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Autore: _Fedra_    13/05/2014    3 recensioni
Il primo giorno di scuola, il Cappello Parlante assegna Edmund a Serpeverde non appena sfiora la sua testa.
Ma siamo sicuri che la Casa più famigerata di Hogwarts sforni esclusivamente maghi e streghe cattivi?
E se il ragazzo destinato ad affiancare Harry Potter nella lotta contro Voldemort si trovasse proprio lì?
* AU in cui i Pevensie sono dotati di poteri magici; nuovi pairing e personaggi per entrambe le saghe *
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Edmund Pevensie, Susan Pevensie
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La profezia dell'Erede'
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CAPITOLO 23

Lotta contro le tenebre

~

 
 
 
 
 
 
Quando finalmente Jane ed Edmund sbucarono da uno dei camini dell’Atrium sembrava trascorsa un’eternità.
La ragazza non riusciva ancora a rendersi pienamente conto che solo un minuto prima era stata baciata.
Le sembrava quasi di aver sognato.
Edmund era al suo fianco, silenzioso e immobile come una statua, gli occhi più neri che mai.
La sua mano stesa lungo il fianco era così vicina che a Jane sarebbe bastato allungare le dita di qualche millimetro per afferrargliela, se solo avesse avuto il coraggio, ma un improvviso senso di gelo si era impadronito di lei nel momento in cui aveva visto Harry e gli altri apparire da dietro le fiamme verde smeraldo.
Erano di nuovo in missione, a un passo dal loro nemico mortale.
La ragazza conosceva bene quella sensazione mista a eccitazione e paura.
Con gli anni, aveva imparato a conviverci.
Sapeva che lei e suo fratello avrebbero rischiato la vita ogni giorno, almeno fino a quando Voldemort non sarebbe stato definitivamente sconfitto.
Il loro compito era quello di lottare contro il male, a qualsiasi costo.
Quella volta, però, Jane provò per la prima volta qualcosa di diverso.
Fino a poco tempo prima, poco le importava se probabilmente non sarebbe uscita viva da uno scontro frontale con il nemico.
Ora invece era diverso.
Avvertiva Edmund al suo fianco e ciò la faceva sentire fragile.
Se solo le fosse accaduto qualcosa, qualsiasi cosa, chi si sarebbe preso cura di lui?
E se il ragazzo fosse rimasto ucciso, cosa avrebbe fatto lei?
Al solo pensiero, Jane inorridì.
Non dovevano morire, non quella notte.
Dovevano sopravvivere, a qualsiasi costo.
–Tutto bene? – domandò Harry rivolto alla sorella.
–Sì – annuì lei, assumendo tempestivamente la sua solita aria da dura.
–Restiamo vicini. Seguitemi.
Il Sopravvissuto si incamminò lungo il corridoio deserto dell’Atrium, seguito a ruota dagli altri.
I loro passi rimbombavano spettrali lungo le pietre nere del pavimento.
Oltrepassarono la fontana dei Magici Fratelli e si rinchiusero tutti nel primo ascensore che trovarono, scendendo fino al nono livello.
–Ufficio Misteri – gracchiò una fredda voce femminile non appena il mezzo si arrestò con un tonfo.
I ragazzi si districarono a fatica e si precipitarono nel corridoio vuoto, le bacchette sguainate.
Esattamente come aveva sognato, Harry trovò la porta dell’Ufficio Misteri socchiusa.
La spinse con mano tremante, ritrovandosi all’interno di un’enorme stanza circolare illuminata dalla luce bluastra delle torce, su cui si aprivano almeno una dozzina di altre porte tutte uguali.
–Andiamo dritti – disse Harry con decisione, quando improvvisamente Hermione lanciò un urlo.
Neville aveva appena chiuso la porta da dove erano entrati.
Non era trascorso neppure un istante che l’intera stanza aveva preso a girare su se stessa a una velocità spaventosa, fermandosi  con un rombo sinistro dopo minuti che parvero ore.
–Oh, no! – gemette Jane. – Come facciamo a ritrovare l’uscita?
–Proviamole tutte – disse Harry in tono poco convinto, imboccando la prima porta che gli capitò a tiro.
