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Autore: tropicalum    14/05/2014    7 recensioni
"ripresi la strada verso la scuola, lo sguardo perso ed un lieve sorriso strafottente sulle labbra, perché è questo che facevo io: me ne fottevo"
"lui mi passò avanti, non rivolgendomi nemmeno uno sguardo, nemmeno una parola, nemmeno un mezzo sorriso, per lui era come se non esistessi"
"alzai lo sguardo e lo vidi entrare, disinvolto e consapevole di essere osservato, noncurante di ciò, con Ashton al suo fianco."
"mi tolsi le cuffiette e tornai alla realtà appena vidi due occhi arrossati, i capelli scompigliati, la camminata storta, il sorriso inutile sulle labbra: ecco il mio migliore amico, il migliore che potessi desiderare"
[One direction; 5 seconds of summer]
[Larry, Lashton, Malum, Ziam, Nosh]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
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Ashton

Mi chiusi la porta alle spalle con un colpo secco, che risuonò leggermente nell’aria fredda e pungente di quella mattina di Novembre, il sole coperto da un manto di scure nubi, segno che più tardi avrebbe probabilmente piovuto.
Mi strinsi appena nella giacca, un brivido a percorrermi la schiena, mentre con aria annoiata osservavo altri ragazzi e ragazze della mia età dirigersi a scuola, la maggior parte con la stessa espressione apatica dipinta sul volto, altri con un finto sorriso di convenienza sulle labbra, altri ancora impegnati a fumare la prima sigaretta della giornata, di certo non l’ultima.
Scansai con una spallata uno dei soliti sfigati della scuola e, noncurante di nulla, svoltai diretto in uno dei vicoli vicini, accertandomi prima di non essere seguito da nessuno; sistemandomi con le mani intorpidite dal freddo il beanie indossato di fretta prima di partire, il quale lasciava fuoriuscire soltanto alcuni dei miei riccioli dorati, che ricadevano poi sulla fronte e lateralmente.
Mano a mano che mi addentravo nello stretto vicolo fin troppo familiari, quella poca luce mattutina si faceva sempre più flebile e fioca, mentre il tipico odore della droga cominciò ad invadere le mie narici, facendo curvare gli angoli della mia bocca in un sorriso rilassato ed allo stesso tempo impaziente e voglioso, quasi involontario.
Superai dopo pochi secondi il cassonetto sulla destra e proseguii dritto, scorgendo poi poco lontano la figura di due ragazzi, e dagli inconfondibili capelli bianchi con un ciuffo nero nel mezzo di uno dei due, potevo affermare con certezza che si trattasse di Michael.
Lo affiancai subito dopo, mostrando un piccolo ma sincero sorriso verso il ragazzo poco più alto di me, successivamente spostai lo sguardo sull’altra figura che riconobbi come Josh.
“Ehi Michael.” mormorai con la voce ancora leggermente roca, osservando il ragazzo voltarsi e la sua espressione cambiare, un piccolo ghigno si formò sulle sue labbra rosse e carnose, leggermente screpolate.
“Ashton” pronunciò lui con tono fermo, mentre con una mano diede un leggero colpetto al braccio di Josh, facendo così voltare anche lui verso di me.
“Sapevo saresti venuto.” aggiunse quest’ultimo alle parole di Michael, sollevando un angolo della bocca in quello che doveva essere un sorriso ma usci fuori come una smorfia.
“Non poteva andare a scuola senza la sua dose quotidiana.” Mormorò Michael mentre si affrettò a tirar fuori una bustina d’erba e qualche pasticca.
Deglutii a vuoto alla sua affermazione e non potei fare a meno di ammettere a me stesso che aveva ragione, ero ormai dipendente da quella roba, ne avevo il costante bisogno, era diventata l’unica distrazione e via d’uscita, l’unica cosa sicura sulla quale potevo contare, che mi avrebbe dato conforto e avrebbe affievolito tutti i pensieri, anche se per poco.
Presi la roba dalle mani fredde e ruvide di Michael, mettendo in fretta l’erba nello zaino ed ingerendo poi una pasticca, mettendo in tasca le altre, socchiudendo gli occhi al familiare sapore che si espandeva nella mia bocca facendomi sentire diverso, forse più me stesso, o forse nascondendo il vero me.
Diedi in fretta i soldi a Josh, ringraziando entrambi con un cenno del capo, prima di avviarmi fuori dal vicolo, socchiudendo gli occhi per la leggera luce, scostandomi qualche ciuffo dagli occhi ed inumidendomi le labbra secche e screpolate dal vento di Novembre.
Infilai le mani in tasca e come se nulla fosse accaduto, ripresi la strada verso la scuola, lo sguardo perso ed un lieve sorriso strafottente sulle labbra, perché è questo che facevo io: me ne fottevo.





