo corso. E dopo 3 anni lui aveva avuto il coraggio di farlo. Mi chiedevo se sapesse di cio' che si diceva di lui.
Sorvolai su quel pensiero, 
Erano le 3:00 e decisi di alzarmi;infilai pantofole,vestaglia di lana ed uscii di soppiatto dalla mia camera cercando di non far rumore e sperando che nessun altro avesse la mia stessa abitudine. Ero all'ultimo piano;arrivai alle scale che portavano al tetto. Erano delle scale a chiocciola,vecchie almeno 50 anni.
Scricchiolavano a qualunque ora del giorno e della notte ma erano abbastanza resistenti da reggere una ragazza di vent'anni alta e non proprio magra...
Iniziai a salirle mantenendomi bene ai montanti. Arrivai all'ultimo scalino;era molto alto e varie volte avevo rischiato di cadere,così mi aggrappai bene,feci forza nelle gambe e salii. Aprii la porta ed uscii fuori. Seattle si estendeva davanti a me,buia,con qualche spruzzetto di luce qua e la in prossimità di pub e locali.
Il tetto era concepito a mo' di terrazza,solo che mancava la ringhiera,quindi bisognava fare molta attenzione. Mi distesi a terra per guardare le stelle..mi calmavano.
Mi calmava contarle e mi divertivo ad unirle con linee immaginarie formando le figure più varie. Scoppiai a ridere..a volte sembravo davvero una bambina,avevo voglia di giocare,amavo le cose semplici,anche se quando dovevo ,mi assumevo a pieno le mie responsabilità.

-certo che sei strana..ridi da sola?!
La voce calda di Nate ed il suo viso sporso su di me mi sorpresero.
-C...cosa ci fai qui?!-mi alzai di scatto arrossendo.
-Potrei fare la stessa domanda a te.-si sedette.
Guardo’ per qualche secondo il panorama ,poi si stese e chiuse gli occhi.
-Che c’è non ridi piu’?Mi piaceva.
Scoppiai in una risata completamente finta cosí,per prenderlo un poco in giro.
Aprí gli occhi.Sorrise maliziosamente,mentre fissava il cielo senza sbattere le palpebre nemmeno una volta. Lo fissai a lungo perdendomi nei miei mille pensieri.
Un suo starnuto mi riporto’ alla realta’.
-Scusa,è l’allergia.-
-L’allergia in pieno inverno?-
-Capita.-
Decisi di stendermi accanto a lui. I suoi occhi verdi guardavano un punto fisso gia’ da parecchio. Misi le mani dietro la testa e cercai un pretesto per parlare,dato che quel silenzio mi metteva angoscia.
-Quella è la mia stella-ne indicai una grande e luminosa-si chiama Jey ed ha 10 anni-.
-Le stelle non hanno anni.-mi interruppe.-Sai da quanto tempo quella stella è li?Da una vita. E stara’ li per molte altre finché non si consumera’.
Lavorera’ di continuo,senza sosta fino ad esplodere e forse diventare un buco nero. Sembrano un po’ come noi.-sospiro’.Lavoriamo,cresciamo,lavoriamo senza sosta fino a consumarci e a trasformarci in cenere nera. Con la sola differenza che quelle sono stelle,noi siamo umani.E di cambiamenti ne abbiamo molti di piu’-.
Mi sembrava una cosa alquanto macabra.
-Quella stella ha 10 anni.-affermai.-E’ la mia stella e decido io-.
Nate si giro’ verso di me guardandomi. Sorrise.
-Certo che sei molto sicura di te,eh?!Da piccola dovevi essere proprio irrequieta..poveri genitori-rise.
Sorrisi amaramente.

