Note senza senso:
- Gordon sarebbe un mio personaggio originale, per quanto possa essere originale inventarsi un nipotino del Brig che si chiama esattamente come lui. Infatti ho successivamente scoperto che in uno speciale uscito su VHS esiste davvero un figlio di Kate che si chiama così, ma nato molto tempo prima, e ci sono rimasta maluccio. Non ho ancora deciso se non badarci affatto, considerando lo speciale "non canon", oppure inventarmi che l'Ottavo Dottore abbia cambiato gli eventi. Vedremo.
- "La piccola di Gwen" è Anwen, la figlia di Gwen e Rhys in Torchwood.
Se questa storia continuerà, più avanti potrete incontrare entrambi, magari un po' cresciuti.
- La storia dei giovanissimi Beatles semidigiuni ad Amburgo è reale e anche la morte del loro ex bassista Stuart lo è, sebbene si sia trattato di una triste fatalità e non di un attacco alieno come accenno nel capitolo.
- Il nucleo simbiotico è quella roba che viene innestata nei geni dei Signori del Tempo diplomati all'Accademia e che permette loro di rigenerarsi e pilotare una TARDIS. Sono giunta alla conclusione che Jenny non lo possegga, anche se è stata clonata dal Dottore, in quanto se fosse così facile procurarsi vite gratis chissà quanti loschi figuri ne avrebbero approfittato.
- Osgood è la tizia con la sciarpa del Quarto Dottore che compare nello speciale del Cinquantesimo, ma che lo dico a fare.
Clara, radiosa nel suo abitino primaverile, un cerchietto tra
i capelli e una matita dietro l’orecchio, sorseggiava un té freddo
mentre correggeva le verifiche di fine trimestre. Il chiacchiericcio
che proveniva dalla stanza della console si era fatto più insistente
nell’ultima mezz’ora e man mano che le voci aumentavano di volume,
riuscì a decifrare alcune perle:
- Sei sicuro di volerlo infilare tutto dentro?
- Sì, è così che l’ho fatta nascere. Aaaaaahi! Sì, mi ha fatto male
anche allora.
- Me lo ricordo bene. Ma la TARDIS dovrebbe già avere la tua impronta
genetica, o mi sbaglio?
- Il medico ti manda a fare le analisi del sangue o quelle delle
impronte?
- Dottore, non farmi annusare il sangue, potrebbero venirmi istinti
cannibali.
- Anche la TARDIS potrebbe diventare un vampiro.
- Non sono un vampiro!
- Oh, Madame, mille scuse…
Lanciando i fogli - ingombri di segni rossi e strafalcioni - sul letto
disfatto, decise di sgranchirsi le gambe e soprattutto di scoprire cosa
stesse combinando l’intera comitiva di strambi.
- Sta iniziando ad elaborare. Fermifermifermi… Fantastico. Dovrebbe
impiegare circa… un paio d’anni. Circolare, non c’è più niente da
vedere. Clara! Finito i compiti?
Le mani sui fianchi, lei lo guardò di sottecchi. - No, non ho finito di
correggere i compiti dei miei studenti - precisò,
fingendosi indispettita. - Che si combina qui?
Il Dottore sembrava essere tornato da una vacanza alle terme, invece
che da un movimentato pomeriggio a casa Stewart. Aveva una luce tutta
particolare negli occhi chiari e il suo naso sottile fremeva
d’aspettativa mentre si succhiava un dito con rumorini compiaciuti.
- Il Dottore ha costruito un dispositivo di riconoscimento genetico e
l’ha interfacciato con la funzione di ricerca del database - spiegò
Vastra. - Sembra che stia funzionando, ma ci vorrà del tempo.
- Riguarda la ricerca di Gallifrey, giusto? Un passo in più? - rispose
Clara, lanciando un bacio al di là della console, dove Ada controllava
uno schermo e strillava numeri su numeri di cui sicuramente non
conosceva il significato. Era peggio di una tombolata in famiglia, ma
era così divertente!
- Oh, no, no, è una cosa completamente diversa. Ho una cosa più urgente
da trovare. Una… persona. Una persona speciale… - Con sua grande
sorpresa, il Dottore l’afferrò per una mano e la trascinò in un goffo e
gioioso passo di danza.