Luke
 
*Buongiorno Rockhampton sono le 6.50 il sole non splende nel cielo e fa freddo, ma tranquilli abbiamo i Simple Plan a rallegrarci questa grigia giornata di Novembre con 'Welcome to my life' . State ascoltando RadioNational* Come tutte le mattine della mia monotona vita, la sveglia suonò ricordandomi che anche quel giorno dovevo andare a scuola, ricordandomi che dovevo vedere il mio fratellastro, ricordandomi che dovevo vedere persone che odiavo e fare finta di non importarmi di tutti i commenti che la gente faceva su di me mentre camminavo lungo il corridoio, anche se la maggior parte di essi erano fatti da mio 'fratello' anzi fratellastro, anzi un tizio con cui condivido la casa e che odio. Quando ebbi finito di ricordare a me stesso quanto odiassi Louis, si quella carogna si chiama così, mi alzai al letto e come tutte i giorni mi guardai intorno per abituarmi alla luce del sole, man mano che i secondi passavano misi a fuoco la mia camera: non è molto grande, piena di poster di band, vestiti piegati sulla scrivania da qualche giorno, la mia chitarra accanto al letto, l'unica cosa a cui tengo veramente in questa casa. Mi avvicinai all'armadio e tirai fuori il solito paio di skinny jeans neri scegliendo poi una delle mie solite maglie nere, abbinandola ad una camicia sul blu che mi aveva regalato Joe , presi un paio di Vans nere e me le infilai ai piedi, infine mi avvicinai allo specchio e mi passai una mano fra i capelli per sistemarmeli alla meglio, infine avanzai nella camera e aprii la porta, andando verso le scale per scendere e fare colazione, notando che come tutti i giorni la porta della camera di Louis era chiusa, è già tanto se si alza dal letto quella specie di ameba che vegeta dentro casa sua, si perché la casa è sua, io sono il suo fratellastro e per come la vede lui non sono 'degno' di chiamarla casa mia, o qualcosa del genere. Non che dia molta importanza a quello che dice è solo che ormai mi è entrata in testa quella frase. Prima che me ne potessi accorgere ero già in cucina e Johanna, la mia matrigna, era una delle donne più forti che avessi mai visto affrontava tutto con un sorriso e non ti faceva mai sentire di troppo, era la madre che non ho mai avuto.
"Buongiorno Lukey" ed eccolo quel suo sorriso che ti scaldava il cuore e che rendeva impossibile non ricambiare il sorriso.
"Buongiorno Joe" mi avvicinai a lei e le stampai un bacio sulla guancia, come ero solito fare da ormai chissà quanto tempo, poi mi avviai verso la mia sedia e mi sedetti vicino a Lottie che era intenta a sistemarsi i capelli mentre davanti a me avevo Daisy e Phoebe , mentre alla mia destra avevo Felicity che si stava avvicinando a me con un libro di matematica in mano, mentre mi rivolgeva uno sguardo da bambina innocente
