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Autore: tomlinsassy    14/05/2014    4 recensioni
Il campanello squillò. Ero terrorizzata.
Mi avvicinai alla porta urlando:
"Vattene! Chi sei? Cosa vuoi?"
Poco dopo la sua risposta:
"Lasciami entrare, ti spiegherò tutto!"
"Vuoi stuprarmi?" Non riuscii a dire nient'altro. Fui persino sorpresa della mia risposta così, quasi, disinvolta.
"Mi piacerebbe molto."
"Cosa?!"
Lui ridacchiò suonando di nuovo.
"Lasciami entrare, ti prometto che non ti farò nulla! Non avere paura di me!"
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: Nonsense | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 29

Elizabeth
Quando mi svegliai, quella mattina, Harry non era accanto a me. Forse per questo, non appena aprii gli occhi, sorpresa da un temporale, desiderai soltanto richiuderli e stare ancora un po' a letto. Probabilmente avrei fatto così, cullata dallo sbattere delle gocce contro la finestra, se solo non avessi sentito, nell'altra stanza, delle grida. Ora completamente sveglia, mi sistemai sui gomiti per ascoltare meglio.
"Cavolo Harry, sono sei mesi che ci conosciamo! Credevo che ti fidassi un minimo di me"
Dei passi veloci e agitati si spostarono in quello che doveva essere il salotto.
"Lo sapevo che c'era qualcosa che non andava. L'ho capito dal primo giorno che ha messo piede qui dentro. Credevi di tenermelo nascosto ancora per molto?"
Stavano discutendo di me, di noi, e io non potei non sentirmi in colpa. In fondo avevamo sfruttato entrambi la sua gentilezza.
"Tua cugina, eh? Sei uno stupido se pensavi che non sarei venuto a saperlo. Tu sei Harry Styles, tesoro. Tutti sanno tutto su di te. Mi è bastato cercare il suo nome, che..."
La voce si abbassò improvvisamente, impedendomi di ascoltare ancora. Forse non avrei dovuto farlo, ma mi alzai e con le gambe che tremavano, mi avviai verso il corridoio.
 
Harry
Debby si accasciò sulla sedia e scoppiò in lacrime coprendosi il volto con le mani. Lo stomaco si contrasse in una stretta infernale: stava piangendo per me.
Aveva scoperto tutto, probabilmente cercando su internet, e quella mattina, che sembrava una qualsiasi, era scoppiata in urla e pianti. Non avevo neanche cercato di difendermi, aveva ragione. Io l'avevo usata per dimenticare Elizabeth e in più ci aveva anche ospitato nel suo appartamento permettendoci di tornare insieme. C'era qualcosa però, a cui non riuscivo a darmi una risposta. Io non ero stato infastidito dai ragazzi che spesso portava a casa lei. Non mi aveva mai creato disturbo sapere che lei frequentava altri ragazzi. Non eravamo fidanzati, ognuno era libero di fare ciò che voleva. Per questo non riuscivo a capire le sue lacrime. Io, in fondo, avevo fatto esattamente la stessa cosa che faceva lei.
Tentai di avvicinarmi, ma lei si scansò, quasi fosse infastidita da quella mia richiesta di contatto. "Davvero non hai capito, Harry?"
I suoi occhi scavarono dentro i miei e io fui costretto ad abbassare il capo. Il poco trucco con il quale giornalmente copriva le piccole imperfezioni sul suo volto, era ormai per lo più scivolato lungo le sue gote rosee, mentre i lunghi capelli neri, di solito perfettamente in ordine, erano ora spettinati più che mai. Ai miei occhi apparve piccola e debole, strano a dirsi perché Deb era tutto tranne che debole. Non aveva mai avuto paura di niente e di nessuno, la maggior parte delle volte era lei ad incutere timore negli altri, a guardarla pareva una guerriera; mai avrei pensato di assistere ad un così triste episodio. E sapere che la colpa era mia, mi lacerava ancor di più.
"Non ho capito cosa?"
Balbettai, rimanendo fermo immobile davanti a lei. Avevo paura di ascoltare la verità, perché sapevo cosa stava per dire.
"Dannazione, credevi che non mi sarei mai innamorata? Sono stata al tuo fianco quando quella ti ha lasciato, ti ho abbracciato ogni volta che sentivi la sua mancanza. Ero lì, per te, ogni volta che stavi male. Ti ho ospitato qui da me per aiutarti a ricominciare a sorridere. Come avrei potuto non farlo? Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme. Volevo aiutarti a dimenticarla e a ripartire da zero. Insieme a me. Io ti amo, Harry, credevo che tu provassi lo stesso per me, ma...non è così, vero?” Concluse, lasciando trasparire un barlume di speranza con la sua voce.
Aprii la bocca per parlare, ma dalla mia gola uscì solo un flebile respiro. Come avevo potuto non accorgermene prima?
Mentre un triste silenzio avvolgeva la stanza, i suoi occhi celesti urlavano il suo amore e al contempo il suo odio verso di me.
“I-io...”
“A te non è mai importato niente di me”
Sbraitò ancora lei, asciugandosi le lacrime, come un bambino colto sul fatto dalla madre a rubare delle carmelle. Prese la borsa per uscire, ma prima che potesse farlo, le afferrai il polso, fermandola. Fu un gesto istintivo, che mi sentii in dovere di compiere; non potevo lasciarla andare.
“Cosa vuoi ancora? Non credi di avermi fatto già abbastanza male?”
“Sai che non è così. Sai quanto ti voglio bene. E' solo che...”
“E' solo che mi hai solo usato, per tutto questo tempo. 'Fanculo, Harry Styles”
Sibilò con gli occhi arrossati e ancora colmi di lacrime.
La guardai.
Lei mi guardò.
Fui sopraffatto dai sensi di colpa. Come avevo potuto essere così egoista?
Si liberò dalla mia presa e uscì, con le gambe che tremavano e il cuore che pareva voler uscire dal petto.
 