–Aspettate – intervenne Hermione, rimasta per ultima.
Con un colpo di bacchetta, la ragazza tracciò una croce fiammeggiante sul legno un attimo prima di chiuderla.
–Dove siamo? – domandò Susan atterrita.
Erano arrivati in una sorta di enorme anfiteatro, al centro del quale, simile a un sinistro palcoscenico, sorgeva un’arcata completamente vuota.
Harry la fissava con uno sguardo stranamente vacuo.
–Che succede? – domandò Jane nervosamente.
–Non sentite le voci? – ribatté il ragazzo.
–Certo! – rispose Luna tranquillamente.
Edmund aveva preso improvvisamente a fissarsi le punte dei piedi.
–Non mi piace. Andiamo via, per favore! – squittì Susan.
–Dai, Harry! Ricordati di Sirius! – lo riscosse Jane con veemenza.
Non le piaceva affatto il modo in cui suo fratello si era imbambolato di fronte a quel maledetto arco.
Il ragazzo la seguì titubante, lanciandosi di continuo delle occhiate nervose alle spalle.
Una volta usciti all’esterno, la stanza riprese nuovamente a ruotare su se stessa.
Per fortuna, la croce di Hermione rimase ben in vista per tutto il tempo.
–Proviamo questa – disse Harry infilando un’altra porta a caso.
Questa volta si ritrovarono in una stanza enorme, grande come una cattedrale, in cui erano stipati orologi di tutte le forme e dimensioni all’interno di immensi armadi di cristallo.
–Non è questa – tagliò corto Harry. – Proviamone un’altra.
Al nuovo tentativo, si ritrovarono in una stanza se possibile ancora più inquietante delle precedenti.
L’interno era occupato quasi completamente da un’enorme vasca colma di un liquido verde acido, in cui sguazzavano pigramente delle strane creature viscide e biancastre.
–Cervelli? – esclamò Ron inorridito, avvicinatosi al bordo.
–Andiamo via di qui! – sentenziò Hermione afferrandolo per un braccio. – Non so perché, ma ho una brutta sensazione.
Tentarono una nuova porta, ma questa non volle saperne di aprirsi, neanche con l’uso della magia.
Rassegnati, i ragazzi ne provarono un’altra, questa volta con successo.
–Ѐ questa! – esclamò Harry sottovoce.
Gli altri furono percorsi da un fremito di paura, in particolar modo Edmund.
Jane avvertiva il suo respiro affannoso a pochi centimetri da lei.
Gli afferrò il polso, cercando di fargli forza.
Avvertiva il suo cuore correre come un cavallo impazzito sotto le sue dita.
–State pronti – sussurrò Hermione levando la bacchetta. – Guardatevi alle spalle: potrebbero averci teso un’imboscata.
–Sbrighiamoci! – ringhiò Harry, ormai arrivato al culmine della tensione.
Gli altri lo seguirono nel labirinto di scaffali che si apriva davanti ai loro occhi.
Erano file e file di sfere di cristallo che si levavano dal pavimento fino a sparire nel soffitto buio.
–Che cosa sono? – domandò Susan indicandole.
–Profezie – rispose Hermione. – Tutte le profezie pronunciate dalla notte dei tempi a oggi, credo. Saranno migliaia, forse miliardi.
–Dannazione! – sbottò Harry fermandosi davanti alla fila 94.
–Che succede? – domandò Jane guardinga.
Non c’è!
–Cosa?
–Sirius era qui!
Sia Jane che Hermione gli lanciarono una delle loro occhiate in stile “te lo avevo detto”, ma nessuna delle due osò parlare.
Le varianti da prendere in considerazione in quel momento erano davvero troppe e terribili per mettersi a fare la predica.
Forse Voldemort aveva avvertito Harry nella sua testa ed era fuggito per evitare che i suoi piani venissero rovinati dagli Auror come era avvenuto la notte dell’aggressione al signor Weasley.
Oppure era semplicemente troppo tardi.
–Harry, guarda! C’è il tuo nome, qui! – esclamò improvvisamente Neville indicando gli scaffali.
Il ragazzo si avvicinò al punto indicato dall’amico.
In effetti, aveva ragione.
C’era davvero una profezia che riportava il suo nome sull’etichetta, accanto a un’altra contrassegnata con quello di Voldemort.