 

I miei genitori..avrei tanto voluto conoscerli.Chi erano?Io non sapevo nulla.Non li avevo mai visti.Mi hanno raccontato di avermi trovata in strada,vicino al cassonetto della spazzatura ancora in fasce. Mi hanno presa e portata nel peggior orfanotrofio del paese. I ‘’dipendenti’’ crescevano i bambini fino ai 6 anni tra coccole e dolcetti,poi,raggiunta quell’eta’ li abituavano a fare lavori manuali,quelli che costringono a fare ai bambini del terzo mondo. Precisamente bambole.
Gli facevano costruire delle orribili bamboline di pezza. Orribili tanto quanto difficili da realizzare,soprattutto se si ha mani cosí piccole e fragili. Io crebbi ribelle e peperina. Non ascoltavo nessuno,non ubbidivo a nessuno. Tentavo ogni giorno di scappare via da quell’inferno,ma tutti i miei tentativi erano vani. L’unico modo per andarmene era aspettare che compissi 11 anni e che qualcuno mi venisse ad adottare. Ma chi mai avrebbe adottato una come me? A volte mi rassegnavo a quel pensiero. Stavo antipatica al mondo intero,ero acida,rispondevo  non molto educatamente..mi opponevo al lavoro ed usavo spesso le mani.Praticavo arti marziali di nascosto,in una cantina sotterranea. L’avevo scovata un giorno,mentre tentavo di scappare inutilmente. Era molto grande ma apparentemente inscovabile.
Frugai tra le cianfrusaglie e vi ci trovai un libro di arti marziali. Lo presi e lo tenni con me per mesi,senza aprirlo. Quando decisi di leggerlo,si aprí un nuovo mondo. Imparai man mano tutte le tecniche illustrate ed il luogo dove mi allenavo poteva essere solamente quella cantina,che era il mio rifugio da tutto quel orrendo mondo fuori. Le usavo spesso per scampare alla presa del direttore dell’orfanotrofio quando per l’ennesima volta riusciva ad acciuffarmi mentre stavo per scavalcare il cancello..e purtroppo riuscivo a procurargli solo qualche piccolo graffietto. Ma avere quel ‘’potere’’ mi faceva sentire come un leader.
7 gennaio,compivo 11 anni. Il direttore mi chiamo’ in direzione,senza neanche farmi gli auguri o per lo meno darmi il buongiorno. Mi fece aspettare ben 10 minuti nel suo ufficio con una canzoncina a continuazione che ogni mattina svegliava tutto l’orfanotrofio. Iniziai a canticchiarla d’istinto,dato che ci ero abituata.
La testa di un vecchio signore sbuco’ dalla porta. Mi sorrideva e mi guardava quasi stupito,con occhi innamorati. Aveva lottato tanto. Era riuscito nel suo intento.
Benche’ fosse vecchio era riuscito ad adottare una figlia. Mi insegnó tante cose,diventai qualcuno che non avevo pensato neanche lontanamente di diventare e tutto grazie lui. Tutto quello che avevo.


-Ho detto qualcosa che non va?-mi guardó.
Mi girai verso di lui scuotendo la testa.
-Va beene,é la tua stella e decidi tu-alzó le mani come per toccarla.
-Tu non hai una stella tutta tua?-
-Non sono il tipo da stelle personali.-
-Neanch'io.-
-E allora perché ce l'hai?-
-Me l'hanno regalata.-risposi seccata.
-Ci vuole coraggio a regalare una stella..-
-Ci vuole amore.-
Nate rimase leggermente imbarazzato.
-e chi é che ti ama?-
-Mio padre.-.

 

Flashback.
Mi portó fuori dall'orfanotrofio tenendomi dolcemente per mano. Lui era Jus McBrown,un simpatico signore. Mi aveva chiamata alexandra,come sua moglie che non c'era piü e che sarebbe dovuta essere mia madre. Ora avevo una nuova identitá. Ora ero Alexandra Mcbrown.
-Hei alexandra,ti va di andare a prendere un gelato? E poi se vuoi dopo possiamo andare al parco o..-.
Sembrava entusiasmato. Era l'uomo piú dolce e buono del mondo. L'unico che non mi dava motivi per far uscire fuori la parte di me,quella irrequieta.Gli volevo gia’ bene.Realizzai che ormai ero sua figlia,ma non avevo il coraggio di chiamarlo gia’ papa’..