"Sei uno schifo"
Gridava ogni singola parte di me e io non potei fare a meno di darle ragione. L'avevo usata sperando di dimenticare Elizabeth ma, nonostante avessi capito che l'impresa era impossibile, avevo continuato a chiedere aiuto a Debby, che mi era sempre stata vicino senza esitare.
Mi accasciai a terra, provocando un tonfo sordo.
Cosa volevo, davvero?
Harry Styles si sentiva svuotato da ogni cosa. Svuotato da un'anima. Le parole di Debby rimbombavano ancora nella mia mente. Era distrutta e la colpa era solo mia. Io l'avevo ridotta così. Io ero la causa di quegli occhi gonfi, di quelle guance rigate e più arrossate del solito, io ero la causa di quella voce tremante e insicura. Io, la causa di quelle lacrime.
Sospirai, cercando quanta più aria possibile, ma neanche quello servì a riempire il vuoto nel mio petto. E finalmente, dopo chissà quanto tempo, scoppiai a piangere. Piansi, urlai, mi dimenai, mi morsi le labbra fino a sentire il gusto di sangue insinuarsi nella bocca. E continuai anche quando Elizabeth si accovacciò accanto a me. Nessuno dei due parlò, anche se le cose da dire erano tante. Rimanemmo seduti contro il muro per un tempo infinito e al contempo troppo breve fino a quando il mio respiro tornò regolare, le mie guance si asciugarono e le mie mani smisero di tremare.
A quel punto avrei voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa per rassicurare Elizabeth e per farle sapere che andava tutto bene. Ma come avrei potuto farlo se io per primo sapevo che non era così? Le lacrime che avevo appena finito di versare erano, in realtà, tutte quelle che avrei voluto piangere nei mesi, negli anni precedenti. Ma Harry Styles non doveva essere debole, mai. Si erano accumulate ogni giorno di più, fino a riempirmi. Le taglienti parole di Debby avevano distrutto completamente quel vaso, già di suo poco resistente, che le conteneva.
Beam me up
Let me be lighter
I’m tired of being a fighter
I think a minute’s enough
Just beam me up
 
Ma perché Elizabeth rimaneva lì, senza muoversi e senza parlare? Mi voltai a guardarla. Era bellissima. Di quella bellezza rara, che non si vede tutti i giorno. Lei era bella per davvero. Era bella la mattina, appena sveglia, e anche a notte fonda, con le occhiaie scure sotto gli occhi. Lei era bella sempre perché era bella davvero. Se c'era una certezza nella mia vita, quella era proprio l'amore incontrastato che provavo per lei. L'amavo ed era come se io fossi nato esclusivamente per far questo.
I’ll pick up star and watch you shine
 
 Lei ruotò il capo, incontrando i miei occhi che stavano scrutando assetati ogni particolare del suo meraviglioso profilo. Mi sorrise. Un sorriso appena accennato ma che diceva 'Io sono qui, per te'. Per un momento tutto svanì, ogni cosa; eravamo solo io, Elizabeth e quel sorriso; tutto ciò di cui avevo bisogno, tutto l'essenziale.
Finalmente la sua mano si avvicinò alla mia, stringendola forte. A quel contatto, i miei muscoli si rilassarono, il cuore tornò a battere ad un ritmo regolare, quasi il calore della sua pelle fosse per me una droga.