Edmund fissava la sfera di cristallo con aria stranamente incuriosita.
Di colpo, non riusciva più a staccare gli occhi da quella del loro nemico, come se fosse ipnotizzato.
Al suo interno, una nebulosa figura argentea con un enorme paio di occhiali stava aprendo e chiudendo la bocca ritmicamente, come se stesse parlando.
–Non capisco – disse in quel mentre Harry afferrando la sfera con il suo nome. – Che ci faccio io quaggiù?
–Se proprio vuoi saperlo, fai il bravo e dammi la profezia – disse una voce untuosa alle sue spalle.
I ragazzi trasalirono, stringendosi uno all’altro e sfoderando le bacchette.
Dieci Mangiamorte stavano emergendo lentamente dagli scaffali, i volti celati dalle maschere simili a un teschio, circondandoli da ogni lato.
Sembrava un incubo, il peggiore degli incubi.
Ormai, non avevano scampo.
–Prima dovrai vedertela con me, Malfoy! – esclamò Harry rivolto al Mangiamorte che aveva parlato poco prima.
Deficiente, pensò Jane esasperata.
In tutta risposta, una risata stridula proruppe nell’oscurità, gelida e isterica come se la donna che l’avesse appena lanciata fosse in preda a un’euforica follia.
–Potty sa come si gioca, eh? – squittì, un attimo prima di rivelare il suo volto.
Un lampo di gelo e di rabbia percorse il gruppo non appena la videro.
Bellatrix Lestrange era davvero la copia vivente di sua sorella Alhena, anche se gli anni ad Azkaban l’avevano segnata in maniera indelebile.
Il volto era scavato come quello di un teschio, facendo risaltare ancora di più gli enormi occhi scuri, e i capelli un tempo neri erano ormai striati di grigio, crespi e incolti come la criniera di una belva rabbiosa.
Nel vedere l’aguzzina dei suoi genitori, Neville strinse le dita attorno alla bacchetta fino a far sbiancare le nocche.
Al suo fianco, Edmund per poco non svenne.
Non avrebbe mai creduto che un giorno si sarebbe di nuovo trovato di fronte a quegli occhi dilatati dalla follia.
Il suo peggiore incubo era di nuovo lì, davanti a lui.
Avrebbe tanto voluto urlare, ma ogni suo muscolo si era come congelato.
–Avanti, Potter – incalzò Lucius Malfoy. – Dammi la profezia e nessuno si farà male.
–No! Dov’è Sirius?
Dov’è Sirius? – gli fece il verso Bellatrix tirando fuori la lingua.
–Straordinario come il Signore Oscuro riesca a plagiare le menti, soprattutto quelle deboli e altruiste come la tua, Potter – rispose Malfoy in tono compiaciuto. – Sai, forse dovresti imparare a distinguere i sogni dalla realtà. Grazie a un Elfo Domestico di nome Kreacher, ora il nostro signore conosce ogni tuo punto debole per costringerti a fare ciò che vuole.
–Ed è questa stupida sfera di cristallo, quello che vuole? – sbottò Harry, furioso con se stesso per essere stato così stupido da mandarli tutti verso una morte certa. – Perché non è venuto a prendersela da solo?
–Vedi, solo il destinatario della profezia può prenderla dallo scaffale – spiegò Malfoy pazientemente.
–Qui ce n’è un’altra che parla di lui. Non gli bastava?
–Quella profezia non riguarda il Signore Oscuro. È stata etichettata per errore. Ma questa è un’altra storia, Potter. Piuttosto, non sei curioso di sapere perché sei stato proprio tu il Prescelto? Non vuoi conoscere il segreto della tua cicatrice?
–Preferisco restare nell’ignoranza. Reducto!
A un segnale invisibile, tutti loro levarono le bacchette e le puntarono contro gli scaffali.
Otto fatture diverse partirono contemporaneamente in tutti gli angoli della stanza, distruggendo decine di profezie che si schiantarono al suolo con un fragore spaventoso di vetri in frantumi.
Figure perlacee si sollevavano dai frammenti, parlando con una voce distante prima di dissolversi nel nulla.
I Mangiamorte urlarono, riparandosi come poterono.
I ragazzi ne approfittarono per fuggire.
Infilarono la prima porta che trovarono, chiudendosela alle spalle.
Erano arrivati nella stanza piena di orologi.