*
Quando Clara aveva ricordato al Dottore che aveva un po’ di faccende da
sbrigare sulla Terra, faccende che riguardavano un lavoro e scadenze da
rispettare, questi aveva colto la palla al balzo per rivedere un “paio
di amici”. Ada aveva iniziato ad iperventilare, perché sapeva benissimo
chi fossero questi amici: la UNIT, ex companion e
associati vari. Di quasi tutti conosceva nome, cognome, stato civile e
orientamento sessuale, nonché alcuni particolari imbarazzanti di cui
forse il Dottore era all’oscuro. Ma la teoria era niente, si trattava
di incontrarli davvero e non stava nella pelle.
- La signorina Osgood ti presterà volentieri il suo inalatore, ma
preferirei ugualmente se ti calmassi - le ripeté il Dottore mentre
salivano sulla metropolitana. - Ho già un grave problema da risolvere,
e spero proprio che mi aiuterai.
Ada pendeva dalle sue labbra. Cosa stava per chiedergli? Cos’avrebbero
dovuto affrontare? Angeli Piangenti, Dalek, la Coscienza Nestene...
- Hai idea di cosa si possa regalare a un ragazzino per il suo decimo
compleanno?
- Gordon Stewart! Come andiamo, festeggiato? - Erano arrivati un po’ in
ritardo, d’accordo, ma si aspettava un’accoglienza migliore dal
cucciolo di casa. Un cucciolo un po’ cresciuto, in effetti: indossava
una grigissima divisa di un qualche collegio chic e i capelli, un tempo
biondi e ricci, erano castano chiaro e brutalmente accorciati. - Oh,
andiamo, sono sempre io, eh?
Il bambino guardò la madre, poi ad uno ad uno gli altri ospiti, e
infine si decise a stringere la mano del Dottore, ma in un modo così
formale che questi ci rimase maluccio.
Finì a malapena la torta e chiese il permesso di tornare in camera sua.
- Ho dei compiti in arretrato, il nostro insegnante di storia è molto
severo.
- E che problema c’è? - lo incalzò il Dottore, con la sua voce
tranquilla. - Ti posso raccontare meraviglie! Ah, la storia umana...
Kate scosse leggermente la testa verso Gordon in senso di
disapprovazione, ma gli permise di lasciare la festa, senza aver
nemmeno scartato i suoi regali.
- Non è niente di personale, davvero. A Junior non piacciono i
compleanni in generale, dice che lo fanno sentire “ancora troppo
piccolo”, invece che “un po’ più grande”.
Ada aveva storto il naso sentendo Kate chiamare suo figlio Junior.
L’aveva allevato all’ombra del ricordo del proprio padre?
- Speravo di vedere la piccolina di Gwen. Anche lei dev’essere
cresciuta parecchio. - Il Dottore aveva deciso di soprassedere: avrebbe
fatto visita al pargolo sfuggente più tardi. Era abituato a suscitare
diffidenza ad ogni rigenerazione, anche se comprenderlo non
presupponeva che gli facesse piacere.
- Oh, sì, è deliziosa. Un po’ maschiaccio, ma una bimba deliziosa. Quei
due non possono stare in una stanza per cinque minuti senza arrivare
alle mani e chiamarsi con gli insulti peggiori, ma immagino si
piacciano molto, in fondo - ridacchiò Kate, proprio mentre suonava il
citofono. - Scusate, dev’essere… arrivo subito!
- Martha Jones, sei uno splendore! - Non era una frase di circostanza,
o meglio lo era, ma il Dottore lo pensava davvero.
- Dottore? Sei… sei cambiato ancora? Potevi avvisare, però! - La
mancanza di tatto continuava a farle compagnia.
- Sì, decisamente, hai fatto centro. I cambiamenti accadono, - quasi si
scusò lui, ma quando Martha l’abbracciò sorrise e parve definitivamente
rasserenato. - Dove hai lasciato il signor Smith?
- Con gli altri piccoli Smith, a casa con l’influenza - sospirò lei. -
La tua nuova compagna di viaggio, immagino! - Sorrise a Ada, che per
poco non svenne sul posto.
- C-ciao, sono Ada Markham. Una dell’equipaggio, sì. Ultima arrivata.
