Mac e Harm
si sentivano come due bambini beccati con le mani dentro il barattolo
della
marmellata. Si scambiarono uno sguardo a metà fra il
preoccupato e il
rassegnato: non erano difendibili. Conoscevano a memoria il regolamento
e
sapevano alla perfezione che stavano rischiando di essere accusati di
fraternizzazione. Mac, peraltro, c’era già passata
con John Farrow a Okinawa,
anche se in quel caso si trattava addirittura di un suo superiore. E
anche
quella volta era stato Cresswell a farle avere un richiamo disciplinare.
Il
comandante e il colonnello seguirono il Generale nel suo ufficio e si
misero
sull’attenti davanti a lui, che se ne stava in piedi con le
mani giunte dietro
la schiena. Per un tempo che parve loro interminabile, Gordon Cresswell
continuò
ad osservare entrambi senza profferire parola e mantenendo quello
sguardo truce
con cui li aveva trapassati pochi minuti prima, quando li aveva
scoperti in atteggiamenti
inequivocabilmente equivoci nell’ufficio di Sarah MacKenzie.
“Signori,
da
quanto va avanti questa faccenda?” disse con voce grave.
Inutile tentare
di negare,
pensò Harm, che rispose
sinceramente: “Da qualche mese.” Evitò
comunque di aggiungere ulteriori
dettagli, tipo il riferimento a un lago dorato e a un marine nudo che
ci
nuotava dentro. Onesto sì, kamikaze no.
Cresswell
fece una pausa, quasi a voler assimilare bene l’informazione
che aveva appena
ricevuto, poi tuonò, con un timbro di voce che pareva
provenire dalle viscere
della terra: “Quindi vi state facendo beffe di me e del
regolamento da qualche
mese… Vi risulta che io ami essere preso in giro? Quando
pensavate di dirmelo?”
Rabb
provò a
intervenire: “Signore, noi…” ma il
Generale non gli lasciò il tempo di
aggiungere altro e partì con la sua sfuriata, posizionandosi
davanti a Harm,
che manteneva lo sguardo fisso verso un punto invisibile davanti a
sé. Cosa
che, peraltro, gli risultava assai facile: con il suo metro e 93
superava il capo
del JAG di una spanna abbondante. “Comandante Rabb,
l’ammiraglio Chegwidden mi
aveva detto che lei è un tipo allergico alla disciplina, che
spara nelle aule
del tribunale per dimostrare le sue teorie, che arriva in ritardo
persino quando
le viene conferita un’onorificenza e che è pronto
a lasciare la Marina se le
rifiutano una licenza.” Poi si spostò davanti a
Mac e riprese: “Ma colonnello,
ero convinto che dopo l’episodio di Okinawa lei avesse messo
la testa a posto e
il suo stato di servizio me lo aveva confermato. Dannazione, Mac, lei
è un
marine! Si è fatta influenzare dal comportamento
irresponsabile di un
comandante della Marina?”
Mac
provò a
difendersi: “No, signore, vede…”
Ancora una
volta Cresswell non si lasciò interrompere:
“Tuttavia, finora la vostra
relazione non ha influito sul vostro rendimento professionale
né si sono
verificati episodi spiacevoli – con l’eccezione di
questa sera –, pertanto non
procederò oltre con l’accusa di fraternizzazione
né ci saranno ripercussioni
disciplinari. Ma aprite bene le orecchie. Restano solo due opzioni
percorribili:
interrompere immediatamente la vostra relazione o assegnarvi a due
comandi
diversi. Se fosse per me, a prescindere dalla vostra decisione,
spedirei uno di
voi in Alaska e l’altro in Islanda a calci nel sedere a
lavorare su una nave
rompighiaccio, ma vedremo se ci sono altre posizioni aperte. Riflettete
sulla
mia proposta. Vi aspetto domani alle ore 0700. Potete andare.”
“Agli
ordini” risposero all’unisono, si girarono e si
avviarono verso la porta.