–Aspettate! – esclamò Susan, appoggiandosi alla porta con tutto il suo peso. – Dove sono finiti Ron e Luna?
Non ricevette alcuna risposta.
Improvvisamente, la porta si spalancò con una violenza inaudita, centrando la ragazza in pieno.
Susan si accasciò a terra con un urlo soffocato, premendosi le mani sul volto insanguinato, mentre due Mangiamorte entravano nella stanza, calpestandola.
–Sono qui! EHI, LI ABBIAMO TROVATI! – gridò il primo rivolto verso qualcuno all’esterno.
Silencio! – lo zittì Hermione centrandolo con un incantesimo.
In tutta risposta, il Mangiamorte levò la bacchetta, facendo un sinistro movimento con il polso.
La ragazza cadde a terra senza neppure un lamento, restando inerte come una bambola rotta.
Stupeficium! – gridò Jane colpendo a sua volta.
Il Mangiamorte attraversò al volo la stanza, accasciandosi privo di sensi in un mare di vetri rotti.
Il suo compagno fece per rispondere al fuoco, ma venne prontamente atterrato da Neville.
–Hermione! – esclamò Jane inginocchiandosi al suo fianco. – Oddio, è morta!
–Il polso c’è – disse Harry, pallido come un cadavere. – Usciamo di qui, prima che sia troppo tardi.
I ragazzi imboccarono una porta che sorgeva davanti a loro, trascinando via Hermione e Susan, il cui naso non smetteva più di sanguinare.
Per poco non si scontrarono con Ron e Luna, nella stanza dei cervelli.
Il ragazzo era completamente ricoperto di sangue e continuava a ridere come un ossesso.
–Che cosa vi è successo? – esclamò Harry fuori di sé.
–Siamo finiti in una stanza piena di pianeti e un Mangiamorte ha fatto esplodere Urano in faccia a Ron – spiegò Luna come se si trattasse di una cosa da niente.
–Ci pensi, Harry? Abbiamo visto Urano! – ridacchiò Ron aggrappandosi spasmodicamente al braccio dell’amico.
–Di male in molto peggio. Andiamocene!
–Ma Harry, aspetta, non vuoi vedere i cervelli? Accio cervello! – rise Ron levando la bacchetta.
Con sommo orrore di tutti, un viscido cervello biancastro schizzò fuori dalla vasca, volando dritto verso Ron.
Lunghi tentacoli di ricordi presero a staccarsi dalla sua superficie, arrampicandosi come serpenti lungo le braccia del ragazzo.
–Non mi piace! Basta! Fa male!
Improvvisamente, l’espressione inebetita di Ron era mutata in puro terrore.
Senza neanche pensarci, Jane levò in aria la bacchetta.
Reducto! – urlò.
Il cervello esplose in mille pezzi gommosi, che inondarono letteralmente la stanza.
Ron si accasciò a terra privo di sensi, ma salvo.
Non avrebbe mai funzionato con te, pensò Jane con rammarico.
Improvvisamente, un’esplosione di passi alle loro spalle li fece trasalire all’unisono.
–Stanno arrivando! Fuori! FUORI! – gridò Harry caricandosi Ron sulla spalla e puntando alla porta successiva.
Con loro sommo orrore, tutte le croci segnate da Hermione erano scomparse.
Disperato, Harry puntò dritto davanti a sé.
Andavano così veloci, che finirono per rotolare giù dalle gradinate dell’anfiteatro, trovandosi a pochi passi dall’arcata vuota che avevano visto all’inizio.
Un attimo dopo, i Mangiamorte superstiti irruppero nella stanza, dando inizio a una lotta furibonda.
Inebriato dalla rabbia e dalla paura, Neville si scagliò contro il primo incappucciato che gli arrivò a tiro, Schiantandolo.
Il suo compagno lo afferrò alle spalle, immobilizzandolo.
Il ragazzo tentò di divincolarsi come una furia, ma il Mangiamorte gli torse un braccio dietro la schiena fino a mozzargli il fiato.
–Paciock, vero? – domandò Bellatrix in tono sadico, mentre si avvicinava con la bacchetta levata. – Ho avuto il piacere di incontrare i tuoi genitori. Come stanno adesso?
–Molto meglio, ora che sto per vendicarli!
Crucio!
Tutti smisero all’istante di duellare, nel momento in cui la stanza venne riempita dalle urla di Neville.
Il Mangiamorte che lo aveva catturato lo aveva lasciato crollare a terra, fissandolo con distacco come se niente fosse.