Wow. So… tante cose su di te, e non avrei mai pensato di conoscerti e…
wow. - Stava per chiedere a Osgood di prestarle sul serio
l’inalatore. Martha era davvero bellissima, proprio come nelle foto più
recenti su Instagram della Agyeman.
Il Dottore stava ancora assaporando le parole “piccoli Smith”. A
Trenzalore aveva avuto secoli per sfogare il suo istinto paterno, ne
dava atto al destino: era stato magnifico e divertente e aveva fatto
tesoro di quella tenerezza per ricordarla nei momenti più bui, che di
certo il futuro non gli avrebbe risparmiato. Ma i bambini di Christmas
erano diventati adulti in uno sfarfallio di ciglia, e le generazioni si
erano susseguite più in fretta del volgere di una stagione - se su quel
pianeta le stagioni fossero esistite. Non erano mai stati suoi.
E nemmeno Alistair Gordon Lethbridge-Stewart Junior era suo, sebbene
per un breve periodo, all’epoca della sua ottava incarnazione, fosse
rimasto con quel dubbio.
Il Dottore bussò alla porta aperta ed entrò nella cameretta. Non
sembrava affatto la stanza di un bambino. Non c’erano giocattoli, a
parte un paio di modellini di astronavi sull’armadio, ed era ordinata
in modo quasi maniacale. Mancava quell’atmosfera fondamentale che in
qualsiasi galassia si associa all’infanzia.
- Bene bene bene bene… L'ultima volta che sono venuto a trovarti ci
siamo divertiti, no?
- Avevo cinque anni e tu eri un uomo giraffa. - lo rimbeccò Gordon,
senza alzare gli occhi dal libro. Con il passare dei minuti, però,
iniziò ad sentirsi troppo osservato per riuscire a concentrarsi. - Ti
faccio una domanda sola, se non mi piace la risposta mi lasci studiare,
per piacere.
Sperando che non si trattasse della solita “Dottore chi?”, allacciò le
mani dietro la schiena e si preparò a rispondere.
- Se io non fossi il nipote del favoloso Brigadiere, avresti un qualche
interesse a festeggiare il mio compleanno?
Il Dottore ammirò la sua intelligenza pronta, ma gli dispiacque per
l’amarezza che traspariva da quelle parole.
- Ehi. Tu sei tu. Puoi diventare chiunque tu voglia, e la nostalgia di
noi vecchi relitti non può cambiare il tuo potenziale. Sei così
giovane, sei tutto nuovo, sei una meraviglia.
Era ciò che Gordon sognava di sentirsi dire da quando era al mondo.
Cosa importava se aveva cambiato faccia? Il Dottore era sempre
meraviglioso, non avrebbe dovuto dubitarne.
- Un giorno potrò viaggiare con te?
Il libro di storia era rimasto aperto e trascurato in favore di un più
vivo interesse, finalmente ritrovato.
- Sicuro! Te lo prometto. Tu credi alle mie promesse?
- Ragionevolmente, senza esserne ossessionato - dichiarò il ragazzino,
ma stava sorridendo ed era lui, ora, a non risultare credibile..
- Gordon Stewart, che ometto sveglio! Ma certo. Ti porterò nei posti
più incredibili dell’Universo. Intanto però fai ancora un po’ di
compagnia a Kate, pensa ai tuoi compiti… bella cosa, i compiti, ma ho
sempre preferito un’aurora... e mangia le tue verdure. Anche un altro
po’ di torta non ti farebbe male, però. La vita è piena
di torta, vuoi lasciarla tutta agli altri? - Gli afferrò il naso, con
un po’ meno forza di quanta ne avrebbe usata all’epoca dell’Undicesimo,
ma altrettanto giocosamente, e Gordon si scoprì a ridere. - E hai
ragione, una ragione dannata! Lo diceva anche il mio amico Will: cos’è
un nome? Ho buttato via il mio duemila anni fa. Robaccia per nutrire le
Carrioniti, bah! Tu sei quello che ti va di fare, quello che vuoi
scoprire, che vuoi vivere!
- Affare fatto, signore. Forse, adesso, un’altra fettina potrebbe
andarmi. E mi hai portato un regalo, vero?
Si strinsero la mano, questa volta con calore, i cuori traboccanti di
fiducia nel futuro.