 
***

Quel giorno anche il cielo piangeva, e gli fui grato per questo; mi sentii molto meno solo.
Mentre un triste freddo ci avvolgeva, i nostri corpi si muovevano lentamente di stanza in stanza, raccogliendo le nostre cose. Avevo sempre odiato fare le valigie, soprattutto quando ero il solo a partire: lasciare la mia casa, la mia città, i miei amici, la mia famiglia. E anche in Scozia, in quel mini appartamento in cui vivevo da alcune settimane, che di mio non aveva proprio niente, fui colto da una strana malinconia quando, passo dopo passo, raggiunsi l'atrio e poi l'uscita con un sacco in spalla ed Elizabeth accanto a me.
Avrei tanto voluto salutare Debby: abbracciarla in quel modo che si divertiva a chiamare 'nostro' (anche se poi, era un abbraccio comune).
Elizabeth camminava dietro di me, tentando di mantenersi alla mia velocità e inciampandosi, come di consueto, nei suoi stessi passi.
"Perché sei tornata?"
"Io non me ne sono mai andata"
Elizabeth era cambiata moltissimo da quando, sei mesi prima, l'avevo lasciata in lacrime nella sua camera da letto. In quel momento mi era sembrata così fragile che avrebbe potuto spezzarsi sotto i miei occhi, senza che io avessi nemmeno il tempo di sostenerla. Ora, invece, era tutta un'altra persona. Non era più ingenua, né tantomeno debole. Era cresciuta, non tanto fisicamente quanto più moralmente. Per me che non la vedevo da molto, sembrava quasi una persona diversa.
Ah, le ragazze, valle a capire.
"Oh, davvero? Non dire stronzate" - cosa sto dicendo? Zitto parlare, basta! - mentre tu eri a farti imbambolare da una sconosciuta, io ero qui che stavo male - smettila con queste cazzate. Neanche tu credi in ciò che dici - e sai una cosa? L'unica persona che mi è stata vicino in quel periodo, ora se n'è andata. A causa tua."
Camminavamo, ora veloce su una strada deserta. Le lacrime bussavano insistentemente contro i miei occhi, minacciando i miei occhi. Ma non era il momento di lasciarle uscire. Avevo appena accusato Elizabeth di qualcosa in cui, sapevo, non c'entrava nulla. Cosa mi era preso? Non lo so.
Avrei voluto scusarmi, ma non lo feci.
Lei scivolava, silenziosa, in quelle stradine.
Odiavo quel silenzio.
Perché non parlava?
In compenso era la mia coscienza, il mio cuore, le mie mani, i miei occhi a parlare. Ad urlare.
Volevo sentirmi dire quanto facessi schifo, anche da Elizabeth.
Io non avevo lottato per lei, me n'ero andato, lasciandola sola. Io avevo usato Debby per dimenticarla. Io, in quel preciso istante, avevo fatto soffrire la persona alla quale più tenevo e lo sapevo, anche se lei non diceva nulla. Meritavo di sentirmi odiato anche da lei, perché io non ero altro che un guaio.
Ed ero sommerso dalla tristezza, dai sensi di colpa, da ricordi che si sostituivano ad altri ricordi quando, non sentendo più le pietroline scrocchiare sotto il suo passo, mi voltai. Elizabeth era ferma alcuni metri dietro di me, lo zaino a terra, i pugni stretti e l'addome che si alzava e si abbassava con sempre più velocità.
Mi avvicinai, quasi correndo, finalmente risvegliandomi da quegli strani pensieri. Sapere che Elizabeth stava male, mi rendeva vigile e attento. Dovevo difenderla, ad ogni costo, l'avevo promesso.
Vengo svegliato da un urlo, forte, spaventato. Apro gli occhi accendendo immediatamente la luce sul comodino al mio fianco. Elizabeth, vicino a me, ansima tremante con il volto intriso di sudore.
"Era solo un incubo" Sussurrò dolcemente accarezzandole il braccio. "Mi-mio padre" Balbetta con lo sguardo perso chissà dove. Mi incupisco, spaventato quasi quanto lei; mi sposto, facendo aderire i nostri corpi e la stringo forte a me. "Mi stava...uccidendo. Gi-giuro, era ad un passo dall'uccidermi." Si rilassa sotto il mio tocco, socchiudendo gli occhi. "E' tutto passato" Poso un bacio sulla sua fronte, sperando di calmarla. "Ho paura, sono terrorizzata che possa succedere per davvero." Si passa una mano tra i capelli, rannicchiandosi tra le mie gambe. E' così bello sentire la sua pelle calda sfiorare la mia e nonostante i suoi piedi siano freddi come il ghiaccio, li ospito volentieri tra i miei, per riscaldarli. Vorrei rimanesse questo momento ancora per un po'.
Magari per sempre.
"Non succederà più" Miagolo al suo orecchio, stringendola più forte. Lei gioca con le mie mani. La amo. Sì, sicuro, la amo, senza dubbio.
"Lui ora è qui. Potrebbe succedere eccome." Si irrigidisce e vorrei cacciare il via il ricordo, che so, sta vagando nella sua mente in questo momento. Vorrei distruggere ogni momento triste nella vita di Elizabeth perché lei non se lo merita. Vorrei dirle quanto la amo. Qui, esattamente adesso alle 5.20 di mattina.
"Io ti proteggerò sempre, ok? A qualunque costo, qualsiasi cosa accada. Tu chiamami e io verrò da te. Te lo prometto"
E forse questo vale molto più di qualunque 'ti amo'.
"Giuro su tutto ciò che ho, che niente e nessuno potrà farti più del male" Penso. "E' una promessa" Dico, addormentandomi sul suo petto.
 