–NO! – gridò Edmund Schiantando a tradimento il suo avversario e facendo per avventarsi su Bellatrix.
La donna levò d’istinto lo sguardo verso di lui.
I loro occhi neri si incrociarono.
Un lampo percorse i loro sguardi, come se entrambi si fossero riconosciuti.
Il terrore si impadronì di Edmund, mentre il volto di Bellatrix si trasformò in una maschera di euforia.
–I tuoi occhi…
–STA’ LONTANA DA LUI!
Jane si scagliò con tutte le sue forze contro Bellatrix, prendendola alle spalle.
Entrambe rotolarono giù dai gradini che le separavano dall’arco, rovinando sul terreno di pietra nuda come un ammasso di stracci neri.
–Come osi, sudicia Mezzosangue? – berciò Bellatrix afferrandola per i capelli e costringendola a levarsi in piedi, la bacchetta premuta contro la gola. – Non hai idea di quello che stai facendo.
–Lo so eccome, vecchia megera!
–Ti insegno io un po’ di buone maniere, ragazzina!
Jane serrò gli occhi, aspettando di avvertire il dolore inimmaginabile dalla Maledizione Cruciatus dilaniarle le membra, ma quello non venne mai.
Avvertì un’onda inarrestabile di energia schiaffeggiarle il viso e scagliarla lontano, come se non avesse avuto peso.
Quando riaprì gli occhi, si ritrovò a pochi metri da Caspian, la bacchetta ancora levata, mentre Bellatrix giaceva ai suoi piedi, completamente immobilizzata.
In quell’istante, l’Ordine della Fenice era comparso sulla sommità delle gradinate, precipitandosi a dare battaglia.
–Dov’è Susan? – le chiese il ragazzo nervosamente.
–Sta bene – boccheggiò Jane.
–Raduna gli altri e andatevene.
–D’accordo. Arrivi sempre al momento giusto, tu!
La ragazza si rialzò barcollando, precipitandosi dagli altri.
Si premurò di recuperare per primo Edmund, ancora visibilmente scosso.
–Guai a te se mi giochi un altro scherzo come questo! – lo redarguì afferrandolo per un polso e andando a cercare Neville.
Non sapeva perché, ma nel momento in cui Bellatrix lo aveva guardato le si era gelato il sangue nelle vene.
Qualcosa di terribile era successo in quell’istante.
Qualcosa su cui era meglio non indagare.
Alle loro spalle, un Mangiamorte era appena riuscito a liberare la strega dai legacci invisibili che la tenevano imprigionata, scagliandosi poi su Caspian.
Bellatrix stava per colpire il giovane a tradimento, ma venne intercettata da Sirius.
–Prenditela con me, cugina – la incalzò con un sorriso di sfida.
Capendo che ormai la situazione era disperata, Jane e Harry radunarono i compagni e fecero per fuggire, quando di colpo un Mangiamorte sbucò da dietro una delle gradinate, acciuffando il ragazzo per la caviglia e mandandolo lungo disteso a terra.
La profezia gli sfuggì di mano e schizzò a un paio di metri di distanza, andando in mille pezzi.
–Prendi questo! – gridò Harry centrandolo in faccia con un calcio.
–Coraggio, tutto qui quello che sai fare? – stava gridando in quel momento Sirius rivolto a sua cugina.
Per poco non finì la frase.
L’anatema lanciato da Bellatrix lo colpì in pieno petto.
Un’espressione di pura sorpresa si delineò sul suo volto; poi, lentamente, il mago scivolò oltre l’arcata vuota, scomparendo alla vista.
Di colpo, tutti avevano smesso di nuovo di combattere.
Un’atmosfera di gelo era calata sulla stanza.
Harry rimase inebetito per diversi secondi, aspettandosi che il suo padrino sbucasse fuori da un momento all’altro; poi, resosi conto che ciò non sarebbe mai successo, si lanciò in una folle corsa verso l’arco, trattenuto a fatica da Lupin.
Le sue urla disperate echeggiarono nella semioscurità dell’anfiteatro.
Sirius Black era morto.
Bellatrix abbassò la bacchetta, un’espressione indecifrabile dipinta sul volto, voltandosi di scatto e dileguandosi oltre le gradinate.
Con un ultimo sforzo, Harry si liberò dalla stretta di Lupin, gettandosi al suo inseguimento.