--ehm..si..se non disturbo..-

-Ma quale disturbo?Faro’ tutto cio’ che mi chiedi.Sono qui per questo.-

-Il gelato lo mangio solo se lo prendi anche tu-

-E va bene,faro’ uno strappo solo solo per te!

-Ma perché..non puoi mangiarlo?!-lo guardai.

-Sono vecchio..non posso mangiare tanti dolci..-mi diede un bacio sulla fronte.

-Beh,allora non preoccuparti,non voglio farti stare male,lo prendo solo io-

-Sei una cara bambina..-mi accarezzo’

Andammo a comprare il gelato li vicino,da un suo caro amico e dopo aver parlato un po’ di me e avermi regalato una figurina di un maialino gelatiere mi porto’  al parco piu’ bello della citta’.Ci stendemmo sull’erba fredda e umida a guardare il cielo.

-la vedi quella stella li?-ne indico’ una delle tre visibili quella notte. Annuii.

-Quella è la mia stella. E si chiama Alexandra,proprio come te.-mi sorrise-Ed ha 40 anni.

-Perché ha 40 anni,hus?-lo guardai arricciando il naso incuriosita.

-40..come gli anni che ho trascorso accanto alla mia bellissima moglie.-

-Alexandra?-

-si…lei..-

Rimanemmo qualche minuto senza parlare. Io non sapevo cosa dire. Non sapevo che parole usare per quelle situazioni.

-Anch’io voglio una stella!-piagnucolai accoccolandomi a lui per il freddo.

 Mi strinse a se e sentii un calore che ando’ a creare una sorta di protezione. Era davvero cosí l’amore di un padre? Ti dava quelle sensazioni?

-La vedi quella grande e luminosa?-

-Si..com’è bella..-mi misi a fissarla per un po’.

-Te la regalo. E’ tutta tua piccola –

-Mia?Me l’hai regalata?Si possono regalare le stelle?

-si che si possono regalare!-sorrise.Sembrava felice.Lo ero anche io.

 

-Alexandra…

-hei,nate chiamami Alex-sospirai.

-Alex…è bello l’amore di un padre?

Rimasi sopresa da quella domanda.Non me la sarei mai aspettata.

-Ma certo che lo é..é molto sottovalutato,ma se tu vivessi particolari situazioni riusciresti a capire piu’ facilmente che è un qualcosa di unico..-gli risposi.

-Tu non me la racconti giusta.Hai troppoi segreti per i miei gusti-disse prendendomi in giro.

-Potrei dire lo stesso di te!-lo imitai trattenendo le risate.

Rise.Aveva una risata rara e piacevole.

-Io sono uno di poche parole- esordì-quindi ritieniti fortunata che sto qui a parlare con te e soprattutto su di un tetto in piena notte con le tante cose che di notte si possono fare.

-ohh,beh,sono lusingata signore.-dissi ironica.

-non fare la cretina-

-Hei,non sono cretina io!-

-Ah,no?!- si alzo’.

Mi alzai anch’io cercando di fare la seria.

-nah!!

-Bah!-alzo’ le spalle. –bene,che ore sono?-

-Credo le 3 e mezza..non ho l’orologio con me..-.

Sentii improvvisamente una voce roca alle mie spalle-Si puo’ sapere che ci fate qui?-.

La riconobbi immediatamente. Era quella di Lever. Mi girai sfoggiando un raggiante sorriso,mentre il viso di Nate si incupi’ di colpo. Lever si avvicino’ guardando prima me ,poi Nate,poi di nuovo me,con aria di disprezzo. Quell'uomo nascondeva qualcosa. L'avrei scoperto prima o poi.

-Andate a dormire,è tardi. Non dovete e non potete stare qui.

-Mi scusi signor Lever-rispose Nate che aveva assunto quasi le sembianze di un cane bastonato.

-Ciao Alex.-sussurro’.Se ne ando’ seguito da Lever che intanto mi lancio’ un’occhiataccia quasi assassina.

  
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