Nel frattempo, in salotto, Ada si stava dando della stupida. C’era una
cosa molto, molto importante che il Dottore non sapeva, ma si era
dimenticata di dirgliela. Vedere Martha gliel’aveva fatta tornare in
mente, e non si capacitava di aver pensato a tante sciocchezze e non a
rivelargli quell’altra, bellissima speranza. No, Clara non
era una sciocchezza, naturalmente, ma il viaggetto ad
Amburgo nel 1962 per conoscere i Beatles era stato un vero e proprio
capriccio di entrambe, e lo shock di scoprire che era stata una
Cybertermite impazzita a pasteggiare con il cervello di Stuart
Sutcliffe aveva reso il loro soggiorno molto meno esaltante...
O forse c’era un motivo? Forse non era il momento che lui venisse a
conoscenza della faccenda di Jenny? Gallifrey era la priorità, di
questo era sicura ed era felice che il Dottore fosse nuovamente
determinato a ritrovarlo, ma… se gli avesse dato quella notizia,
avrebbe visto i suoi occhi brillare e forse, forse lui l’avrebbe
ringraziata... Comunque si volesse vedere la questione, nasconderglielo
di proposito le sembrava crudele; più ci pensava, più sentiva che
parlarne era la cosa giusta da fare.
- E dopo? Cos’ha detto Paul McCartney quando si è trovato davanti una
donna verde vestita in abiti vittoriani? - le stava chiedendo Martha.
Ada si riscosse dai suoi pensieri. - Oh, sì! Il Dottore l’ha convinto
che soffrisse di una carenza di vitamine. Mangiavano da schifo a
quell’epoca, in effetti, ma cancellargli la memoria sarebbe stato
pericoloso. C’erano già un mucchio di canzoni, lì dentro… tanto valeva
che li lasciassimo trasformare in Cybermen! - Il Dottore si era
affacciato nella stanza. - Scusa, devo… dirgli una cosa. E vorrei che
ci fossi anche tu.
Le sembrò che i passi di lui, mentre si avvicinavano, suonassero
amplificati, il che era una vera sciocchezza perché le suole delle sue
scarpe erano quattro centimetri buoni di gomma. Sentiva le orecchie
ovattate, ma si fece coraggio.
- Avevi ragione, Martha - disse. - Se quel giorno aveste aspettato
ancora un poco, su Messalina, avreste assistito al miracolo.
Il Dottore non ebbe alcun tipo di reazione, la pregò di ripetere il
concetto con parole più chiare e lei lo fece, balbettando e sudando
freddo.
Seguì un frenetico incrocio di sguardi.
- Se mi stai dicendo una stronzata, Ada Markham, non sarai perdonata. -
La voce del Dottore era uscita roca, spaventosa. Ma furono le parole in
sé a ferirla.
Non avrebbe mai immaginato di sentirlo pronunciare una vera e propria
parolaccia, ma questo si poteva spiegare con il target della serie TV.
Il peggio, però, era quel “non sarai perdonata”. Se si fosse sbagliata,
se la scena in cui Jenny si svegliava e rubava un’astronave fosse stata
un’invenzione di quel tale signor Greenhorn che aveva scritto
l’episodio, e non fosse aderente alla realtà?
Eppure, a rigor di logica, tutto ciò che aveva conosciuto era
apparentemente frutto della fantasia degli autori BBC, eppure era anche
reale.
- Ti ho detto ciò che ho visto, Dottore - dichiarò Ada con voce ferma.
Si aspettava delle scuse.
- Lo so. Ti… ti credo. Ma è tanto meraviglioso da stordirmi. Mi
dispiace, non riesco a pensare, non riesco a credere, non riesco… la
mia Jenny, viva?
Ada annuì, le braccia doloranti dalla sua stretta improvvisa.
- La mia… la mia bambina! Martha, non è la cosa più straordinaria che
tu abbia mai sentito? Oh, se Donna Noble fosse qui! Ricordi? Era stata
lei a darle il nome… Ma non può essere stata una rigenerazione, non
aveva il nucleo simbiotico…
- La Sorgente. Il dispositivo di terraformazione, credo si sia trattato
di quello.
