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Autore: Leannel    24/12/2004    1 recensioni
Arathorn e Fengel erano due uomini molto diversi. Ma avevano in comune principalmente due cose. La prima:erano mortali. La seconda: non avrebbero fatto niente di buono nella loro vita,a parte i loro figli, chiaramente. Cosa c'è prima dell'inizio?
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fengel si svegliò tra le lenzuola bianche di un letto sconosciuto.

Maledizione, pensò, sono stato di nuovo con una che non rivedrò mai più?

Si alzò a sedere. Dalle fronte cadde sulle ginocchia una pezzuola bagnata. Si voltò a destra, versoi piedi del letto e vomitò. Ora gli era tornato tutto in mente. Passare dal caldo umido del Mark el freddo senza tregua del nord. Non gli aveva fatto affatto bene ricevere quella lettera. Molte novità, diceva. Ma cosa se ne faceva uno come lui delle novità? Le aveva sempre detestate, le novità. La prima novità che gli veniva in mente era quando quel cavaliere era arrivato sotto il portone del palazzo d'oro e aveva detto con gli occhi fissi sul terreno

“Mi dispiace vossignoria..” In quel momento qualunque ragazzo di quindici anni avrebbe capito. Anche lui del resto aveva capito. Folcred e Fastred erano morti. E il vecchio Folc e il vecchio Fastr sembravano essere nati per regnare.Quindi era rimasto da solo. Suo padre lo guardava storto. Sua madre era morta. Così presto aveva cominciato ad allontanarsi da palazzo il più spesso possibile e ed a restare in giro il più a lungo possibile.

Ma, come spesso accadeva, non aveva nessuna voglia di pensare. Era maledettamente giovane. Tutto ciò che gli rimaneva da sperare era che suo padre vivesse molto a lungo. Oppure di morire. Il mondo non avrebbe sentito la sua mancanza.

“Dovete bere qule bicchiere che avete accanto” disse una voce di donna.

Fengel si voltò, ma non la vide chiaramente. Sembrava avvolta da un'aura luminosa.

“Cosa c'è un quel bicchiere?” chiese. Non gli interessava affatto.

“Vi farà passare il mal di testa.” rispose la voce.

Fengel la vide. Era davvero molto bella. Aveva lunghi capelli biondi e un sorriso dolce. Appena vide il suo viso, Fengel ebbe la certezza che era stata quell'elfo a scrivere la sua lettera. La sua pelle profumava leggermente di pesca. Ma non uno di quegli odori forti che poi non andavano più via dal naso. Un odore fresco.

“Chi siete?”

“Questo non importa. Bevete”

Fengel bevve.

“Dov'è il mio compagno?” la bevanda aveva un sapore orribile.

“Voi non lo conoscete neppure.. Cosa v'importa?”

“In primo luogo è l'unico mortale in tutto gran burrone. In secondo, mi ha portato sulle sue spalle e questo basta perchè io mi fidi di lui” era un ragazzino dalle espressioni estreme. Per poco non aveva sputato tutta la bevanda, di quel colore verde scuro.


“Ragazzino? Svegliatevi! Svegliati Fen!”

Fengel si alzò di scatto. Dalla sua fronte dalle ginocchia cadde una pezzuola bagnata. Con gesto veloce e repentino della mano sinistra, colpì una coppetta ripiena di un maleodorante liquido verde scuro. Questa cadde a terra e si ruppe. Fengel si guardò attorno. Probabilmente aveva sognato. Era difficile immaginare quell'ambiente fin nei minimi particolari come lui aveva fatto.

“Che ci fai qui?”

“Hai dormito per oltre cinque ore. I signori di questa gente hanno deciso di parlarci subito.”

Fengel si alzò in piedi.

“Voi siete della stirpe dei Re, vero?” chiese.

Arathorn rimase un istante perplesso. Non avrebbe mai immaginato che quel ragazzo avesse studiato la sua discendenza tanto da sapere che prmai da centinaia di anni i nomi dei Re avevano come prefisso la particella Ar, invece di quella Tar.

“Perchè mi fai questa domanda?” rispose

“Non lo so. Ho sognato mio fratello che mi raccontava una storia su Tar-Pharazon, l'ho visto in faccia e ti assolmigliava molto. A parte” gesticolò con le mani sul viso. “a parte la cicatrice”

“Capisco” forse il ragazzino non si ricordava la storia. Non era certo un complimento essere paragonato a Tar-Pharazon. Se non altro era stato un uomo molto ricco.

Fengel comprese che quella risposta era un si. In effetti non era vera, la storia di suo fratello e di Pharazon. Era stata un'impressione. Per qualche secondo aveva immaginato Arathorn, il suo bel viso segnato dalla battaglia, i suoi occhi grigi, i suoi capelli neri, sovrastati da una bella corona lucente. Così Arathorn avrebbe pensato che era itelligente. Che mossa stupida, accidenti. Però aveva sognato davvero che suo fratello Folcred lo chiamava e diceva 'Il Re è tornato'. Folcred. Sarebbe diventato lui Re, se fosse vissuto. Era estremamente retto e tutto il resto. Fastred era un guerriero eccezionale. Quando gli avevano detto che era morto non ci aveva creduto. Doveva essere davvero in gamba quell'orco che l'aveva fatto fuori. Gli avrebbe quasi dato una medaglia, a quell'orco se l'avesse incontrato. Ammazzare Fastred non doveva davvero essere stata una cosa da poco.