"Luuuukey sai che ti voglio bene, vero?" alzai gli occhi al cielo fingendo di essere infastidito dalla sua richiesta "Che c'è questa volta Friz" lei si avvicinò a me saltellando e mi mise davanti il libro, indicandomi l'espressione che non riusciva a fare "E' impossibile non ci riesco" disse con voce drammatica, mi limitai a sospirare una risata mentre osservavo i numeri scritti sul foglio, facendo scorrere gli occhi sulle varie righe ed infine mi girai verso di lei "Hai sbagliato segno qua" indicai l'ultimo passaggio dell'espressione "Se non avessi sbagliato l'ultimo passaggio l'avresti fatta bene" allungai una mano e le scompigliai i capelli sorridendo a denti stretti, lei scoppiò a ridere e borbottò qualcosa fra se e se. Così appena fui libero dai miei impegni di fratello, presi il cartone del latte e ne versai un po’ nella tazza, facendo poi lo stesso con il caffè.
Adoro mangiare con le mie sorelle e Joe sono sempre sorridenti e adorano scherzare, quando ebbi finito di bere il mio caffè latte, mi alzai dalla sedia e mi diressi verso le scale e come quasi tutti i giorni incontrai Louis che andava in cucina, non si spostò nemmeno e mi diede una spallata che mi fece indietreggiare di poco e lui mi passò avanti, non rivolgendomi nemmeno uno sguardo, nemmeno una parola, nemmeno un mezzo sorriso, per lui era come se non esistessi, come se fossi invisibile, non che mi dispiacesse...ma è mio fratello e boh, che cazzo me ne frega di un deficiente come lui.
Così mi svegliai dal mio stato pensieroso e salii le scale andando verso il bagno per lavarmi i denti, appena ebbi finito andai in camera e presi lo zaino, per poi scendere le scale dirigendomi verso la porta per uscire, lì trovai le mie due sorelline minori imbronciate, e con le braccia serrate sul petto, mi fermai davanti a loro mi inginocchia e baciai entrambe sulla guancia.
"Ora posso passare nanette?" mi misi nuovamente in piedi avvicinandomi a loro maggiormente guardandole dall'alto verso il basso, loro mi guardarono per qualche secondo poi emisero un piccolo urletto e corsero, scoppia a ridere girandomi verso di loro per poi alzare la voce per farmi sentire "Io vado, a dopo." sentii Joe, Lottie e Frizzy rispondermi in coro "A dopo Lukey."
Uscii subito non aspettando che Louis mi rivolgesse parole.
Appena fui su il vialetto mi misi le cuffiette e feci partire la riproduzione casuale del mio iPod e mi diressi con le mani in tasca verso casa di Calum.
Calum era l'unica persona di cui mi fidavo veramente, eravamo amici da talmente tanto tempo che nemmeno me lo ricordo, lo adoro; abbiamo legato subito il primo giorno delle elementari e da allora non ci siamo più lasciati.
Come tutti i giorni lo vidi percorrere il vialetto di casa sua con i capelli scompigliati e i pantaloni della tuta abbassati sotto l'elastico dei boxer, mentre mi rivolgeva uno dei suoi soliti sorrisi.
"Ehi Lukey, hai studiato per chimica? Io non so un cazzo."
Scossi la testa e mi avvicinai a lui, dandogli un leggero pugno sulla spalla.
"Quando mai tu sai qualcosa." Cal si limitò a scrollare le spalle sospirando, per poi incamminarsi affianco a me e lui iniziò a parlare di quanto fosse troia la nostra professoressa di chimica.





