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Autore: Haydee    28/07/2008    6 recensioni
...Nella digradante calura del tramonto, mentre il disco rosso del sole spariva tra i palazzi di stucco, colorandoli insieme all'atmosfera di un romantico rosa pastello, si fronteggiavano nel giardino interno, mentre nell'aria aleggiava il profumo degli aranci e il silenzio era rotto dallo zampillare di una fontana... ...Quando vide la sottile falce di luna apparire delicatamente nel cielo rosa, capì che il suo mondo incantato iniziava da lì...
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Nella digradante calura del tramonto

Nella digradante calura del tramonto

 

Nuova Delhi, tardo pomeriggio

 

Haydée entrò con passo svelto e leggero, sospirando stanca e soddisfatta.

Aveva passato una giornata con Ameera e sua madre, avevano filato e lavato la biancheria, ripulito la casa della madre della ragazza e chiacchierato allegramente per tutto il tempo.

Le sembrava di non essere mai partita, nulla era cambiato, tranne forse lei, ma questo poteva anche nasconderlo.

Forse poteva nascondere a tutti il fatto che si sentiva… incompleta, e anche depressa, da quando era tornata. Quella sera avrebbe scritto a Phénice, aveva bisogno di sentire come se la passava dopo il brutto episodio con Selim… e in fondo voleva anche sapere come stava Madian. Senza che lei chiedesse niente, la rossa le mandava sempre qualche notizia anche al suo riguardo, insinuandola in qualche poscritto che lei finiva per divorare ancor prima di aver letto la lettera.

Era un male così grande ammettere che le mancava? Le aveva chiesto la ragazza nell’ultima mail. Sto sbagliando ancora.

Con uno scatto abbassò il sari dal capo, lasciando che il sole creasse riflessi rossi tra i suoi capelli, mentre si dirigeva tranquillamente verso la gabbia degli uccelli. Era stata lontana tutto il giorno ed era certa che quello sbadato di suo padre si era dimenticato di dar loro da mangiare.

 

Si stupì di vedere una figura vestita di chiaro accanto alla gabbia, ma ancora non riusciva a distinguerne bene le fattezze a causa del fogliame delle piante:

- Da quanto tempo non giocavamo a nascondino, papà? Non sono più una bambina! – esclamò divertita prima ancora di verificare che fosse lui.

Quando si trovò davanti alla figura misteriosa il suo cuore perse un battito, per poi riprendere a una velocità vertiginosa che la lasciò senza fiato.

 

Madian la guardava attentamente, aspettando.