Ma se quel male ero io, come avrei fatto a difenderla?
Ero ormai ad alcuni centimetri da lei, il suo profumo alla mandorla mi inebriò come la prima volta.
“Mi sono fatta imbambolare da una sconosciuta?” Sussurrò ripetendo le mie stesse parole.
“Io...io non volevo...” Balbattai solo ora cosciente delle scemenze che avevo detto minuti prima.
“Io volevo salvare la tua carriera... sono stata disposta ad abbandonare ciò a cui tenevo di più, per te”.
“Non credevo a ciò che ho detto, io...” - sono uno stupido, Elizabeth, tu lo sai -
“Perché l'hai detto, allora? Ho fatto di tutto per non rovinare la tua fama”

Avevo bisogno di guardare i suoi occhi, ma lei non sembrava volermi appoggiare. Senza il suo sguardo su di me, mi sentivo nudo, indifeso.
Quando urlai di scusarmi, lei era già distante parecchi metri da me e non si voltò nemmeno.

Sapevo che aveva sentito.

Speravo avesse sentito.


Elizabeth

Avevo trascorso la giornata camminando per Eaglesfield, sola, annoiandomi a morte. Dopo quello che mi aveva detto Harry, mi ero decisa a tornare a Londra il prima possibile.
Odiavo quel posto, odiavo camminare, odiavo annoiarmi, odiavo Harry.
Ero sommersa da pensieri, ricordi, voci. Fino a poco tempo prima, avrei voluto con tutto il cuore tornare nella mia città con Harry, ma probabilmente non sarebbe stato così. Lui aveva considerato stupido che io avessi creduto nelle parole di Abigail. Ero stata stupida a preoccuparmi per lui.
La rabbia ribolliva nelle mie vene quasi fosse acqua termale.
Inutili.
Tutte le mie lacrime, le mie paure, i miei incubi: tutto inutile.
Ero delusa. Lui non capiva cosa avevo provato in quei mesi, nel momento in cui ero stata costretta a mentire a me stessa, quando Abigail mi aveva minacciato, il giorno in cui l'avevo raggiunto all'aeroporto e nascosta dietro una colonna l'avevo salutato in silenzio quando l'unica cosa che desideravo fare era rimanere tra le sue braccia per sempre. Lui non capiva, e non avrebbe mai capito.
Senza che me ne rendessi conto si era fatto buio e io ero ancora seduta accanto ad una fontana. Alzai lo sguardo, sperando di trovare nell'aria un qualsiasi consiglio: dove potevo andare? cos'avrei dovuto fare?
Un chiacchiericcio soffocato da una musica assordante, mi fece voltare. A circa cento metri da me si era formata una coda piuttosto lunga attorno ad un locare illuminato da lui neon. Incuriosita, mi avvicinai.
Odiavo quei posti, è vero, ma sperai con tutta me stessa che la musica alta mi permettesse di smettere di pensare per un po'. Entrai in quel bar e un disgustoso odore di fumo mi accorse, insieme a quella massa informe di ragazzi.
 