Adesso si sentiva uno stupido vecchio. Non faceva che pensare al passato. A dire il vero avrebbe preferito che fosse andato suo padre, in guerra, che lui avesse vinto o perso, che fosse morto o rimasto in vita. Suo padre non gli era mai piaciuto più di tanto.

Arathorn lo fissò con occhi interrogativi. Quel ragazzino pensava un sacco e parlava poco. Forse era un po' affrettata come conclusione. In realtà quella era la prima volta che lo vedeva sobrio.

Fissò di nuovo i suoi occhi verdi. Erano davvero bellissimi. Sorrise. Voleva conoscere quel ragazzo. Era davvero un sacco di tempo, pensò, che gli uomini della sua razza non si frequentavano con quelli che abitavano tanto a Sud.

Chissà cosa gli avrebbero dettogli elfi. Non ne aveva proprio idea.

“Scusa, signor Re, ma sei sicuro di dove stiamo andando?”

“Me lo ha detto l'elfo all'entrata”

“Capisco. Grazie per avremi aiutato qua fuori” disse lentamente. Non sapeva di chi stesse parlando Arathorn. Ma non era uno cui piacesse fare domande.

“Se fossi stato abbastanza grande avresti fatto lo stesso”

Fengel rise.

“Senti, Arathorn, chi cel'ha fatto fare di venire qui?”

“Tu ti sei presentato alla mia porta con una lettera in mano e una bella ragazza che ti stringeva le braccia al collo.” Fengel si spresse con uno sguardo vuoto. Arathorn immaginò non si ricordasse neppure di cosa stava parlando, tanto doveva essere ubriaco quel giorno. “Hai detto che 'gli elfi spocchiosi volevano parlarci'”

Fengel fece cenno ad Arathorn di abassare la voce

“Non dovresti dirlo qui! Che idea si faranno di me?”

Arathorn scoppiò a ridere.

“Quanti anni hai ragazzino?”

“Ne compirò ventuno tra due mesi”

Arathorn lo fissò.

“D'accordo, ne compirò diciannove” Arathorn rise di nuovo “E tu quanti anni hai?”

Stupido. Si aspettava una domanda simile. A dire il vero sembrava forse più vecchio della sua età, forse, almeno tra la sua gente. Aveva sempre viaggiato, con la spada sotto braccio, da quando era nato. Non ricordava nemmeno di aver cominciato a combattere, non sapeva dragli un inizio. E probabilmente sarebbe morto in battaglia. Ora, Arathorn non era uno di quegli uomini sanguinari che provano gusto nel verder contorcersi i corpi in putrefazione degli orchi. Ma suo padre era fatto così. Suo padre era davvero convinto che quelli della loro stirpe avessero ancora qualcosa di speciale. Diceva di dovergli insegnare a difendersi. Forse era vero. Gli orchi avevano una certa predilizione per i comandanti dei Dunadan. Accidenti, ora che ci pensava aveva visto più orchi stramazzare al suolo che donne in tutta la sua vita. Forse un po' di tranquillità là, tra gli elfi spocchiosi,gli avrebbe fatto bene.

“Vado sui cinquanta”

“Ma allora è vero! Sono vere tutte quelle favole che ti raccontavano da ragazzino se non era così veloce da riuscire a scappare via prima! Quelle che parlavano di grandi Re longevi! Alte navi ed alti Re!”

Alte navi?”

“Era una canzone! Non la conosci? Tre volte tre” canticchiava. Fengel aveva una bella voce fresca. Era proprio un ragazzino. Gli piaceva molto. Si stava decisamente emozionando. Per lui doveva essere come un re leggendario e famoso, nobile e celebrato in molti antichi canti. Arathorn invece aveva la certezza che mai nessun poema sarebbe mai stato scritto in suo onore, né in quello di suo padre, né in quello di suo nonno. E forse nemmeno di suo figlio.

“Siamo arrivati” mormorò sorridendo. Quello che Feren vide non fu altro che un'alta porta nera con delle iscrizioni in elfico probabilmente d'argento. Non era la più vistosa del palazzo, né la più rozza. Sembrava una delle tante. Questo lo spaventava moltissimo.

Poi, Feren sorrise. Nessuno dei due uomini avrebbe mai aperto quella porta. Non che fossero due vigliacchi. Ma quelli erano elfi, maledizione. In qualche modo gli erano superiori.