 

Niall
 
Il suono improvviso della sveglia mi scacciò a forza lontano dal torpore del sonno. Continuò a infastidirmi a lungo, fino a che il “Niall muoviti a spegnere quella cazzo di sveglia!” che mio fratello mi rivolse “dolcemente” dall’altra parte della stanza, mi diede la forza per allungare il braccio per andare a spegnere quell’infernale aggeggio.
“Zay non urlare di prima mattina però.” mugolai, rintanandomi nuovamente sotto le coperte nel tentativo di ricavare altri minuti di sonno. Sentii un fruscio di coperte che si propagò nel silenzio della stanza, interrotto solo da i cinguetti degli uccelli come sottofondo. Volevo solo tornare a sonnecchiare un altro po’. Sperai con tutte le mie forze che Zayn non si stesse dirigendo verso di me.
“Ora non provare a tornare a dormire,  mi hai svegliato quindi ti sveglia anche tu.”
appunto, come non detto. sembrava che non potessi dormire oltre.
“Eddai..” riuscii solo a dire in protesta scocciato, prima che le coperte mi fossero strappate da sopra. Il freddo sottile della stanza in penombra mi si attaccò sulla pelle , facendomi rabbrividire appena. Sentii la risata fresca e cristallina di Zayn, arrochita dal sonno, riempire la stanza.
“E quelle? Ti rendono molto macho fratellino, decisamente!”
Socchiusi un occhio per capire che diamine stesse blaterando e vidi che aveva puntato lo sguardo sui miei boxer. Lo guardai aggrottando la fronte, sollevandomi a mal voglia con l’aiuto di una mano, non capendo minimamente cosa non andasse nelle mie mutande a paperelle. mi piacciono, quindi le indosso senza problemi.
“Cosa hanno che non va perché?” ribattei piccato , dandogli un pugnetto sulla spalla una volta rialzatomi.
“Oh ma niente… Solo che solo uguali a quelle che portavi quando eri così piccolo che, ancora ti facevi pulire il culo da mamma, Nialler.” rispose lui, continuando a ridacchiare aprì l’anta dell’armadio alla ricerca della sua maglietta preferita, nera ed abbastanza aderente, mentre io mi lasciai cadere contro la sedia girevole vicino alla finestra.
Mi beai della luce del sole che, filtrando dalle finestra, illuminava dolcemente la stanza con le pareti color crema ed accarezzava le due scrivanie disordinate, una mia e una di Zay, una affianco all’altra, e la pila di panni sporchi che si ergeva ai loro piedi.
Sorrisi, socchiudendo gli occhi e stirando le braccia, stropicciandomi gli occhi, ancora seduto su quella sedia, cercai di darmi una svegliata.
“Ti muovi?” fece con la voce un tantino alterata mio fratello ora davanti a me, ormai vestito di tutto punto nel suo look da cattivo ragazzo, con le braccia incrociate.
“Fratellino.. non rompere solo perché oggi puoi, per la prima volta, guidare la tua nuova moto!” cantilenai, fingendomi scocciato, quando a stento trattenevo un sorriso eccitato come quello che ora aveva lui. Lo vidi dondolare appena sul posto , per niente turbato ma con fare divertito, sapeva che mentivo. In fondo era evidente, inoltre lui mi conosceva meglio di chiunque altro. Poi mi rivolse un ghigno furbo, uno di quelli che sfoderava quando sapeva di ricevere una risposta affermativa, a qualunque cosa avrebbero detto. “Facciamo così…se ti muovi , ti accompagno, quindi muovi quel cazzo di culo.”
Non potei fare a meno di esultare e sorridere ampiamente come se mi avesse fatto un regalo.
Mi aveva assillato sul desiderio di voler una moto per mesi ed, alla fine, aveva coinvolto anche me. Lui, Louis ed io avevamo passato pomeriggi a sfogliare riviste di moto alla ricerca di quelle giuste. Ovviamente non aveva abbastanza soldi per comprarsi una moto nuova, ma dopo tante ricerche aveva trovato un BMW R 1200 usata. pronta per Settembre , ma alla fine era arrivata con un po’ di ritardo. “Niall” sentii urlare da sotto e quasi mi prese un colpo.
“Arrivo un attimo” dissi a voce alta per farmi sentire da lui mentre afferravo lo zaino sgualcito. Corsi giù per le scale cercando di non inciampare , infilai il mio giacchetto stile giocatore di baseball arrivando al piano terra. Afferrai velocemente un toast dal tavolo in cucina e svicolando un po’ impacciato , dai tentavi di mia madre di farmi mangiare ancora un altro po’ e dallo sguardo divertito di mio padre , corsi fuori di casa. Attraversai il vialetto di casa sorridendo mentre ispiravo forte l’aria calda di quella mattinata così frizzante. Mi sentivo bene con poco a quel tempo, ero felice.















Hola lettori,
Ecco il primo capitolo della nostra ff, siamo quattro ragazze con tanta voglia di scrivere quindi lasciate recensioni, commenti e cose varie.
Vi avverto che se continuerete a leggerla non ne potrete più fare a meno, odierete dei personaggi, poi li amerete e li odierete ancora.
Rimarrete con il fiato sospeso e le lacrime agli occhi.
Beh, buona lettura.
  
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