- Sono un cretino! Sono stato un cretino galattico! Ma sono sempre in
tempo a rimediare, giusto? Ada… - Lei temette che la stritolasse di
nuovo, ma il Dottore le schioccò un bacio sulle labbra. - Non
ringrazierò mai abbastanza Clara per averti rapita. - Ada cercò di
sorridere tranquillamente, ma la sua espressione esterrefatta non
sfuggì a nessuno.
- Bene - concluse il Dottore, raddrizzandosi il colletto della camicia
- Forse è meglio che questo a Clara non lo diciamo, sei d’accordo? -
Lei annuì e sgusciò via dalla sua portata per aggrapparsi alla
sciarpona di Osgood.
Nel frattempo, Gordon aveva ispezionato la cucina in cerca degli avanzi
della torta e le sue ricerche erano andate a buon fine, perché quando
si avvicinò per salutarli, poco più tardi, recava un vistoso sbuffo di
cioccolato sul nasino.
Ada non considerò mai quella manifestazione estemporanea di gioia un
Vero Bacio. I baci erano quelli di Clara, morbidi e profondi e
maliziosi. I baci erano un segno di passione, non di gratitudine.
Nondimeno, la sensazione delle labbra del Dottore sulle sue non
scomparve. Erano labbra aliene, ricordò. Sottili e sfuggenti, ma calde.
E soprattutto reali.
Un bacio da quella bocca aveva il potere di riavviare l’universo,
pensò, ma ovviamente lei non era River Song e il salotto di Kate non
era il lago Silencio. Soprattutto, Euston Road non era il pianeta
deserto di San Helios, e le sue elucubrazioni la portarono a sbattere
contro un lampione e anche quello, sì, fu molto reale e molto doloroso.
- Potevi dirmelo che volevi prendere l’Espresso per Hogwarts, ti avrei
avvisato che non esiste niente del genere. C’è un ex avamposto
venusiano nei sotterranei della stazione, però, possiamo tornarci
un’altra volta…
- Dottore, non mi prendere in giro. - Ada temette seriamente che il suo
naso fosse ridotto in poltiglia. Lui l’aiutò a rialzarsi, ma
l’espressione nei suoi occhi emanava ancora ilarità. Era così bello
vederlo felice che scoppiò a ridere a sua volta.
*
Ada aveva ricambiato dal vivo quel bacio volante di Clara al di là del
cilindro, rendendosi conto subito dopo che in qualche modo le aveva
donato il bacio del Dottore. E quest’idea non la fece arrossire, né
sentire in colpa, né le provocò quella confusione che di solito si
prova quando i sentimenti per due persone si mescolano nel cuore e non
riesci a districarli. Sentì che era giusto e meraviglioso.
- Una figlia tua-tua? - Clara era tutta occhi sgranati e se fosse stata
il personaggio di un fumetto glieli avrebbero disegnati a cuoricino.
- Mia e dell’universo - rispose il Dottore, gli occhi che brillavano di
speranza. - Se la vedeste. La vedrete. Oh, sì, lei...
- Si è bloccato. Ha smesso di calcolare! Madame, venga a vedere. - Ada
non aveva ancora capito se dare a Vastra del tu o del lei, e seguiva
l’estro del momento.
- La clandestina inizia a combinare pasticci - sghignazzò Dorium.
- Io combino cosa? Vuoi che ti porti al bowling? - lo minacciò Ada, la
voce improvvisamente stridula, ma il Dottore arrivò dietro le sue
spalle e prese il suo posto davanti allo schermo.
- Non si è bloccato, ha finito. Ha trovato le
coordinate - annunciò, provocando il silenzio generale.
- Avevi detto che avrebbe impiegato due anni…
- Dico tante stupidaggini, ormai dovreste conoscermi. Accidenti. -
Tamburellò sulla console, guardandosi intorno smarrito. - Porco schifo,
non sono pronto… devo…
Clara esplose nel suo sorriso più bello: - Andiamo, Dottore. Te lo
meriti. - Era intenerita e commossa, e rivide finalmente in lui il suo
Dottore, risentì il legame che li aveva uniti; per la prima volta dopo
Trenzalore pensò che fosse perfetto, che non gli mancasse nulla. Salvo,
forse, la felicità che stava per raggiungere, e di cui tutti loro
stavano per essere testimoni.