Arathorn sorrise. I sorriso di Feren era fresco, quasi quanto la sua voce. In quel momento gli riusciva impossibile figurarsi cosa avesse portato quel ragazzo dall'aria così semplice a presentarsi alla sua porta ubriaco fradicio. No, Feren non aveva affatto l'aria semplice. Forse era più intelligente di lui, pensò Arathorn. Era così complesso che reputarlo semplice era la cosa più semplice da fare. Si, questo discorso non ha senso, pensò.

“Se non vi deciderete a entrare saremo costretti a rimandare la cosa” disse qualcuno alle loro spalle. Fengel lo fissò. Sembrava un elfo, dopotutto. Dopotutto perchè aveva il viso duro. Doveva essere anziano. Aveva i capelli più neri che mai Fengel avesse visto. Aveva pensato la stessa cosa vedendo quelli di Arathorn. Il fatto era che non era abituato ai capelli neri. La prima volta, a sei anni, che aveva visto un uomo di Gondor, con i suoi capelli corvini, gli aveva dato di orco. Quell'uomo era il sovrintendente di Gondor. La cosa non gli era piaciuta affatto. Adesso non ricordava il suo nome. Suo fratello aveva riso molto. Non ricordava quale.

“Siete voi” disse Arathorn. Questò per un momento spiazzò Fengel. Arathorn non sembrava un uomo da Elfi. Arathorn non era un uomo da Elfi. Ora se lo ricordava. Quel tizio era la figura scura che aveva intravisto quando erano arrivati. Forse i due si erano parlati in sua assenza. Questo gli pesava. Se Arathorn fosse passato dalla parte degli elfi la cosa sarebbe diventata non complessa, ma quasi impossibile. Fengel si chiese di cosa stesse parlando. Forse era un altro modo di dire a se stesso che aveva paura senza restare ferito in quel poco orgoglio che gli era rimasto. Arathorn si sentì tentato di dare almeno la mano a quell'elfo, così sbruffone, che era riuscito a restargli simpatico. Poi si disse che l'elfo non ne sarebbe stato felice. Forse non conosceva neppure il significato di un gesto simile.

“Buon giorno, giovane sire del Sud” l'elfo si rivolgeva a Fengel. Quell'attenzione rivolta nei suoi confronti, gli diede fastidio. Ricambiò con un sorriso falso e veloce. L'elfo rise. Forse se non fosse stato un elfo, pensò Fengel, avrebbe riso di gusto. Forse sbagliava ad avere un'immagine così negativa di loro, pensò. No, si rispose.

l'elfo si spostò verso destra, come a far cenno di volerli far passare. Arathorn si chiese se aveva intenzione di prenderli ancora in giro a lungo. Li reputava dei vigliacchi, oltretutto. Lo faceva scherzando. Quell'elfo doveva davvero aver passato del tempo tra i mortali, per aver sviluppato quel genere di umorismo. Portava ancora vesti nere. Era forse l'essere vivente più elegante che avesse mai visto. Così nero. Forse tra gli elfi era una rarità. Forse voleva dire voglio tenermi fuori dalla mia razza. Era un modo molto particolare di affermare una cosa simile. Gli elfi dovevano essere davvero molto legati alle loro apparenze. Forse per questo quell'elfo gli piaceva. Perchè vestiva di nero. E poi voleva chiedergli di suo padre. Come, dove e quando lo aveva conosciuto. Si stupì. A volte le sue supposizioni lo portavano davvero ovunque. E non le valeva la pena dato che per la maggior parte erano errate. Sorrise tra se stesso.

Poi, allungò la mano come ad aprire la porta. Sia l'elfo che Fengel lo guardarono in modo strano. Dovevano pensare davvero che fosse un vigliacco. Avrebbero solo dovuto vederlo combattere. Girò il grosso pomello di legno scuro.

“Aspetta” disse Fengel. “Tu non conosci il nome di quest'elfo?”

Arathorn non capiva. Fece cenno di no col capo.

“Che ne sai? Magari abbiamo sbagliato strada? O forse ci vogliono fare fuori a tutti e due!” Fengel scherzava. Ma sembrava piuttosto convinto che quella potesse essere una possibilità.

“Non essere sciocco. Se ci avessero voluto uccidere, lo avrebbero già fatto” arathorn volse lo sguardo verso l'elfo. Rideva.

“Nessuno si prenderebbe la briga di ammazzare due come voi”

I due uomini lo fissarono. L'elfo sapeva perfettamente di averli offesi. Per lo meno adesso, sarebbero rimasti in silenzio. Erano davvero buffi.

Fengel sfiorò il pugnale che portava alla cintura. No, quell'elfo non gli piaceva per niente.

l'elfo si fece avanti. Per un momento Arathorn, rimasto immobile e in silenzio, pensò davvero che Fengel avrebbe attaccato quell'elfo. Doveva aver dormito molto male, il ragazzo, pensò. L'elfo lo scostò e aprì la porta. Arathorn ebbe l'impressione che avesse pensato che sarebbe rimasto là fuori per sempre, se non si fose mosso.

Fu così. Aprì la porta nera.

  
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