–Edmund, qualsiasi cosa succeda, resta con gli altri, capito? – esclamò Jane prima di seguire il fratello oltre la stanza.
Riuscì a imboccare la porta giusta appena prima che le pareti riprendessero a girare, risalendo fino all’Atrium.
La voce di Bellatrix rimbombava a pochi passi da loro.
–Vieni a prendermi, Potter! Vieni a vendicare il tuo padrino, se ne hai il coraggio!
Crucio!
La strega lanciò un grido, accasciandosi al suolo, ma non si contorse come era avvenuto per Neville.
Si limitò a guardare Harry con aria di sfida.
–Che cosa fai, razza di cretino? Così ti abbassi al suo livello! – gridò Jane costringendolo ad abbassare la bacchetta.
–Non ti affannare troppo, dolcezza. A quanto pare, tuo fratello non capisce che deve volerlo davvero, cosa di cui non è capace. Anche se non credevo che la sua ingenuità non fosse nulla, paragonata alla tua – ridacchiò Bellatrix lanciando loro un’occhiata di puro disprezzo.
–Ci sono magie ben più potenti di una stupida maledizione – le rispose Jane sfacciatamente.
–Ma davvero? Vorrei proprio vedere se sarai ancora dello stesso avviso, una volta che avrai provato la Maledizione Cruciatus sulla tua pelle. A meno che il tuo adorato fratello non mi voglia dare la profezia.
–Risparmia il fiato. È andata distrutta proprio grazie a un tuo amico Mangiamorte. Non c’è più. Ora come lo dirai al tuo signore? – intervenne Harry, facendo da scudo a Jane con il suo corpo.
A quelle parole, gli occhi di Bellatrix sembrarono schizzare fuori dalle orbite.
–Come sarebbe a dire distrutta? Oh, padrone, abbiate pietà di me!
–Ѐ inutile che ti agiti, tanto non ti può sentire!
Non posso, Potter?
Jane lanciò un grido.
Erano passati quattro anni da quando aveva udito quella voce fredda l’ultima volta.
Non avrebbe mai dimenticato quel volto emaciato scavato dal male, con quegli occhi rossi dalla pupilla verticale che brillavano come tizzoni ardenti nell’oscurità.
Ora però quel volto aveva anche un corpo tutto suo, alto, magro, spaventosamente forte.
Improvvisamente, le statue colossali dei Magici Fratelli si animarono.
Due di esse si piantarono davanti ai gemelli, facendo loro da scudo.
In quel momento, Albus Silente apparve dal nulla.
–Finiamola con questa storia, Tom – gli disse con calma. – Stanno arrivando altri Auror.
–Per allora me ne sarò già andato e tu sarai morto – rispose Voldemort levando la bacchetta.
Un vortice di incantesimi si abbatté sui due maghi.
Fiamme, onde alte sei metri, piogge di vetri affilati: questo fu lo spettacolo spaventoso che i gemelli Potter si trovarono ad assistere in quel momento, nascosti dietro la statua che li stava proteggendo.
Jane si rannicchiò con tutte le sue forze contro il fianco di Harry, affondando le unghie e il volto contro la sua spalla.
Il ragazzo la strinse a sé, proteggendola.
Sentiva che sarebbero morti da un momento all’altro.
Almeno, se ne sarebbero andati insieme, proprio come i loro genitori.
Improvvisamente, Voldemort scomparve.
Il corpo di Harry si irrigidì come se di colpo fosse stato privo di vita.
Il ragazzo cadde a terra, davanti allo sguardo terrorizzato di Jane.
I suoi occhi erano diventati improvvisamente rossi.
–Che cosa aspetti? – sibilò nel momento in cui Silente accorse al loro fianco. – Uccidimi, ora che puoi.
–Jane – mormorò il Preside rivolto alla ragazza inorridita.
–Lo sta possedendo…mio Dio! – singhiozzò lei disperata.
–Non ti ho fatto studiare Legilimanzia per niente. Solo tu puoi salvare Harry, ora.
La ragazza annuì nervosamente; poi si chinò su suo fratello.
–Harry! Ti prego, Harry!
Avvertiva il male più forte che mai, ancora più forte di quanto ne serpeggiasse già all’interno dell’Ufficio Misteri.
Aveva come l’impressione di essere sul punto di svenire.
–Harry.
Jane provò a prendergli il viso tra le mani, ma fu come abbracciare un enorme ferro rovente.