Una volta
usciti dall’ufficio del loro superiore, entrambi rilasciarono
un sospiro
profondo. Senza dire una parola, si recarono nella stanza di Mac, lei
chiuse i
file su cui stava lavorando e spense il computer, poi afferrarono
cappello e
valigetta e si diressero verso l’ascensore.
Appena
saliti, Mac fu la prima a parlare: “E adesso cosa
facciamo?”
Harm le
rispose con una tranquillità che la sorprese:
“Adesso andiamo a cena, Sarah. E
domattina ascolteremo le proposte del Generale. Ma non ho nessuna
intenzione di
rinunciare a te. Ho già abbandonato la Marina una volta per
te e sono pronto a
farlo ancora.”
Mac lo
guardò con riconoscenza e gli sorrise:
“Davvero?”
“Mac,
sei
una donna estremamente intelligente ma a volte sei proprio una gran
testona. Lo
hai capito che ti amo e che voglio stare con te tutta la vita? Quante
volte te
lo devo ripetere?”
“Veramente
non abbiamo mai parlato di “tutta la
vita”…” precisò Sarah.
“Beh,
non
tecnicamente. Però stiamo lavorando per avere un figlio
insieme, mi sembrava
che questo fosse già un progetto che implica un impegno a
lunga scadenza.”
Replicò sicuro l’affascinante aviatore,
regalandole il suo solito sorriso.
Mac scosse
la testa e gli disse: “Harm, con te bisogna sempre leggerti
nel pensiero. Nessuna
donna vuole fare l’indovina: le parole hanno il loro peso,
dovresti saperlo
bene ormai.”
Rabb ci
pensò su per pochi secondi, poi le concesse:
“Uhm… vero. Allora, marine, dovrò
farti una proposta seria. E non è un lapsus freudiano.
Intendo proprio quella
proposta. Ma non nell’ascensore del JAG.” Le
sorrise di nuovo e resistette
all’impulso di stringerla fra le braccia solo
perché stavano ormai per arrivare
al piano terra e per quella sera avevano già fatto
abbastanza danni. Meglio non
aggravare ulteriormente la loro posizione.
Nel
frattempo, Cresswell se ne stava seduto sulla sua poltrona, con i
gomiti
appoggiati sul tavolo e le mani giunte, immerso in una profonda
riflessione.
Quei due lo
avevano spiazzato, dannazione.
L’elettricità
che emanavano ogni volta che si trovavano nella stessa stanza (anzi,
nello
stesso edificio!) era palese a chiunque, lo aveva notato sin da quando
aveva
messo piede al JAG, ma non si era accorto che la loro relazione fosse
cambiata
negli ultimi mesi. Erano entrambi degli ottimi avvocati, le punte di
diamante
del suo team ad essere sincero, e adesso si trovava nella spiacevole
situazione
di doversi liberare di uno di loro o addirittura di entrambi.
Afferrò
la
cornetta del telefono, digitò un numero che conosceva a
memoria e dopo pochi
squilli una voce dall’altro capo della linea rispose:
“Pronto.”
“Sono
io. Avrei
bisogno di vederti. Hai tempo adesso?” annunciò
telegrafico il Generale.
“Affermativo.
Facciamo fra 20 minuti al solito posto?”
“Bene.
A
dopo.”
Dopo aver
concluso la breve telefonata, Cresswell chiamò anche sua
moglie e l’avvertì di
non attenderlo per cena ché quella sera avrebbe fatto tardi.
Poi chiuse i
fascicoli sui cui stava lavorando, riordinò la scrivania e
si apprestò a
lasciare il JAG. Un appuntamento importante lo stava aspettando.
Nota
dell’autrice
Cresswell mette
Harm e Mac di fronte
a un aut aut: o rinunciano alla loro storia o dovranno lasciare il JAG.
Con chi ha
appuntamento il Generale?
Si accettano scommesse!
Grazie per
avermi seguito fino qui!
Deb