 

~~~~~

 

Università, ore 09:45 am

 

Phénice sbuffò scostando un ricciolo ribelle che aveva avuto l’indiscrezione di scivolarle sugli occhi, poi riprese la sua contemplazione del nulla.

Chissà perché Rubens l’aveva chiamata, magari si era pentito di averla lasciata andare e ora voleva convincerla a tornare indietro… o magari era solo in vena di fare quattro chiacchiere!

Conoscendo il vecchio professore poteva pensare di tutto, anche che magari l’aveva chiamata per una cosa futile o che aveva già dimenticato.

Guardò le fronde ingiallite degli alberi e sospirò. Chissà se Madian era arrivato a destinazione, e se aveva già trovato quella testona di Haydée… lo sperava tanto, e sperava soprattutto che l’avrebbe convinta a tornare.

Con tutto quello che era successo aveva quasi scordato Winter e Mitja. Le avevano scritto una settimana prima dicendole ancora una volta quanto fossero felici con Crystal, suo marito e il bambino, ma non accennavano mai a loro due. Che razza di zucconi che aveva come amici!!

Magari poteva chiedere ad Arkel se sapeva qualcosa di più, poteva essere in contatto con loro anche telefonicamente… improvvisamente si accorse di essere arrossita come una scolaretta al primo appuntamento e le scappò un risolino isterico: adesso solo pensare a lui la faceva scattare sull’attenti?!

Lui probabilmente le avrebbe riso in faccia, anzi era certa che la considerava una ragazzina sciocca e romantica, smielata e insopportabile.

Era sempre così scorbutico e intrattabile! Non capiva perché se ne stava sempre sulle sue quando si incontravano, ormai erano amici da un pezzo, no?

Amici… quella parola le dava sui nervi ormai. Non lo sentiva come un amico, oh no, lo aveva capito durante quello scavo che aveva fatto come primo lavoretto per il museo.

Lo aveva capito la prima sera, quando rientrata nella sua cameretta d’albergo si era gettata sul letto e aveva messo mano al cellulare.

Senza pensare aveva digitato a memoria un numero e aveva premuto il tasto della chiamata.

Uno squillo. Due squilli. Tre squil

- Sì? – aveva risposto una voce trafelata:

- Ciao Arkel, sono Phénice. – aveva mormorato con un sorrisetto svanito dipinto sulle labbra.

Ecco come lo aveva capito: inconsciamente era lui che voleva sentire, era lui che doveva sapere com’era andata la prima giornata nello scavo per il museo, era la sua voce che voleva sentire, calda e leggermente roca, sensuale e insinuante.

Erano stati al telefono per un’eternità, lei nel frattempo si era alzata e aveva vagabondato per la camera, poi aveva gettato lo sguardo sullo specchio ed era rimasta di sasso.

Eccola l’espressione svanita che aveva avuto i primi tempi con Selim, anzi no, era diversa… era molto, molto peggio! Era arrossita nel sentirlo ridere sommessamente!!

Aveva alzato una mano incerta posandola alla base della gola, e aveva sentito il rollio impazzito del suo cuore… non c’erano dubbi, quella sensazione di panico crescente, la stretta allo stomaco, il formicolio nelle dita e nelle labbra… era innamorata!

Non aveva risposto a una sua domanda e lo aveva sentito alzare il tono della voce:

- Phénice mi senti… mi senti?! – lei aveva annuito distrattamente, sibilando un “sì” quasi impercettibile, mentre dall’altra parte il ragazzo si era lasciato sfuggire un leggero sospiro:

- Meno male, credevo fosse caduta la linea. Allora, quando pensi di tornare? – a quella domanda era letteralmente andata a fuoco.

Cosa significava?! Voleva vederla?! Doveva dirle qualcosa, chiederle un appuntamento, cosa??

- Hai bisogno che venga a prenderti? – le aveva detto semplicemente, facendo scattare una molla nella sua testa. Vuole vedermiiii!!!!

 

Poi i giorni erano passati, lui l’aveva aiutata a liberarsi di Selim, e i loro incontri non avevano nulla di serio. Si trovavano per pranzare, per bere un caffè, o passava a salutarla al museo.

Non era cambiato nulla, e lei si sentiva sempre più strana.

Voleva vuotare il sacco, gettargli le braccia al collo e… e… e non riusciva a pensare ad altro senza rimanere imbambolata per ore!

 

Diede un’occhiata all’orologio e si alzò per andare da Rubens, sistemandosi i vestiti. Vorrei tanto rivederlo…

 

~~~~~

 

India, al tramonto

 

Nella digradante calura del tramonto, mentre il disco rosso del sole spariva tra i palazzi di stucco, colorandoli insieme all'atmosfera di un romantico rosa pastello, si fronteggiavano nel giardino interno, mentre nell'aria aleggiava il profumo degli aranci e il silenzio era rotto dallo zampillare di una fontana.

- Ma… Madian… - mormorò alla fine, sbattendo gli occhi per mantenere la vista lucida e lottando contro lacrime involontarie:

- Ciao Haydée. – ribatté con lo stesso tono, sorridendole timidamente mentre non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Non capiva come poteva essere così bella anche con un semplice telo rosso avvolto attorno al corpo.