"Cosa posso darti?" urlò una ragazza dietro al bancone. La osservai a lungo ma non riuscii a identificarla in un'età precisa. Forse a causa di tutti quei tatuaggi e piercing che decoravano esageratamente ogni lembo di pelle, oppure la colpa era dei capelli corti e rosso fuoco che seguivano una direzione non precisa. Era alta e magra, tanto, troppo magra. Poteva avere 20 anni, forse qualcuno di più...
"Un po' di acqua, grazie" Urlai io di rimando per sovrastare qualche artista che urlava a squarciagola. "Facciamo che ti bevi questo e che te lo offro io" Prima ancora che potessi protestare o almeno chiedere informazioni sull'alcolico che mi stava dando, mi ritrovai un bicchierino di vetro di fronte. Lo portai al naso e fui quasi soffocata da quell'odore così forte. Feci una smorfia di disgusto.
"Cos'è?"
"Bevi, ti piacerà"
Non ero convinta di ciò che stavo per fare, ma 'chissene frega' mi dissi.
Inghiottii veloce il liquido trasparente che mando a fuoco la mia gola. Strizzai gli occhi, strinsi i pugni e "Wow" urlai sorridente. "Un altro" Ordinai e la ragazza, con in volto la tipica espressione 'te l'avevo detto', mi versò un altro bicchiere.
Poi un altro.
E un altro.
E un altro ancora.
Non so quanti bicchieri mi feci versare, ma di sicuro furono troppi. Ero, per la prima mia volta, ubriaca, ma non abbastanza per non riconoscere la voce roca e calda che sbucò dietro di me proprio quando stavo convincendomi di averla dimenticata del tutto.
"Che ci fai tu...oddio ma sei completamente ubriaca!"
"Vattene" Biascicai
"Vorrai dire, noi ce ne andiamo"
"Ha-harry, devo..."
Non feci in tempo a concludere la frase, che iniziai a correre facendomi largo a forza di gomitate tra gli altri presenti, raggiungendo il bagno. Scivolai in bagno, fino ad una tazza e rigettai tutto.
Harry mi affiancò e con una delicatezza inaudita, mi raccolse i capelli accarezzandomi la schiena.
"Non sai quanto ti ho cercato" Sussurrò, probabilmente credendo che non l'avessi sentito.
"Potevi farne a meno" Mi alzai, sciacquandomi il volto. Lui mi seguì. "No che non potevo. Io non so perché ho detto quelle cose. Non lo so, davvero. Devi credermi Elizabeth, io non le pensavo davvero. Io ti amo e ti sono grato ogni giorno di più per essere tornata a cercarmi, per aver lottato per riavermi." Guardai i suoi occhi arrossati e gonfi. Mentre parlava le sue labbra vibravano insicure e timorose di non dire la cosa giusta. Infilò le mani tra i suoi ricci, spettinandoseli tutti. Feci per andarmene, ancora barcollante, ma lui mi prese il braccio e "Stai con me, questa notte" Sussurrò.

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Buonasera gente bellissima:)
Vi chiedo scusa per aver aggiornato soltanto oggi. Siamo a maggio e come saprete i detto dice 'Maggio, studente fatti coraggio', sono completamente piena di verifiche e il tempo di scrivere è solo la sera tardi. Fatto sta che, sì, ho aggiornato tardi, ma avete il capitolo più lungo dell'intera storia ahaha Volevo dividerlo ma poi ho detto 'Già che hanno aspettato così a lungo, meritano un bel capitolo' sul 'bel' non mi soffermerei troppo. Ovviamente sarete voi a dirmi cosa ne pensate. Qui ho 'vendicato' la nostra Debby che ha capito cosa i due piccioncini nascondevano. Haz impazzisce e dice cose a caso e la cara e vecchia Lizzie si ubriaca. Avete un pezzo della mia canzone preferita, Beam Me Up di P!nk, ascoltatela, è strepitosa njwdk  e..non so che altro dire.
Grazie a tutti coloro che hanno recensito la storia o l'hanno aggiunta tra le preferite, seguite o ricordate. Siete fantastici e davvero, grazie mille.
Spero che questo capitolo vi piaccia, aspetto recensioni, non dimenticatevi:) Se volete potete passare a leggere e magari recensire la mia OneShot, Sunrise, mi farebbe molto piacere:)
Vi amo,

-EhiJova

  
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