La vista le divenne improvvisamente nera, come se fosse stata investita da una pioggia di cenere incandescente.
Il male ormai era ovunque e stava divorando suo fratello un pezzo alla volta.
Jane urlò.
La nausea era insopportabile.
Si voltò dall’altra parte e vomitò sul pavimento di pietra.
–Resisti, Jane! – la incalzò Silente con voce calma.
Singhiozzando per la paura e per il dolore, la ragazza afferrò di nuovo il volto di Harry, lottando contro tutta la pioggia di sensazioni terribili che l’attaccarono in quel momento.
Era di gran lunga peggio dell’attacco di un Dissennatore.
Chiuse gli occhi, premendo la fronte contro quella del ragazzo.
La cicatrice scottava più che mai. Lottando contro la pioggia scura che le impediva la vista, Jane andò oltre, cercando di leggere la mente di suo fratello.
Ciò che vide per poco non la fece vomitare di nuovo.
Il ragazzo giaceva in una stanza buia, tra le spire di un serpente.
Proprio come Edmund nel sogno di un anno prima.
–Sei uno sciocco, Harry Potter – stava dicendo la creatura mostruosa. – Non vedi quanta gente è morta a causa tua, solo per il tuo vizio di fare l’eroe? I tuoi genitori, Cedric e ora Sirius. Quanti ancora dovranno subire la tua stupidità? Scegli la via della grandezza, Harry Potter, e forse per te ci sarà ancora una speranza. Amore è solo una parola, ricordatelo. Io non smetterò mai di ripetertelo. Sei un mago troppo potente per andare distrutto e tu sai quanto apprezzo la grandezza.
–NON ASCOLTARLO! – gridò Jane. – Harry, lo vuoi sapere qual è il tuo unico vero difetto da una che ti conosce più di ogni altro? Ti preoccupi troppo di quanto tu e Voldemort siete simili, piuttosto delle cose in cui siete diversi! Sei una persona altruista, Harry, che non conosce pregiudizi ed è sempre pronta a sacrificarsi per gli altri. Questo Voldemort lo sa? Sarebbe mai in grado di amare qualcuno?
Vedendo che il serpente voltava lo sguardo verso di lei, Jane levò la bacchetta ed evocò il suo Patronus.
Il cavallo alato galoppò contro il mostro, accecandolo.
Nello stesso momento, la ragazza trasse un profondo respiro e baciò la cicatrice sulla fronte del ragazzo.
La pelle sembrò esplodere contro le sue labbra.
A quel contatto, Voldemort lanciò un urlo straziante, come se stesse bruciando vivo.
Tutto venne avvolto da una luce accecante, che spazzò via ogni cosa.
Jane venne sbalzata sul pavimento gelido.
Non avvertiva più alcuna sensazione.
Era solo stremata, sul punto di svenire.
L’unica certezza che aveva e che le balenava sul sorriso stirato sulle sue labbra era che Harry era salvo.
L’ultima cosa che vide prima di precipitare nell’oscurità fu il volto di Edmund a pochi centimetri dal suo, che la teneva delicatamente tra le braccia e chiamava disperatamente aiuto.



Salve, gente! :)
In vista della battaglia finale, oggi ho pensato di regalarvi un capitolo molto più lungo del solito (sono quasi 10 cartelle). Spero che non l'abbiate trovato troppo noioso!

Siamo ormai arrivati alla terzultima puntata della Triologia dell'Erede e ci sono ancora tante cose da svelare. Nel mentre, ho steso buona parte del sequel, anche se tra esami e un'altra storia che sto pubblicando sul fandom di Lady Oscar la vedo un po' lunga prima che possiate leggerlo. Vi chiedo quindi un po' di pazienza. Nel mentre, godetevi queste ultime pagine. La tenerezza e le risposte non mancheranno, soprattutto nel prossimo capitolo.

Se il vero destinatario della profezia non è Voldemort, allora di chi si tratta? Lo so, mi sa che avete indovinato tutti...

Come sempre, vi lascio il link della mia pagina facebook, per tutti gli aggiornamenti: 
https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra?fref=photo

A martedì prossimo! :)
Baci

F.
     
 
   

  
         
    
 
 

 
   
 
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