La ragazza seguitava a guardarlo incredula, poi prese faticosamente fiato:

- Cosa… perché sei… qui? – sussurrò avvicinandosi di qualche passo:

- Sono qui per te. Perché ho bisogno di te. – rispose sospirando. Era nervoso come un poppante! Lei scosse il capo:

- Io… Madian, che significa? – riuscì a mormorare prima di essere soffocata da un abbraccio disperato.

 

Il ragazzo la cullò a lungo, stringendola come impazzito e aspirando il suo profumo a pieni polmoni:

- Dovevo vederti Haydée, perché sei scappata? Non sa quanto ti ho cercata, credevo di impazzire! – le mormorò col viso sprofondato tra i suoi capelli: - Guai a te se lo fai un’altra volta! -.

Lei non rispose, limitandosi a chiudere gli occhi e a versare lacrime silenziose mentre ascoltava il rollio folle dei loro cuori.

Era venuto fin lì, era arrivato dall’altro capo del mondo solo per vederla! Non poteva crederci, non riusciva a crederci!

Lentamente, quasi senza rendersene conto, alzò le braccia e timidamente gli circondò la vita, posando le mani piccole sulla sua schiena muscolosa e facendolo sobbalzare di gioia, aumentando il contatto tra i loro corpi.

 

Per un istante infinitesimale Haydée si chiese cosa stava combinando, poi sentì le labbra di lui accarezzarle il collo appena sotto l’orecchio e si abbandonò alla sensazione di protezione e sicurezza assoluta che provava tra le sue braccia.

Oh, quant’era stata stupida, come aveva potuto dimenticare quella sensazione? Come aveva osato cancellare dalla mente il calore e l’intensità di quell’abbraccio?

Era stata folle probabilmente, folle e cieca.

Folle a volerlo dimenticare.

Cieca a non vedere cosa stava succedendo, cosa le stava succedendo.

Era impensabile pensare di stare lontana da…

- Sei così bella… - fece il ragazzo in un sussurro dolcissimo.

Un momento!

Dove l’aveva già sentito?

 

Un lampo improvviso: l’abitacolo di un’auto nascosta tra la boscaglia, lei tremante e un ragazzo seminudo che la guardava vacuo:

- Sei talmente bella Haydée… non aver paura. – aveva mormorato con voce arrochita e un ghigno che allora non aveva compreso. No, Phil… NO!!

 

Immediatamente si irrigidì, premendo per staccarsi e riuscendoci dopo che Madian ebbe lottato contro i suoi stessi sensi.

Rimasero a scrutarsi in viso per un tempo che parve infinito, mentre Haydée si perdeva nelle pozze blu che erano gli occhi del ragazzo, poi lui alzò una mano per accarezzarle una guancia morbida:

- Come stai? – sussurrò con la gola riarsa e la frenesia nelle mani. Lei sussultò appena, annuendo:

- Io… bene… Tu? – ribatté confusa:

- Bene, ora che ti ho trovata. – deglutì a fatica, poi prese il coraggio a due mani: - Vorrei rimanere qui per un po’ Haydée, ho bisogno di parlarti, me lo concedi senza fuggire ancora? – chiese con un sorriso triste. Lei annuì come ipnotizzata, mentre lui si scioglieva in un sorriso da infarto: - Grazie! – fece in tempo a mormorare prima di essere interrotto:

- Sei tornata finalmente! Ti sei divertita? – Charles era uscito dall’abitazione in quel momento, andandole incontro per stringerle le mani:

- S-sì… certo, mi sono divertita… - mormorò arrossendo nonostante l’abbronzatura mentre lanciava un’occhiata di sottecchi a Madian, che a sua volta sorrideva rilassato:

- Hai già avuto modo di incontrare il nostro ospite vedo… - commentò l’uomo attirando su di sé due sguardi a dir poco sorpresi:

- Lo conosci?! – balbettò la giovane incredula:

- Certo! Chi credi che l’abbia fatto entrare? – ridacchiò divertito osservando l’espressione stordita di sua figlia:

- Hai detto… il nostro ospite… - mormorò quasi assente:

- Esattamente! È venuto fin qui per vederti, non posso permettere che se ne stia in un albergo! Non è vero? – sorrise spostando lo sguardo sul ragazzo, inebetito di fronte a lui:

- Ah, beh… n-non c’è assolutamente bisogno, davvero, non voglio in nessun modo disturbare… - Grantham non lo lasciò nemmeno finire:

- Sciocchezze! Abbiamo non so quante stanze vuote qui, e poi so per certo che negli alberghetti di qui si mangia in modo terrificante, quindi niente storie: andrai a prendere le tue cose e ti trasferirai qui stasera stessa! – ordinò con fare irresistibile:

- Allora… la ringrazio. – Madian si era arreso più che volentieri.

Charles gli aveva appena servito su un piatto d’argento l’opportunità della sua vita, era folle rifiutare.

Avrebbe vissuto ancora qualche tempo con lei, non poteva assolutamente farsi sfuggire l’occasione. Li salutò cordialmente per poi andarsene a passo di carica, aveva delle valigie da rifare!

 

Haydée si sedette su una panchetta scostandosi da suo padre, mentre seguitava ad avere lo sguardo perso nel vuoto:

- Ti senti bene tesoro? – le chiese lui amorevolmente. La ragazza alzò lo sguardo può vacuo che avesse mai visto:

- Sì papà… sono… sorpresa… - confessò finalmente riprendendo un po’ di vita:

- Ne ero certo! Anch’io ho avuto una bella sorpresa quando me lo sono trovato nell’ingresso, non immaginavo che avessi il fidanzatino! – lei saltò sul posto, spalancando gli occhi:

- Papà!!! – sbraitò indignata, incredula e… e… intimamente quasi felice.

- Oh, quanto sei difficile! È un bel ragazzo, simpatico e ammodo, e credo anche in gamba se è riuscito a scovarti in questo buco dimenticato da Dio! Vuoi farmi credere che non ti piace neanche un po’? – sorrise divertito quando la vide arrossire penosamente: - Lo vedi che sei incoerente? Adesso fai aprire la stanza che preferisci per lui e fatti un bel bagno: avremo ospiti nei prossimi giorni! – esclamò allontanandosi baldanzoso.

Sua figlia aveva bisogno di una bella shakerata, era rigida come un’asse da stiro! Chissà da chi aveva preso, la sua ex moglie era il contrario di Haydée e lui non era poi così gelido… mah.

 

La ragazza rimase sola davanti alla gabbia degli uccelli, fissandone un particolarmente colorato, poi si lasciò sfuggire un sospiro:

- Non mi posso permettere di volare via col vento come voi, la realtà preme per essere vissuta. – mormorò alzandosi per riempire le vaschette di cibo e acqua. E io ho una paura folle.

 

~~~~~

 

Università, ore 10:30 am

 

- Grazie professore… le farò sapere al più presto cosa intendo fare. – l’uomo seduto annuì:

- Pensaci attentamente Phénice, potrebbe essere una grande opportunità per te! – esclamò salutandola.

Un istante dopo Phénice era in piedi in mezzo al corridoio. Qualche ragazzo le passò davanti incuriosito dal suo sguardo vacuo e fisso, ma lei non se ne accorse nemmeno.

Un buon quanto d’ora dopo si mosse lentamente per uscire, ma si bloccò davanti a una panchina, sedendosi di schianto.

Rubens decisamente era impazzito.

Le aveva proposto un lavoro a dir poco folle: una collaborazione con la polizia, nientemeno!!

Aveva cominciato il discorso piuttosto vagamente, calcando sulle molteplici possibilità che capitano nella vita e sulla possibilità che non ricapitino più, quindi le aveva spiegato la necessità di saper scegliere quella giusta. Poi aveva sganciato la bomba: nelle forze dell’ordine stavano cercando di mettere in piedi una squadra specializzata nel combattere il traffico di opere d’arte rubate, con elementi da poter infiltrare nei musei e in generale nel mondo dell’arte, per poter controllare attentamente eventuali movimenti illeciti o quantomeno insoliti all’interno del settore.

Non sarebbe stata un’occupazione a tempo pieno, sarebbe stato una specie di part-time da svolgere insieme al proprio lavoro, niente che avrebbe rubato tempo prezioso in ogni caso. Rubens le aveva detto che il suo compito in particolare sarebbe stato quello di osservare, immagazzinare le informazioni e comunicarle a un ispettore, vecchio amico del professore, e del quale aveva ricevuto il numero di telefono se voleva altre informazioni.

La volevano far diventare una specie di spia!! Aveva sbraitato incredula, spiegando a chiare lettere che lei non voleva invischiarsi in affari strani, non voleva mettere a repentaglio i suoi sogni per un’attività simile!

Rubens le aveva spiegato pazientemente che non era nulla di compromettente: e poi sapeva bene che la paga per i novellini era meno che misera e quella era l’occasione giusta per guadagnare onestamente qualche soldino per arrotondare.

Il problema era che lei non aveva potuto non pensare immediatamente ad Haydée e a quello che le aveva raccontato. La ex ladra si occupava anche di scovare i trafficanti di oggetti preziosi, e a quanto pareva anche Madian e compagnia erano invischiati in affari simili… che strana coincidenza!

E che strane idee cominciavano a frullarle nella testa… opere d’arte rubate che tornano misteriosamente alla luce, lei che aiuta la polizia e che ne trae il suo personale guadagno, poi i suoi amici ex-ladri di professione… non voleva credere di star pensando una cosa del genere!!

 

~~~~~

 

Nuova Delhi, in serata

 

Se non fosse stato per Charles avrebbero cenato in perfetto silenzio.

Haydée se ne stava rigida sulla sua sedia, ogni tanto ingeriva un boccone a fatica, ma la sua occupazione più grande era osservare Madian in tutti i modi possibili, escluso quello diretto.

Non riusciva a credere che lui fosse veramente lì, che l’avesse raggiunta sul serio!

Che fosse stata Phénice a spifferare qualcosa? Impossibile, nemmeno lei sapeva esattamente il nome del villaggio! Allora chi…

- Sybil! – mormorò d’un tratto interrompendo il discorso dei due uomini al tavolo con lei. Madian trattenne il fiato, piantandole negli occhi uno sguardo talmente eloquente da farla tremare visibilmente, mentre suo padre la guardava sorpreso, con un boccone a mezz’aria:

- Che hai detto? – le chiese dopo un po’. Haydée divenne rossa fino alla radice dei capelli, poi balbettò che Ameera voleva portarla in qualche posto del quale non aveva voluto parlarle, ma lei aveva capito che si trattava di uno scherzo, voleva portarla da una veggente o roba simile, una sibilla a quanto pareva. L’uomo annuì incerto, sua figlia era stranissima non l’aveva mai vista in quello stato.

Si volse a guardare il ragazzo e spalancò la bocca vedendo lo sguardo che le lanciava, ma dopo un istante il giovane tornò a sorridergli:

- Stavamo dicendo? – Charles si riscosse, riprendendo il discorso di prima, ma cominciava a sentirsi di troppo. Quei due dovevano parlare, lo percepiva perfettamente, quindi era meglio se toglieva il disturbo.

Inventò la scusa di una pratica ancora da sbrigare per il giorno successivo e dopo meno di un’ora svanì nelle sue stanze, lasciandoli al loro destino.

 

Madian si rilassò contro lo schienale della sua sedia, ammirando il giardino dalla veranda nella quale si trovavano:

- Tuo padre è molto simpatico. – mormorò assorto, percependola perfettamente mentre si agitava:

- C-credi? – balbettò alzandosi nervosamente e facendo qualche passo verso le piante rigogliose:

- Sì. – rispose semplicemente perdendosi nella sua contemplazione. Haydée mosse qualche passo torcendosi le mani, mentre tentava in tutti i modi di non posare nuovamente il suo sguardo su di lui. Come poteva starsene così calmo? A lei sembrava di scoppiare!

Non sapeva come comportarsi, e soprattutto non riusciva a capire cosa voleva lui da lei. Era venuto fin lì solo per vederla? E qual’era la cosa di cui voleva parlarle?

Doveva chiederglielo immediatamente, non poteva vivere un solo minuti di più senza vederci chiaro.

Si volse di scatto pronta ad attaccare quando si ritrovò praticamente addossata a lui che la stringeva per le spalle. Alzò due occhi quasi spaventati su di lui ma venne rassicurata da un sorriso:

- La vuoi sapere una cosa? – Haydée non aveva la forza di rispondere, si limitò a fare un lievissimo cenno col capo. Perché improvvisamente sentiva le ginocchia molli? – Sei ancora più bella di quando abitavamo insieme, alla villa. Sei nel tuo elemento qui. – mormorò lasciandola andare improvvisamente e provocandole uno scompenso cardiaco. Che stava facendo? Perché si allontanava così da lei? Allora non era come sperava… cioè, come temeva… Perché mi infastidisce così che lui non…

- Sai che ti dico? Sono esausto, ti spiace se vado nella mia stanza? – ridacchiò stranamente, passandosi una mano tra i capelli leggermente più lunghi di come li ricordava, ma dall’aspetto ugualmente morbido, da toccare…

Si riscosse dandosi della stupida, annuendo precipitosamente:

- Prego, ti ricordi la strada vero? – mormorò con voce strozzata, sorreggendosi a una colonna del porticato. Non l’aveva abbracciata, non aveva fatto nulla anche se erano soli… dunque non provava per lei quello che le era parso alla villa, si era sbagliata… perché era così doloroso?

- Credo di sì, grazie di tutto e buona notte. – mormorò lui sorridendo:

- Buona notte… - sussurrò lei alle sue spalle, osservandolo sparire nel salotto buio.

Quando fu certa di essere sola si lasciò scivolare a terra, con la schiena contro la colonna fredda e gli occhi chiusi. Madian…

 

 

NdA

Approfitto di questo capitolo per fare una piccola riflessione.

Sono successe molte cose negli ultimi 2 anni, cose che hanno completamente stravolto la mia vita, e proprio in questi giorni mi era tornata in mente questa piccola storia che avevo quasi finito di scrivere. L’ho riletta tutta, chiedendomi a più riprese se veramente queste cose le avevo scritte io, e prima di pubblicare i nuovi capitoli, che avevo già abbozzato prima di sospendere le pubblicazioni, ho iniziato a riflettere.

Non ho mai avuto la pretesa di scrivere chissà che storia, anche se magari per un periodo mi ero convinta che fosse così. L’ho scritta in un momento della mia vita che è stato difficile e triste, e mi sono resa conto che altro non era se non una fuga dalla realtà. Erano sogni e desideri di una vita diversa, mancanza di emozioni reali che cercavo nell’immaginazione.

La trama forse non è granché, anzi rileggendola mi ha ricordato vagamente un romanzetto rosa che ho letto ormai parecchi anni fa, ma mi sono detta che dopotutto forse mi piace proprio per questo, con le sue ovvietà, le sue situazioni trite e ritrite, le descrizioni traballanti e piene zeppe di luoghi comuni o frasi già lette o sentite da qualche altra parte… e mi sono detta “chi se ne importa”.

È e rimarrà quello che è, il sogno di una ragazza che desidera prendere in mano la propria vita, e che stanca di sognare da sola ha trovato questo luogo per comunicare le proprie speranze e fantasie a qualcun’altro.

Una storiella qualsiasi senza pretese e piena di difetti, scritta da una persona qualsiasi senza pretese e piena di difetti. Un piccolo sogno ad occhi aperti, nulla più.

Grazie a tutti quelli che hanno condiviso questo sogno con me.

PS: mi ricordo di tutte!

  
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